La
ragazza che aspettava
Quando
la mattina dopo sorse il sole, lentamente tutti si risvegliarono e
ciò che fu incredibile fu che man mano che ognuno di loro
tornava in
piedi i festeggiamenti sembrarono riprendere esattamente da dove si
erano fermati la sera prima. Cana si appropriò di un altro
barile,
Gildarts tornò a urlare felice che lei fosse sua figlia e a
dedicarle brindisi, Natsu afferrò il mezzo tacchino a cui
aveva
fregato il posto per dormire e riprese a masticarlo nonostante fosse
ancora mezzo addormentato, mentre Gray lo rimproverava di essere uno
schifoso, Gajeel si irritò con loro per il fracasso che
stavano
facendo e che non gli permetteva di dormire e alla fine i tre
ripresero a litigare e a fare a botte. Elfman si unì a loro,
senza
un motivo preciso, urlando qualcosa sull'essere uomo, Mirajane
sistemò un po' il locale mentre Lisanna le dava una mano
portando a
tutti altro cibo e altro alcol. Lucy si stiracchiò
e ridacchiò
divertita del rumore che riuscissero a fare già di prima
mattina, ma
soprattutto come questo non disturbasse molti di quelli che ancora
stavano dormendo. Tra cui anche Laxus e Priscilla. Incuriosita e
soprattutto intenerita da quella scena che mai nemmeno nei suoi sogni
migliori si sarebbe aspettata di vedere, si voltò verso
Wendy che si
stava anche lei alzando e le fece cenno di raggiungerla. Le guance di
Wendy si arrossarono per l'emozione ed entrambe guardavano intenerite
la posizione in cui i due stavano beatamente sonnecchiando. Lluvia
comparve sotto di loro, inginocchiata e ancora parzialmente nascosta
sotto al tavolo come la sera prima. Lisanna attirata da quel piccolo
gruppetto si unì alle sue amiche, e così anche
Laki e persino Erza,
tutte con l'espressione emozionata e trasognante.
«Che
fate tutte qua?» chiese Natsu, sbucando oltre la spalla di
Lucy, e
lei lo fulminò con un
«Ssshhh!».
«State
spiando delle persone che dormono, siete inquietanti» disse
Gray,
scoprendo che anche lui si era infilato in quel gruppo dove ora, per
qualche ragione, comparivano anche i Raijinshuu.
«E
tu perché sei qua?» lo provocò Elfman,
rivelando così anche la
sua di presenza, incuriosito più dal gruppo che si era
creato che
dall'evento stesso.
«Potrei
chiederti la stessa cosa?» ruggì Gray, infastidito
che la predica
arrivasse proprio da lui.
«Cinque
anni, eh?» mormorò Lucy, sorridendo intenerita.
«Se ripenso a
quando si sono incrociati, in occasione dell'attacco da parte di
Phantom Lord, quanta cattiveria e quanta tristezza che hanno mostrato
allora. Sembra di avere davanti delle persone diverse».
«Sembra
di essere tornati indietro di almeno dieci anni, che
nostalgia»
commentò Mirajane e Lucy sussultò nel notare
anche lei lì al
proprio fianco.
«Disegniamo
le loro facce» ghignò Natsu, incredibilmente fuori
dal coro, e con
lo sguardo inviperito si fece avanti con un pennarello in mano.
«Natsu!»
lo rimproverò Lucy e cercò di fermarlo, insieme
ad altri,
afferrandolo per i vestiti. Ma il ragazzo si dimenò e
cercò a tutti
i costi di raggiungere i due, finendo col fare più baccano
di quanto
già non ci fosse. Alcuni persero l'equilibrio, pressati
com'erano
tra loro con un famelico Natsu tra le mani, e caddero sul tavolo
davanti a Laxus ribaltandolo. I due fratelli sobbalzarono dalla paura
e si svegliarono, fissando stralunati tutti i compagni che avevano
intorno e che ora sghignazzavano nervosi. Non avevano idea di cosa
stessero combinando, ma solo la loro presenza così
soffocante li
irritò.
«Ohy,
voi...» ringhiò Laxus, pronto a tirar pugni a
chiunque fosse la
causa di tutto quello.
«Fate
paura!» tremò Priscilla.
«Stavamo
fermando Natsu che voleva scrivervi sulla faccia» disse
candidamente
Mirajane, dando al ragazzo tutta la colpa.
"Mira-chan
è malefica!" impallidì Lucy, facendosi venire la
pelle d'oca.
Lo sguardo di entrambi i fratelli si spostò verso il ragazzo
ora a
terra, pennarello ancora alla mano. Qualcosa sembrò tremare,
forse
l'universo stesso, mentre in quegli occhi pietrificanti Natsu poteva
benissimo vederci la collera di una tempesta di fulmini e tornadi
pronta a travolgerlo. Urlò terrificato, divenne pallido come
uno
straccio e infine si accasciò a terra senza nemmeno la forza
di
respirare. Mai in vita sua aveva avuto così tanta paura,
quei due
erano spaventosi già da soli quando ci si mettevano, ma
insieme
erano la vera e propria apocalisse.
«È
già fuori combattimento solo con la forza dello
sguardo!» sussultò
Lucy, sconvolta.
Le
porte della gilda si spalancarono e alcune persone fecero il loro
ingresso, attirando ora l'attenzione.
«Vedo
che la gilda è tornata al solito chiasso» Leon
camminava a capo di
alcuni membri di Lamia Scale che erano andati a trovarli. Cherry si
sbracciò, gioiosa come sempre, dando il bentornati. C'erano
persino
Jura, Toby e Yuka e tutti salutarono con un gran sorriso. Priscilla
si drizzò improvvisamente, allargando il volto in un sorriso
gigantesco, e infine saltando spiccò il volo verso di loro
urlando:
«Cherry! Leon!»
Allargò
le braccia e prese entrambi, stringendoli in un abbraccio. Un tornado
nacque ai piedi di tutti e tre, facendoli roteare insieme, mentre
Priscilla li stringeva e rideva felice.
«Pricchan!»
ricambiò Cherry con altrettanta gioia.
«Ehy...
f-fermati!» lamentò invece Leon cominciando a
provare la nausea per
tutto quel girare che un po' gli ricordava le punizioni della loro
master.
«Che
bello rivedervi! Mi siete mancati così tanto!»
insisté lei.
«Avevo
paura foste morti!» pianse Cherry, ricambiando l'abbraccio.
«P-puoi
lasciarmi andare?» balbettò anche Leon, a disagio
in quell'incastro
tra donne e quel continuo roteare.
«Vi
abbiamo cercato così tanto insieme a Blue Pegasus,
nonostante
sentissimo strane tracce di magia dell'isola non c'era mai traccia.
È
stato così triste!» disse ancora Cherry e solo
allora Priscilla
smise di far girare tutti e tre.
«Avete
aiutato nelle ricerche? Che carina, eri preoccupata per noi!»
disse
felice e si aggrappò al collo di Leon, stringendolo e
strozzandolo.
«Perché
abbracci me se parli con lei?» chiese lui, rosso in
volto.
«Perché
ho continuato a sentirti dentro me per tutto questo tempo, che
emozione!» disse priscilla, arrossendo e portandosi una mano
alla
guancia in un gesto timido. Leon avvampò ancora di
più e le urlò
contro: «Smettila di essere equivoca!»
«Anche
questo è amore!» le fece eco Cherry, affiancandola
e arrossendo
allo stesso modo.
Ma
un improvviso e bizzarro brivido colse la schiena del mago del
ghiaccio, una goccia di sudore freddo, la sensazione di un pericolo
imminente che a breve avrebbe potuto ucciderlo. Non capiva cosa
stesse accadendo, sentì solo che tutto a un tratto la sua
vita era
in grave pericolo. Seguì la sensazione, che lo
portò a voltare la
testa e guardare un angolo ben preciso della gilda, come se
lì ci
fosse stata la risposta a quell'orribile sensazione di morte e dolore
che aveva allungato la propria ombra minacciosa verso di lui. E
incrociò con enorme sorpresa un paio di occhi sottili e
affilati che
parvero accoltellarlo nell'istante stesso in cui li vide. Laxus
sedeva ancora dove l'avevano lasciato, gambe accavallate, braccia
incrociate, un atteggiamento quasi disinteressato ma dalla testa
reclinata in avanti sbucavano quegli occhi che invece parvero
strappargli l'anima dal corpo e farla a brandelli. Leon non aveva
idea di chi lui fosse, né perché lo guardasse in
quel modo, ma se
ne terrorizzò e rabbrividì ancora.
«Non
sei più gelosa di Leon» disse Priscilla a Cherry,
inconsapevole
della minaccia incombente che stava per cadere sulla testa del suo
amico.
Cherry
arrossì lievemente e, altrettanta ignara di ciò
che stesse
accadendo, confessò: «In verità
io...»
«Si
è fidanzata con Ren!» urlò Toby dietro
di lei e Priscilla sussultò
portandosi entrambe le mani al volto.
«Quello
di Blue Pegasus!» esclamò sorpresa.
«Come
dire... è stato amore a prima vista» disse Cherry
portandosi le
mani al petto, all'altezza del cuore.
«Ma
quando?!» chiese Priscilla, guardandola emozionata.
«Già
dall'incontro di Oracion Seis qualcosa è iniziato»
spiegò Cherry.
«Non
ci credo!» esclamò Priscilla, sempre
più sorpresa.
«A
me sembrava abbastanza evidente, a dire il vero»
mormorò Lucy,
ascoltando la chiacchierata tra le due.
«Perciò
ora se vuoi Leon, te lo lascio volentieri» ammise infine
Cherry, con
un sospiro, e Priscilla si voltò sghignazzante verso il
ragazzo, già
pronta a continuare quel gioco che aveva iniziato ai tempi di
Nirvana, chiedendo: «Hai sentito Le...» ma si
interruppe, notando
improvvisamente che fosse sparito. «Eh?» si chiese,
sbattendo le
palpebre confusa. Si guardò rapidamente attorno, curiosa di
sapere
che fine avesse fatto, e quasi urlò dalla sorpresa quando lo
vide
insieme a Lluvia, che la guardava rosso sulle guance e tenendole le
mani.
«Ma
che succede?» stridulò, sconvolta.
Lluvia
arretrò rossa in volto, balbettando: «A-aspe...
no, non posso...
Lluvia è... Gray-sama...»
«Un
triangolo amoroso!» esclamò Cherry, guardando la
scena tra i tre
con un'espressione appassionata.
«Come
nei romanzi!» Esclamò Priscilla, altrettanto
rapita e ora
interessata.
«È
ovvio che alla fine sceglierà Leon-sama, nessuna
può resistere al
suo fascino» speculò Cherry e Priscilla
annuì convinta,
sostenendo: «E Gray la maltratta sempre, è ovvio
che alla fine la
perderà».
«Smettetela
con queste stronzate!» intervenne Gray, mettendosi disperato
le mani
nei capelli, ma entrambe lo ignorarono.
«Mi
devi raccontare di Ren, comunque! E di cosa avete fatto in questi
sette anni!» esclamò Priscilla, lasciando perdere
immediatamente la
faccenda Leon-Gray-Lluvia e si sedette a un tavolo lì vicino
insieme
a Cherry, cominciando a parlare animatamente insieme a lei per
ore.
La
festa a Fairy Tail proseguì per tutto il giorno seguente,
insieme a
Lamia Scale ma anche Blue Pegasus che andò loro a far
visita. Sette
anni erano stati lunghi, riuscire a racchiuderli tutti in solo un
paio di giorni era difficile ma nessuno di loro sembrò
demotivato a
provarci. Avrebbero proseguito per settimane, se ne avessero sentito
la necessità.
Quella
notte Priscilla e Wendy tornarono insieme al dormitorio, decise a non
voler passare un'altra notte su una panca ma godersi un bagno caldo e
poi il meritato letto. Il rientro non fu piacevole come si
aspettavano, ad aspettarle ci furono sette anni di arretrati per
l'affitto e pulizie. Le stanze erano in stato di abbandono, con
polvere ovunque, vestiti divorati dalle tarme e oggetti rovinati. La
notte di riposo e pace che si erano sognate, non solo loro due ma
chiunque fosse tornata al dormitorio, l'abbandonarono in poco tempo
costrette a risistemare le cose. Il giorno dopo era pomeriggio
inoltrato quando Wendy fece il suo ingresso alla gilda, quella
mattina aveva dormito fino a tardi per riuscire a recuperare un po'
di sonno perciò non si era sorpresa quando al risveglio si
era
ritrovata sola in stanza. Priscilla era già dentro Fairy
Tail da
chissà quanto tempo, come aveva sospettato, anche se il suo
aspetto
non era altrettanto fresco. Era appoggiata al tavolo, vicino a Laki e
Cana che ancora beveva. Sembrava ascoltare i loro discorsi, ma lo
sguardo in realtà era perso nel vuoto.
Wendy
la salutò e lei bofonchiò in risposta.
«Sai,
pensavo che avremmo dovuto prendere un lavoro per riuscire a
cominciare a ripagare il debito dell'affitto al dormitorio, ma la
bacheca è praticamente vuota» disse la ragazzina,
pensierosa.
Priscilla si mosse, ma continuò a restare distesa sopra il
tavolo a
cui era appoggiata. «Meglio così, dopo il caos a
Tenroujima ho
bisogno di almeno un paio di settimane per riprendermi»
bofonchiò,
apparentemente stravolta.
«La
tua gamba sta ancora guarendo, vero?» chiese Wendy, capendo
perché
sembrasse ancora così stanca.
«Ha
finito questa notte, da quando mi sono unita alla magia Anima il
recupero è diventato molto più veloce»
sollevò la gamba, muovendo
animatamente il piede, e finalmente sorrise: «Guarda che
bella
gambetta nuova che mi ritrovo!»
«Sei
un po' come le stelle marine, se ti viene tagliato un pezzo torna
com'era prima»commentò Wendy sorridente.
«Non
mi piacciono le stelle marine» commentò Priscilla,
tornando ad
accasciarsi sul tavolo.
«Io
penso invece siano molto affascinanti» e si
illuminò, in vista di
un'idea. «Perché non andiamo al mare ad allenarci
come ai vecchi
tempi?» propose.
«Non
mi va» disse semplicemente Priscilla.
«Il
mare! Che meraviglia! È da un po' che penso di provare ad
abbronzarmi un po'» intervenne Cana, passandosi le dita lungo
la
pelle del braccio. «Vengo io con te, Wendy».
«Voglio
venire con voi!» si unì Levy, entusiasta, e poco
dopo anche Lucy,
Natsu, Gray, Lluvia e Erza si unirono al coro. Quella che era partita
come un'idea per allenarsi, un'idea per provare a tirare un po' su il
morale di Priscilla che per qualche motivo sembrava a terra, si era
trasformata presto in una gita tra amici a cui però
Priscilla si
incaponì e non prese parte, restando alla gilda. Wendy si
sorprese
molto quando la sera, tornando, la vide ancora lì, nella
stessa
identica posizione e stato d'animo del mattino stesso.
«Priscilla-nee,
va tutto bene?» chiese preoccupata.
Priscilla
sospirò, vinta e forse convinta che non ci fosse motivo di
tenerlo
nascosto, e confessò: «Oggi Laxus non si
è fatto vedere».
«È
per questo che non sei voluta venire?» chiese
sorpresa.
«Il
tuo attaccamento a quell'uomo supera quasi quello di Lluvia con
Gray»
disse Charle, irritata nel vederla così succube.
«Non
è questo...» disse Priscilla, abbassando gli
occhi. «Siamo tornati
da praticamente tre giorni e ancora non è stato
ufficialmente
riammesso alla gilda. Io... sono un po' preoccupata».
«Temi
non voglia rientrare?» chiese Wendy dispiaciuta.
«L'hai
potuto riabbracciare solo ora dopo cinque anni, capisco che tu possa
provare un po' di timore al pensiero che voglia sparire di
nuovo»
annuì Charle, ora più comprensiva visto che
dietro
quell'atteggiamento sembrava esserci un motivo ragionevole.
«È
cocciuto e il nonno peggio di lui. Se si incaponiscono che non
vogliono parlarsi, finisce che non si risolve niente solo per
l'orgoglio di due stupidi testoni» rifletté
lanciando un'occhiata a
suo nonno, come sempre seduto sul bancone a bere qualche
bicchierino.
«Perché
non provi a parlare tu col master. Sono sicura che a te darà
ascolto» provò Wendy.
«Laxus
non accetterebbe mai di rientrare perché raccomandato da sua
sorella, è testardo, te l'ho detto. È una
faccenda che deve
risolvere da solo. E comunque scommetto che anche il nonno vuole solo
che sia lui a prendersi le sue responsabilità e farsi
avanti, senza
aggrapparsi a nessuno. Mettere da parte l'orgoglio e chiedere scusa,
è questa la sua punizione. Santo cielo, perché
gli uomini devono
essere così complicati» sospirò
Priscilla, massaggiandosi la
fronte.
«Benvenuta
nel mondo, sorella» commentò Cana tornando a
sedersi al suo fianco
armata di un paio di bottiglie. «Tieni, sfogati come una vera
donna»
e gliene porse una.
«Cana-san,
non credo quello sia il metodo ideale» ridacchiò
Wendy, nervosa.
«Non
so nemmeno se posso ubriacarmi» mormorò Priscilla,
con una guancia
poggiata sul pugno chiuso.
«È
giunto il momento di scoprirlo» spinse Cana. «Su,
su, fammi
compagnia».
«Dicono
sia sbagliato affogare i dolori nell'alcol»
mormorò ancora
Priscilla, afferrando però la bottiglia e portandosela sotto
al naso
per sentirne l'odore.
«Sciocchezze!
L'alcol è il miglior amante di una donna, capisce e non
tradisce. E
soprattutto non ti lascia mai sola!» disse Cana e forse fu
proprio
quell'ultima frase che fece nascere nello stomaco di Priscilla un
moto di nervoso tale che la convinse a bere. Aggrottò la
fronte
irritata per essere stata sola tutto il giorno e aver aspettato come
una stupida che lui facesse il suo ingresso e buttò
giù un lungo e
infinito sorso. Rimase per un attimo in contemplazione, aspettando e
studiando gli effetti che aveva sul suo corpo, per poi voltarsi verso
Cana e dire: «Non funziona».
«Prova
con questa» disse Cana, porgendole un'altra bottiglia.
«Cana-san,
credo sia esagerato» disse Wendy, preoccupata nel vedere
Priscilla
tracannare anche quella bottiglia. Ma lei la ignorò e
continuò a
porgere bicchieri e bottiglie a una Priscilla che beveva
sempre
con più rabbia e foga, fino a quando non sentì
qualcosa cambiare in
lei. Tutto si era fatto più leggero, soprattutto il peso che
aveva
sullo stomaco.
«Così
Gildarts è tuo padre, eh?» biascicò con
quel poco che riusciva a
parlare.
«Non
lo sapevi? In molti l'avevano capito» borbottò
Cana, altrettanto
ubriaca.
«Non
sono mai stata molto tempo alla gilda, nessuno mi aveva detto
niente»
buttò giù un altro sorso. «Lo sai che
tuo padre una volta ha
distrutto la mia maglietta e mi ha fissato le tette?»
«Quel
porco maniaco!» sobbalzò Cana, lanciando la sedia
contro il muro
dietro di sé. Priscilla scoppiò a ridere per la
sua reazione, forse
anche troppo esageratamente, e per poco non cadde dalla sedia.
«Laxus
ne approfittò per sconfiggerlo e superare l'esame per la
classe S,
ma da allora lo detesta» rise e si accasciò
nuovamente sul tavolo.
«Allora
è questa la leggenda che si nasconde dietro il superamento
dell'esame di Laxus» rise Cana, prendendo un'altra sedia e
tornando
a sedersi.
«Non
dirgli mai che te l'ho raccontata» rise Priscilla.
«Laxus»
sputacchiò Cana. «Tuo fratello è
veramente un bastardo! Passa
cinque anni a insultarti e farti soffrire, poi quando fa pace con se
stesso sparisce di nuovo».
«Non
è mio fratello» disse Priscilla, quasi offesa,
versandosi un altro
bicchiere. «Non sono geneticamente legata a nessuno dei suoi
genitori» bevve e rifletté sulla questione, prima
di dire: «Però
ho nel petto parte dell'anima di suo padre. In pratica la mia essenza
è Ivan... per questo possiamo dire che... tecnicamente... io
sono
suo padre».
«Laxus
è tuo figlio!» scoppiò a ridere Cana,
battendo colpi sul tavolo, e
Priscilla fece altrettanto aggrappandosi poi a lei e ondeggiando al
suo fianco.
«Mi
viene da vomitare» mormorò infine e Cana la spinse
via,
urlando:«Non da questa parte, che schifo!»
Priscilla
si accasciò di nuovo sul tavolo, ormai con gli occhi
semi-chiusi
mentre l'intero mondo intorno a lei vorticava impazzito.
«Non
riesco a pensare che a lui» confessò,
raggomitolandosi all'interno
delle sue stesse braccia. «Che fastidio, perché se
deve sparire non
lo fa una volta per tutte anche dalla mia testa e la facciamo
finita?»
«Parli
come un'innamorata» l'ammonì Cana, bevendo ancora.
«Non
dire assurdità, Laxus è mio
fratello!»
«Tuo
figlio» la corresse Cana e Priscilla si portò le
mani alla testa,
strapazzandosi i capelli e urlando: «Ah! Che confusione! Non
ci
capisco più niente!»
«Dì
un po', è vera la storia che sei stata creata per
lui?» chiese
Cana.
«Dovevo
essere il suo pungiball, Ivan cercava qualcosa per allenarlo
brutalmente senza avere problemi ed incrementare così il
potere
della Lacryma di drago dentro lui. Dar vita a un vero essere vivente
non era proprio nei suoi piani, cercava forse qualcosa da spacciarlo
per tale. Dammi un altro sorso di quello!» disse allungandosi
e
attaccandosi direttamente alla bottiglia. «Diceva che se non
avessi
combattuto seriamente con Laxus mi avrebbe uccisa. Lui può
farlo. È
strano perché al tempo non provavo niente, eppure la morte
mi
spaventava. La paura è stato il primo sentimento che abbia
mai
provato in vita mia. Che squallore» e bevve ancora.
«Chissà
qual è stato il mio primo sentimento»
mormorò Cana, pensierosa.
«Scommetto
però che indovino qual è stata la tua prima
parola!» disse
Priscilla, sghignazzando prima di urlare come un pianto di un
neonato: «Alcol! Alcol! Alcol!»
Cana
rise di nuovo in maniera esagerata e sganasciata e Priscilla
sghignazzò divertita, guardandola, ma poi tornò
ad accasciarsi sul
tavolo. Il sonno stava cominciando a prendere possesso dei suoi occhi
stanchi e ormai tutto era così confuso da non capire nemmeno
se si
trattava di un sogno o realtà.
«Cana»
mormorò. «Credi dovrei aspettarlo
ancora?»
Un
tentennamento, il primo di tutta una vita. Non aveva mai messo in
dubbio i suoi sentimenti per Laxus, né il suo obiettivo.
Sapeva che
era venuta al mondo per lui e qualsiasi cosa sarebbe successa niente
su quell'aspetto sarebbe cambiato. Era sempre stata convinta che
avrebbe potuto sopportare ogni cosa, pur di vederlo felice, pur di
adempiere al suo scopo. Era pronta ad aspettarlo per
l'eternità, ma
più di una volta in quei mesi di attesa si era ritrovata di
fronte
alla vera morte, soprattutto negli ultimi giorni con Hades sull'isola
di Tenroujima. Aveva pensato a tante cose, soprattutto a lui, aveva
pensato a lui fino a quando aveva avuto capacità di pensare.
Ma
stranamente quel pensiero non l'aveva legata al suo destino, quanto
allontanata. La sua vita, avrebbe davvero accettato di passarla a
seguire un'ombra? Aspettare era così doloroso, davanti alla
prospettiva che forse non sarebbe servito a niente. Forse avrebbe
dovuto semplicemente rinunciare, lasciarlo andare, e smettere di
soffrire provando a combattere invece per voltare lo sguardo altrove.
Era la prima volta che succedeva una cosa come quella e faceva un
gran male. Laxus era da sempre stato il suo tutto, ma aveva rischiato
di perderlo ben prima di poterselo godere. Quanto sarebbe stato
triste per lei se fosse morta prima di poter sentire ancora una volta
la sua voce. E Laxus continuava a voltarle le spalle, come se non gli
interessasse, legato più al suo orgoglio che al suo
desiderio.
Poteva davvero accettarlo, di restare un passo indietro per tutto il
resto della sua vita?
«Pricchan»
disse Cana, stranamente più seria anche se non per questo
più
sobria. «Dimmi una cosa, per te lui è importante,
vero?»
Rossa
in volto, forse più per l'alcol che altro, Priscilla si
rannicchiò
nelle sue stesse spalle. «Ha dato un senso alla mia
esistenza»
mormorò.
«E
allora se quello stupido è tanto stupido da non capirlo da
solo, vai
e prenditelo!» ringhiò Cana, sbattendo la
bottiglia sul tavolo.
«Prenderlo?»
chiese Priscilla, sorpresa.
«Basta
essere la fanciulla in pericolo che aspetta il principe azzurro, sei
una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi! Anche con la forza
se necessario!»
«Che
dovrei fare? Picchiarlo?» ridacchiò Priscilla.
«Se
necessario sì!»
«Non
credo sia un buon metodo per conquistare il cuore di qualcuno, sembra
più un consiglio da Natsu» rise, lasciandosi
andare lentamente al
sopore del sonno.
«Conquistare?»
mormorò Cana, sorpresa dal termine usato dalla ragazza. Ma
lei non
l'ascoltò nemmeno più e si addormentò
rapidamente, appena prima
aver biascicato con un ultimo sghignazzo: «Hai detto stupido
due
volte nella stessa frase. Sei proprio una scema, Cana».
«Oh,
cielo... è completamente andata»
ridacchiò Cana, tornando a bere e
lasciando che la ragazza iniziasse a russare al suo fianco.
«Sì,
direi che l'alcol ha effetto su di lei».
La
mattina dopo Priscilla si svegliò misteriosamente nel suo
letto,
anche se con un gran mal di testa. Ondeggiò fino al bagno,
si lavò
e cercò di darsi una svegliata, poi esattamente come il
giorno prima
tornò alla gilda e lì rimase, immobile, ad
aspettare.
«Pricchan!
Ancora qui?» salutò Lucy, entrando nel tardo
pomeriggio. Le si
sedette a fianco e chiese a Mirajane di portarle qualcosa da mangiare
e bere. Natsu e Gray arrivarono poco dopo, con loro anche Wendy e
Erza.
«Dove
eravate?» chiese Priscilla, curiosa.
«A
fare un giro per la città, abbiamo pensato che se ci
facciamo vedere
magari la gente ricorda i vecchi tempi e comincia a fare nuovamente
richieste alla nostra gilda» disse Lucy con uno sguardo
abbattuto.
«Credo in realtà Erza volesse solo andare a vedere
se c'era ancora
la pasticceria dove andava sempre sette anni fa, non ho capito
però
perché abbia trascinato anche noi in giro per tutta
Magnolia».
«Priscilla-nee!
Come ti senti?» chiese Wendy, sedendosi al suo fianco.
«Ieri sera
Cana ti ha riportata al dormitorio sulle spalle, non sembravi molto
in te».
«Non
ho ricordi di ieri sera. Non molti in verità...»
confessò lei,
corrucciandosi per pensare e lottare contro il mal di testa.
«Credo
che Cana mi abbia consigliato di picchiare Laxus per qualche
motivo... o forse di farci un figlio».
Erza
sputò la bevanda con cui si stava rinfrescando e rossa come
un
peperone fissò Priscilla che ancora assorta aveva cominciato
a
mormorare tra sé e sé: «O forse che io
ho un figlio da qualche
parte che si chiama Laxus... o magari è lei ad avere un
figlio...
che picchiava... no, io l'ho picchiato. Ma per quale motivo? E chi ho
picchiato? Ah, che confusione!!!» urlò alla fine,
tormentandosi la
testa.
«Cana
non ci è andata leggera con te, vedo»
ridacchiò Lucy.
«Come
fa a piacervi questa sensazione? È terrificante non riuscire
a
ricordare, chissà cosa avrò mai detto o fatto!
Non capisco perché
a voi piaccia tanto ubriacarvi».
«Lo
dici solo perché hai i postumi, vedrai che appena ti
ricapiterà
l'occasione lo farai di nuovo» ridacchiò Gray.
«Bah
non saprei...» mormorò Priscilla, tornando ad
appoggiare la testa
al tavolo, tra le braccia. "Anche oggi non si è fatto
vedere"
rifletté e per qualche strano motivo le venne in mente Cana
e la sua
forza nello sbattere la bottiglia al tavolo. Non ricordava cosa fosse
successo la sera prima, ma c'era qualcosa in lei che si muoveva. Una
strana determinazione a non restare più con le mani in
mano.
Notò
la porta della gilda aprirsi e Fried entrò, seguito come
sempre da
Bickslow e Evergreen.
«Ah!»
si sollevò Priscilla, notandoli. «Sono
tornati!» e corse loro
incontro, sotto lo stupore di Lucy e Wendy che mai si sarebbero
aspettati di veder Priscilla cercare i Raijinshuu. Di solito era il
contrario.
«Fried!
Posso chiederti una cosa?» chiamò lei,
avvicinandosi al ragazzo.
Poche parole, pochi secondi, poi con un sorriso Priscilla
scappò
via.
«È
raro vedere Priscilla venirvi incontro» osservò
Lucy, quando i tre
gli passarono a fianco. «Cosa vi ha chiesto?» si
incuriosì.
«Se
sapevo dove Laxus avesse trovato alloggio per il momento»
rispose
Fried, pensando che semplicemente volesse andare a trovarlo. Ma Cana,
pochi tavoli più avanti, esclamò improvvisamente
luminosa un:
«Oh-oh!» che fece venire a tutti uno strano
presentimento.
«Laxus
ha detto a voi dove alloggiava ma non a lei,
perché?» chiese Wendy,
rattristata della cosa.
«Perché
siamo i Raijinshuu» ridacchiò Fried orgoglioso, ma
Bickslow rovinò
ogni cosa spiegando semplicemente: «L'abbiamo
seguito».
«Spaventosi!»
rabbrividì Lucy.
Priscilla
arrivò all'albergo indicato da Fried, corse al suo interno e
chiese
di Laxus. Saltellando allegra come una bambina raggiunse la sua
stanza e bussò, ma nessuno rispose. Provò ancora,
lo chiamò, ma
nessuna voce venne dall'interno.
«Che
non sia qui?» si chiese lei, uscendo nuovamente.
Spiccò il volo,
contando le finestre infine riuscì a trovare la sua. La
stanza era
vuota, la luce spenta, ma la finestra era accostata nella parte
superiore e lei riuscì con uno sforzo a infilarsi al suo
interno.
«Chissà,
magari è in giro» mormorò, lasciandosi
ondeggiare fino al letto
sotto la finestra dove ci si sedette a gambe incrociate.
«Potrei
aspettarlo qui» rifletté, restando per i
successivi minuti seduta
nella stessa posizione. Si alzò, si sgranchì le
gambe, poi tornò
sul letto e fissò il soffitto. Dalla noia, aprì
qualche cassetto
tirando fuori un libro e cominciando a sfogliarlo pigramente. Lo fece
svolazzare sopra la sua testa, lei stessa svolazzò in giro
per la
stanza e infine tornò nuovamente a stendersi.
«Sì,
ma che noia!» si agitò alla fine, scocciata come
poche volte lo era
stato. «Uffa, Laxus, dove sei andato?»
bofonchiò guardando il
cielo ora scuro per la notte appena scesa. Si stese nuovamente,
tenendo lo sguardo fisso al cielo, immersa nei suoi pensieri che
spaziavano dai ricordi dell'infanzia, alle parole da dire ora che lui
sarebbe arrivato, alle ipotesi dove fosse, a tutta quella situazione.
Chissà, forse proprio la storia dei sette anni persi
l'avevano
spinta a rendersi così testarda su quella faccenda. La
sensazione di
aver perso il suo tempo, di essere da un giorno a un altro sette anni
più vicina alla morte, l'averla provata sulla sua stessa
pelle per
la prima volta la paura di non poter vivere più. Tutto
quello che
era successo, tra Nirvana e Tenroujima, l'avevano cambiata
profondamente. Non riusciva più a essere la Priscilla che
sorridente
restava sulla soglia, pronta ad accoglierlo quando si fosse deciso a
farsi vedere. Qualcosa... aveva qualcosa nel petto,
un’emozione mai
provata prima che aveva imparato ad ascoltare forse solo da poco,
forse da sempre senza mai riconoscerla, ma non sapeva bene che nome
attribuirgli. Sentiva solo che aveva bisogno di vederlo.
"Avevo
promesso di aspettarlo".
Quelle
erano le parole che aveva pronunciato davanti a Hades, legata e
svuotata, proprio quando si trovava a un passo dalla morte. Aveva
pensato a molte cose durante quel combattimento, era impazzita per la
quasi morte di Wendy che ora era diventata una delle cose
più
importanti che avesse. Aveva pensato alla gilda, a suo nonno
moribondo, all'esame interrotto, al pianto dei suoi amici, alla
speranza morente, ma non a Laxus. Non c'era stato tempo, non in
quella frazione di tempo, le sue preoccupazioni erano altrove, la sua
mente ingabbiata nel terrore di veder sparire ancora una volta la
bambina a cui si era legata così ossessivamente. Mistgun,
sì, aveva
pensato anche a lui.
Eppure
quelle parole, le sue ultime parole se Laxus non fosse arrivato in
tempo a salvarla, erano andate a lui senza che nemmeno se ne rendesse
conto. Erano stati lontani così tanto tempo, aveva avuto
modo di
pensare a tutt'altro, di crearsi una vita, una famiglia. La sua
testa, il suo corpo, il suo cuore... quante cose erano cambiate.
C'era stato un tempo in cui Laxus era stato l'unico mondo dove
credeva fosse possibile per una come lei esistere, ma era stato un
tempo così lontano. Ora c'erano Happy con le loro scommesse
stupide,
Natsu con la sua presenza rumorosa in grado di divertirla e
innervosirla contemporaneamente, Gajeel che si divertiva a volte a
punzecchiare, Lily con la sua affidabilità e i racconti di
un
Mistgun bambino, Charle con la sua presenza materna, Wendy e la sua
tenerezza, Evergreen e il suo modo di trattarla come una piccola
bambola da pettinare e trascinare in giro, Bickslow e la sua presenza
ossessiva, che per quanto dicesse di odiare in realtà era
anche
simpatico, e poi c'erano Leon, Cherry, Lucy, c'era Fried, c'era suo
nonno, anche Cana, c'era Erza, c'era Mira... c'erano tutti. C'era un
mondo intero, tutto nuovo, apposta per una Priscilla non umana ma
amata, forse proprio per questo, più di altri. Era tutto ok,
era di
nuovo viva, era di nuovo con una famiglia, e non aveva mai desiderato
niente di diverso da tutto quello. Allora perché l'ultimo
pensiero
prima di morire era andato istintivamente, di nuovo, a lui?
Sospirò,
strinse la federa del cuscino tra le dita, e lo abbracciò
come fosse
potuto essere un mezzo di conforto. Riusciva a percepire, delicato,
l'aroma del suo profumo impregnato in quella federa dove lui aveva
dormito la sera prima. Chiuse gli occhi e ci affondò il
viso,
lasciando che la sua espressione si rilassasse in un delicato
sorriso.
«Pricchan»
l'eco di un ricordo, mescolato a un sogno. «Che
fai qui, davanti alla bacheca?»
«Ieri
sei diventato di classe S, Laxus! Volevo farti un regalo per
congratularmi, ma ho scoperto di non avere un soldo. Allora cercavo
un lavoro».
«Ora
che me l'hai detto non sarà più una sorpresa
però»
l'ombra di un sorriso, divertito come sempre dalla sua
semplicità e
innocenza.
«Maledizione,
è vero!»
ma questo non l'aveva abbattuta troppo ed era tornata alla bacheca,
dalla quale aveva già strappato un foglio. «Guarda!
Voglio fare questa!»
«Guardiani
allo zoo di animali selvatici?»
aveva chiesto lui inarcando le sopracciglia, non troppo convinto
dall'incarico.
«Arrivano
nuovi animali, molto pericolosi, cercano qualcuno che possa aiutarli
fino a che saranno messi in sicurezza. Allo zoo! Che bello, non ci
sono mai andata! Tu sai quali animali ci sono allo zoo? Non vedo
l'ora!»
ricordava bene l'emozione di quel giorno, la prospettiva di vedere
qualcosa di nuovo e affascinante come degli animali selvatici.
Neanche le interessava il lavoro, voleva solo una scusa per andare a
vederli... e nel frattempo ci avrebbe guadagnato.
«Divertiti
allora»
le aveva detto.
«Aspetta...»
l'imbarazzo di una confessione. «Chiedono
la presenza di almeno due persone. Vieni con me?»
«A
fare la guardia alle bestie dello zoo? Scherzi?! Sono appena
diventato mago di classe S, vado di sopra a prendere qualche missione
degna di me».
«Ma...»
«Non
ci penso nemmeno a sprecare il mio potenziale con due animaletti, che
figura ci farei se la prima missione da classe S fosse "fare il
guardiano"? Chiedi a quello stupido di Natsu, scommetto che
accetterebbe volentieri».
«Natsu
li arrostirebbe e se li mangerebbe»
aveva bofonchiato, offesa.
«Sì,
immagino di sì»
era scoppiato a ridere. «Lascia
perdere lo zoo, sennò. Se ci tieni a trovare dei soldi puoi
venire
con me nella missione che sceglierò io di sopra».
«Io
volevo andare allo zoo...»
aveva mormorato avvilita ed era tornata a fissare il suo foglio,
profondamente abbattuta. Ci aveva pensato almeno qualche minuto,
cercando una soluzione, ma la verità era che anche se nella
gilda
c'erano persone valide a cui poteva chiederlo, lei non riusciva ad
immaginare di passare una giornata come quella lontana da Laxus.
Sarebbe stata un'esperienza incredibile, voleva farla in sua
compagnia. Ma capiva il suo stato d'animo, era così
orgoglioso del
nuovo titolo e trascinarlo allo zoo come prima missione l'avrebbe
screditato. Perciò alla fine ci aveva rinunciato e aveva
deciso di
accettare la sua proposta, unendosi a lui qualsiasi cosa avesse
scelto. La ricordava bene la mattina della partenza. Laxus l'aveva
aspettata con i bagagli già pronti e lei si era
già dimenticata
della faccenda dello zoo. Aveva saltellato all'interno della gilda e
gli aveva chiesto, rossa in volto per la felicità di
quell'importante giorno per lui: «Allora
signor mago di classe S, quale sarà la sua prima incredibile
impresa?»
Il
suo sorriso, come dimenticare quel sorriso? Laxus le aveva posato una
mano sulla testa, in quell'affettuoso gesto che le dedicava
continuamente.
«Andiamo
allo zoo. Non ci sei mai stata, giusto?»
Con
i soldi di quella missione Priscilla gli aveva poi regalato un lungo
cappotto scuro, con la pelliccia bianca sugli estremi. Il suo
cappotto... l'aveva tenuto con sé anche nei cinque anni in
cui
diceva di odiarla. Come non notarlo?
|