Maître de Moi
Lestrade non è il più grande estimatore del Diogenes, a essere sinceri,
soprattutto dato che i primi contatti con il club per gentiluomini sono
stati piuttosto…turbolenti.
Ma negli ultimi tempi è giunto ad apprezzarne le qualità intrinseche:
relativamente vicino allo Yard da permettergli di raggiungere Mycroft
per pranzo e sufficientemente discreto da permettere ai due uomini di
goderselo e prendersi qualche libertà. Poi, be’, il cibo è ottimo, vino
e superalcolici non sono da meno, e infine il posto ispira in Mycroft
un’aria di familiarità e rilassatezza che neppure un’improvvisa
telefonata di lavoro è riuscita a spezzare, quel giorno.
E Lestrade non può che essere felice del fatto che l’elevata sicurezza
del Diogenes permetta a Mycroft di gestire quella crisi improvvisa
dalle sue stanze, senza costringerlo a tornare a Thames House.
Davvero, onore al Diogenes, che gli consente di godersi la vista di
Mycroft che dà ordini con calma e distacco in maniche di camicia, le
natiche indolentemente appoggiate alla sua scrivania e le gambe distese
e incrociate alle caviglie.
Lestrade sorride nella sua tazza di caffè e non spreca l’opportunità di
osservare Mycroft in tutta la sua gloria, ora che ne ha l’occasione.
Ora che alto, di bell’aspetto ed elegante non è più una descrizione
oggettiva e distante, fredda, per lui. C’è di più, dietro quelle
parole, negli ultimi mesi, ora che gli è permesso osservare Mycroft da
vicino.
Mycroft non è solo elegante nel vestire: lo è mentre cammina, mentre
mangia, mentre dorme, mentre si allaccia le scarpe; sono eleganti le
sue mani, il suo collo, persino le sue occhiatacce. Non è di
bell’aspetto per i tratti interessanti del suo viso o per il colore dei
suoi occhi: per Lestrade è attraente quando sorride, perché le sue
labbra sottili lo fanno impazzire, e adora la sua carnagione chiara e
le efelidi, le sue sopracciglia e il suo naso aquilino…Insomma, per
lasciare da parte lo spirito della fanciulla vittoriana che lo ha
posseduto, Lestrade direbbe che tutto, di Mycroft, funziona per lui.
Soprattutto, e forse la cosa è sciocca, perché non è qualcosa di nuovo
e dovrebbe essere normale, soprattutto per lui funziona il fatto che
Mycroft sia un uomo, il fatto che sia più alto di lui e che quando a
letto si aggrappa alle sue spalle lo faccia con forza.
Mycroft si solleva dalla scrivania e gli dà le spalle per girarsi verso
la base del telefono, ed ecco la controprova di quello che Lestrade sta
pensando: la schiena di Mycroft, dritta e muscolosa.
Mycroft è forte,
nonostante la sua avversione totale per gli sforzi fisici: Lestrade se
n’è reso conto quasi per caso, vedendolo spostare la monumentale
poltrona del salotto annesso al suo studio, a casa, o scoprendo quanto
pesano in media le sue valigie.
Mycroft potrebbe sollevare
Lestrade, se volesse, e senza troppo sforzo, nonostante la stazza
dell’Ispettore. Non che abbia ragioni di farlo, certo, ma Lestrade
trova il pensiero divertente, e anche qualcosa di più.
Mycroft è più alto di lui e altrettanto forte. È un uomo potente,
importante. Il suo intelletto sterminato lo rende inaccessibile ai più.
Ed è alle sue spalle che si aggrappa, a letto.
Forse il punto della questione è tutto lì, o forse si tratta del fatto
che Mycroft lo fa sentire al sicuro. Davvero, Lestrade non saprebbe
dirlo.
Mycroft sospira in perfetto silenzio e con qualche ultima parola secca
chiude la telefonata.
“Le mie scuse. Niente di troppo grave, ma non c’è situazione che non
possa diventarlo, se non sottratta tempestivamente alle mani
dell’incompetenza,” dice mentre torna verso di lui e il caffè che
dovrebbe concludere il loro pranzo.
“Non c’è problema,” risponde Lestrade sempre sorridendo.
Mycroft lo scruta: “Quali bizzarri percorsi mentali ti hanno tenuto
occupato in questi minuti? Hai la più ridicola delle espressioni.”
“Credo sia possibile, sì,” ridacchia Lestrade.
“Vuoi spiegarmi?”
“Posso provarci, ma non garantisco che capirai…”
Mycroft lo guarda, intrigato all’idea di una sfida al suo intelletto,
mentre si siede sul bracciolo della propria poltrona: “Sentiamo.”
“Ok…mi stavo domandando se saresti in grado di sollevarmi da terra.”
Mycroft sbatte le palpebre, una volta, e i suoi occhi saettano sulla
figura di Lestrade, come se stesse facendo i calcoli necessari, prima
di tornare sul suo volto: “Ritengo di sì.”
Lestrade annuisce: “Sì, vero? Proprio come pensavo.”
“Anche se non riesco a pensare a un motivo per il quale dovrei fare una
cosa del genere.”
“Esattamente il mio pensiero,” ghigna lui.
Mycroft lo fissa tra l’interdetto e il divertito: “Devo aspettarmi la
richiesta di sollevarti tra le mie braccia, la prossima volta che
varcheremo la soglia della mia camera da letto?”
Lestrade scoppia a ridere: “Ti prego, no!”
“Se non avevi in mente una pretesa su queste linee temo proprio di non
capire, Gregory.”
“Te l’avevo detto…non farci caso, un pensiero sciocco,” risponde lui
scuotendo la testa. Controlla l’ora e sospira: “Devo andare. Io e Sally
dobbiamo sentire un testimone a Lambeth.”
Mycroft estrae l’orologio da taschino.
“Se aspetti solo qualche minuto beneficerai dell’onda verde,” lo
informa e si alza assieme a Lestrade. “Di nuovo, le mie scuse se la mia
attenzione è stata temporaneamente deviata altrove.”
“Nah, tranquillo. Mi fa piacere pranzare insieme, e so che neanche tu
puoi tenere a freno l’idiozia di altri senza neppure una telefonata.”
Mycroft alza gli occhi al cielo: “È estremamente ingiusto, non poter
rimediare al caos del mondo con solo l’intensità del mio volere.”
Lestrade ridacchia: “Adesso, signor Holmes, neppure lei può tutto solo
perché lo desidera!”
“Je suis maître de moi comme de l’Univers, je le suis, je veux l’être,”
declama Mycroft, avvicinandosi.
“Devo fartelo notare, vero, quando i deliri di onnipotenza si fanno
così evidenti?” domanda lui baciandogli una guancia e finendo di
infilarsi la giacca.
“Deliri?” indaga Mycroft con un sopracciglio inarcato.
“Be’, è vero che sei potente, intelligentissimo e stupendo, ma neanche
tu puoi tut…”
Lestrade non ha una chance di terminare la frase, perché Mycroft si
muove con l’agilità di un felino: si abbassa appena, lo cinge con le
braccia appena sotto le natiche e lo solleva di scatto.
Lestrade lo abbranca d’istinto, conficcandogli le unghie nelle spalle
come un gatto spaventato, e si ritrova a fissare a occhi spalancati il
viso compiaciuto di Mycroft: “Sei impazzito?!”
“Mettevi in dubbio la mia onnipotenza, così ho voluto darti una
dimostrazione pratica di cosa posso fare, visto che prima ti
interrogavi a riguardo…” risponde l’altro con un mormorio, sistemandosi
meglio le sue gambe attorno ai fianchi.
Lestrade gli si aggrappa al collo, viola e senza fiato: “Io…davvero…”
“Non vuoi dirmi cosa ha ispirato la tua domanda? Se fossi abbastanza
forte da sollevarti?” chiede Mycroft, come se facesse le fusa.
Si sposta di pochi passi e addossa la schiena di Lestrade al primo muro
disponibile, accanto alla libreria. Poi lo bacia, premendosi contro di
lui.
Lestrade si sente morbido e malleabile, privo di appoggi e di forze.
Dopo poco, Mycroft si ritrae come un’onda, senza allontanarsi troppo, e
lo lascia scivolare a terra.
“Credo…mi sa che avevo in mente proprio qualcosa del genere,” sussurra
Lestrade, ritraendo le braccia dal collo di Mycroft e poggiandogli le
mani sul petto.
Mycroft sorride: “Tutto a posto?”
“Mi gira un po’ la testa,” ammette Lestrade. “Credo che sia perché ho
capito sul serio che mi sento al sicuro con te e ti lascerei fare
qualunque cosa…” aggiunge dopo aver abbassato gli occhi. “È la stessa
cosa per te?” chiede alzando di nuovo lo sguardo di scatto.
“Sì. Anch’io mi sento al sicuro con te,” lo rassicura l'altro uomo. “E
anche tu mi fai girare la testa,” sorride.
“Non sono un peso piuma,” scherza Lestrade.
“Succede molte più volte di quanto mi permetta di far intravedere,”
risponde Mycroft.
“Oh.”
“Precisamente.”
“Me lo dici come faccio ad andare a lavorare, adesso?” domanda
Lestrade, accarezzandogli il viso. “Devo aver anche perso l’onda verde…”
Mycroft sorride ancora e si scosta da lui: “Ti assicuro che non sarà un
problema.”
Lestrade lo segue fino alla porta.
“Ci vediamo stasera, My?” gli chiede dopo un bacio di saluto.
“Senz’altro, Gregory.”
“Bene,” ghigna. “Chissà se riesco a convincerti a rovesciarmi sul letto
con una presa di judo, o simili…”
Sì, Lestrade non è un gran fan del Diogenens. Ma si ricorderà il giorno
in cui Mycroft ha violato la regola del silenzio, spingendolo nel
corridoio ridendo ad alta voce.
Note:
Una one-shot breve e sciocca:)
Potrebbe far parte dell’universo in cui è ambientata la raccolta Al
secondo giro di giostra (avevo ancora un po’ di paura), come
anche no: non è in conflitto con quella storia, ma neanche fa avanzare
la trama, quindi ho deciso di non includerla.
La citazione in francese è tratta dalla tragedia di Pierre Corneille
(quello di “Rodrigue, as-tu du coeur?”) Cinna, in cui l’Imperatore
Augusto concede il suo perdono ai congiurati che hanno cospirato per
assassinarlo. Io me la ripeto quando sento che sto perdendo un po’ il
controllo e mi farebbe comodo sentirmi onnipotenteXD
|