7
anni
Furono
il rumore, le voci e le urla, a svegliarla. Cercò di
muoversi,
lentamente per il dolore che ancora provava e per lo strano torpore
che gli faceva formicolare la testa. Spostandosi, si liberò
della
polvere e dei sassi che l'avevano ricoperta. Le faceva veramente un
gran male la testa e la luce era più accecante di quanto
pensasse.
Improvvisamente si ricordò: Acnologia li aveva uccisi. O
almeno
questo aveva temuto. Sobbalzando alzò la testa e si
guardò attorno,
apprensiva. Laxus, Bickslow, Evergreen, Fried, suo nonno, Wendy...
stavano tutti bene e anche loro, come lei, si stavano lentamente
rialzando.
«Siamo...»
mormorò con la gola gracchiante. «Siamo
vivi».
«Acnologia...
dov'è Acnologia?» mormorò Bickslow,
alzando gli occhi al cielo
azzurro.
«È
andato via?» chiese Evergreen.
«Priscilla,
anche tu!» una voce alle sue spalle, prima che due ragazzi le
saltassero sulla schiena e la stendessero nuovamente a terra.
«Ma
che....» lamentò lei, voltandosi e guardando con
sorpresa i due
compagni.
«Warren?
Max? Cosa ci fate qui?» chiese sorpresa.
«Quando
siete arrivati?» chiese Wendy, assalita con la stessa enfasi
da
Bisca. Qualcosa di strano... c'era qualcosa di assurdamente strano in
tutto quello. Strinse le palpebre, poi le riaprì,
sbatté gli occhi
un paio di volte.
«Ma
che vi è successo?» sussultò infine,
notando che Droy fosse
ingrassato enormemente e Jet avesse una capigliatura diversa.
«Siete
invecchiati!» notò Evergreen, a occhi spalancati.
«E
ingrassati!» si accodò Bickslow, guardando
sconvolto Droy.
«Un
attimo... quanto abbiamo dormito?» balbettò
Priscilla, cominciando
a intuire quale fosse la verità.
«Sette
anni» rispose una voce candida, eterea.
«Quanto?!»
urlò Priscilla, insieme ad almeno la metà dei
suoi compagni. Puntò
gli occhi alla fonte della voce, una ragazza dai lunghi capelli
biondi, un vestito chiaro, il viso di un angelo.
«Chi
è lei?» chiese Evergreen, sistemandosi meglio gli
occhiali sul
naso.
«Una
fata!» Priscilla si portò le mani al volto,
emozionata. Allungò
una mano verso Laxus, che si trovava sicuramente da qualche parte al
suo fianco, e mancò almeno un paio di volte la presa prima
di
riuscire ad afferrarlo per la maglia e strattonarlo brutalmente.
«Laxus,
guarda! Avevi ragione! È una fata! Ci sono le fate su
quest’isola!
L'hai vista, Laxus? Eh?! L'hai vista?»
«L-l'ho
vista, lasciami ora» balbettò lui, scosso avanti e
indietro come un
giocattolo. La ragazza dai capelli biondi sorrise, divertita, e
infine disse: «Hai indovinato per metà,
Priscilla».
«Conosce
il mio nome!!!» si emozionò ancora di
più Priscilla.
«Sono
la prima fata della vostra gilda. Il mio nome è Mavis
Vermilion,
sono il primo Master di Fairy Tail» spiegò la
ragazza sollevando un
coro di «Eh?!» tanto assordanti che probabilmente
anche sulla costa
del continente vennero sentiti.
«Grazie
alla forza del vostro legame e delle vostre speranze sono riuscita a
convertire i vostri sentimenti in potere magico e ho evocato
così
una delle tre grandi magie fatate: Fairy Sphere»
spiegò Mavis. «Una
magia in grado di proteggere la gilda da ogni male, una magia
difensiva assoluta. Tuttavia siete stati confinati in uno stato di
congelamento e ci sono voluti sette lunghi anni per riuscire a
liberarvi».
«Siamo
stati protetti dal primo Master, tu pensa»
piagnucolò emozionato
Makarov.
«Questo
è solo una forma eterea, per riuscire a evocare la magia di
Fairy
Sphere ho dato fondo a tutte le mie energie. Ora sparirò di
nuovo»
disse lei, cominciando ad alzarsi in cielo e brillando di luce
propria. Sorrise, emozionata, rendendo quella sua tiepida immagine
ancora più bella. «È diventata proprio
una bella gilda, terzo»
disse e infine sparì. Ci volle molto tempo prima che
qualcuno di
loro riuscisse di nuovo a proferire parola, era tutto così
assurdo
che non poteva essere reale. Ciò nonostante il desiderio di
tornare
a casa fu tale da convincerli a rimandare lo stupore e la gioia di un
simile evento a quando avrebbero finalmente rivisto tutti.
Sulla
nave per il porto di Hargeon, come da previsione, tutti e tre i
Dragon Slayer -tranne Wendy- dovettero affrontare un'ulteriore
fatica, anche se Laxus riusciva comunque a mantenere una certa
dignità a differenza di Gajeel e Natsu. Wendy si
offrì di lanciare
su di loro l'incantesimo Troia, ma quando si voltò per
chiedere
l'aiuto di Priscilla -visto che comunque erano tre persone e non una
sola e lei aveva rivelato che conosceva una magia simile-
sorprendentemente non la vide. Curò rapidamente il mal di
mare di
tutti e tre, poi si avvicinò a Bickslow, chiedendo
innocentemente se
sapesse dove fosse. Era assurdo che nemmeno lui lo sapesse e Wendy
dovette girovagare a lungo, chiedendo a molti, prima di riuscire a
trovarla: era seduta sulla cima di una vela, dove probabilmente era
volata usando i suoi poteri, e guardava il mare di fronte a
sé col
viso assorto.
«Priscilla-nee!
C'è del cibo in cabina! Vieni a mangiare qualcosa anche
tu» provò
a chiamarla, portandosi una mano vicino alle labbra per amplificare
la sua voce, ma rimase inascoltata.
«Che
cosa ci fa lassù?» chiese Charle, curiosa.
«Non
lo so, sembra però che qualcosa la turbi»
confessò Wendy, prima di
voltarsi verso la gatta e chiederle: «Charle! Potresti
portarmi da
lei?»
Charle
acconsentì, in fondo anche se per loro era come se non fosse
passato
nemmeno un giorno, e quindi aveva ancora su di sé la fatica
della
battaglia affrontata sette anni prima, aveva comunque ancora forza
necessaria a volare un po'.
«Priscilla-nee»
chiamò Wendy, una volta che le fu accanto.
«Wendy»
si sorprese Priscilla di vederla. «Che fai qui?»
«Volevo
chiederti la stessa cosa. Qualcosa non va?» chiese Wendy,
sedendosi
di fianco a lei sull'albero maestro.
«Stavo
solo pensando...» mormorò Priscilla, tornando a
guardare il mare.
Il silenzio in cui cadde nuovamente preoccupò un po' Wendy,
perché
dava conferma che c'era qualcosa che la turbasse.
«Sette
anni... sembra assurdo. Ma scommetto che sarà tutto uguale a
prima,
alla gilda ci accoglieranno a braccia aperte!» sorrise,
sperando di
incoraggiarla.
«Già»
annuì Priscilla, sempre pensierosa.
«E
poi siamo vivi! È incredibile, possiamo tornare a casa! Ah,
ci
scegliamo subito qualche missione da fare insieme? Così
mettiamo da
parte qualche altro soldo per la tua casa. Ora che Laxus è
tornato,
chissà, forse vorrà addirittura
aiutarti» sorrise, trovando l'idea
allegra e confortante, ma ancora una volta Priscilla rispose con un
atono: «Già».
Sette
anni...
Non
era certo la paura di ciò che avrebbero trovato, a turbarla
tanto,
ma di ciò che si era persa in tutto quel tempo. Non
l'avrebbe mai
ammesso a Wendy, quella ragazzina aveva troppo a cuore la vita di
Priscilla per scoprire certi segreti e mai le aveva rivelato fino in
fondo che tipo di legame ci fosse tra lei, suo padre e la vita
stessa. Mai aveva avuto il coraggio di chiederle di usare la sua
magia per renderla umana, perché nella quasi
totalità dei casi
quella stessa magia l'avrebbe uccisa come l'aveva quasi uccisa Hades.
Interrompere il collegamento era la cosa che più bramava e
la cosa
che più la terrorizzava, e proprio quel collegamento ora le
dava
molto da pensare. Lei era rimasta congelata nei suoi ventun anni per
tutto quel tempo, il suo corpo era rimasto immutato, ma la sua anima?
Quella stessa anima che proveniva da quella di Ivan... la sua anima
era invecchiata, insieme a tutto il resto. Ivan sarebbe potuto
addirittura morire in quei sette anni, per un qualsiasi motivo: un
nemico, un incidente, una malattia. E lei aveva rischiato di non
potersi svegliare mai più, al contrario dei suoi amici, e
nemmeno
accorgersene. Solo pensarci le faceva venire la pelle d'oca dalla
paura. Nel momento in cui Ivan sarebbe morto, nel migliore dei casi
di vecchiaia, anche lei avrebbe cessato di vivere. E anche se il
corpo non era cambiato di una virgola, comunque la sua anima si era
accorciata di altri sette anni senza darle modo di poterseli godere
almeno un po'. Lei era comunque sette anni più vecchia, e
quel tempo
l'aveva passato a dormire, congelata.
«Senti...
Wendy» mormorò infine, assorta. «Credi
che quella casa sia sempre
lì?»
Wendy
ebbe un colpo al cuore e credette di capire perché Priscilla
sembrasse così triste. Sette anni erano davvero tanti e
niente
vietava a una casa di crollare, di essere sostituita, o anche di
essere comprata in tutto quel tempo. Il sogno di Priscilla, di poter
tornare a casa sua, sarebbe potuto essere già morto. Wendy
avrebbe
tanto desiderato darle speranza, assicurarle che ovviamente era
ancora lì ad aspettarla, che loro avrebbero realizzato quel
sogno e
l'avrebbero ricomprata. Ma era ovvio che nessuno poteva assicurarlo a
lei. Guardò Charle, speranzosa di qualche idea, ma la gatta
rivolse
a lei lo stesso sguardo preoccupato e dispiaciuto, senza sapere dove
andare a parare.
«Quante
cose abbiamo perso in questi sette anni?»
La
gilda si trovava da tutt'altra parte, rispetto a dove l'avevano
lasciata. Quasi in periferia, sembrava un misero mulino a vento. Era
diroccata, triste e minuscola, cadeva decisamente a pezzi.
«Quella
è la gilda?» chiese sconvolta Lucy, camminando a
fianco dei suoi
compagni.
«Già»
sospirò Max.
«Sono
successe molte cose in questi sette anni, e non piacevoli a dire il
vero» disse Warren.
«Ohy,
chi sono i tizi all'ingresso?» chiese Priscilla, puntando il
dito
verso un gruppo di persone che invadeva l'entrata.
«Twilight
Ogre!» sibilò Jet.
«Sono
tornati!» lamentò Droy, tremolante.
«Twilight
Ogre?» chiese Lucy.
«La
gilda rappresentativa di Magnolia, attualmente. Ci hanno superati, ci
hanno prestato soldi per aiutarci e ora distruggono il nostro
orgoglio e la nostra sede pretendendo soldi che non abbiamo. Sono una
piaga» raccontò Max, infastidito.
«Beh,
comunque ci sono di intralcio» ringhiò Natsu,
guardandoli severo
prima di avvicinarsi a loro a grandi passi. Il suo fine udito era
riuscito a percepire le minacciose parole di quegli uomini, rivolti
verso chissà chi all'interno, che screditavano l'orgoglio e
il nome
della sua gilda. Bastò quello a farlo infuriare.
Calciò via il
primo del gruppo all’ingresso, irritato, e poco dopo il resto
dei
suoi compagni diede il colpo decisivo anche agli altri invasori,
stendendoli tutti in poco tempo. L'interno della gilda era anche
peggio dell'esterno, tutto cadeva a pezzi, i tavoli si reggevano per
miracolo, molti erano accatastati in un angolo già rotti. La
bacheca
degli annunci era praticamente vuota, eppure i volti dei loro
compagni, benché tutti invecchiati di sette anni, bastarono
a
riempire quella lugubre sala di luce e gioia.
«Siamo
a casa!» annunciò Natsu, alzando la mano per
primo, e dietro di lui
esplose il coro allegro e felice di tutti gli altri superstiti di
Tenroujima.
«Ra-ra-ragazzi!»
balbettò Macao a bocca spalancata e il viso già
ricoperto di
lacrime.
«Guarda
come sono giovani!» pianse Laki, correndo loro incontro per
salutarli.
«Che
cosa vi è successo?» pianse anche Nab.
«Natsu-nii»
piagnucolò Romeo in piedi di fronte all'ingresso. Il viso,
nonostante le lacrime, si distese in un sorriso incontenibile e
continuò a piangere anche quando provò a
formulare: «Bentornati».
«Sei
cresciuto molto, Romeo!» salutò Natsu, altrettanto
allegro.
«Romeo?»
spalancò gli occhi Priscilla, volandogli incontro.
«Accidenti,
quasi non ti riconoscevo!»
«Priscilla-san»
singhiozzò lui, continuando a sorridere. «Continui
a farti staccare
i pezzi» provò a sdrammatizzare, ridendo
addirittura, notando parte
del polpaccio che ancora si stava rimarginando: la magia di Mavis
aveva bloccato i loro corpi e perciò anche la sua magia,
impedendole
di rigenerarsi in quei sette anni.
«Che
vuoi che ti dica» rise lei, portandosi le mani dietro la
testa e
svolazzando avanti a indietro. «È un vizio che non
mi toglierò
mai» scoppiò a ridere.
«Festeggiamo!»
l'urlo non era ben chiaro da dove fosse arrivato, se dai superstiti
di Tenroujima o dai restanti membri di Fairy Tail, ciò che
fu chiaro
è che senza rendersene conto si trovarono improvvisamente
tutti
coinvolti in balli, mangiate, bevute e brindisi.
«Reedus!
Sei dimagrito un sacco!» osservò Priscilla
volandogli a fianco.
«Mi
sono messo a dieta!» disse lui con orgoglio.
«Priscilla-nee!
Reedus-san mi stava dicendo che ha fatto dei nostri disegni provando
a immaginarci come saremmo stati dopo tutti questi anni»
spiegò
Wendy, emozionata.
«Ah?!
Davvero?!» si illuminò Priscilla. «Fammi
vedere il mio! Fammi
vedere il mio!» esultò come una bambina, fino a
quando Reedus non
consegnò ad entrambe il loro foglio. Un attimo di silenzio,
da parte
di entrambe, confuse e forse deluse per ciò che avevano tra
le mani.
«Sono
esattamente come prima» disse Priscilla, voltando il foglio e
mostrando una sé uguale e identica al passato.
«Ho
pensato che essendo immortale non saresti cambiata affatto»
rise
Reedus, imbarazzato.
«Ha
senso!» si illuminò Priscilla, convinta e
stranamente emozionata.
«Da
quando sei nata sei cresciuta come un normale essere umano, non ne ha
a dire il vero» la riprese Charle, ma venne ancora una volta
ignorata.
«E
il tuo?» chiese Priscilla, sporgendosi e guardando quella di
Wendy.
«È
piatta» sussurrò Wendy, pallida in volto.
«Carina!!!»
urlò Priscilla, stringendosi e avvinghiando il collo della
ragazzina. «Anche sette anni più grande sei
adorabile, Wendy-chan!»
«Il
mio seno...» continuò a mormorare invece Wendy, in
un limbo di
tristezza e sconforto, osservando una sé più
alta, più femminile e
sinuosa, ma ancora senza l'accenno di un seno ben formato.
«Su, su,
vedrai che crescerà» disse Priscilla, volando alle
sue spalle e
facendo scorrere le mani sotto le sue braccia andò a
palparle il
petto semi-piatto che si trovava. «Possiamo chiedere a
Polushka se
ha qualche unguento magico, non credi? E poi ti aiuto a
metterlo!»
«Priscilla-nee
che dici?!» urlò Wendy, rossa come un peperone.
Mollò il disegno a
Reedus con tale foga da fargli volare via il blocco intero e
scappò
a nascondersi dietro la schiena di Lucy.
«Wendy!
Dai, scherzavo!» scoppiò a ridere Priscilla,
guardando la bambina
che la fulminava da dietro l'amica confusa. I fogli di Reedus le
volarono tutti intorno, mentre lui disperato cercava di recuperarli
tutti. Priscilla venne attirata da molti di quei disegni, alcuni
assurdi, altri eccezionali, fino a quando non ne notò uno in
particolare. Lo prese in mano prima che lo afferrasse Reedus e
chiese, innocentemente: «E questo?»
«No,
ferma!» sussultò Reedus, più spaventato
che imbarazzato, ma
Priscilla volò più in alto di lui e fece in modo
di impedirgli di
prenderlo. Le guance le si riempirono di aria nell'istante in cui una
risata la colse dal profondo della gola.
«Laxus!»
urlò, volandogli praticamente addosso. In un angolo,
circondato dai
Raijinshuu, Laxus stava semplicemente mangiando e bevendo dal suo
boccale senza attirare troppo l'attenzione, come sua solita
abitudine. Priscilla gli piombò sulle spalle con una ferocia
tale
che gli fece sbattere la testa contro il muro, alla sua destra. La
fulminò con lo sguardo, ma lei gli restò
arpionata addosso e gli
sventolò il disegno di Reedus di fronte al naso.
«Guarda!
Sei tu!» disse mostrando quello che era un vero e proprio
demonio,
con sguardo malefico, corna sulla testa, un aspetto orribile e i tre
Raijinshuu che inginocchiati davano a lui quelli che sembravano
sacrifici umani.
«È
terrificante» commentò lui, irritato e imbarazzato
nello scoprire
la visione che Reedus aveva di sé. Priscilla
scoppiò a ridere così
forte che Laxus ebbe il timore avrebbe potuto sfondargli un timpano,
gli si accasciò tra le braccia costringendolo a farle spazio
per
potersi stendere parzialmente su di lui e continuando a ridere
sgambettò per aria e si tenne la pancia.
«Sei
un mostro orribile!» si portò una mano al viso,
poi si voltò di
nuovo a puntò un dito al disegno chiedendo: «E
questo? Sembra la
testa di un bambino! Guarda con che devozione Fried te lo sta
porgendo» rise ancora, continuando a prendersi lo spazio
vitale di
Laxus e agitandosi addosso a lui.
«Togli
quell'affare da sotto al mio naso» disse lui, irritato anche
se non
capiva se era più il suo modo di fare invasivo o il disegno
che lo
ritraeva come il peggiore dei mostri a fargli ribollire così
il
sangue nelle vene.
«Oh»
si sollevò lei, piazzandogli le mani sulle ginocchia e
puntando lo
sguardo al piatto che aveva di fronte. «Che mangi?
È buono?»
chiese, prendendone un boccone a mani nude e infilandoselo in bocca.
«Ohy!
Quello era mio!» la rimproverò, contrariato.
«Come
puoi mangiare il cibo di Laxus così impunemente!»
intervenne Fried,
furioso.
«Che
vuoi tu?» mormorò Priscilla, lanciandogli
un'occhiata tanto
glaciale da convincerlo a farsi nuovamente da parte. Non era un
semplice "fatti gli affari tuoi", ma sembrava più "non
rompermi mentre sto con mio fratello", un ordine difficile da
ignorare visto che sembrava essere disposta a proteggere
quell’attimo
tanto ambito e prezioso anche con l’uso della forza.
«Che cos'è?
Dove l'hai preso? Ne voglio una porzione anche io!»
insisté lei,
tornando solare, e infilò di nuovo le mani nel suo piatto
per
rubarne un'altra porzione.
«Che
cavolo...!» mormorò lui, irritato.
Afferrò il proprio piatto con
la mano sinistra e lo alzò, allontanandolo dalla portata di
Priscilla, mentre l'altra mano gliela piazzò in piena faccia
per
tenerla lontana. «Ti lascio sola per qualche anno e diventi
così
incivile. Il vecchio non ha fatto un gran bel lavoro con te, dovevo
aspettarmelo».
«Di
che stai parlando?» bofonchiò lei, a naso
schiacciato contro il
palmo della sua mano. «Dai, non essere cattivo, danne un po'
anche a
me! Da bambini condividevamo tutto!»
«Prenditi
la tua porzione!» la rimproverò.
«Ma
io voglio la tua!» insisté lei, cercando di
allungare le mani verso
il piatto.
«Non
ha niente di diverso da quella degli altri!»
inarcò le sopracciglia
Laxus, chiedendosi perché dovesse asfissiarlo a quel modo
per quel
piatto di carne e verdure. Lasciò improvvisamente andare la
sua
faccia, facendola cadere in avanti per lo squilibrio, e con
rapidità
bloccò la sua testa tra il braccio e il proprio petto.
Posò
nuovamente il piatto sul tavolo e tenendo bloccata Priscilla con il
braccio destro, tornò a mangiare serenamente con quello
sinistro. La
ragazza lanciò una serie di urletti, tentando invano di
liberarsi,
tirando indietro la testa, senza successo. I muscoli di Laxus la
incastravano perfettamente e la sua forza era sicuramente su un
livello superiore del proprio. Tirò, e tirò
ancora, lamentandosi e
piagnucolando di lasciarla andare, mentre indisturbato Laxus
continuava a bere e mangiare come se non avesse una specie di
anguilla che continuava a colpirlo al fianco destro. Alla fine decise
di allentare la presa e Priscilla con un respiro profondo
riuscì a
liberarsi.
«Mi
hai fatto male, hai esagerato» piagnucolò,
cercando di sistemarsi i
capelli tutti scompigliati.
«Non
ci ho nemmeno provato a farti male» commentò lui,
ancora con aria
superiore e distaccata.
«Guarda
come mi hai ridotto i capelli» lamentò
ancora.
«Da
quando in qua ti importa dei capelli?» insisté lui
per niente
ferito dal tentativo di Priscilla di farlo sentire in colpa. Ma la
domanda era lecita, Priscilla non era mai stata tipo da preoccuparsi
troppo del suo aspetto, le interessava solo essere funzionale al suo
scopo. Non aveva la minima idea di quando avesse cominciato a
preoccuparsi dei capelli, ma stranamente le tornò in mente
la frase
di Evergreen quando l'aveva portata dal parrucchiere insieme a Wendy.
"A
molti ragazzi piacciono i capelli lunghi!"
Che
sciocchezza, pensava, certo non le interessava davvero una cosa del
genere. Eppure quel contrasto di pensieri, alla ricerca di una
risposta a quella domanda, la portarono a irritarsi. Incassò
la
testa nelle spalle, si voltò dall'altra parte, e
bofonchiò qualcosa
di incomprensibile, forse semplicemente uno scimmiottio di
ciò che
Laxus le aveva appena chiesto. Lui la guardò qualche secondo
spostando solo lievemente gli occhi, senza scomporsi, mantenendo il
suo atteggiamento distaccato e isolato. Forse era stupido ed egoista
per uno come lui, ma si ritrovò a provare un briciolo di
felicità.
La stessa che aveva provato per anni, prima del loro litigio, quando
portarsi dietro quella che sembrava più un cagnolino che una
sorella
era la cosa più bella che ci fosse al mondo. In qualche modo
riusciva sempre a metterlo di buon umore e quell'affetto, anche se
faticava a riconoscerlo, non l'aveva mai dimenticato. Non poteva
mentire, anche se forse ora probabilmente non l'avrebbe mai detto ad
alta voce, ma quando erano piccoli lei era davvero la cosa
più
importante che avesse. E non aveva mai desiderato altro che vederla
sorridere in qualsiasi occasione. C'erano state volte, innumerevoli,
in cui Priscilla sembrava spegnersi ed era lì che lui aveva
sempre
giocato tutte le sue carte per riuscire a tirarle su il morale, anche
se non aveva mai saputo quale fosse il vero motivo dietro a quello
sguardo di vetro che ogni tanto le nasceva in volto. Ora invece lo
ricordava il motivo, lo odiava ma lo ricordava: erano le volte in cui
lui le faceva del male nei loro combattimenti, le volte in cui Ivan
la prendeva in disparte per parlarle e probabilmente minacciarla, le
volte in cui la usava come una vera e propria marionetta di carta.
Quando Priscilla finiva a terra, nei loro combattimenti, Ivan non la
degnava nemmeno di un sguardo. La trascinava per un piede, o per i
capelli, fino alla sua camera dove la chiudeva per nasconderla al
mondo fino a quando non sarebbe tornata nuova. Ora lo sapeva, ma al
tempo ricordava solo che a volte Priscilla, soprattutto dopo la sua
periodica influenza -o almeno, quello voleva fargli credere che
fosse- tornava ad essere un essere vuoto, privo di vita, e lui
detestava quei giorni. Ricordava, ora, la gioia e l'emozione che
nascevano quando finalmente riusciva a strapparle un sorriso. Quel
volto, l'aveva sempre pensato, non era fatto per essere triste. Il
sorriso era l'unica cosa che avesse un senso, su di lei.
Ora
lo ricordava.
Un
sorriso gli sfuggì da un angolo delle labbra, scaldato da
quella
sensazione di nostalgia e felicità, divertito da quel suo
solito
modo di fare rumoroso e caotico. Aveva la straordinaria
capacità di
trascinarlo, talvolta, al suo stesso livello solo con la sua
insistenza e la sua rumorosità. Ed era sempre uno spasso
istigarla,
visto quanto fosse innocente, e non ci voleva molto per prendersi
gioco di lei.
Qualcosa
nel profondo del cuore... che fosse quella la sensazione legata alla
mancanza di qualcuno? Avrebbe potuto dirle la verità, in
quel
momento di quotidianità che tanto ricordava il suo passato,
avrebbe
potuto semplicemente dirle: "Sai, mi sei mancata anche tu",
ma certo quello non era il suo stile.
Allungò
la forchetta nella sua direzione, continuando a guardarla solo di
traverso, senza sporgersi troppo. Una gentilezza, quella di offrirle
il suo boccone, in ricordo di quando da bambini condividevano tutto.
Priscilla, come si era aspettato, si illuminò gioiosa e
sporgendosi
nella sua direzione addentò il pezzo di carne che lui, con
finta
indifferenza, le aveva offerto. Illuminandosi tanto da sembrare un
cagnolino che scodinzolava, masticò il boccone che Laxus le
aveva
offerto dondolandosi felice sul posto. Fino a quando l'occhio non
cadde su un'ombra, ai piedi del tavolo, che sbucava al di sopra di
esso solo per un paio di occhi scintillanti. Priscilla saltò
terrorizzata e istintivamente si aggrappò a Laxus, che
mantenne
certamente più il contegno, ma che non poté
nascondere anche lui lo
sguardo terrorizzato verso quello che sembrava uno spettro sbucato
dal nulla.
Solo
successivamente, quando il cuore di entrambi cominciò a
calmarsi
dalla paura, riconobbero nel volto che li fissava da così
vicino lo
sguardo di Lluvia.
«Anche
Lluvia vuole imboccare Gray-sama con il suo cibo!» pianse e
singhiozzò, restando però nascosta sotto al loro
tavolo e spiandoli
da quella posizione.
«L-Lluvia»
balbettò Priscilla, ancora scossa per lo spavento.
«Da quanto tempo
sei lì?»
«Da
quando gli hai mostrato il disegno» confessò
Lluvia.
«Così
tanto!» sobbalzò Priscilla, ancora più
inquietata. Era stata lì
tutto il tempo e nessuno dei due l'aveva notata, faceva venire la
pelle d'oca.
«Terrificante»
balbettò Laxus, guardando inquietato la donna sotto al
tavolo.
«Perché
Gray-sama non accetta il cibo di Lluvia?!» scoppiò
a piangere.
«Dai,
Lluvia, non fare così» balbettò
Priscilla, imbarazzata.
«Falla
smettere» mormorò Laxus, infastidito.
«Falla
smettere tu! Che vuoi che faccia io?» rispose lei a
tono.
«È
tua amica» le rispose diretto.
«Ci
conosciamo appena!» ringhiò lei.
«Priscilla
è crudele con Lluvia! Non vuole essere sua amica!»
pianse ancora
Lluvia e Priscilla sobbalzò, rossa in volto. «Ma
tu odi le ragazze!
Pensi che tutte ci provino con Gray!»
«Priscilla
ha ben altri interessi, questo Lluvia lo ha capito»
annuì Lluvia,
convinta.
«Non
ho idea di cosa tu stia dicendo» mormorò Priscilla
in un sospiro
arrendevole: avrebbe smesso di tentare di capire cosa passasse per la
testa a quella ragazza stramba. Una risatina non troppo lontano,
dall'altro lato del tavolo, e Priscilla spostò lo sguardo su
Evergreen che la guardava sottecchi e ridacchiava in maniera sinistra
ed inquietante.
«Che
cosa ti prende, ora?» ruggì lei, infastidita del
fatto che quelle
due stessero complottando qualcosa e non capisse cosa.
«Sei
ingenua, Priscilla. Sottovaluti le capacità delle donne di
vedere
oltre le apparenze» disse Evergreen, sventolandosi con il
ventaglio.
«Continui
ad irritarmi, lo sai?» disse Priscilla, contraendosi in un
falso
sorriso che serviva solo a mantenere la calma. E nemmeno capiva
perché la cosa la infastidisse a tal punto. Lluvia
sgusciò vicino a
Evergreen, restando sempre nascosta sotto al tavolo, facendola
sembrare ancora di più un fantasma inquietante.
«Evergreen
capisce capisce ciò che Lluvia intende»
mormorò Lluvia continuando
a fissare Priscilla.
«L'ho
già capito da tempo, non è complicato. Sei come
un libro aperto»
annuì Evergreen. «Nemmeno ti accorgevi delle volte
che ti lanciavo
qualche segnale per vedere se confermavi le mie ipotesi».
«Segnali?»
chiese Priscilla, cominciando ad arrossire. Di che diamine parlava?
Cosa stava succedendo?
«Tu
hai capito di cosa stanno parlando?» Bickslow si
voltò verso Fried,
confuso e curioso, ma Fried mantenne la sua compostezza e rispose
semplicemente: «Discorsi da donne, immagino. Un mondo in cui
non
possiamo nemmeno avvicinarci».
Priscilla
gli lanciò un'occhiataccia e repentinamente rispose, sempre
più
irritata, «Tu sei più donna di chiunque
altro».
Fried
sussultò alla provocazione e semplicemente
arrossì, sentendosi
offeso in un modo che non era semplice contrastare... perché
forse,
sotto sotto, tanto errato non era.
In
quella posizione voltata verso Fried, Priscilla ebbe modo di far
cadere lo sguardo al piatto di Laxus, ora vuoto se non per l'ultimo
boccone che stava prendendo proprio in quel momento.
Dimenticò
improvvisamente tutti quei discorsi e tornando a scodinzolare si
riappoggiò alla spalla di Laxus, chiedendo dolcemente:
«Posso
averlo io quello?»
Laxus
non rispose, spostò nuovamente gli occhi per guardarla senza
mostrarle nemmeno chissà quale emozione, e infine le
avvicinò
quell'agognato ultimo bocconcino alle labbra. Rallegrandosi come una
bambina Priscilla aprì la bocca, pronta a gustarsi il morso,
ma
proprio quando stava per chiudere le labbra e prenderselo Laxus lo
tolse dalla sua traiettoria e se lo mangiò lui.
«Prenditi
la tua porzione» rispose, ancora masticando, con una
Priscilla ora
pietrificata ancora aggrappata alla sua spalla. Ci era rimasta
talmente tanto male che nemmeno riusciva a chiudere la bocca,
rimanendo immobile per qualche secondo. Poi scoppiò,
lamentosa.
«Sei
cattivo!» si lagnò e cominciò a
tirargli una serie di colpi sulla
testa, frignando come una bambina. Laxus la lasciò fare,
semplicemente alzò un braccio per proteggersi da quella
scarica
incessante che erano solo fastidiosi, certo non dolorosi. E ancora
una volta gli sfuggì una risatina divertita dal profondo
della gola.
Evergreen li osservò, lanciando loro quel suo sguardo
glaciale che
tutto voleva significare, e tornò a sghignazzare tra
sé e sé.
Priscilla la sentì, interruppe la sua aggressione a Laxus, e
la
guardò, sentendosi di nuovo sotto esame. Lluvia, ancora
rannicchiata
sotto al tavolo al suo fianco, annuì come se Ever avesse
appena
detto qualcosa su cui era d'accordo.
«Mi
fate venire i brividi, lo sapete?» mormorò
Priscilla, inquietata,
ma loro non risposero più sentendosi già
soddisfatte così.
I
festeggiamenti proseguirono tutta la notte, tanto che la maggior
parte di loro si addormentò dentro la sede della gilda senza
nemmeno
tornare ognuno a casa propria. Natsu spalmato su di un tavolo, al
posto di un tacchino mezzo mangiato ora buttato a terra. Gray
più
composto, a braccia conserte, seduto a terra ai suoi piedi. Avevano
lottato almeno una decina di volte, in tutta la serata, ed entrambi
non ne potevano più. Mirajane abbracciata a Lisanna,
entrambe
appoggiate al gigantesco petto di Elfman. Makarov steso sul bancone,
Cana abbracciata ad un barile ormai vuoto, Gildarts al suo fianco
russava malamente con la faccia schiacciata al tavolo. Sull'isola di
Tenrou Cana gli aveva confessato che lei era sua figlia e da quando
erano tornati perciò Gildarts non aveva fatto altro che
urlarlo a
tutti e avvinghiarsi a lei ogni volta che poteva, con conseguente
urla irritate della ragazza per il suo essere troppo appiccicoso.
Lucy era appoggiata con le spalle a un pilastro, vicino a Wendy, ed
entrambe tenevano tra le braccia Charle e Happy. Gajeel steso su un
altro tavolo, a testa abbandonata all'indietro, Levy ai suoi piedi e
Jet e Droy al suo fianco. Bisca e Alzack poggiate testa contro testa,
con la piccola Asuka, la loro figlioletta, stretta tra le braccia di
entrambi. Laki, Macao, Wakaba, Romeo, Max, Warren, persino Reedus...
tutti avevano trovato un angolo dove accasciarsi, pieni di alcol e
cibo, e crollare senza avere la forza di tornare a casa, come se
avessero avuto timore che nell'istante in cui avessero lasciato la
gilda il giorno dopo si sarebbero accorti che era stato tutto un
sogno.
Laxus,
ancora chiuso nel suo angolo di fianco ai Raijinshuu, aveva in
realtà
pensato a un certo punto di andarsi a cercare una stanza di Hotel ma
Priscilla continuava a volergli parlare, gli stava a fianco
continuamente, gli saltava al collo con qualsiasi scusa, e aveva
temporeggiato fino a quando la ragazza non si era addormentata. La
testa appoggiata alle sue ginocchia, il corpo rannicchiato sulla
panca su cui sedeva e le braccia ben serrate intorno ai suoi fianchi;
nonostante il sonno, le dita stringevano i vestiti del ragazzo
costantemente, e a ogni movimento si faceva più rigida e
più
stretta nel suo disperato appiglio. Il terrore che lui fosse potuto
sparire, una volta riaperti gli occhi, era più consistente
di quello
di chiunque altro. Lo aveva rincorso per cinque anni, decisamente
troppo tempo per permettergli di svanire al primo cedimento che
aveva, lo teneva intrappolato come il più bramato dei sogni.
Laxus
non aveva avuto il coraggio di farla spostare né di
andarsene,
consapevole del significato di quell’abbraccio,
perciò alla fine
persino lui si era addormentato lì. Schiena appoggiata al
muro,
gambe allungate sulla sedia che aveva a fianco, testa reclinata su
una spalla e braccia conserte. Ma nel sonno i muscoli si erano
allentati, le braccia erano scivolate giù e la mano destra
era
finita col poggiarsi delicatamente sulla spalla di Priscilla, come a
voler ricambiare timidamente l'abbraccio disperato che lei mantenne
per tutta la notte. Discreto, in linea con la sua figura, ma comunque
non immune alla ferita che si era portato dietro per così
tanto
tempo e che, con la debolezza del sonno, non era riuscito a
nascondere. Per loro due, più di chiunque altro, era stato
un
ritrovamento che meritava di essere festeggiato e preservato da
qualsiasi ombra. Persino un uomo apparentemente disinteressato come
Laxus lo sapeva e quel suo debole gesto dimostrava la sua
volontà a
proteggere e rispettare il dolore che Priscilla stava lasciando
andare in quell’abbraccio notturno, per la prima volta dopo
più di
cinque anni. Quella sera non erano stati più solo
l’ombra di un
ricordo malinconico, quella sera loro, su quel tavolino alla
finestra, c’erano tornati davvero a ridere, a giocare, di
nuovo a
parlare, di nuovo a viversi.
Non
avrebbero permesso più a nessun incubo di distruggerlo.
Allora
io ti aspetto qui… Laxus.
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