XXIII.
To Build a Home
Harry
avvertì un tonfo e un piegamento nel letto che lo fece
balzare.
Ancora sonnolento, non si degnò di aprire gli occhi per vedere
cosa fosse stato, probabilmente si era trattato solo di un brusco
risveglio da un sogno già non più afferrabile. Il
fragrante odore di uova e bacon proveniente dalla cucina
colpì
piacevolmente le sue narici, facendolo gradualmente risvegliare dal
sonno e inducendolo a stiracchiarsi in modo non troppo composto.
Ancora cinque minuti...
pensò il ragazzo, nuovamente accucciato contro qualcosa di
morbido e comodo e bagnato e... dall'odore così pungente in
grado di coprire quello della colazione in procinto di essere servita.
Una
lingua rosea e dal fiato
pesante colse di sprovvista il giovane, che si scansò troppo
tardi
per poter evitare che la sua guancia fosse inondata di saliva.
«Ugh, Thor!»
Harry cercò di limitare i danni arrecati strofinando il
lenzuolo
contro la guancia ormai fradicia, fino a farsela diventare rossa. In
tutta risposta al suo richiamo, Thor si limitò a
scodinzolare
felice, stiracchiandosi a sua volta sul letto di Harry e balzando
nuovamente giù con moto pigro, in attesa che il ragazzo lo
seguisse.
«Dormito
bene?»
Harry si
stropicciò
gli occhi, prima di posarli sulla figura di Severus, appoggiato
casualmente allo stipite della porta, nel suo più nero dei
mantelli. «Già... è il risveglio che ha
lasciato un
po' a desiderare,» commentò il giovane, alzandosi
goffamente e inforcando gli occhiali rotondi.
Severus
offrì uno dei
suoi sorrisi più obliqui. «Sembra che il pulcioso
abbia
una sua utilità, dopotutto,» disse, tornando verso
la
cucina.
Harry
sospirò, lasciandosi poi andare ad uno sbadiglio.
«Dovevo immaginare che ci fosse il tuo zampino...» Papà,
stava per aggiungere. Harry trattenne il respiro per una frazione di secondo per poi rilassarsi, sollevato dall'essersi
interrotto per tempo e - allo stesso modo - terrorizzato all'idea di potersi
lasciar sfuggire una simile parola di fronte a Piton. Il ragazzo era
sicuro che non avrebbe mai potuto sopportare di vedere l'orrore e il
sarcasmo negli occhi dell'uomo, se solo quest'ultimo lo avesse sentito
vociare il suo pensiero. Un pensiero sempre più frequente,
specialmente da quando si erano ritrovati a vivere sotto lo stesso
tetto.
«Penso che
tu abbia
dimenticato che giorno sia oggi,» proseguì
Severus, in
tono amabile - forse fin troppo per lui - vedendo che il ragazzo ancora
non capiva. «Sai, non avrei voluto far aspettare
più del
necessario il signor Weasley, che ha così gentilmente deciso
di
essere puntuale per una volta.»
Harry
fece un balzo indietro
nel mettere finalmente a fuoco la faccia rossa del suo migliore amico.
Vedere Ron seduto allo stesso tavolo dove Harry era solito mangiare con
Severus, nell'ormai familiare soggiorno di quest'ultimo, aveva un non
so che di incredibilmente surreale. «Perché non mi
hai
svegliato prima?» domandò Harry, allarmato,
rendendosi
conto solo in quel momento che Ron era lì per iniziare la
loro
punizione.
Severus
inarcò un
sopracciglio, l'espressione perfettamente seria e austera di sempre
già in posizione. «Ti sembro la tua balia
personale?»
«N-no,»
deglutì
subito Harry, ricacciando indietro ogni protesta di fronte al tono del
suo guardiano. Mosse lo sguardo nuovamente su Ron, che spostava il peso
sulla sedia su cui si trovava con evidente disagio. Dire che era teso
sarebbe stata una menzogna. Il volto del Grifondoro era una maschera di
terrore.
«Miseriaccia,
Harry,» bisbigliò Ron, una volta che quest'ultimo
gli fu
abbastanza vicino da non far sentire a Piton, «hai idea da
quanto
tempo ti aspetto? Mamma e papà mi hanno fatto alzare alle
sette
per essere qui così presto!»
«Mi
spiace, mi
è sfuggito,» si scusò il ragazzo,
prendendo posto
accanto a lui e lanciando sguardi nervosi verso Severus, prima di
addentare la propria colazione con lo stomaco già in
subbuglio
per quello che li attendeva. «È già
capitato che
dormissi più del solito, ma mi ha sempre svegliato con largo
anticipo. È come se l'avesse fatto apposta...»
Ron
roteò gli occhi al cielo. «Piton che cerca di
incastrarci,» sospirò, in tono ovvio, «per la misera,
questo sì che è incredibile--»
«Linguaggio,»
ammonì Severus, rientrando dalla cucina. «Siamo
già
a due, signor Weasley. Dalla terza, aggiungerò duecento
righe
per ogni imprecazione pronunciata,» aggiunse, nel
più
pericoloso dei suoi sibili.
Ron si
raddrizzò
immediatamente, come un perfetto soldatino, la bocca impercettibilmente
mossa a formare una scusa. Harry provò un moto di
pietà
per il proprio amico; era evidente che Ron poteva solo sentirsi come un
topo in trappola nel covo di un serpente. Pensò di
rispondere al
proprio guardiano che aggiungere righe ad una punizione già
ingiusta di per sè era come accanirsi su un indifeso, ma poi
ci
ripensò. Lo sguardo di Severus era lo stesso che era solito
utilizzare in classe con i Grifondoro, e - per un attimo - Harry si
dimenticò che fino a qualche minuto prima, in assenza di Ron
-
l'uomo aveva perfino scherzato con lui.
Il
ragazzo terminò la
propria colazione in silenzio, aprendo bocca solo per chiedere a Ron se
aveva già fatto la sua; il rosso annuì forse un
po'
troppo energicamente, lanciando occhiate sospette al piatto che Harry
aveva appena divorato come se temesse che Piton potesse aver avvelenato
il proprio amico.
Ben
presto la tavola
apparecchiata svanì, lasciando posto a due pile di pergamene
bianche e due calamai con tanto di piuma.
«Potete
cominciare,» si
limitò a dire Severus, prendendo posto allo scranno
sull'altro
lato della stanza, senza staccare gli occhi dai due ragazzi posizionati
al tavolo nel centro del soggiorno.
Harry
inarcò un
sopracciglio, ricambiando lo sguardo insistente dell'uomo.
«Ti...
metterai lì tutto il tempo a osservarci?»
Ron lo
guardò come se fosse improvvisamente impazzito.
Severus
imitò Harry
in un'espressione inquisitiva, tutt'altro che amichevole. «E
da
quando il signor Potter pensa che questionare quello che faccio in casa
mia sia saggio?»
Harry si
costrinse ad
abbassare lo sguardo, cedendo a qualsiasi impulso di dare un seguito
alla neanche tanto velata minaccia dell'uomo. Recuperata la piuma d'oca
dal calamaio, con la testa china ognuno sulla propria pergamena, i due
ragazzi cominciarono a scrivere mestamente, dando ufficialmente inizio
alla loro punizione.
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Tic. Toc.
Tic--
Crack!
Harry
sobbalzò nella
propria sedia, tutto a un tratto sveglio e lucido. Solo in quel momento
si accorse di essersi quasi appisolato, salvato solo dal rumore del
calamaio Ron, finito per terra in un momento di sbadataggine
dell'amico.
Il
ragazzo occhialuto si
guardò intorno, allarmato, cercando con lo sguardo
l'espressione
torva di Severus, il quale - però - non era in vista. Strano,
pensò, sorpreso. Non aveva idea di quanto tempo fosse
passato,
finché il suo sguardo non ricadde sul pendolo che segnava
quasi
mezzogiorno.
«Ehi,
Harry,» bisbigliò Ron, accostando il volto al suo,
«dove pensi che sia andato?»
«Come
posso saperlo, Ron? Al bagno, magari?» rispose Harry
distrattamente, occupato a lanciare Reparo sull'oggetto
in frantumi unito all'Incanto di Pulizia per rimediare al danno
effettuato al tappeto di Severus.
«Non
importa, quello che conta è che abbiamo via libera per
sgusciare via--»
«Non
se ne parla
neanche!» rimbeccò Harry, abbassando ancora di
più
la voce se possibile. «Non ci lascerebbe mai da soli senza
avere
un modo alternativo di controllarci... potrebbe essere un
test.»
Ron
sbuffò.
«Andiamo, Harry, dov'è finito il tuo senso del
divertimento?» replicò, l'espressione concentrata
di chi
sta cercando motivi validi per convincere l'amico. «Siamo pur
sempre in vacanza, non vorrai passare uno dei nostri ultimi giorni
estivi a scrivere righe?»
«Il
massimo che
possiamo fare è una pausa,» rimarcò
Harry, serio e
leggermente infastidito dall'insistenza dell'amico, non cedendo alle
ragioni esposte, «non posso disubbidirgli così,
Ron, cosa
faresti se al suo posto ci fosse uno dei tuoi genitori--»
«Ma
lui
non lo è, Harry!» esclamò Ron ad alta
voce, senza
neanche lasciarlo finire di parlare, incapace di trattenersi oltre. Il
colore del Grifondoro stava diventando forse più rosso dei
suoi
stessi capelli dall'enfasi con cui aveva sottolineato la frase.
Harry lo
fissò per
qualche istante, incredulo di fronte a quello che Ron aveva appena
detto. «Sì che lo è,»
replicò con
calma Harry, cercando di non apparire offeso dalle parole dell'amico e
desideroso di non far degenerare la discussione già in
procinto
di accendersi. «È il mio guardiano, Ron, e se non
impari
ad accettarlo--»
«Altrimenti
cosa fai?
Mi lanci un sortilegio?» ribatté Ron, testardo,
ignorando
persino Thor che si era alzato dalla propria postazione e aveva
iniziato ad abbaiare. «Siete già arrivati alla
lezione
sulle Maledizioni Senza Perdono?»
«Ritira
subito quello
che hai detto,» ringhiò Harry a denti stretti,
semi-consapevole del subitaneo prurito alla cicatrice.
«Come
fai a continuare
a chiedermi di accettarlo, Harry!» continuò Ron,
imperterrito. «Possibile che non ti rendi conto che non
è
normale venerare lo stesso uomo che ti ha inflitto torture insieme a
Tu-Sai-Chi quando eri prigioniero--»
«Vuoi
sapere che
cos'ha veramente fatto?» gridò Harry a sua volta,
incapace
di trattenersi oltre. «Si è preso cura di me,
rischiando
la vita per darmi le pozioni che mi permettessero di recuperare e poi
trascinandomi fuori da lì sotto il naso di Voldemort senza
quasi
un graffio!» si interruppe solo per riprendere fiato, ormai
fuori
controllo, prima di proseguire. «Poi ha passato giorni e
notti
seduto accanto a me aspettando che mi riprendessi e mi ha persino abbracciato
nel momento in cui ne avevo più bisogno, quando temevo di
essere
di nuovo solo dopo la caduta di Sirius e la lontananza di Remus! Mi ha
raccontato di mia madre e mi ha donato uno dei pochi oggetti rimasti a
ricordarla, oltre ad offrimi un posto in cui stare,» Harry si
appoggiò con la mani al tavolo come per sorreggersi,
improvvisamente instabile sulle proprie gambe. «Ma forse per
te
sono tutte cose scontate, non è così, Ron? Tu hai
sempre
avuto una pacca sulla spalla da tuo papà e una mamma che ti
tenesse stretto nei momenti di sconforto. Beh, sai una cosa? Non ti
permetterò di offendere ancora una volta l'unica persona
più vicina ad un padre
che mi sia rimasta!»
La prima
cosa di cui Harry
si accorse fu di star tremando e che il pavimento sotto i piedi non era
poi così stabile. Vide che Ron lo fissava con la
stessa
aria terrorizzata che forse gli aveva solo visto in volto quando
insieme si erano imbattuti in Aragog. Spostando infine lo sguardo
attorno a sé, si rese solo in quel momento conto del
perché il suo amico apparisse così spaventato:
gli
oggetti più piccoli e i soprammobili dentro e fuori dalle
varie
credenze si trovavano attualmente a lievitare a mezz'aria, come appesi
da tanti fili invisibili. Quando il suo sguardo spaesato
incontrò gli occhi neri di Severus, rientrato nella stanza
proprio allora, tutto si fermò.
Harry
avvertì la
testa iniziare a girargli e le gambe d'un tratto molli.
«Severus--» Non riuscì a terminare il
nome,
accasciandosi nella sedia che si trovava dietro di lui, sfinito.
«Harry!»
Ron gli
si fece incontro per afferrarlo ed evitargli di farsi male, sebbene
l'incanto silenzioso di Severus avesse già provveduto a
rendere
innocua la caduta.
L'uomo
oltrepassò
rapidamente Ron e si chinò sul Grifondoro indebolito in una
frazione di secondo, lanciando i primi incantesimi diagnostici. Il suo
sguardo ricadde sulla cicatrice arrossata del giovane, prima di
premurarsi di sollevarlo con calma per andare ad adagiarlo sul
divanetto di pelle scura di fronte al camino.
Ron lo
guardò ancora
sotto-shock, decidendo infine di sfidare la propria paura di Piton per
seguirlo poco più in là ed accertarsi delle
condizioni di
Harry. «S-sta bene? C-cosa gli è
successo--?»
«Dovrei
essere io a
chiedervi spiegazioni su cosa sia successo,»
replicò
brusco Severus, controllando con delicatezza le palpebre di Harry in
modo da verificarne le condizioni, «vi ho lasciato soli il
tempo
di dieci minuti per ritrovarvi a gridare come forsennati!»
«Per
favore,
professore, Harry come sta?» insisté Ron, i sensi
di colpa
che iniziavano a tormentarlo per quanto appena accaduto.
«Sfinito,
ma
bene,» sospirò brevemente Severus, il tono
sollevato
neanche poi tanto nascosto di fronte al rosso. Abbiamo rischiato un altro
attacco del Signore Oscuro. «Reinnerva,»
mormorò, con un movimento circolare della bacchetta in
direzione del quindicenne.
Harry
sbatté
lentamente le palpebre, fissando poi i due volti ondeggianti sopra la
propria testa fino a quando non furono di nuovo immobili.
«C-cosa... cosa mi è...»
«Sovraccarico
emotivo,» rispose Severus, porgendogli un bicchiere d'acqua
che
aveva appena fatto apparire. «Hai sprigionato magia senza
volerlo. La tua cicatrice è una porta aperta per l'Oscuro
Signore, Harry. Non puoi soccombere alle emozioni così
facilmente, che siano esse di rabbia o malinconia.»
«Lo
so,» disse il ragazzo, «m-ma ero così...
frustrato,
da non riuscire nemmeno ad occludere la mente, nonostante sapessi
quello che stava per accadere,» spiegò, con il
respiro
ancora affannoso, terminando di sorseggiare dal proprio bicchiere.
Un rumore
simile ad uno
scoppio, proveniente dal piano al di sotto del loro, sorprese sia Harry
che Ron, facendoli quasi balzare; era lo stesso tipo di rumore che
avevano sentito innumerevoli volte in classe e al quale Ron, in
particolare, era decisamente avvezzo. L'inconfondibile botto di un
calderone che esplode. Nel realizzare quanto accaduto, il
rosso allargò gli occhi, sorpreso, e cercò di
comunicare a Harry la cosa.
«Severus,
m-mi spiace
per--» iniziò Harry arrivando a capire il motivo
per cui
l'uomo era stato costretto ad assentarsi.
Severus
non spostò lo
sguardo intenso dei propri occhi da quello del giovane neanche per una
frazione di secondo. «Diciannove anni senza un calderone
esploso
è un record che non vale la vita del Ragazzo
Sopravvissuto,» sospirò, ed Harry vide la
preoccupazione
velata dell'uomo attraversargli per un attimo lo sguardo. Né tantomeno quella
del giovane che ho deciso di adottare,
gli comunicò poi attraverso la Legilimanzia. Mosso dalle sue
parole non verbali, il ragazzo lo ricompensò con un piccolo
sorriso grato. «Posso confidare nel vostro buonsenso e andare
a
occuparmi per cinque minuti di quanto successo di sotto?»
continuò, lanciando uno sguardo al ragazzo Weasley dietro di
sé. «Vorrei assicurarmi che la pietra del mio
sotterraneo
sia ancora intatta.»
Ron
sembrava ancora troppo
scioccato dagli sviluppi del recente avvenimento, ma si
risvegliò d'un tratto, mettendosi per poco sull'attenti nel
vedere Piton rialzarsi. «Sì signore,
baderò io a
Harry,» si sentì in dovere di aggiungere.
Quando
Severus fu di nuovo
oltre la botola che portava al laboratorio inferiore, Ron prese posto
accanto al ragazzo, nel punto appena liberatosi. «Harry,
i-io...» esordì, con evidente
difficoltà, mentre
l'altro Grifondoro lo osservava lasciandolo parlare. «... mi
dispiace. Ero così concentrato sull'idea che Piton potesse
solo
averti fatto il lavaggio del cervello per renderti così...
così fedele
nei suoi
riguardi che non ho pensato a nient'altro. Né al tuo stato
d'animo dopo l'incubo di Tu-Sai-Chi... né ai tuoi
sentimenti,» proseguì, impacciato.
«Non
posso credere che
ci sia voluto così tanto per farti entrare una nozione
così semplice in quello zuccone,»
ridacchiò
debolmente Harry. «Dovevo proprio stare così male
per
impietosirti?»
Ron
scosse la testa, dandogli una innocua pacca sul braccio. «Non
tu, sciocco, Piton!
Miseriaccia, Harry, che sortilegio gli hai fatto per fargli abbandonare
le caratteristiche da Pipistrello dei Sotterranei?»
Harry
fece una piccola
smorfia. «Oh, no, credimi, sa ancora esserlo perfettamente
quando
vuole,» ribatté, sorridendo all'idea che forse -
finalmente - tutto sarebbe potuto tornare come prima tra lui e il suo migliore
amico, senza dover necessariamente rinunciare alla sua nuova vita.
«Beh,
se Piton fa
esplodere un calderone per accorrere da te dopo averci sentito gridare,
non oso immaginare cosa farebbe se ti vedesse in mano
nemica,»
proseguì Ron, quasi esaltato all'idea di azione e avventura.
«Avresti
dovuto
vederlo,» annuì Harry, tirandosi un pochino su sul
divano,
rivivendo l'adrenalina di quei momenti. «Non ho mai visto
nessuno
duellare come lui, Ron, non vedo l'ora di iniziare le lezioni e
imparare tutto quello che posso--»
«Prima
finirete con la
vostra punizione e prima vi sarà concesso di procedere con
le
vostre vacanze nel modo a voi più congeniale,»
disse la
voce soave di Severus, facendoli balzare per il subitaneo rientro dal
laboratorio.
Ron si
tirò istintivamente su, raddrizzandosi come un perfetto
soldatino e tornando al proprio posto con passo svelto.
Severus
inarcò un sopracciglio. «Il signor Weasley vuole
spiegarmi cosa sta facendo?»
«Riprendo
la mia
punizione, signore,» rispose sommessamente Ron,
«posso
continuare anche con le righe di Harry, se necessario...»
«Non
ce ne sarà
bisogno per oggi,» lo fermò l'insegnante di
Pozioni, ed
Harry avrebbe giurato di vedere l'ombra di un ghigno soddisfatto
attraversargli il volto, «potete interrompervi e proseguire
domani, quando il signor Potter si sarà ripreso,»
aggiunse.
Gli occhi
di Ron si illuminarono. «Davvero?»
«Ti
conviene andare
prima che Severus cambi idea,» ridacchiò
sommessamente
Harry, tenendosi una mano sulla pancia per non sforzarsi troppo, prima
di ignorare l'occhiata lanciatagli dall'uomo in questione.
«Grifondoro
meriterebbe dieci punti per l'intuizione,»
commentò
Severus con aria distaccata e incolore, in una delle sue freddure che
causarono l'ennesima risata trattenuta da parte di Harry.
Lo
aspettava un anno difficile come guardiano di Harry Potter, oh
sì.
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«Il
dosaggio corretto
dell'estratto di Horklump è di due misurini o tre nella
Pozione
Erbicida?» domandò Harry dal divano su cui era
steso,
passandosi distrattamente la penna d'oca sotto il naso, mentre
rileggeva pensieroso tutte le opzioni elencate nella pergamena davanti
a sé. Era il terzo aiuto che chiedeva a Severus e si era quindi appena giocato il massimo numero dei suggerimenti concessi dall'uomo.
«Due,»
rispose
Severus, voltando casualmente la pagina della Gazzetta del Profeta che
era intento a leggere. «Credevo avessi detto che eri oltre
quel
punto del test,» aggiunse l'uomo inarcando un sopracciglio,
gli
occhi ancora immersi nella lettura del testo in movimento all'interno
delle pagine di fronte a sé.
Harry
grugnì,
accarezzando casualmente Thor - attualmente sdraiato sul tappeto ai
suoi piedi. «Ero convinto di esserlo, ma poi sono comparse
ben
altre trenta domande a scelta multipla dal nulla. Ne sai
qualcosa?» chiese, con sottile ironia.
Severus
sorrise
impercettibilmente da dietro il quotidiano. «Vedilo come un
trattamento di riguardo nei tuoi confronti,»
mormorò
soave, «avresti preferito altre trenta domande a risposta
aperta
al posto di quelle che ti ho dato?»
Harry
deglutì.
«N-no, grazie,» fu la sua pronta risposta,
«apprezzo
il pensiero,» mormorò sommessamente. Qualche
minuto
passò in silenzio, durante i quali Harry provò a
tornare
a concentrarsi senza successo, un pensiero tutt'ora frullante nella
propria testa. Si mosse nella propria posizione, tutto a un tratto
scomodo. Movimento che non passò - ovviamente
- inosservato agli occhi esperti del Pozionista.
«Pensavo,»
esordì il giovane, incerto, allo sguardo interrogativo
dell'uomo, «a quando riprenderanno le lezioni.»
«Tra
esattamente otto giorni e quattordici ore,» Severus lo
freddò, imperturbabile.
Harry
roteò gli occhi
al soffitto, ignorando il suo sarcasmo.
«Intendevo,»
proseguì con evidente difficoltà, «a
quello che
cambierà con la ripresa della scuola,» vide
Severus
staccare gli occhi dalla pagina di giornale per posarli su di lui e si
costrinse ad aggiungere: «tra di noi.»
L'uomo
non disse nulla per qualche minuto. «Potrebbe il Signor
Potter essere così cortese da elaborare?»
Il
ragazzo sospirò, rassegnato a vuotare il sacco.
«Dovremo tornare a... detestarci,
davanti al resto del mondo? Voglio dire, i Serpeverde--»
«Fossi
in te, mi
preoccuperei sui tuoi compiti estivi, che procedono più
lenti di
una Lumaca Cornuta in procinto di essere stufata--»
«Severus,»
si
permise di interrompere Harry, con evidente urgenza, incurante di
incorrere in qualsiasi tipo di rimprovero in un momento in cui tutto
ciò che desiderava erano certezze, «non hai
risposto alla
mia domanda.»
Severus
frenò il
rimprovero che gli era immediatamente giunto alle labbra. In silenzio,
richiuse le pagine della Gazzetta del Profeta, accantonando il giornale
sul tavolino in vetro accanto alla sua seduta. «La tua
domanda
denota come tu non abbia ancora letto nemmeno una pagina del libro che
ti ho assegnato qualche giorno fa,» fu il suo verdetto. Harry
aprì bocca per replicare che Il Libro dei Cinque Anelli
non era esattamente una passeggiata di allegria, ma venne zittito con
un singolo sguardo significativo da parte del Pozionista. «A
volte temo che tu dimentichi il motivo per cui mi è stata
affidata la tua custodia.»
«Perché
il mio padrino è attualmente in un letto d'infermeria e non
abbiamo la più pallida idea se e quando
si risveglierà?» soffiò con rancore
Harry,
pentendosi quasi immediatamente di quello che gli era appena uscito
dalle labbra.
Se
Severus era rimasto
deluso dalla sua sparata, riuscì a non darlo a vedere con
estrema maestria. «Perché sono
insospettabile,»
ribatté l'uomo, e fu il turno di Harry a rimanere ora deluso
dalla scelta lessicale.
Un
grugnito non poté
che sfuggirgli dalla bocca, amareggiato. «Può
darsi, ma
forse tu e Silente dimenticate che i figli dei Mangiamorte frequentano
questa scuola, e sanno benissimo che tu non fai più parte
delle
schiere di Vold--»
«Sanno
che ti ho
salvato la vita, non sanno che ti ho adottato, stolto
ragazzo,»
fu il turno ad interrompere di Severus, che si sollevò dalla
poltrona, ergendosi in tutta la sua altezza. «Non
sospetteranno
mai che tu possa vivere tra queste mura nel tuo tempo libero,
né
che la tua protezione dipenda da un contratto magico e insolubile.
Pertanto, pretendere di buttare all'aria anni di protezione da parte
mia nei tuoi confronti per giocare alla famiglia felice
davanti ai Serpeverde è oltremodo capriccioso e infantile!»
«Bene!»
si alzò Harry a sua volta, ripresosi dal colpo inferto con
inaudita foga. «Dato che sono tanto ridicolo per
essermi illuso di poter ricominciare da capo e dimenticare anni di bullismo in classe
da parte di chi afferma di avermi sempre protetto, vorrà
dire che toglierò il disturbo!»
«Dove
pensi di andare, Potter?»
«In
camera mia!» sbottò Harry, incamminandosi verso il
corridoio che portava alle camere.
Severus
scoprì i
denti e con un colpo secco la porta della stanza del ragazzo
sbatté chiusa. «Non prima che io ti abbia dato il
permesso
per farlo,» soffiò, mantenendo un ferreo controllo
sul
tono della propria voce.
«Non
puoi
farlo!» esclamò Harry, adirato, tentando
inutilmente di
forzare la maniglia della porta serrata ermeticamente.
«Sì
che posso
farlo, Signor Potter, forse hai dimenticato che questa è
casa
mia?» replicò Severus, con una soavità
pericolosamente minacciosa. «Ora tornerai immediatamente qui,
ti
calmerai e ripeterai attentamente
quello che ho detto sulla tua sicurezza.»
Dal nervoso, Harry
sentiva crescere sempre più forte in lui la malsana voglia di prendere a calci la propria porta finché non l'avrebbe
costretta
ad aprirsi. Severus stava reagendo in modo ingiusto e
scorretto, non aveva il diritto di comportarsi così come se
nulla fosse cambiato--
«Harry
James
Potter, non ho alcuna intenzione di ripetermi una seconda
volta,» giunse dalla sala la voce del suo aguzzino.
Harry si
morse la lingua
fino a farsela sanguinare per non sputare fuori il veleno che aveva in
corpo. Sapeva che se ne sarebbe pentito immediatamente. In parte
perché dalla quasi impercettibile vibrazione nella voce di
Severus, sapeva che l'uomo era quasi al limite della sua pazienza, e -
dall'altra parte - perché ripensandoci sopra più
tardi
nel cuore della notte, in fondo in fondo al suo ego, sapeva che si
sarebbe senz'altro sentito un ingrato. Era incredibile quante sfumature
su sé stesso e sugli altri aveva incominciato ad osservare
da
quando viveva con qualcuno che non fosse i Dursley.
Fece
quindi dietrofront e
marciò a testa bassa fino a portarsi di fronte a dove
sostava
Severus. Quest'ultimo, facendo rilassare la mano dal fianco su cui
l'aveva posata, fece lo sforzo di tenere a freno la propria ira e di
sedersi con la solita grazia sulla poltrona dietro di sé.
«Vieni qui,» comandò Piton, facendo
segno al ragazzo
di avvicinarsi di più.
Harry
obbedì
docilmente, contrariamente a quanto aveva fatto finora. C'era qualcosa
nello sguardo e nel linguaggio corporeo dell'uomo di fronte a lui che
emanava autorità da ogni piccolo gesto. Doveva esserci una
spiegazione plausibile alla facilità con cui Severus
riusciva a
farlo trasformare da uno sfacciato adolescente - incurante delle proprie
azioni - in un agnellino timoroso. Non era una sorpresa che Silente lo
avesse fatto entrare nel corpo dei Direttori delle Case ad Hogwarts.
Le mani
di Severus
afferrarono le sue braccia senza preavviso, distogliendolo da quei
pensieri. Harry tentò di indietreggiare istintivamente, ma
la
morsa con cui Severus lo stava trattenendo immobile e in piedi
direttamente di fronte a lui non si allentò minimamente.
Confuso
e imbarazzato da quella nuova posizione, Harry fu costretto ad
abbassare la testa per incontrare lo sguardo fermo del suo guardiano.
«Ora
tu mi ascolterai
bene, perché quello che sto per dirti è qualcosa
che non
voglio assolutamente ripetere, in nessuna
- altra - occasione,»
sottolineò Severus ad ogni ultima parola. Harry
deglutì,
affrettandosi ad annuire. «Nel caso in cui tu non te ne fossi
accorto, quella che si sta combattendo è una guerra. Puoi
non
vederne i segni, ma ti posso assicurare che dal preciso istante in cui
l'Oscuro Signore è tornato a camminare tra noi la notte
della
terza gara del Torneo Tremaghi, le persone hanno iniziato a
mobilitarsi, ognuno nei propri ruoli. Non tutte le guerre vengono
combattute sul campo di battaglia, alla luce del giorno; ciò
che
la tua mente fallisce nel comprendere, è che tu non sei al sicuro,»
la voce di Piton si intensificò drammaticamente,
«nemmeno ad Hogwarts.»
Harry
approfittò
della pausa dell'uomo per poter parlare. «Ma... ma il
castello ha
difese, ci sei tu, c'è Silente--»
azzardò
tentativamente.
Severus
lo interruppe con un grugnito amaro. «Né io
né il professor
Silente siamo onniscienti, né tantomeno immortali,
Harry,»
replicò, scuotendo la testa. «Facciamo del nostro
meglio
per essere presenti ovunque all'interno del castello per prevenire
ciò che non dovrebbe mai accadere, ma non possiamo arrivare
dappertutto, come questi anni ad Hogwarts ti hanno palesemente
dimostrato. Quello che voglio che tu faccia entrare in quel tuo
zuccone, è che se continuare a trattarti come il
più
odiato dei Grifondoro in classe servirà a salvarti la vita
un
giorno e a farti arrivare al termine di questa dannata guerra,
andrò avanti a farlo, senza rimorsi,»
rimarcò
Severus, guardandolo intensamente. Nel vedere Harry abbassare la testa
con aria sconfitta, si sentì in dovere di aggiungere dopo
una
duratura pausa: «Voglio che tu sappia anche che tale scelta
non
cambierà mai il rapporto che abbiamo all'interno di queste
mura.»
Il
giovane Grifondoro
rialzò il capo, sorpreso, per incontrare nuovamente gli
occhi
d'onice del suo mentore. Severus stese le labbra in un sorriso tirato,
ma Harry non vide ironia nel suo sguardo e seppe che non stava mentendo
per convincerlo ad accettare quel compromesso. Aveva una casa, un luogo
sicuro dove tornare, sempre
e a prescindere da eventuali litigate e disaccordi. E questo, per lui,
era più che sufficiente.
«Ho
bisogno di una
risposta, Harry. Sono stato abbastanza chiaro--?» Severus
allentò appena la presa su di lui, vedendo che non proferiva
parola, come ipnotizzato da quanto gli aveva appena detto, ma non fece
in tempo a terminare la frase che Harry approfittò del
momento
per camminare dritto nelle sue braccia, di slancio.
«Grazie,»
mormorò il ragazzo contro lo spesso tessuto di lana nero in
cui
la sua guancia era appena affondata, respirando l'ormai familiare
fragranza di vaniglia mista a chiodi di garofano. Nonostante fosse ora
il turno di Severus ad essere sorpreso dal ragazzo, l'uomo
ricambiò l'abbraccio in un gesto istintivo, più
per
evitare che il Grifondoro potesse cadere e procurarsi così
un
trauma cranico con il suo improvviso impeto emotivo.
Severus
si schiarì leggermente la voce. «Grazie
e...?»
«...
e prometto che
cercherò di usare il cervello prima di lasciarmi prendere da
stupidi atti privi di lucidità e contegno,»
grugnì
Harry, in un tono molto simile a quello con cui la voce di Severus
aveva parlato nella sua mente, senza tuttavia staccarsi dal calore
della veste contro cui era appoggiato.
«Bravo
ragazzo,»
mormorò Severus, concedendogli perfino una piccola pacca
sulla
schiena, soddisfatto dalla sua risposta.
Harry
sorrise, orgoglioso, e
si preparò a fare un passo indietro per sciogliere
l'abbraccio,
ma avvertì il braccio con cui Severus lo stava stringendo
intensificare la presa su di lui. La voce di Severus si fece improvvisamente
più profonda quando parlò. «Non
così in
fretta, Harry.»
Uh-oh.
«Ehm... sono ancora nei guai per poco fa, non è
così?» Harry deglutì, sentendosi come
una piccola preda
intrappolata tra le spire di un serpente.
Severus si trasse
indietro quel
tanto che bastava per tornare a guardarlo in volto, gli occhi brillanti di una nuova luce pericolosa, la
stessa che Harry conosceva molto bene. «Vedo che stiamo
lavorando
sulle nostre doti intuitive,» proferì con voce
soave,
«magari una rinfrescatina sulle regole che vigono in questa
casa
non guasterebbe, che ne dici?» proseguì, con un
lieve
cenno del capo verso la porta che poco prima Harry aveva quasi cercato
di abbattere a suon di calci.
«O-Ottima
idea, pa--»
Harry si
bloccò
seduta stante, prima che potesse osare troppo. Non poteva credere di
aver quasi pronunciato quella parola, la stessa parola che aveva
inconsapevolmente urlato in faccia a Ron quel pomeriggio e che da tempo
- da quando il rapporto tra lui e Piton aveva iniziato ad evolversi,
ancora prima dell'adozione - popolava i suoi sogni. Imbarazzato dal
momento, abbassò gli occhi in un punto non definito del
pavimento, trovando estremamente interessante le venature scolpite
nella pietra che ricopriva il sotterraneo.
«Dillo,»
disse improvvisamente Severus, gli occhi ancora fermi su di lui.
«Dire
cosa?» La
testa di Harry scattò in alto come per volontà
propria.
Incredulo, fissò Severus per un lungo instante, chiedendosi
come
potesse aver-- ma certo... dannata
Legilimanzia. «Papà,»
si costrinse a dire, in poco più che un sussurro. Doveva
apparire incredibilmente patetico agli occhi di Piton, in quel momento.
Eppure l'uomo non sembrava né infastidito dall'appellativo,
né sul punto di scoppiargli a ridere in faccia. Si
limitò
semplicemente ad annuire piano.
«Sai
che non potrai mai pronunciarlo a scuola, al di fuori dei miei
quartieri personali?»
Harry per
poco non
sgranò gli occhi. Piton sapeva, probabilmente sapeva da un
po'
di quello che gli frullava per la testa e non sembrava essere affatto
disturbato dalla cosa? «Sì, signore,»
rispose il ragazzo,
ripresosi dallo shock iniziale.
Severus
si limitò a
osservarlo ancora per qualche minuto in silenzio, soppesando la sua
risposta; Harry sentì la mano che l'uomo aveva ancora dietro
la
sua schiena andare a stringergli leggermente una spalla, prima di
risollevarsi dalla poltrona dalla quale gli aveva appena impartito
l'ennesima lezione. «Si sta facendo tardi,» disse
Severus,
riordinando sedie e poltrone, e facendo sparire i piatti che avevano
usato per cenare dal tavolo poco distante con un singolo gesto casuale
del polso. «È ora di andare a dormire, ti aspetta
un lunga
giornata tra il terminare la tua punizione con Ronald Weasley e
finire tutti i tuoi compiti prima dell'inizio delle
lezioni,»
aggiunse, ed Harry sentì il distintivo schiocco della porta
della sua camera che si apriva.
Eccolo che torna già
in modalità professore.
Harry evitò di roteare gli occhi al cielo nel sentire
Severus
tornare ad usare il solito tono distaccato di sempre; trovava invece
impossibile smettere di sorridere come uno stupido, per qualche strana
ragione. Il suo cuore sembrava leggero come una piuma, come se liberato
di un incredibile peso, persino dopo la ramanzina appena ricevuta.
Sarà un anno diverso
questo,
si ritrovò a pensare il ragazzo mentre si avviava verso la
sua
camera da letto, dopo aver augurato la buonanotte a Severus, un piccolo
sorriso speranzoso ancora stampato in volto.
Anche tra
le mille
avversità, qualsiasi cosa gli fosse successo quest'anno,
sapeva
che l'avrebbe affrontato in modo differente.
Perché
quest'anno avrebbe avuto una casa... e qualcuno da cui tornare.
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