Flesh and Blood I - Slytherin Pride

di Skylark91
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XXIII.
To Build a Home




Harry avvertì un tonfo e un piegamento nel letto che lo fece balzare. Ancora sonnolento, non si degnò di aprire gli occhi per vedere cosa fosse stato, probabilmente si era trattato solo di un brusco risveglio da un sogno già non più afferrabile. Il fragrante odore di uova e bacon proveniente dalla cucina colpì piacevolmente le sue narici, facendolo gradualmente risvegliare dal sonno e inducendolo a stiracchiarsi in modo non troppo composto.

Ancora cinque minuti... pensò il ragazzo, nuovamente accucciato contro qualcosa di morbido e comodo e bagnato e... dall'odore così pungente in grado di coprire quello della colazione in procinto di essere servita.

Una lingua rosea e dal fiato pesante colse di sprovvista il giovane, che si scansò troppo tardi per poter evitare che la sua guancia fosse inondata di saliva.
  

«Ugh, Thor!» Harry cercò di limitare i danni arrecati strofinando il lenzuolo contro la guancia ormai fradicia, fino a farsela diventare rossa. In tutta risposta al suo richiamo, Thor si limitò a scodinzolare felice, stiracchiandosi a sua volta sul letto di Harry e balzando nuovamente giù con moto pigro, in attesa che il ragazzo lo seguisse.

«Dormito bene?»

Harry si stropicciò gli occhi, prima di posarli sulla figura di Severus, appoggiato casualmente allo stipite della porta, nel suo più nero dei mantelli. «Già... è il risveglio che ha lasciato un po' a desiderare,» commentò il giovane, alzandosi goffamente e inforcando gli occhiali rotondi.

Severus offrì uno dei suoi sorrisi più obliqui. «Sembra che il pulcioso abbia una sua utilità, dopotutto,» disse, tornando verso la cucina.

Harry sospirò, lasciandosi poi andare ad uno sbadiglio. «Dovevo immaginare che ci fosse il tuo zampino...» Papà, stava per aggiungere. Harry trattenne il respiro per una frazione di secondo per poi rilassarsi, sollevato dall'essersi interrotto per tempo e - allo stesso modo - terrorizzato all'idea di potersi lasciar sfuggire una simile parola di fronte a Piton. Il ragazzo era sicuro che non avrebbe mai potuto sopportare di vedere l'orrore e il sarcasmo negli occhi dell'uomo, se solo quest'ultimo lo avesse sentito vociare il suo pensiero. Un pensiero sempre più frequente, specialmente da quando si erano ritrovati a vivere sotto lo stesso tetto.
 

«Penso che tu abbia dimenticato che giorno sia oggi,» proseguì Severus, in tono amabile - forse fin troppo per lui - vedendo che il ragazzo ancora non capiva. «Sai, non avrei voluto far aspettare più del necessario il signor Weasley, che ha così gentilmente deciso di essere puntuale per una volta.»

Harry fece un balzo indietro nel mettere finalmente a fuoco la faccia rossa del suo migliore amico. Vedere Ron seduto allo stesso tavolo dove Harry era solito mangiare con Severus, nell'ormai familiare soggiorno di quest'ultimo, aveva un non so che di incredibilmente surreale. «Perché non mi hai svegliato prima?» domandò Harry, allarmato, rendendosi conto solo in quel momento che Ron era lì per iniziare la loro punizione.

Severus inarcò un sopracciglio, l'espressione perfettamente seria e austera di sempre già in posizione. «Ti sembro la tua balia personale?»
 

«N-no,» deglutì subito Harry, ricacciando indietro ogni protesta di fronte al tono del suo guardiano. Mosse lo sguardo nuovamente su Ron, che spostava il peso sulla sedia su cui si trovava con evidente disagio. Dire che era teso sarebbe stata una menzogna. Il volto del Grifondoro era una maschera di terrore.

«Miseriaccia, Harry,» bisbigliò Ron, una volta che quest'ultimo gli fu abbastanza vicino da non far sentire a Piton, «hai idea da quanto tempo ti aspetto? Mamma e papà mi hanno fatto alzare alle sette per essere qui così presto!»

«Mi spiace, mi è sfuggito,» si scusò il ragazzo, prendendo posto accanto a lui e lanciando sguardi nervosi verso Severus, prima di addentare la propria colazione con lo stomaco già in subbuglio per quello che li attendeva. «È già capitato che dormissi più del solito, ma mi ha sempre svegliato con largo anticipo. È come se l'avesse fatto apposta...»

Ron roteò gli occhi al cielo. «Piton che cerca di incastrarci,» sospirò, in tono ovvio, «per la misera, questo sì che è incredibile--»

«Linguaggio,» ammonì Severus, rientrando dalla cucina. «Siamo già a due, signor Weasley. Dalla terza, aggiungerò duecento righe per ogni imprecazione pronunciata,» aggiunse, nel più pericoloso dei suoi sibili.

Ron si raddrizzò immediatamente, come un perfetto soldatino, la bocca impercettibilmente mossa a formare una scusa. Harry provò un moto di pietà per il proprio amico; era evidente che Ron poteva solo sentirsi come un topo in trappola nel covo di un serpente. Pensò di rispondere al proprio guardiano che aggiungere righe ad una punizione già ingiusta di per sè era come accanirsi su un indifeso, ma poi ci ripensò. Lo sguardo di Severus era lo stesso che era solito utilizzare in classe con i Grifondoro, e - per un attimo - Harry si dimenticò che fino a qualche minuto prima, in assenza di Ron - l'uomo aveva perfino scherzato con lui.

Il ragazzo terminò la propria colazione in silenzio, aprendo bocca solo per chiedere a Ron se aveva già fatto la sua; il rosso annuì forse un po' troppo energicamente, lanciando occhiate sospette al piatto che Harry aveva appena divorato come se temesse che Piton potesse aver avvelenato il proprio amico.

Ben presto la tavola apparecchiata svanì, lasciando posto a due pile di pergamene bianche e due calamai con tanto di piuma.
 

«Potete cominciare,» si limitò a dire Severus, prendendo posto allo scranno sull'altro lato della stanza, senza staccare gli occhi dai due ragazzi posizionati al tavolo nel centro del soggiorno.

Harry inarcò un sopracciglio, ricambiando lo sguardo insistente dell'uomo. «Ti... metterai lì tutto il tempo a osservarci?»

Ron lo guardò come se fosse improvvisamente impazzito.

Severus imitò Harry in un'espressione inquisitiva, tutt'altro che amichevole. «E da quando il signor Potter pensa che questionare quello che faccio in casa mia sia saggio?»  

Harry si costrinse ad abbassare lo sguardo, cedendo a qualsiasi impulso di dare un seguito alla neanche tanto velata minaccia dell'uomo. Recuperata la piuma d'oca dal calamaio, con la testa china ognuno sulla propria pergamena, i due ragazzi cominciarono a scrivere mestamente, dando ufficialmente inizio alla loro punizione.
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Tic. Toc. Tic--

Crack!

Harry sobbalzò nella propria sedia, tutto a un tratto sveglio e lucido. Solo in quel momento si accorse di essersi quasi appisolato, salvato solo dal rumore del calamaio Ron, finito per terra in un momento di sbadataggine dell'amico.

Il ragazzo occhialuto si guardò intorno, allarmato, cercando con lo sguardo l'espressione torva di Severus, il quale - però - non era in vista. Strano, pensò, sorpreso. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, finché il suo sguardo non ricadde sul pendolo che segnava quasi mezzogiorno.

«Ehi, Harry,» bisbigliò Ron, accostando il volto al suo, «dove pensi che sia andato?»

«Come posso saperlo, Ron? Al bagno, magari?» rispose Harry distrattamente, occupato a lanciare Reparo sull'oggetto in frantumi unito all'Incanto di Pulizia per rimediare al danno effettuato al tappeto di Severus.

«Non importa, quello che conta è che abbiamo via libera per sgusciare via--»

«Non se ne parla neanche!» rimbeccò Harry, abbassando ancora di più la voce se possibile. «Non ci lascerebbe mai da soli senza avere un modo alternativo di controllarci... potrebbe essere un test.»

Ron sbuffò. «Andiamo, Harry, dov'è finito il tuo senso del divertimento?» replicò, l'espressione concentrata di chi sta cercando motivi validi per convincere l'amico. «Siamo pur sempre in vacanza, non vorrai passare uno dei nostri ultimi giorni estivi a scrivere righe?»

«Il massimo che possiamo fare è una pausa,» rimarcò Harry, serio e leggermente infastidito dall'insistenza dell'amico, non cedendo alle ragioni esposte, «non posso disubbidirgli così, Ron, cosa faresti se al suo posto ci fosse uno dei tuoi genitori--»

«Ma lui non lo è, Harry!» esclamò Ron ad alta voce, senza neanche lasciarlo finire di parlare, incapace di trattenersi oltre. Il colore del Grifondoro stava diventando forse più rosso dei suoi stessi capelli dall'enfasi con cui aveva sottolineato la frase.

Harry lo fissò per qualche istante, incredulo di fronte a quello che Ron aveva appena detto. «Sì che lo è,» replicò con calma Harry, cercando di non apparire offeso dalle parole dell'amico e desideroso di non far degenerare la discussione già in procinto di accendersi. «È il mio guardiano, Ron, e se non impari ad accettarlo--»

«Altrimenti cosa fai? Mi lanci un sortilegio?» ribatté Ron, testardo, ignorando persino Thor che si era alzato dalla propria postazione e aveva iniziato ad abbaiare. «Siete già arrivati alla lezione sulle Maledizioni Senza Perdono?»

«Ritira subito quello che hai detto,» ringhiò Harry a denti stretti, semi-consapevole del subitaneo prurito alla cicatrice.

«Come fai a continuare a chiedermi di accettarlo, Harry!» continuò Ron, imperterrito. «Possibile che non ti rendi conto che non è normale venerare lo stesso uomo che ti ha inflitto torture insieme a Tu-Sai-Chi quando eri prigioniero--»

«Vuoi sapere che cos'ha veramente fatto?» gridò Harry a sua volta, incapace di trattenersi oltre. «Si è preso cura di me, rischiando la vita per darmi le pozioni che mi permettessero di recuperare e poi trascinandomi fuori da lì sotto il naso di Voldemort senza quasi un graffio!» si interruppe solo per riprendere fiato, ormai fuori controllo, prima di proseguire. «Poi ha passato giorni e notti seduto accanto a me aspettando che mi riprendessi e mi ha persino abbracciato nel momento in cui ne avevo più bisogno, quando temevo di essere di nuovo solo dopo la caduta di Sirius e la lontananza di Remus! Mi ha raccontato di mia madre e mi ha donato uno dei pochi oggetti rimasti a ricordarla, oltre ad offrimi un posto in cui stare,» Harry si appoggiò con la mani al tavolo come per sorreggersi, improvvisamente instabile sulle proprie gambe. «Ma forse per te sono tutte cose scontate, non è così, Ron? Tu hai sempre avuto una pacca sulla spalla da tuo papà e una mamma che ti tenesse stretto nei momenti di sconforto. Beh, sai una cosa? Non ti permetterò di offendere ancora una volta l'unica persona più vicina ad un padre che mi sia rimasta!»

La prima cosa di cui Harry si accorse fu di star tremando e che il pavimento sotto i piedi non era poi così stabile. Vide che Ron lo fissava con la stessa aria terrorizzata che forse gli aveva solo visto in volto quando insieme si erano imbattuti in Aragog. Spostando infine lo sguardo attorno a sé, si rese solo in quel momento conto del perché il suo amico apparisse così spaventato: gli oggetti più piccoli e i soprammobili dentro e fuori dalle varie credenze si trovavano attualmente a lievitare a mezz'aria, come appesi da tanti fili invisibili. Quando il suo sguardo spaesato incontrò gli occhi neri di Severus, rientrato nella stanza proprio allora, tutto si fermò.   

Harry avvertì la testa iniziare a girargli e le gambe d'un tratto molli. «Severus--» Non riuscì a terminare il nome, accasciandosi nella sedia che si trovava dietro di lui, sfinito.

«Harry!» Ron gli si fece incontro per afferrarlo ed evitargli di farsi male, sebbene l'incanto silenzioso di Severus avesse già provveduto a rendere innocua la caduta.

L'uomo oltrepassò rapidamente Ron e si chinò sul Grifondoro indebolito in una frazione di secondo, lanciando i primi incantesimi diagnostici. Il suo sguardo ricadde sulla cicatrice arrossata del giovane, prima di premurarsi di sollevarlo con calma per andare ad adagiarlo sul divanetto di pelle scura di fronte al camino.

Ron lo guardò ancora sotto-shock, decidendo infine di sfidare la propria paura di Piton per seguirlo poco più in là ed accertarsi delle condizioni di Harry. «S-sta bene? C-cosa gli è successo--?»

«Dovrei essere io a chiedervi spiegazioni su cosa sia successo,» replicò brusco Severus, controllando con delicatezza le palpebre di Harry in modo da verificarne le condizioni, «vi ho lasciato soli il tempo di dieci minuti per ritrovarvi a gridare come forsennati!»

«Per favore, professore, Harry come sta?» insisté Ron, i sensi di colpa che iniziavano a tormentarlo per quanto appena accaduto.

«Sfinito, ma bene,» sospirò brevemente Severus, il tono sollevato neanche poi tanto nascosto di fronte al rosso. Abbiamo rischiato un altro attacco del Signore Oscuro. «Reinnerva,» mormorò, con un movimento circolare della bacchetta in direzione del quindicenne.

Harry sbatté lentamente le palpebre, fissando poi i due volti ondeggianti sopra la propria testa fino a quando non furono di nuovo immobili. «C-cosa... cosa mi è...»

«Sovraccarico emotivo,» rispose Severus, porgendogli un bicchiere d'acqua che aveva appena fatto apparire. «Hai sprigionato magia senza volerlo. La tua cicatrice è una porta aperta per l'Oscuro Signore, Harry. Non puoi soccombere alle emozioni così facilmente, che siano esse di rabbia o malinconia.»

«Lo so,» disse il ragazzo, «m-ma ero così... frustrato, da non riuscire nemmeno ad occludere la mente, nonostante sapessi quello che stava per accadere,» spiegò, con il respiro ancora affannoso, terminando di sorseggiare dal proprio bicchiere.

Un rumore simile ad uno scoppio, proveniente dal piano al di sotto del loro, sorprese sia Harry che Ron, facendoli quasi balzare; era lo stesso tipo di rumore che avevano sentito innumerevoli volte in classe e al quale Ron, in particolare, era decisamente avvezzo. L'inconfondibile botto di un calderone che esplode. Nel realizzare quanto accaduto, il rosso allargò gli occhi, sorpreso, e cercò di comunicare a Harry la cosa.

«Severus, m-mi spiace per--» iniziò Harry arrivando a capire il motivo per cui l'uomo era stato costretto ad assentarsi.

Severus non spostò lo sguardo intenso dei propri occhi da quello del giovane neanche per una frazione di secondo. «Diciannove anni senza un calderone esploso è un record che non vale la vita del Ragazzo Sopravvissuto,» sospirò, ed Harry vide la preoccupazione velata dell'uomo attraversargli per un attimo lo sguardo. Né tantomeno quella del giovane che ho deciso di adottare, gli comunicò poi attraverso la Legilimanzia. Mosso dalle sue parole non verbali, il ragazzo lo ricompensò con un piccolo sorriso grato. «Posso confidare nel vostro buonsenso e andare a occuparmi per cinque minuti di quanto successo di sotto?» continuò, lanciando uno sguardo al ragazzo Weasley dietro di sé. «Vorrei assicurarmi che la pietra del mio sotterraneo sia ancora intatta

Ron sembrava ancora troppo scioccato dagli sviluppi del recente avvenimento, ma si risvegliò d'un tratto, mettendosi per poco sull'attenti nel vedere Piton rialzarsi. «Sì signore, baderò io a Harry,» si sentì in dovere di aggiungere.

Quando Severus fu di nuovo oltre la botola che portava al laboratorio inferiore, Ron prese posto accanto al ragazzo, nel punto appena liberatosi. «Harry, i-io...» esordì, con evidente difficoltà, mentre l'altro Grifondoro lo osservava lasciandolo parlare. «... mi dispiace. Ero così concentrato sull'idea che Piton potesse solo averti fatto il lavaggio del cervello per renderti così... così fedele nei suoi riguardi che non ho pensato a nient'altro. Né al tuo stato d'animo dopo l'incubo di Tu-Sai-Chi... né ai tuoi sentimenti,» proseguì, impacciato.

«Non posso credere che ci sia voluto così tanto per farti entrare una nozione così semplice in quello zuccone,» ridacchiò debolmente Harry. «Dovevo proprio stare così male per impietosirti?»

Ron scosse la testa, dandogli una innocua pacca sul braccio. «Non tu, sciocco, Piton! Miseriaccia, Harry, che sortilegio gli hai fatto per fargli abbandonare le caratteristiche da Pipistrello dei Sotterranei?»

Harry fece una piccola smorfia. «Oh, no, credimi, sa ancora esserlo perfettamente quando vuole,» ribatté, sorridendo all'idea che forse - finalmente - tutto sarebbe potuto tornare come prima tra lui e il suo migliore amico, senza dover necessariamente rinunciare alla sua nuova vita.

«Beh, se Piton fa esplodere un calderone per accorrere da te dopo averci sentito gridare, non oso immaginare cosa farebbe se ti vedesse in mano nemica,» proseguì Ron, quasi esaltato all'idea di azione e avventura.

«Avresti dovuto vederlo,» annuì Harry, tirandosi un pochino su sul divano, rivivendo l'adrenalina di quei momenti. «Non ho mai visto nessuno duellare come lui, Ron, non vedo l'ora di iniziare le lezioni e imparare tutto quello che posso--»

«Prima finirete con la vostra punizione e prima vi sarà concesso di procedere con le vostre vacanze nel modo a voi più congeniale,» disse la voce soave di Severus, facendoli balzare per il subitaneo rientro dal laboratorio.

Ron si tirò istintivamente su, raddrizzandosi come un perfetto soldatino e tornando al proprio posto con passo svelto.

Severus inarcò un sopracciglio. «Il signor Weasley vuole spiegarmi cosa sta facendo?»

«Riprendo la mia punizione, signore,» rispose sommessamente Ron, «posso continuare anche con le righe di Harry, se necessario...»

«Non ce ne sarà bisogno per oggi,» lo fermò l'insegnante di Pozioni, ed Harry avrebbe giurato di vedere l'ombra di un ghigno soddisfatto attraversargli il volto, «potete interrompervi e proseguire domani, quando il signor Potter si sarà ripreso,» aggiunse.

Gli occhi di Ron si illuminarono. «Davvero?»

«Ti conviene andare prima che Severus cambi idea,» ridacchiò sommessamente Harry, tenendosi una mano sulla pancia per non sforzarsi troppo, prima di ignorare l'occhiata lanciatagli dall'uomo in questione.

«Grifondoro meriterebbe dieci punti per l'intuizione,» commentò Severus con aria distaccata e incolore, in una delle sue freddure che causarono l'ennesima risata trattenuta da parte di Harry.

Lo aspettava un anno difficile come guardiano di Harry Potter, oh sì.
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«Il dosaggio corretto dell'estratto di Horklump è di due misurini o tre nella Pozione Erbicida?» domandò Harry dal divano su cui era steso, passandosi distrattamente la penna d'oca sotto il naso, mentre rileggeva pensieroso tutte le opzioni elencate nella pergamena davanti a sé. Era il terzo aiuto che chiedeva a Severus e si era quindi appena giocato il massimo numero dei suggerimenti concessi dall'uomo.

«Due,» rispose Severus, voltando casualmente la pagina della Gazzetta del Profeta che era intento a leggere. «Credevo avessi detto che eri oltre quel punto del test,» aggiunse l'uomo inarcando un sopracciglio, gli occhi ancora immersi nella lettura del testo in movimento all'interno delle pagine di fronte a sé.

Harry grugnì, accarezzando casualmente Thor - attualmente sdraiato sul tappeto ai suoi piedi. «Ero convinto di esserlo, ma poi sono comparse ben altre trenta domande a scelta multipla dal nulla. Ne sai qualcosa?» chiese, con sottile ironia.

Severus sorrise impercettibilmente da dietro il quotidiano. «Vedilo come un trattamento di riguardo nei tuoi confronti,» mormorò soave, «avresti preferito altre trenta domande a risposta aperta al posto di quelle che ti ho dato?»

Harry deglutì. «N-no, grazie,» fu la sua pronta risposta, «apprezzo il pensiero,» mormorò sommessamente. Qualche minuto passò in silenzio, durante i quali Harry provò a tornare a concentrarsi senza successo, un pensiero tutt'ora frullante nella propria testa. Si mosse nella propria posizione, tutto a un tratto scomodo. Movimento che non passò - ovviamente - inosservato agli occhi esperti del Pozionista. «Pensavo,» esordì il giovane, incerto, allo sguardo interrogativo dell'uomo, «a quando riprenderanno le lezioni.»

«Tra esattamente otto giorni e quattordici ore,» Severus lo freddò, imperturbabile.

Harry roteò gli occhi al soffitto, ignorando il suo sarcasmo. «Intendevo,» proseguì con evidente difficoltà, «a quello che cambierà con la ripresa della scuola,» vide Severus staccare gli occhi dalla pagina di giornale per posarli su di lui e si costrinse ad aggiungere: «tra di noi.»

L'uomo non disse nulla per qualche minuto. «Potrebbe il Signor Potter essere così cortese da elaborare?»

Il ragazzo sospirò, rassegnato a vuotare il sacco. «Dovremo tornare a... detestarci, davanti al resto del mondo? Voglio dire, i Serpeverde--»

«Fossi in te, mi preoccuperei sui tuoi compiti estivi, che procedono più lenti di una Lumaca Cornuta in procinto di essere stufata--»

«Severus,» si permise di interrompere Harry, con evidente urgenza, incurante di incorrere in qualsiasi tipo di rimprovero in un momento in cui tutto ciò che desiderava erano certezze, «non hai risposto alla mia domanda.»

Severus frenò il rimprovero che gli era immediatamente giunto alle labbra. In silenzio, richiuse le pagine della Gazzetta del Profeta, accantonando il giornale sul tavolino in vetro accanto alla sua seduta. «La tua domanda denota come tu non abbia ancora letto nemmeno una pagina del libro che ti ho assegnato qualche giorno fa,» fu il suo verdetto. Harry aprì bocca per replicare che Il Libro dei Cinque Anelli non era esattamente una passeggiata di allegria, ma venne zittito con un singolo sguardo significativo da parte del Pozionista. «A volte temo che tu dimentichi il motivo per cui mi è stata affidata la tua custodia.»

«Perché il mio padrino è attualmente in un letto d'infermeria e non abbiamo la più pallida idea se e quando si risveglierà?» soffiò con rancore Harry, pentendosi quasi immediatamente di quello che gli era appena uscito dalle labbra.

Se Severus era rimasto deluso dalla sua sparata, riuscì a non darlo a vedere con estrema maestria. «Perché sono insospettabile,» ribatté l'uomo, e fu il turno di Harry a rimanere ora deluso dalla scelta lessicale.

Un grugnito non poté che sfuggirgli dalla bocca, amareggiato. «Può darsi, ma forse tu e Silente dimenticate che i figli dei Mangiamorte frequentano questa scuola, e sanno benissimo che tu non fai più parte delle schiere di Vold--»

«Sanno che ti ho salvato la vita, non sanno che ti ho adottato, stolto ragazzo,» fu il turno ad interrompere di Severus, che si sollevò dalla poltrona, ergendosi in tutta la sua altezza. «Non sospetteranno mai che tu possa vivere tra queste mura nel tuo tempo libero, né che la tua protezione dipenda da un contratto magico e insolubile. Pertanto, pretendere di buttare all'aria anni di protezione da parte mia nei tuoi confronti per giocare alla famiglia felice davanti ai Serpeverde è oltremodo capriccioso e infantile!»

«Bene!» si alzò Harry a sua volta, ripresosi dal colpo inferto con inaudita foga. «Dato che sono tanto ridicolo per essermi illuso di poter ricominciare da capo e dimenticare anni di bullismo in classe da parte di chi afferma di avermi sempre protetto, vorrà dire che toglierò il disturbo!»

«Dove pensi di andare, Potter?»

«In camera mia!» sbottò Harry, incamminandosi verso il corridoio che portava alle camere.

Severus scoprì i denti e con un colpo secco la porta della stanza del ragazzo sbatté chiusa. «Non prima che io ti abbia dato il permesso per farlo,» soffiò, mantenendo un ferreo controllo sul tono della propria voce.

«Non puoi farlo!» esclamò Harry, adirato, tentando inutilmente di forzare la maniglia della porta serrata ermeticamente.

«Sì che posso farlo, Signor Potter, forse hai dimenticato che questa è casa mia?» replicò Severus, con una soavità pericolosamente minacciosa. «Ora tornerai immediatamente qui, ti calmerai e ripeterai attentamente quello che ho detto sulla tua sicurezza.»

Dal nervoso, Harry sentiva crescere sempre più forte in lui la malsana voglia di prendere a calci la propria porta finché non l'avrebbe costretta ad aprirsi. Severus stava reagendo in modo ingiusto e scorretto, non aveva il diritto di comportarsi così come se nulla fosse cambiato--

«Harry James Potter, non ho alcuna intenzione di ripetermi una seconda volta,» giunse dalla sala la voce del suo aguzzino.

Harry si morse la lingua fino a farsela sanguinare per non sputare fuori il veleno che aveva in corpo. Sapeva che se ne sarebbe pentito immediatamente. In parte perché dalla quasi impercettibile vibrazione nella voce di Severus, sapeva che l'uomo era quasi al limite della sua pazienza, e - dall'altra parte - perché ripensandoci sopra più tardi nel cuore della notte, in fondo in fondo al suo ego, sapeva che si sarebbe senz'altro sentito un ingrato. Era incredibile quante sfumature su sé stesso e sugli altri aveva incominciato ad osservare da quando viveva con qualcuno che non fosse i Dursley.

Fece quindi dietrofront e marciò a testa bassa fino a portarsi di fronte a dove sostava Severus. Quest'ultimo, facendo rilassare la mano dal fianco su cui l'aveva posata, fece lo sforzo di tenere a freno la propria ira e di sedersi con la solita grazia sulla poltrona dietro di sé. «Vieni qui,» comandò Piton, facendo segno al ragazzo di avvicinarsi di più.

Harry obbedì docilmente, contrariamente a quanto aveva fatto finora. C'era qualcosa nello sguardo e nel linguaggio corporeo dell'uomo di fronte a lui che emanava autorità da ogni piccolo gesto. Doveva esserci una spiegazione plausibile alla facilità con cui Severus riusciva a farlo trasformare da uno sfacciato adolescente - incurante delle proprie azioni - in un agnellino timoroso. Non era una sorpresa che Silente lo avesse fatto entrare nel corpo dei Direttori delle Case ad Hogwarts.

Le mani di Severus afferrarono le sue braccia senza preavviso, distogliendolo da quei pensieri. Harry tentò di indietreggiare istintivamente, ma la morsa con cui Severus lo stava trattenendo immobile e in piedi direttamente di fronte a lui non si allentò minimamente. Confuso e imbarazzato da quella nuova posizione, Harry fu costretto ad abbassare la testa per incontrare lo sguardo fermo del suo guardiano.   

«Ora tu mi ascolterai bene, perché quello che sto per dirti è qualcosa che non voglio assolutamente ripetere, in nessuna - altra - occasione,» sottolineò Severus ad ogni ultima parola. Harry deglutì, affrettandosi ad annuire. «Nel caso in cui tu non te ne fossi accorto, quella che si sta combattendo è una guerra. Puoi non vederne i segni, ma ti posso assicurare che dal preciso istante in cui l'Oscuro Signore è tornato a camminare tra noi la notte della terza gara del Torneo Tremaghi, le persone hanno iniziato a mobilitarsi, ognuno nei propri ruoli. Non tutte le guerre vengono combattute sul campo di battaglia, alla luce del giorno; ciò che la tua mente fallisce nel comprendere, è che tu non sei al sicuro,» la voce di Piton si intensificò drammaticamente, «nemmeno ad Hogwarts.»

Harry approfittò della pausa dell'uomo per poter parlare. «Ma... ma il castello ha difese, ci sei tu, c'è Silente--» azzardò tentativamente.

Severus lo interruppe con un grugnito amaro. «Né io né il professor Silente siamo onniscienti, né tantomeno immortali, Harry,» replicò, scuotendo la testa. «Facciamo del nostro meglio per essere presenti ovunque all'interno del castello per prevenire ciò che non dovrebbe mai accadere, ma non possiamo arrivare dappertutto, come questi anni ad Hogwarts ti hanno palesemente dimostrato. Quello che voglio che tu faccia entrare in quel tuo zuccone, è che se continuare a trattarti come il più odiato dei Grifondoro in classe servirà a salvarti la vita un giorno e a farti arrivare al termine di questa dannata guerra, andrò avanti a farlo, senza rimorsi,» rimarcò Severus, guardandolo intensamente. Nel vedere Harry abbassare la testa con aria sconfitta, si sentì in dovere di aggiungere dopo una duratura pausa: «Voglio che tu sappia anche che tale scelta non cambierà mai il rapporto che abbiamo all'interno di queste mura.»

Il giovane Grifondoro rialzò il capo, sorpreso, per incontrare nuovamente gli occhi d'onice del suo mentore. Severus stese le labbra in un sorriso tirato, ma Harry non vide ironia nel suo sguardo e seppe che non stava mentendo per convincerlo ad accettare quel compromesso. Aveva una casa, un luogo sicuro dove tornare, sempre e a prescindere da eventuali litigate e disaccordi. E questo, per lui, era più che sufficiente.

«Ho bisogno di una risposta, Harry. Sono stato abbastanza chiaro--?» Severus allentò appena la presa su di lui, vedendo che non proferiva parola, come ipnotizzato da quanto gli aveva appena detto, ma non fece in tempo a terminare la frase che Harry approfittò del momento per camminare dritto nelle sue braccia, di slancio.

«Grazie,» mormorò il ragazzo contro lo spesso tessuto di lana nero in cui la sua guancia era appena affondata, respirando l'ormai familiare fragranza di vaniglia mista a chiodi di garofano. Nonostante fosse ora il turno di Severus ad essere sorpreso dal ragazzo, l'uomo ricambiò l'abbraccio in un gesto istintivo, più per evitare che il Grifondoro potesse cadere e procurarsi così un trauma cranico con il suo improvviso impeto emotivo.  

Severus si schiarì leggermente la voce. «Grazie e...?»

«... e prometto che cercherò di usare il cervello prima di lasciarmi prendere da stupidi atti privi di lucidità e contegno,» grugnì Harry, in un tono molto simile a quello con cui la voce di Severus aveva parlato nella sua mente, senza tuttavia staccarsi dal calore della veste contro cui era appoggiato.

«Bravo ragazzo,» mormorò Severus, concedendogli perfino una piccola pacca sulla schiena, soddisfatto dalla sua risposta.

Harry sorrise, orgoglioso, e si preparò a fare un passo indietro per sciogliere l'abbraccio, ma avvertì il braccio con cui Severus lo stava stringendo intensificare la presa su di lui. La voce di Severus si fece improvvisamente più profonda quando parlò. «Non così in fretta, Harry

Uh-oh. «Ehm... sono ancora nei guai per poco fa, non è così?» Harry deglutì, sentendosi come una piccola preda intrappolata tra le spire di un serpente.
 

Severus si trasse indietro quel tanto che bastava per tornare a guardarlo in volto, gli occhi brillanti di una nuova luce pericolosa, la stessa che Harry conosceva molto bene. «Vedo che stiamo lavorando sulle nostre doti intuitive,» proferì con voce soave, «magari una rinfrescatina sulle regole che vigono in questa casa non guasterebbe, che ne dici?» proseguì, con un lieve cenno del capo verso la porta che poco prima Harry aveva quasi cercato di abbattere a suon di calci.

«O-Ottima idea, pa--»

Harry si bloccò seduta stante, prima che potesse osare troppo. Non poteva credere di aver quasi pronunciato quella parola, la stessa parola che aveva inconsapevolmente urlato in faccia a Ron quel pomeriggio e che da tempo - da quando il rapporto tra lui e Piton aveva iniziato ad evolversi, ancora prima dell'adozione - popolava i suoi sogni. Imbarazzato dal momento, abbassò gli occhi in un punto non definito del pavimento, trovando estremamente interessante le venature scolpite nella pietra che ricopriva il sotterraneo.

«Dillo,» disse improvvisamente Severus, gli occhi ancora fermi su di lui.

«Dire cosa?» La testa di Harry scattò in alto come per volontà propria. Incredulo, fissò Severus per un lungo instante, chiedendosi come potesse aver-- ma certo... dannata Legilimanzia. «Papà,» si costrinse a dire, in poco più che un sussurro. Doveva apparire incredibilmente patetico agli occhi di Piton, in quel momento. Eppure l'uomo non sembrava né infastidito dall'appellativo, né sul punto di scoppiargli a ridere in faccia. Si limitò semplicemente ad annuire piano.

 «Sai che non potrai mai pronunciarlo a scuola, al di fuori dei miei quartieri personali?»

Harry per poco non sgranò gli occhi. Piton sapeva, probabilmente sapeva da un po' di quello che gli frullava per la testa e non sembrava essere affatto disturbato dalla cosa? «Sì, signore,» rispose il ragazzo, ripresosi dallo shock iniziale.

Severus si limitò a osservarlo ancora per qualche minuto in silenzio, soppesando la sua risposta; Harry sentì la mano che l'uomo aveva ancora dietro la sua schiena andare a stringergli leggermente una spalla, prima di risollevarsi dalla poltrona dalla quale gli aveva appena impartito l'ennesima lezione. «Si sta facendo tardi,» disse Severus, riordinando sedie e poltrone, e facendo sparire i piatti che avevano usato per cenare dal tavolo poco distante con un singolo gesto casuale del polso. «È ora di andare a dormire, ti aspetta un lunga giornata tra il terminare la tua punizione con Ronald Weasley e finire tutti i tuoi compiti prima dell'inizio delle lezioni,» aggiunse, ed Harry sentì il distintivo schiocco della porta della sua camera che si apriva.

Eccolo che torna già in modalità professore. Harry evitò di roteare gli occhi al cielo nel sentire Severus tornare ad usare il solito tono distaccato di sempre; trovava invece impossibile smettere di sorridere come uno stupido, per qualche strana ragione. Il suo cuore sembrava leggero come una piuma, come se liberato di un incredibile peso, persino dopo la ramanzina appena ricevuta.

Sarà un anno diverso questo, si ritrovò a pensare il ragazzo mentre si avviava verso la sua camera da letto, dopo aver augurato la buonanotte a Severus, un piccolo sorriso speranzoso ancora stampato in volto.

Anche tra le mille avversità, qualsiasi cosa gli fosse successo quest'anno, sapeva che l'avrebbe affrontato in modo differente.

Perché quest'anno avrebbe avuto una casa... e qualcuno da cui tornare.
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