CAPITOLO
9: Miss Parco dei Duelli
-
E’ urgente? – domandò il ragazzo,
senza minimamente cercare di nascondere il suo fastidio.
L’uomo di colore
sembrava mortificato, ma la sua spocchia gli impediva di notarlo.
-
Non ti avrei fermato se così non
fosse. – E detto ciò, fece l’ultima cosa
che Alan si sarebbe aspettato: si
prostrò ai suoi piedi. Era chino, la nuca piegata e i
polpastrelli a contatto
col pavimento. Un bizzarro incrocio, uno di quelli che ti aspetteresti
se
Spider Man si convertisse all’Islam e si mettesse a pregare
rivolto verso la
Mecca.
Il
ragazzo sgranò gli occhi. Un
forte senso di disagio si impadronì di lui.
Quell’immagine aveva qualcosa di
fortemente sbagliato; non sapeva spiegarselo bene, ma era
così.
-
Ohi… - arretrò spaventato – si
può sapere che diavolo stai facendo?
Alan
era praticamente un bambino di
fronte all’altro. Eppure quello si era messo in ginocchio,
no, di più, si era
prostrato, come se fosse una divinità, o come se fosse un re
e lui solo un
umile servo.
-
Per favore… - La sua supplica
uscì esile come il sussurro di un fantasma in una tormenta.
– Ti scongiuro, non
farei tutto questo se non fosse importante. No, è essenziale!
-
Ohi, la vuoi piantare… - Da
fuori, chiamarono nuovamente il suo nome. Se quello gli faceva perdere
altro
tempo, rischiava di farsi squalificare. Ma non era quella la cosa che
lo
preoccupava di più. Era quel terrore irreale che si era
impadronito di lui a
turbarlo sopra ogni cosa.
Dal
collo dell’uomo di colore
pendette qualcosa. Erano…
Il
telefono che suonava dentro al suo orecchio. Fu il primo suono diverso
dal
ronzio di una zanzara che svegliava Alan in quei caldi giorni
d’estate.
Solitamente erano sempre quelle stronze volanti, grosse come stronzi di
topo, a
ridestarlo dai suoi sogni – o dai suoi incubi
– con quel ronzio acuto che Alan sospettava fosse
ciò che sente un uomo
l’istante in cui impazzisce e decide di guidare a luci spente
nella notte
perché sì, è davvero così
facile morire.
Il
cellulare squillava e gli sembrava veramente di avercelo
nell’orecchio. In
realtà era sul comodino accanto al letto. E quello sembrava
invece dall’altro
capo del mondo. Non serviva essere laureati ad Harvard per capire che
quelli
erano i postumi di una sbronza. Con uno sforzo che gli
sembrò immane, allungò
la mano verso il telefono, sfiorandolo un paio di volte prima di
riuscire ad
afferrarlo.
Si
era dimenticato di mettere la luminosità al minimo, cosa che
faceva sempre
prima di andare a dormire. Lo schermo illuminato lo colpì
con la violenza di un
treno in corsa, facendolo protestare mugugnando. Si sentiva la bocca
impastata.
Premette l’icona verde senza neanche aver letto, e
biascicò l’imitazione di un:
- Sci?
-
Alan! – La voce di sua madre,
-
OH! – Si riebbe di colpo, quasi balzando sul letto. Gli
esplosero una miriade
di puntini luminosi davanti agli occhi; sbatté le palpebre
nel tentativo di
scacciarli, inutilmente. Costellazioni rosse, verdi, viola e blu
brillavano
sulla sua retina, mentre al suo orecchio sua madre domandava: - Tesoro,
dormi
ancora?
-
Gno, gno – si difese lui – che, scherzi?
Si
sfregò un occhio e avvertì l’odore del
proprio alito. Puzzava terribilmente di
birra.
-
Ascolta caro! – La voce di sua madre era squillante come
sempre, il che non
sarebbe stato un problema, se non fosse che con quel mal di testa ogni
sillaba
era come un punteruolo che si conficcava nella sua carne. –
Io e tuo padre
pensavamo di fare un salto da te domani. Lo so, doveva essere una
sorpresa, ma
non vorrei che poi fossi troppo impegnato.
-
Mm? Oh, gno, gno, gnessun problema – biascicò lui,
continuando a sfregarsi gli
occhi. Sentiva la testa incollata al cuscino per il sudore,
così come il resto
del corpo. Presa consapevolezza del sudore, avvertì anche la
sensazione del
freddo metallico delle piastrine sul suo petto, adagiate sulla distesa
di peli
in mezzo ai capezzoli come serpenti addormentati. Poi arrivò
l’odore della sua
stessa pelle sudata, e il calore del sole che filtrava dalle tapparelle
che si
era scordato di chiudere. Perché non l’aveva fatto?
-
Alan? Tesoro, tutto bene? – domandò la voce al di
là del telefono con una punta
di materna, immancabile preoccupazione. Lui mugugnò ancora:
- Ma sì, è che mi
sono appena svegliato – si difese.
-
Quindi stavi ancora dormendo.
-
Va be’, è uguale – disse lui,
stiracchiandosi e portando il braccio in alto.
Gli schioccò la spalla.
-
Va bene, allora ti lascio dormire. – Per fortuna, sua madre
non aveva
intenzione di farla lunga. – Tanto ci vediamo domani, va bene?
-
Certo. – Lui era ancora abbastanza scombussolato da non aver
per davvero
seguito il filo del discorso, quindi non aveva realizzato che i suoi
sarebbero
passati da lui indomani.
-
A domani, tesoro.
-
Ciao mà.
Fu
molto più brusco nel chiudere la conversazione, ma ormai ci
erano abituati. Lanciò
praticamente il telefono e per poco non mancò il comodino
per finire sul
tappeto. Ma alla fine sentì il tonfo sul legno e seppe che
era andato tutto
bene, più o meno come quando lei ha paura e tu le prendi la
mano e le dici che non
deve aver paura se lo fate al primo appuntamento perché
tanto Dio è morto e
solo gli uomini possono giudicarli.
Si
lasciò andare a un rumoroso sbadiglio. Aveva il braccio
spiattellato sul
cuscino, e l’odore delle sue ascelle lo colpì con
forza; aveva decisamente
bisogno della sua doccia mattutina.
-
Era tua madre?
-
Esat… - Fermi tutti. Momento, momento, momento! Chi aveva
parlato?
Lentamente,
come se fosse in un horror, Alan ruotò il collo,
un’espressione di gelato
stupore sul suo volto. Quello che trovò dall’altra
parte del suo letto a una
piazza e mezzo, con metà testa sul suo cuscino, non fu un
killer armato di
machete pronto a fargli la festa – di prima mattina, poi.
No,
era un volto assonnato, col trucco rappreso e dagli scompigliati
capelli lilla.
Lo sgomento del ragazzo contrastava col suo attuale stato fisico; era
ancora
troppo rincoglionito per sorprendersi davvero. Invece, si
limitò a un: - Oh.
Ciao.
-
‘giorno – mugugnò lei. Era nuda, e anche
lui lo era; se ne accorse solo in quel
momento. L’atmosfera surreale che si era venuta a creare si
traduceva in una
calma più completa per entrambi i soggetti. Alan non era
sicuro di capire bene
cosa stesse succedendo – o fosse successo, se quelli che
stava smaltendo non
erano i postumi di una normale sbronza – ma era molto
tranquillo. E anche la
ragazza dal’altra parte del letto non sembrava
particolarmente infelice di
essere lì.
-
Okay – disse piano lui. Parlava a rallentatore, o tale era la
sua percezione. –
Io… ti conosco, vero?
La
additò, e quella gli prese il dito e lo baciò con
delicatezza. Alan sentì un
fremito risvegliarsi in mezzo alle gambe.
-
Mm-mm – confermò lei. – Eri parecchio
sbronzo ieri sera. Più di me, che è tutto
un dire.
Aveva
una bella voce, anche se impastata dal sonno.
-
Oh… - Alan non ricordava assolutamente nulla. –
Ho… combinato casini?
-
Be’, dipende da che intendi per “casini”
– rispose lei maliziosa. – Sei
fidanzato?
-
No.
-
Allora tutto apposto. – Sorrise ancora, spostandosi poi i
capelli dal viso. -
Comunque Winona, piacere di nuovo.
Tese
la mano; Alan si sentì pervadere da un incontenibile accesso
di ilarità. Era
tutto così strano in quel momento; non sbagliato, solo
fottuto di cervello.
Ricambiò la stretta.
-
E quindi, noi due…
-
Direi di sì – gli confermò quella.
-
Oh. Scusa, quanto avevo bevuto?
-
Mm, credimi, non vuoi saperlo.
Alan
si sistemò meglio sul letto sfatto, bagnato e puzzolente.
Quella strana conversazione
continuava. La cosa divertente, era che entrambi continuavano a
mangiarsi con
gli occhi. – Puoi riassumermi quanto è successo in
poche parole?
Le
piastrine gli si incollarono ai peli del petto; le scostò
con una smorfia.
-
Be’ – iniziò lei, sistemandosi a sua
volta, le gambe che nascondevano di poco
il pube in quella posizione, un braccio a sorreggere la testa, e il
seno
sinistro scoperto e invitante. Si lasciò andare i capelli
oltre la spalla. Alan
sapeva perfettamente che, come nel caso di Mera, era ancora una volta
l’alcool
– o meglio, i residui dell’alcool – a
renderlo così calmo in compagnia di una
ragazza nuda nel suo letto. Non era la sua prima volta, ma era sempre
un po’
strano. Diciamo che, quando non lo fai da diverso tempo, poi
è ancora più
strano.
-
Siamo usciti con i ragazzi del Parco a bere una birra. Solo che la
serata è
andata avanti, e le birre si sono moltiplicate neanche ci fosse
Gesù con noi.
Un
altro scoppio di risa incontrollato, tanto da fargli male il petto. Lei
lo
accompagnò.
-
Alla fine eravamo tutti parecchio sbronzi –
proseguì poi Winona. – Tu però
penso ci battevi tutti. Così ti ho dato uno strappo a casa,
che tanto era di
strada. Hai sboccato un paio di volte…
-
Cristo. – Alan odiava raggiungere quei livelli. Di solito
aveva molto più
autocontrollo di così.
-
Poi ti ho messo a letto e tu mi hai baciata –
rivelò la ragazza dai capelli
lilla. Alan non era troppo sconvolto nell’udire la carrellata
di stronzate che
aveva fatto. Insomma, era un po’ come essere tornati ai
vecchi tempi, no? Anche
se mancava qualcosa.
-
E poi hai sboccato anche tu perché il mio alito puzzava di
merda – dedusse il
moro. L’altra ridacchiò e fece no con la testa.
– Ci abbiamo dato dentro, e
pure parecchio.
Lo
disse senza alcuna vergogna. Abbassò lo sguardo e con
l’indice disegnò
ghirigori distratti sul petto del ragazzo. Lui non la fermò.
I tocchi di Winona
erano piacevoli, quindi perché smettere?
-
Probabilmente invece sarà stata una merda e tu eri troppo
ubriaca per
accorgertene – la canzonò Alan. –
E’ impossibile che io abbia funzionato, se ho
bevuto quanto credo.
Ora
pensava di essersi fatto un’unità di paragone. Gli
era già capitato, un paio
d’anni fa, di fare così. A dire il vero, anche
l’anno prima, quando aveva detto
che non lo avrebbe mai più fatto, che non si sarebbe mai
più svegliato in un
posto senza sapere dove si trovava e con chi era andato a letto,
perché non
tutte le sconosciute – o gli sconosciuti, può
anche andare in quel modo – che
ti si svegliano accanto sono gentili e di bell’aspetto come
Winona.
Però
stavolta era a casa sua, quindi sapeva dove si trovava, e aveva con
sé una ragazza
che non aveva intenzione di scappar sene piangendo, a quanto pareva.
Era già un
miglioramento, no?
Prima
di rispondergli, la ragazza si avvicinò a lui, e stavolta
non solo lui non fece
nulla per bloccarla, ma anzi l’accolse fra le sue braccia.
Faceva caldo ed
erano entrambi sudati fradici e puzzavano di birra, ma questo non
sembrava infastidirli
neanche un po’. Winona fece aderire il proprio bacino a
quello del ragazzo
mentre gli mollava un paio di baci a stampo. A lui venne da sorridere,
mentre
sentiva un indurimento al basso ventre fare resistenza contro la pancia
piatta
dell’altra.
-
Sono venuta due volte – le sussurrò lei
all’orecchio. – Non mi capita spesso.
Se quella la chiami una merda, allora credo di non poter soddisfare i
tuoi
standard, caro mio.
Alan
non fece commenti, ma dentro di sé si diede una pacca sulla
spalla. E bravo Alan,
forse ci sai fare più di quanto non immagini.
I
capelli della ragazza gli finirono sul viso e gli solleticarono il
naso. Non
c’era motivo di rifiutare un simile contatto e simili
carezze. Però ci tenne a
precisare una cosa.
-
Questo non ci creerà problemi, vero? Voglio dire…
Per
fortuna, l’altra capì al volo. Lui era
più bravo con i duelli che con le
parole; e ora che non combatteva più, non sapeva in cosa
poteva definirsi
bravo. Magari a letto.
-
Tranquillo, non ho pregiudizi su quelli che lo danno a gratis. Sono
molto
favorevole. – La sua battuta lo fece ridere di gusto. Lei
continuò: - Nah, non
sono fatta per i sentimenti, se non ti dispiace.
I
suoi capezzoli gli puntellavano il petto. Non era affatto male,
nossignore.
La
guardò con un sorriso furbo. – Conosci il detto
“non c’è due senza tre”?
Lei
socchiuse gli occhi, senza perdere il suo sorrisino. Non ci fu bisogno
di dire
altro.
Bevettero
un litro d’acqua a testa, si fecero una doccia –
insieme, già che c’erano – poi
Alan preparò la colazione. Uova fritte, due a testa, pane
tostato e caffè con
panna e zucchero. Winona indossava una maglia grigia con la scollatura
sulla
schiena, e non portava il reggiseno; Alan era in maglietta e
pantaloncini.
-
Sei anche un bravo cuoco – osservò lei, divorando
il proprio uovo. Era
l’effetto della fame chimica. – La donna che ti
prende è davvero fortunata.
Non
c’era ironia in quel commento, solo una semplice
constatazione. Ma Alan rise lo
stesso. – Non sono interessato alle relazioni, al momento.
Winona
masticò il proprio uovo e puntò la forchetta.
– Questo non devi dirlo a me.
Gli
occhi azzurri dell’altro si persero nel vuoto. –
Già – convenne. – Direi di no.
Barney
aveva avuto il raro privilegio di vedere Mera struccata. E senza
vestiti, ma
quello era di secondaria importanza. Eppure, ora tutto ciò a
cui riusciva a
pensare, mentre la mano dell’altra si agitava inutilmente
là dove le coperte
facevano un pallone sul bacino del biondo, era se Alan fosse tornato a
casa
sano e salvo. E se si fosse divertito con quella Winona.
Dopo
un altro minuto di esercizi manuali andati a vano, Mera
sbuffò e lasciò perdere
la presa, furiosa; Barney lanciò una smorfia dolorante.
-
Qual è il tuo problema? – sbottò,
scostando i capelli impiastricciati dal bel
seno florido. Era bellissima nella luce del mattino, gli occhi di
bronzo che
rilucevano nel pulviscolo infuocato della camera.
-
Questo dovrei dirtelo io! – protestò lui,
massaggiandosi la zona inguinale. –
Non ferire il mio povero Barnoccolo!
Quella
mise le mani avanti. – Okay… il fatto che tu abbia
trovato un nome per il tuo
pene è già abbastanza inquietante…
-
Non vedo cosa ci sia di… - cominciò lui, ma
l’altra la bloccò.
-
Ma io ti propongo di fare sesso, tu dici sì come neanche ti
volessi regalare il
Santo Graal, e poi mi dai… mi dai… questo!
Allungò
le mani con i palmi tesi verso di lui. La sua voce non mascherava
affatto il
suo disappunto. – Voglio dire, non doveva essere qualcosa di
leggen…?
-
Dario – la interruppe Barney, per poi fare una smorfia.
– Scusa, è più forte di
me. Comunque…
Si
rigirò su un fianco. – Devo aver bevuto troppo,
è solo per questo che non ho
dato il mio massimo.
Si
grattò il petto, leggermente villoso e alquanto scolpito, e
fece uno dei suoi
adorabili sorrisi. – Magari, ritenta e sarai più
fortunata.
-
Ritentare? – fece quella, basita. – Ma neanche per
sogno!
E
cominciò a rivestirsi. – Io me ne torno a casa
– annunciò.
Barney
spalancò gli occhi e mosse inutilmente la bocca. –
Cos… no, aspetta!
Mera
si bloccò mentre si infilava gli slip, ma non per le parole
dell’altra. Quando
si volse, aveva gli occhi spalancati e la bocca socchiusa, e al
contempo uno
sguardo interrogativo. Come per un episodio di premonizione, Barney era
già
pronto a mettersi sulla difensiva quando quegli occhi lo puntarono.
-
Oh. Mio. Dio – scandì la rossa.
-
Mera, ascolta… - Barney ora quasi balbettava.
-
TU SEI GAY!! – realizzò finalmente Mera. Era
così ovvio, questo spiegava tutto.
-
E TU SENZA RITEGNO! – le rispose prontamente Barney, balzando
a sedere sul
letto. – Dì la verità: hai fatto sesso
con me solo per far ingelosire Alan,
vero?
Fu
il turno di Mera di essere spiazzata. – Cos… no.
-
Oh, sì invece – continuò lui.
– J’accuse,
Mera! Sì, sono gay.
E
spalancò le braccia nel dirlo. – E ho fatto sesso
con te solo per cercare di
depistarti. Ma tu l’hai fatto per puntare ad Alan.
Be’, se usare il suo
migliore amico per arrivare a lui è il tuo modo per
conquistarlo, allora non
hai capito un cazzo né di Alan, né di me.
E
così dicendo si volse, indignato. Mera ora si sentiva
addosso la rabbia
colpevole di chi ha appena fatto una figura meschina e si è
comportata da
stronza, e che, cosa più importante, si pente di esserlo
stata. Gattonò
nuovamente sul letto e allungò una mano verso la spalla del
biondo: - Barney…
-
No, non mi toccare – si ritrasse lui, guardandola come se
fosse una bestia
pericolosa. Lei socchiuse le labbra in un’espressione mesta.
Poi si appoggiò di
schiena al cuscino, si premette le mani sul volto, tirò la
pelle del viso fino
a far venire fuori il bianco degli occhi e si passò le punte
sui capelli.
-
Dio, sono stata davvero una stupida… - mormorò.
Barney continuava a guardarla
con diffidenza. Mera lo spiò con la coda
dell’occhio, per poi aggiungere: - E
una stronza.
-
Ah, ecco. – Barney ora le si fece più vicino. Si
appoggiarono entrambi alla
testiera in Alcantara del letto. Mera ora aveva le mani lungo le gambe
e solo
le mutandine addosso. Ma adesso che aveva scoperto quella cosa di
Barney, non
le importava affatto di essere così; non che prima lo avesse
fatto, in realtà.
-
Perché non me l’hai detto? – gli
domandò, con un filo di voce. Non era
risentita, era semplicemente confusa, e si vergognava. Barney volse i
suoi
occhi azzurri verso di lei, la bocca serrata e un’espressione
che sembrava
quella di un uomo sull’orlo delle lacrime.
-
Perché ho paura di essere rifiutato, e allontanato
– rivelò.
-
Questo è ridicolo! – gli fece notare la rossa.
– Perché mai dovremmo
allontanarti solo perché… be’,
perché io e te abbiamo una passione in comune!
Era
anche divertente, detto così. Ma Barney non stava ridendo.
-
Non da te – precisò poi. – Da Alan.
Mera
lo guardò sbattendo le palpebre un paio di volte.
– Come, scusa?
-
Alan non è solo il mio migliore amico – le disse
il biondo – ma è anche il
ragazzo di cui sono innamorato.
A
quel punto, fu il turno di Mera di fissare il vuoto, come aveva fatto
Alan a
casa propria pensando a lei.
-
Oh… - fece. – Be’, questo sì
che è un bel problema.
Serena
si era svegliata di buon’ora quella mattina, e ora stava
finendo di sistemarsi
i capelli. Anche lei era uscito con il gruppetto di
“alcolisti anonimi”, ma
essendosi regolata più di loro si era svegliata non fresca
come una rosa, ma
quasi. Quando ebbe terminato l’operazione,
attraversò il corridoio e vide che
la porta della camera del fratello era aperta. Si affacciò
con il suo classico
sorriso e disse: - Ehi, fratellone, verrai stasera, vero?
Ma
Lance non la stava guardando. Era sdraiato sul letto, o meglio
semi-seduto, con
un braccio dietro alla testa e la mano libera che reggeva il suo deck.
Lo
guardava con tanta concentrazione che sembrava stesse osservando il
vortice del
tempo.
-
Sì, naturalmente – disse lui, senza
però staccare gli occhi da lì.
Serena
non aggiunse altro. Si allontanò da camera sua con un
malessere allo stomaco.
C’era qualcosa che preoccupava suo fratello da un mese, e non
capiva che cosa. Lui
non gliene aveva voluto parlare, chiaramente, ma lei sapeva a chi
avrebbe
dovuto chiederlo, ed era arrivato il momento di farlo.
Perché
suo fratello aveva cominciato a comportarsi in modo strano il giorno in
cui
Alan era stato ricoverato in ospedale da lui.
Anche
Shaun era uscito con gli altri, ma a lui non era andata altrettanto
bene.
Questo perché l’unica altra ragazza del gruppo,
Serena, se n’era tornata a casa
da sola in sella alla sua fiammante bici. Neanche un “ti
riaccompagno a casa”
con tanto di bacio rubato sotto la porta. Ma tanto lui c’era
abituato, quindi
non gli faceva neanche più tutto questo effetto. Il suo deck
giaceva a prendere
polvere da un bel po’ sul suo comodino, e lui non aveva in
programma di
muoverlo da lì.
E
così, dopo la classica cagata mattutina, decise che si
sarebbe fatto venire
un’erezione in un altro modo: guardando The
Boys.
-
Grazie per la colazione – disse Winona, lo zaino con cui
aveva portato le birre
l’altra sera che le pendeva da una spalla. Erano fuori dalla
porta di casa di
Alan, e faceva caldo, come sempre.
-
Grazie a te – le disse lui. Lei si guardò intorno:
- Vivi in un bel posticino.
-
Puoi tornare a trovarmi – le ammiccò il ragazzo.
Quella fece un sorriso
leggero, e furbo.
-
Vacci piano, campione. Questo te lo devi guadagnare.
Allungò
la mano verso le sue piastrine per giocherellarci, ma lui la
allontanò e le rimise
dentro. – Meglio di no – disse, inespressivo e
atono.
Lei
non fece commenti. Gli chiese solo: - Perché?
E
non si riferiva alle piastrine. Alan alzò gli occhi; la domanda, sempre e solo quella.
-
Vuoi davvero saperlo?
-
Naturalmente.
Lui
aspettò qualche istante. – Quando sei bravo, gli
altri si aspettano che tu lo
sia sempre. Ma per un ragazzo che ha meno di vent’anni, il
peso del successo e
della propria bravura può essere troppo da sopportare. Sei
bravo, e quindi non
puoi non duellare. Sei bravo, e quindi non puoi perdere. Devi sempre
dare il
massimo, il riposo non esiste. E la tua passione diventa un lavoro.
Afferrò
con una mano lo stipite della porta. – Non ce la facevo
più. Non potevo buttare
via così la mia vita. Così ho mandato tutto a
fanculo, e poi mi sono
trasferito. Non subito qui; ho viaggiato un po’, prima.
Lei
stette ad ascoltarlo senza fare smorfie e commenti. E alla fine, con la
stessa espressione,
disse: - Sei un pessimo bugiardo.
Lui
ne fu spiazzato. – Cosa No!
Lei
ridacchiò. – Voglio dire – si corresse
– sono sicura che questa sia parte
della verità. Ma c’è altro che non
vuoi dire.
Abbassò
i suoi occhi, dello stesso colore dei capelli, un prodigio della
genetica,
sulla collana che teneva insieme le piastrine che aveva nascosto nella
maglia.
– Il segreto dietro a quelle piastrine, dove le hai prese e
cosa ha significato
per te.
Fece
un paio di passi in tondo. – Io ti ho visto duellare, come
tutti quella sera al
Parco – proseguì. – E Sapphire mi ha
raccontato del vostro duello.
Sapphire.
Alan non l’aveva più vista per un mese. Era come
un’ombra che doveva aggirarsi
dalle parti del Parco. Anche vero che le altre volte che era uscito con
quelli
del Parco, non lo aveva fatto lì.
-
Per essere uno che non voleva più duellare, fai parecchi
strappi alle regole –
lo provocò.
Alan
si risolse a una risatina mesta. – Non è che non voglio più duellare
– la corresse. – E’ che non posso.
-
Perché?
-
Perché ho fatto una promessa. A una persona che ora non
c’è più. Ed è già
più
di quanto avrei dovuto dirti.
Lei
si cacciò le mani in tasca. – Okay, come vuoi. Non
ti chiederò altro.
-
Lo apprezzo molto – le disse lui, ed era sincero.
-
Lascia solo che ti dica un’ultima cosa, se posso.
Lui
incrociò le braccia e si appoggiò alla porta.
– Spara.
Lei
salì di nuovo di un gradino e lo penetrò con il
suo sguardo, tanto che il
ragazzo se ne sentì in soggezione, ma resse bene.
-
Quando fai una promessa a chi non c’è
più, o se ne sta andando, devi essere
assolutamente certo che quello che prometti rispecchi e rispetti le
volontà
dell’altra persona.
Alan
sbatté le palpebre e i suoi occhi si fecero più
grandi a quel commento.
-
L’interpretazione lascia il tempo che trova –
concluse la ragazza. Poi gli
schioccò un bacio sulla guancia. Fu la cosa più
bella del tempo che avevano
trascorso insieme.
-
Ci vediamo stasera, campione?
Alan
sbatté le palpebre, confuso. – Perché,
che c’è stasera?
Lei
sorrise mordendosi il labbro inferiore. – Come che
c’è? C’è…
MIIIIIISS
PARCO DEI DUELLI!!
La
voce spacca timpani di Rob era accentuata dal microfono. Più
di qualcuno si massaggiò
le orecchie.
-
Ho urlato? – gridò poi il barista. La sua stazza
era imprigionata in una
maglietta grigia con qualche macchia di sudore e pantaloncini che
lasciavano
scoperti i tatuaggi che aveva in fondo alle gambe. Indossava i sandali,
e
sembrava la persona più tranquilla del mondo.
Lo
spettacolo che era stato allestito era qualcosa di cui Alan aveva
sentito
parlare per la prima volta in quel giorno. A quanto pareva, tutti gli
anni si
teneva questo pseudo concorso di bellezza al Parco. Le ragazze
più belle
sfilavano sotto alla piccola cascata che si trovava dalla parte opposta
rispetto alla scogliera, in una piccola conca circondata dagli alberi,
dove il
ruscello mutava e poi scorreva placido in mezzo ai ciottoli. Era un
posto
magnifico, e Alan non ne sapeva niente. Continuava a scoprire
meraviglie su
meraviglie in quel paradiso terrestre; e sempre più motivi
per farsi del male.
Tutti
gli spettatori sedevano a bordo riva, dove il boschetto declinava in un
leggero
pendio o sopra alla cascata. Era gremito, e c’erano anche
Barney e Alan; il
primo, soprattutto, non si sarebbe perso quell’evento per
nulla al mondo.
-
Eleggere la più bella ragazza che sfila in costume sotto
alla cascata? – aveva
fatto. – Diavolo, perché non me l’avete
detto subito?!
Avevano
una birra in mano, e il vociare era concitato. File di ragazzi con gli
ormoni a
mille non vedevano l’ora che iniziasse l’evento. Il
biondo mise un braccio
attorno alle spalle dell’amico.
-
E’ bello averti qui stasera, bro.
Lui
gli sorrise. – Grazie, Barney. Suppongo che per una sera non
mi farà male stare
qui.
-
Questo è lo spirito! – convenne l’altro
con un sorriso.
Alan
ripensava a Winona, non tanto alla nottata insieme, di cui non si
ricordava
nulla, ma alla mattinata e alle parole che gli aveva rivolto prima di
andarsene. Guardava dentro il collo della bottiglia, come se si
aspettasse di
trovarci le risposte ai suoi interrogativi. Interrogativi che aveva
suscitato
la ragazza, per altro.
Non
si era portato dietro il deck, quella sera. Aveva concluso che fosse il
modo migliore
per evitare altri guai, e per stare in pace con sé stesso.
Diavolo, non poteva
andarsene in giro lì senza che qualcuno lo sfidasse a duello.
Oh,
e ovviamente Winona non aveva voluto riprendersi la carta che gli aveva
dato la
sera in cui aveva sfidato il Pinguino a duello, la sera in cui si erano
conosciuti.
Che fregatura; così tutti i suoi problemi si sarebbero
risolti in un baleno. E
invece no, non è mai così facile.
Rob
riprese il microfono:
allora,
buonasera e grazie a tutti
per essere venuti, anche quest’anno, alla serata in cui
eleggeremo la ragazza più
bella del Parco dei Duelli!!
Ci
fu un applauso scrosciante e fischi di incitamento. Vicino ad Alan e
Barney
venne a sedersi anche Shaun, con indosso una maglietta nera a maniche
corte
della Image Comics, pantaloncini e sandali.
-
Ehilà! – li salutò, poi si diede il
cinque con Barney. Alan passò i suoi occhi
su entrambi; i due parevano intendersela bene, specialmente in termini
di
quanto fossero allupati.
-
Vedo che anche tu non potevi perderti questa serata e sei infine uscito
dalla
tua grotta – commentò Shaun, rivolto ad Alan. Quello assunse
un’espressione confusa.
-
Ma se sono uscito con voi anche ieri sera!
-
Bruh – fece quello nel suo slang – io non ricordo
gli effetti delle mie carte;
e sono scritti. Ti pare che mi ricordo cos’abbiamo fatto ieri
sera?
La
sua logica ineccepibile convinse Alan che non c’era bisogno
di aggiungere
altro. I tre ragazzi presero contemporaneamente un sorso dalle proprie
birre e
poi guardarono verso la cascata. Lo scroscio dell’acqua era
sovrastato dalla
voce amplificata di Rob.
Per
quelli di voi che sono nuovi
alle nostre usanze, ecco come funziona! Ogni anno, scegliamo cinque
ragazze del
Parco per partecipare a questa serata!
Stese
il braccio in direzione della cascata.
Le
ragazze sfileranno sotto la
cascata, e andranno a mettersi laggiù!
E
indicò un punto dove, neanche a farlo apposta, convergevano
abbastanza ciottoli
perché potessero restare lì in piedi. La loro
forma piatta, e in alcuni casi
concava, garantiva un appoggio sicuro.
Rob tornò a rivolgersi al pubblico.
Dopodiché,
ognuno di voi dovrà
votare per una di loro. Ognuno di voi.
Scandì
bene sulla parola “ognuno”.
E
ognuno di voi potrà dare un voto
a una sola ragazza. Controlleremo che nessuno di voi bari! Quando la
votazione
sarà giunta a conclusione, eleggeremo la nuova Miss Parco
dei Duelli! Prego
applauso!!
Il
pubblico rispose, esultante.
-
Credo che Rob abbia guardato troppa crisi di governo –
rifletté Shaun,
attaccato alla propria birra.
-
Sì, credo anch’io – convenne Barney.
In
quel momento, un lampo alla coda del suo occhio catturò
l’attenzione di Alan. E
fu un lampo rosso. Volse il suo sguardo e vide Lance comparire in mezzo
alla
folla , sopra la cascata. Indossava una camicia hawaiana bianca con
palme
arancioni e bermuda di jeans. Si appoggiò ad un albero con
la schiena e le mani
in tasca. I suoi occhi incontrarono per un attimo quelli di Alan.
Nessuno dei
due disse nulla.
-
Che è successo tra te e Mr. Parco dei Duelli? –
domandò Shaun. Anche Barney si
interessò al discorso.
-
Mr. Parco dei Duelli? – Alan inarcò un
sopracciglio.
-
Praticamente – confermò il moro. – Gli
sbavano dietro tutte. È forte, è
bello…
e grazie al cazzo, quando duelli coi draghi sei figo per forza!
Fece
un movimento con la mano con cui teneva la bottiglia e la birra al suo
interno
ondeggiò e per poco un fiotto non risalì lungo il
collo per poi finire fuori.
Alan guardo l’acqua che rifletteva in macchie bianche le luci
dei fari che lo
“staff” del Parco aveva montato per
l’evento.
-
Già – convenne – lo puoi ben dire.
Rob
riprese a intrattenere la folla con un sorriso malizioso sulle labbra.
Ma
non finisce qui! Infatti, colei
che verrà eletta Miss Parco dei Duelli, stasera,
potrà scegliere uno fra voi
come suo cavaliere!
Violenti
fischi di approvazione e grida di giubilo si diramarono tutto intorno
come
un’orchestra scoordinata. Alan si guardò intorno;
quanto poco bastava ad
accendere gli animi di una generazione vogliosa.
Il
fortunato potrà accompagnare la
nostra regina del Parco alla festa di fine estate, che teniamo sulla
spiaggia
come ogni anno. Perciò pazientate pochi minuti, gentili
spettatori, perché
questa potrebbe essere la vostra notte magica!!
Partì
l’applauso finale, poi Rob posò il microfono e
andò a parlare con altra gente.
Mancavano
solo pochi minuti alla tanto attesa sfilata delle bellezze. Fu allora
che Alan
si sentì chiedere a Barney: - Allora,
com’è andata con Mera?
L’altro
raggelò. – Oh. Oh… di che parli?
-
Dai, Barney – lo rimproverò quasi dolcemente
l’altro. – Mica siamo fidanzati.
-
CHI?! – Barney era diventato improvvisamente cereo a
quell’insinuazione. Alan
corrugò la fronte.
-
Io e Mera – rispose impassibile. – Sei il primo che
di solito spettegola
sempre, mi aspettavo qualche commento sulla tua nottata.
-
Oh. – Barney sembrava sulla luna. – Be’,
è stato, è stato…
-
Leggendario? – suggerì il moro.
-
NO! – Barney sembrò riaversi. –
E’ stato prima leggen, e poi dario!
Si
batté uno dei suoi auto-cinque. Ora sì che Alan
lo riconosceva.
-
Madre de Dios –
commentò Shaun. – Ti
sei fatto Mera?
Barney
gli rivolse un sorrisetto sbarazzino. – Be’, cose
che capitano.
E
bevve un sorso di birra. Subito dopo, si volse fulmineo contro Alan.
-
Contro domanda! – esclamò. – E tu te la
sei spassata con miss lilla?
-
EH NO – fece Shaun – tu ti sei fatto Winona? Porca
puttana, sono l’unico che è
rimasto a secco??
I
due ragazzi continuavano a fissarsi con intensità. Ancora
poco e avrebbero
tirato fuori gli Stand.
-
E’ stato soddisfacente – commentò Alan
ad occhi socchiusi.
-
Vale lo stesso per me – disse Barney con un sorriso tagliente.
-
Bucchin e’ mamm’t – si lasciò
scappare il terzo ragazzo, sorseggiando la sua
birra e guardando le onde che si creavano nell’acqua.
Dall’alto, Lance
continuava a fissarli impassibili.
Per
fortuna, a rompere quell’atmosfera di tensione ci
pensò Rob, che preso nuovamente
il microfono esclamò:
Grazie
per la vostra pazienza! E
ora diamo ufficialmente inizio alle danzeeeeeeeeeeee!!
Nuovi,
scroscianti applausi fecero da contorno alle sue parole. I fari si
puntarono sulla
cascata, illuminandone gli zampillii. Rob stese il braccio con la mano
a taglio
rivolta in quella direzione.
Signori
e signore, diamo il
benvenuto alla nostra prima concorrente. Anche se lei non necessita
davvero di
presentazioni. E’ stata infatti la beniamina del pubblico per
le scorse due
edizioni. Il suo portamento regale e la sua bellezza ammaliante sono
stati la
chiave del suo successo! La porteranno alla vittoria anche stasera? Sta
a voi
deciderlo! Diamo il benvenuto stasera a LUVIAGELITA EDELFELT!!
Barney
e Alan si scambiarono un’occhiata confusa.
-
Chi? – domandò il biondo.
A
rispondergli fu la cascata. Una sagoma scura si palesò
dietro la barriera
d’acqua, per poi attraversarla. Gli scrosci si separarono per
un attimo, e ad
emergere, composta e impassibile, fu una ragazza dalla bellezza
straordinaria.
Indossava un trikini blu, e camminava a piedi nudi sui ciottoli con la
stessa
sicurezza di chi è su una superficie pianeggiante. Era alta,
con delle curve
mozzafiato, aveva lunghi capelli biondi che si attorcigliavano in
boccoli
bagnati, e gli occhi di un castano acceso. Sul volto c’era il
sorriso di chi è
perfettamente sicuro di sé.
La
folla era in visibilio. Alan e Barney la osservavano con le mascelle
che quasi
toccavano terra.
-
Santa madre di Shiva, buongiorno erezione… -
biascicò Barney, con gli occhi che
tra un po’ gli uscivano dalle orbite.
-
E questa chi è? – e Alan non l’aveva mai
vista né ne aveva sentito parlare. Fu
Shaun a rispondergli: - Luvia non viene quasi mai al Parco.
È troppo impegnata
a girare con i suoi amici snob pieni di soldi. Viene solo quando ci
sono
cerimonie del genere, e a fare un duello ogni tanto. Roba per farsi
vedere.
C’era
un sottile disprezzo nascosto nel suo tono. – Però
è figa, quindi glielo perdonano
praticamente tutti.
La
ragazza arrivò a pochi centimetri dal loro sul ciottolato.
Lanciò uno sguardo
ad Alan, gli fece l’occhiolino e poi si volse, agitando un
lato B da urlo.
Barney era talmente proteso a sbavare che rischiava di finire in acqua,
così
l’amico lo trattenne e lo riportò indietro.
Luvia
avanzò fino a uno dei ciottoli più grandi, e ci
si posizionò sopra con le gambe
leggermente piegate e una mano sul fianco, mentre con l’altra
salutava tutto il
suo pubblico. Alan non aveva visto una folla così agitata
neanche nelle arene
in cui aveva combattuto, a momenti. La bionda lanciò baci a
destra e a manca.
Rob
riprese il microfono:
E
ora la nostra seconda
concorrente! Impossibile non notarla: il colore più unico
che raro dei suoi
occhi e capelli la rende irresistibile, e tutti qui abbiamo imparato ad
amarla.
Sarà la nostra favorita stasera, spodesterà il
trono della nostra Luvia?
Signori e signore, un bell’applauso a WINONA!!
Alan
aveva già capito che sarebbe stata lei quando Rob aveva
fatto riferimento al colore
dei suoi occhi e capelli. Non c’era alcuna altra ragazza al
mondo che avesse un
colore così particolare, ne era sicuro. E dopo quello che
avevano passato
insieme, non poteva fare a meno di vederla sotto un’altra
luce. Non importa
quanto si dica che non cambia niente; cambia sempre qualcosa.
La
ragazza emerse dalla cascata in uno sfavillante bikini che mischiava
verde e
azzurro, con un motivo hawaiano. I suoi capelli erano legati in una
lunga coda
che rimase praticamente intatta quando passò sotto al getto
d’acqua. Mostrava
un fisico snello e longilineo, con gambe bellissime. Per Alan non era
uno
spettacolo nuovo, ma paradossalmente ora che la vedeva più
coperta di quanto
fosse stata quella mattina riusciva ad apprezzare di più la
sua femminilità.
Anche la ragazza, una volta arrivata al termine della
“passerella”, lanciò uno
sguardo ad Alan e fece un sorriso, quello di chi la sapeva lunga. Alan
non poté
che ricambiare.
-
Maledizione, ma tutte con te ce l’hanno!! – Barney
sembrava su tutte le furie.
A fargli compagnia c’era Shaun, che era dello stesso parere e
umore: - Bruh,
dobbiamo bandirti a vita dal Parco! Non è cattiveria, ma
così noi restiamo a
secco.
-
Esatto! – convenne il biondo.
-
Tranquilli – ridacchiò lui mentre guardava Winona
allontanarsi – non mi avrete
qui intorno.
Su
certe cose non cambiava idea. Quella sera era un’eccezione.
Winona
si posizionò accanto a Luvia, e anche lei salutò
il pubblico. I maschi sembravano
sempre più eccitati, ed erano in netta
superiorità rispetto alle ragazze, ovviamente.
Ce n’erano comunque di più di quante ci si potesse
aspettarne, così Barney fece
una curiosa domanda all’amico: - Alan, mi spieghi come mai ci
sono così tante ragazze
che giocano a Duel Monsters?
Lui
lo guardò, stupito dalla puntualità e
serietà di quella domanda. – Come scusa?
-
Voglio dire… - Barney gli si fece più vicino
sull’erba. – Non è uno di quegli
sport che vengono considerati, sì, insomma, “da
uomini”?
A
quel punto, Alan fece una risatina comprensiva. – Vedi, il
Duel Monsters non veniva
considerato uno sport da uomini, casomai un gioco da ragazzini.
Guardò
le macchie bianche rincorrersi sull’acqua. La cascata era
bellissima nello
scrosciare bianco delle sue acque alla luce dei fari, mentre nascondeva
le
altre tre bellezze al suo interno.
-
Durante la grande guerra, il Duel Monsters serviva soprattutto a
intrattenere i
bambini che si nascondevano nei bunker o nelle mansarde. Dava loro
qualcosa con
cui giocare. Nessuno immaginava l’impatto che avrebbe avuto
nell’immediato
dopoguerra. Ci sono ancora molti che lo ritengono uno sport da bambini,
e
tuttavia questo non gli ha impedito di prendere piede.
Prese
un sorso della sua birra. – Ma c’è una
cosa che distingue il Duel Monsters
dagli altri sport agonistici come il calcio o il rugby, e lo avvicina
di più a
sport come gli scacchi: non è un gioco di muscoli, a meno
che tu non voglia
vedere il cervello sotto questa prospettiva. Il Duel Monsters non ha
discriminanti di sesso o età. Se conosci le regole, se puoi
mettere insieme un
deck di almeno quaranta carte e sei pronto a sfidare e a farti sfidare,
allora
sei automaticamente un duellante.
Agitò
la sua bottiglia. – Ecco perché le donne lo hanno
subito visto come
un’opportunità per condurre la propria battaglia
sulle pari opportunità –
commentò, atono. – Donne e uomini di colore.
Il
suo sguardo corse alle piastrine. – Ecco, per farla breve, il
Duel Monsters
mette d’accordo tutti. E guarda cosa ci gira intorno.
Il
suo sguardo corse ad abbracciare tutto l’ambiente
circostante. Barney lo stava
a sentire senza dire una parola. Alla fine, non fece commenti e bevve
dalla sua
birra.
La
nostra terza concorrente è una
personalità particolare! Potremmo quasi dire che sia un
nostro esemplare
autoctono. Alcuni credono che sia una leggenda, ma altri hanno provato
la
ferocia del suo deck, ferocia seconda solo alla sua straordinaria
bellezza.
Signori e signore, questa sera per noi, la nostra unica e inimitabile
SAPPHIRE!!
Alan
e Barney sputarono contemporaneamente la loro birra. I ricordi del
Vietnam
cominciarono a palesarsi davanti ai loro occhi. Il boschetto attorno a
loro
divenne una foresta di mangrovie, e l’acqua si
riempì di sangue e cadaveri. Dal
nulla giunsero grida tribali e rumori di bonghi, e le luci diventarono
di un
rosso inquietante. I due ragazzi non sapevano dire se stessero avendo
un’allucinazione collettiva o se qualcuno avesse attivato una
carta magia
terreno a loro insaputa. Tuttavia, erano come paralizzati ed entrambi
terrorizzati. E quando Sapphire emerse dalla cascata, fiera e feroce,
con i
capelli castani scarmigliati e un bikini leopardato che fece calare le
braghe a
più di qualcuno, i due amici si abbracciarono e per poco non
si misero a
urlare.
La
ragazza avanzò con il portamento fiero della cacciatrice che
è tornata col suo
trofeo, e si piantò al fondo del ciottolato.
Guardò le sue due vecchie prede,
in particolar modo Alan. Poi si leccò le labbra con fare
affamato, e fece
dietro front, lo slip del bikini che le andava leggermente in mezzo
alle
natiche e mostrava il sedere sodo.
Qualcuno
cominciò ad ululare, ma Barney e Alan erano arretrati di
almeno venti centimetri.
-
Aoh, ce n’è una che non ti sei fatto in questo
Parco?! – domandò Shaun.
-
Credimi, poteva andare molto peggio – fece Barney,
rabbrividendo.
-
Se le cose dovessero mettersi male, non so se riuscirò a
pararti di nuovo il
culo – confessò Alan.
-
Ah! – esplose il biondo. – Non parliamo di culi!
Sapphire
diede loro un’altra occhiata, prima di sistemarsi
ufficialmente al fianco delle
altre due. Luvia le scoccò un’occhiata che in
pochi notarono. Cominciava a
emergere la sua supponenza.
La
nostra penultima concorrente è
una beniamina del Parco! È impossibile non amare la sua
bellezza acqua e sapone
e la sua semplicità. Da anni ci regala sorprese e gioia ogni
giorno, ma occhio
a farla arrabbiare, altrimenti ve la vedrete davvero brutta! Signori e
signore,
un bell’applauso per la nostra SERENA!!
Alan
era sicurissimo che Rob stesse parlando di Mera, fino a che non lo
sorprese pronunciando
quel nome. Il suo sguardo corse subito in alto. Lance applaudiva come
gli
altri, e ora sulle labbra gli era affiorata l’ombra di un
sorriso mentre
guardava verso la cascata. Alan distolse lo sguardo prima che potesse
accorgersi di lui.
Serena
fu una sorpresa, un vero fulmine a ciel sereno. Alan l’aveva
vista poche volte,
contando la prima sera e quella scorsa, dov’erano usciti
tutti insieme, e
comunque neanche se la ricordava bene. La ricordava però
come una ragazza
minuta, energica ma al contempo timida. Quindi gli risultava difficile
immaginarla in uno di quei costumi che lasciavano così poco
spazio all’immaginazione.
Perciò,
quando la vide apparire non se l’aspettava così bella. Passò sotto alla
cascata, e il getto d’acqua le inondò i
capelli facendoli ricadere in punte bagnate lungo le spalle. Perdeva
goccioline
d’acqua a mano a mano che avanzava, ma guardava fissa davanti
a sé, senza
curarsi dell’acqua che le scivolava addosso. Si notava il
rossore sulle sue
guance puntellate di lentiggini. Indossava un bikini col pezzo sopra
giallo e
quello sotto verde. Era avvolta in un delicato pareo che era divenuto
traslucido.
Il suo fisico era minuto, ma aveva un seno prosperoso e si muoveva con
la
grazia di una ballerina di danza classica.
A
più di qualcuno vennero gli occhi a cuoricino. Lance la
guardava con un
sorriso, mentre gli passavano accanto commentini che preferiva
ignorare. A dir
la verità, conoscendo la loro parentela, la gente troppo
vicina a lui non osava
proferire parola. Invece i suoi occhi colsero la sorella andare fino al
bordo
del ruscello, dove si trovava Alan. Il moro era rimasto completamente
incantato
dalla ragazza, lo si vedeva. La guardava ammirato come si guarda
qualcosa di
meraviglioso, e quando la giovane dai capelli a metà tra il
biondo e il castano
gli giunse davanti, gli rivolse un tenero e leggero sorriso.
Poi
si volse. Vide Barney protendersi a sbavare e vide Shaun che scuoteva
Alan per
le spalle chiedendogli quale fosse il suo asso nella manica o se stesse
barando.
Distolse
lo sguardo, stringendo inconsapevolmente il pugno. Le cose per lui non
erano
più state le stesse dopo quella notte. Era persino venuto
senza deck quella
sera, una cosa che non faceva mai.
-
Hai capito la carissima – stava dicendo Barney. Ma Alan non
lo sentiva, era
come in un’altra dimensione. Vide Serena andare a mettersi
accanto a Sapphire,
che prese ad annusarla, per poi fare un commento; probabilmente sul suo
profumo. La ragazza, dopo l’imbarazzo iniziale,
sembrò contenta e mise una
timida mano sulla spalla di Sapphire; lei glielo lasciò fare.
Alan
era ancora perso, come nel suo mondo. E mancava solo un altro nome,
ormai. Fu
la voce amplificata di Rob a riportarlo alla realtà.
E
per finire, l’ultima concorrente
è la ragazza più amata del Parco assieme alla
cara Luvia. L’eterna rivale, una
bellezza mozzafiato e inafferrabile, come le onde
dell’oceano. Riuscirà quest’anno
a strappare la corona di Miss Parco dei Duelli a Luvia? Signori e
signore, è un
piacere avere con noi stasera la nostra MERAAAAAAA!!!
La
cascata sembrò tuonare in quel momento, il suo fragore
pareva aumentato. Con
gli scrosci che fluivano tra i ciottoli, l’ultima ombra scura
si fece avanti
dietro la parete d’acqua. Prima apparve il suo riflesso
trasparente, acceso di
un accenno dei suoi colori. Poi la cascata uniforme si infranse in due
parti, e
come Mosè che separava le acque ne uscì Mera.
Bella come Alan non l’aveva mai
vista.
I
suoi capelli rossi assorbirono l’acqua senza diventare
crespi, anzi, sembrava
fossero fatti per esseri bagnati, al naturale. Sembravano fuoco liquido
che le
ricadeva sulle spalle e sulla schiena in spirali roventi e
inarrestabili come
rapide. I suoi occhi di bronzo rilucevano quasi sinistri e minacciosi,
come
fulmini sopra un vasto oceano, a sormontare la sua espressione
impassibile.
Ora
che Alan la vedeva per la prima volta in costume, si accorse di quanto
davvero
avrebbe desiderato che non lo avesse. Mera era una dea, perfetta in
ogni sua
forma. Era una nereide, una ninfa delle acque. Era uscita perfetta,
come la
Venere del Botticelli dalla sua conchiglia. Ogni sua proporzione era
giusta
come in una statua rinascimentale. Aveva un ventre tonico, un sedere
sodo, un
seno abbondante ma non cascante, e una pelle liscia e vellutata. Come
si poteva
anche solo pensare di competere con lei? Era prodigiosa, la cosa
più bella che
avesse visto, e che forse avrebbe mai visto.
Indossava
un costume intero color verde acqua, con un motivo che ricordava le
squame di
un drago marino. Il costume le cingeva fianchi e spalle, e doveva avere
aderenza
proprio intorno ai capezzoli, lasciando scoperti la curva del seno e
l’ombelico. Camminava quasi in punta di piedi, e sembrava
volteggiare su quei
ciottoli.
Arrivò
sul bordo con la folla che era ormai impazzita e non si capiva
più niente.
C’era talmente tanto movimento che sembrava di stare ad un
baccanale. Alan non
udiva nemmeno il suono dei propri pensieri. Per un attimo
dimenticò il Duel
Monsters, dimenticò Lucius e tutta la merda della sua vita.
In quel momento
tutto ciò che desiderava era correre da Mera, abbracciarla e
immergersi con lei
per scomparire negli abissi. Era come una sirena che non aveva neanche
bisogno
di cantare per risultare irresistibile.
I
loro sguardi si incrociarono. Occhi di cielo contro occhi di bronzo.
Lei
sorrise, e mormorò qualcosa. Dovette farlo,
perché se avesse parlato non
l’avrebbe sentita. Doveva leggerle il labiale.
Lei
gli disse: Sono felice che tu sia qui.
Poi
si volse, facendo ondeggiare i capelli che rilasciarono un ventaglio di
gocce
d’acqua. Andò a prendere il suo posto, ma mentre
passava si scambiò uno sguardo
con Luvia. Nessuna delle due fingeva di sorridere. La tensione ora era
a mille,
e gli applausi si sprecavano. Tutte e cinque le bellezze erano
allineate, e ad
Alan venne da pensare: fanculo Miss Universo, fanculo
Victoria’s Secret e
fanculo altre cagate del genere, siamo noi
quelli veramente fortunati!
Perché
a guardare quelle cinque bellezze, nel pieno dei loro anni e del loro
vigore,
non potevi che pensarlo.
Sembrava
il sogno di una notte di mezza estate. Solo che era vero.
Venne
poi consegnato a ciascuno un foglio con i nomi delle cinque
concorrenti. Andava
barrata a penna la casella corrispondente a chi si voleva votare.
Facile e
intuitivo. Alcuni erano già così andati che
persero i propri fogli o li
lasciarono cadere nell’acqua. Per fortuna ne avevano stampate
un sacco di
copie.
Le
presero anche Alan, Barney e Shaun. Mentre gli altri due andavano sul
sicuro, Alan
dovette pensarci un po’. Si mise la penna al mento, e
guardò verso la cascata,
e poi a lato, dove stavano le concorrenti. La misteriosa eppure
così popolare
Luvia se ne stava in disparte, in altezzoso isolamento, le braccia
conserte e
un sorrisetto di superiorità sul volto. Sapeva di avere
già la vittoria in
tasca, praticamente.
Un
motivo in più per non votarla. Non importava quanto bella
fosse, non avrebbe dato
il suo voto a quella snob.
È
solo un gioco, lo so, che
diamine! Ma io non gioco mai alla leggera…
Guardò
poi Winona, che si osservava i piedi mentre tracciava cerchi con la
punta di
uno dei due. Aveva lo smalto anche alle dita, l’avevano
notato quando era
passata loro davanti, visto che stavano praticamente in prima fila.
Posti
d’onore, signori e signore.
Lei
era bellissima, niente da dire. Ed era una che sapeva come fare colpo.
Alan non
riusciva a lasciarsi scivolare addosso le sue parole di quella mattina.
Si
ritrovò inconsciamente a pensare, deviando dal suo flusso di
coscienza, che era
facile innamorarsi di una così. Ma per quanto tempo?
Su
Sapphire preferiva non esprimersi. Okay, era molto bella anche lei, di
quella
bellezza selvaggia che scatena la componente animale di ogni essere
umano, ed
era anche, lo ricordava bene, una bravissima duellante. Aveva rischiato
grosso
con quel duello di un mese fa. Cavoli, era un mese che non duellava!
Ottimo
risultato, pensò.
E
doveva continuare così. Ma comunque, Sapphire
sarà stata anche tutto quello che
aveva pensato, ma non sentiva proprio di dare a lei il suo voto; per
mille
motivi.
Restavano
le ultime due, Serena e Mera. Non credeva di doverci ragionare sopra,
era
evidente chi delle due meritasse il voto. Ma cos’è
che l’aveva esattamente
colpito in Serena?
La
sua bellezza acqua e sapone, come l’aveva definita Rob? O era
qualcos’altro. Vedeva
che le due stavano chiacchierando. Mera era leggermente più
alta di Serena, e
quel giorno sembrava decisamente più in alto di tutti loro.
A chi delle due
avrebbe dovuto dare il voto?
Rob
aveva anche detto un’altra cosa, ora che ci pensava: aveva
detto che Mera era
l’eterna seconda, il che voleva dire che finiva sempre dietro
a quella Luvia. A
ben pensarci, doveva supportare Mera. Nel bene o nel male, era
diventato parte
di quel mondo non solo grazie a Barney, ma anche e soprattutto grazie a
lei.
Era stata lei a esortarlo a fare la cosa giusta. E Alan, a dover essere
onesto,
non se n’era veramente pentito.
Scrisse
il suo voto nel momento in cui stavano venendo ritirati i foglietti.
Consegnò
il suo al ragazzo in jeans e maglietta assieme alla penna. Poi giunse
le mani e
appoggiò i gomiti alle ginocchia.
-
Bruh, chi hai votato? – gli domandò Shaun,
sporgendosi da oltre Barney.
Alan
lo guardò e gli rivolse un sorriso tagliente. – E
tu? Immagino che la scelta
ovvia fosse tra la favorita e la seconda in carica, giusto?
Shaun
fece un cenno d’assenso con la zazzera di capelli scuri che
si muoveva
nell’aria, illuminata dai fari. – E’
stata una dura scelta – confessò.
-
E? – lo esortò Barney.
Shaun
bevve l’ultimo sorso dalla sua birra, poi
l’appoggiò in mezzo alle scarpe.
-
Mera – disse infine.
-
Ohhh – fece Alan – ti facevo più un tipo
da bionde.
Il
ragazzo si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli.
– Non fraintendere -
esordì – Luvia è la favorita non per
caso. Sì, è una spocchiosa. Anzi,
diciamolo pure, è una gran stronza. No, meglio ancora: una befana.
Barney
finse un verso sconcertato. – L’ha detto davvero!
-
Essì – confermò Alan, divertito.
L’atmosfera fra loro si stava allentando
grazie a Shaun, ed entrambi gliene erano silenziosamente grati.
-
Sì, si vede, anche dal suo modo di duellare –
proseguì quello. – E’ una a cui
piace schernire i suoi avversari; li vuole sottomettere, ecco. Ma
è bellissima,
e questo non è un test della personalità. Qui
vince la più gnocca. È per questo
che le femministe sono incazzate e vengono poi a buttarci merda.
-
Brutta storia – convenne Alan.
-
Ma Mera – disse poi il moro –
è… è Mera.
Calzò
su quel nome, e ad Alan ricordò quanto suadente suonasse
alle orecchie di Andy
Dufresne e Red il nome Zihuatanejo.
Chiuse gli occhi e ispirò quel nome; gli venne un fremito.
-
E’ come chiedermi di scegliere tra Land
Down Under e Africa
– stava
dicendo Shaun. – Land Down Under
è
una canzone magnifica per mille ottimi motivi. Potrei startene a
parlare per
ore, ed è questo il punto: che dovrei
startene a parlare per ore. Ma Africa…
Scosse
la testa e guardò la cascata. – Africa
è semplicemente perfetta, in tutto e per tutto. Non ha
bisogno di tante parole.
Come Mera. Guardatela.
I
due fecero come diceva. Shaun scosse di nuovo la testa: - E’
semplicemente magnifica.
Perfetta, come deve esserlo il tramonto in Africa quando smette di
piovere.
I
due lo guardarono poi ammirati. Non se l’aspettavano una
performance scenica
del genere da parte sua. Era un ragazzo pieno di sorprese. I due si
diedero uno
sguardo di intesa e gli batterono le mani.
Shaun,
in quel momento, parve ridiscendere dalle nuvole alla
realtà, e giocherellò con
la bottiglia in uno dei classici momenti di autismo che hanno a volte
le
persone. In quel momento, anche loro tornarono alla realtà
quando Rob, finiti
di esaminare i risultati, impugnò il microfono.
Sembrava
in imbarazzo.
Ahem.
Come dire… è successa una
cosa inaspettata.
Luvia,
che stava già pregustando la sua ennesima vittoria, tese le
orecchie come un
animale che ha percepito il pericolo. Le altre ragazze erano
altrettanto
attente; nonostante ciò, Mera e Alan si scambiarono un
rapido sguardo, come se
le loro menti si fossero sfiorate.
Hai
fatto tu qualcosa?,
era la muta domanda della rossa. Come se Alan avesse scombussolato un
equilibrio che durava da sempre lì dentro. Rob
proseguì:
Signori
e signore, incredibile a
dirsi, ma per la prima volta nella storia del Parco…
Pausa
di suspense.
ABBIAMO
UN PAREGGIO!!
-
COSA?! – esclamarono all’unisono le cinque
concorrenti e buona parte della
folla. Mormorii di stupore e versi concitati si mossero, come il
frinire delle
cicale nelle notti estive.
-
Un pareggio? – fece indignata Luvia, che finalmente
parlò. – Siete impazziti? E
con chi?
A
risponderle fu un sempre imbarazzato Rob.
Be’,
abbiamo due vincitrici a pari
merito: per pari numero di voti, si classificano al primo posto sia
Luvia che…
MERA!!
La
folla esplose. Un sorriso genuino affiorò sul volto di Alan,
con spontaneità, espressione
che contrastava con la crescente irritazione sul viso della bionda e lo
spaesamento
della rossa.
-
A pari… merito? – ripeté. Winona e
Serena stavano applaudendo. Sapphire invece
le mise una mano sulla spalla, rivolgendole un sorriso.
-
Te lo meriti – le disse.
Mera
sembrava su un altro pianeta.
-
No – fece Luvia. – No, no, no. Non esiste. Avrete
sbagliato a contare!
Puntò
un dito contro l’improvvisata giuria, formata da Rob e un
altro paio di ragazzi
e ragazze. In disparte in un angolo, il vecchio Dan fece un verso aspro
con la
bocca.
-
Ragazzine viziate – commentò, la voce arrochita
dal fumo. – Non sanno proprio
perdere.
Anche
Lance, sempre in disparte e con le braccia incrociate, fece: - Questa
sì che è
una sorpresa. Mi chiedo come si risolverà ora la cosa.
Rob
si difese dall’accusa. – No, non è vero.
Abbiamo anche ricontrollato!!
Impossibile..,
pensò quella a denti stretti, non
mi farò
soffiare il titolo di Miss Parco dei Duelli per il terzo anno
consecutivo da quella
maledetta Mera.
Il
suo sguardo si puntò direttamente sulla rivale, che
sembrava, paragone
calzante, un pesce fuor d’acqua. È
il mio
titolo, è mio.
Strinse
i pugni con forza fino a farsi sbiancare le nocche. A quel punto
parlò Mera: -
Datele pure il punto – disse, a sorpresa. Tutti si volsero
increduli, Luvia
compresa.
Cosa…
cosa sta dicendo??
Stentava
a credere alle sue orecchie: l’altra aveva forse dato forfait
con quella facilità?
Mera
non sembrava scherzare. – Non ho mai avuto interesse in
questa competizione –
confessò. – Lo faccio solo perché gli
altri si divertano.
Le
rispose un mormorio confuso. Anche Alan lo era: Ma
che sta dicendo? La facevo una più combattiva.
Ma
il ragazzo colse qualcosa che molti non dovevano aver notato: Mera non
aveva
convinta. Aveva gli occhi tristi, velati da un’ombra grigia.
Lo vedeva anche da
lì. Le dispiaceva rinunciare così; ma allora
perché lo stava facendo.
-
Il titolo è nuovamente tuo, Luvia – disse la
rossa, avviandosi poi verso di
lei, le punte dei piedi che creavano onde nelle pozzanghere formatesi
nelle
cavità dei ciottoli.
Tese
la mano alla bionda. – Congratulazioni.
La
sua voce era piatta e atona. Luvia invece era visibilmente sconvolta. I
capelli
sembravano ora molle impazzite saltate per quell’incredibile
evento. Guardava
la sua mano come se lei le stesse porgendo un insetto disgustoso. Era
paralizzata, visibilmente, e molti cominciarono a parlare fra di loro.
Era
evidente che nessuno l’aveva mai vista così. Alan
l’aveva intuito presto: il
sorriso di sicurezza dell’altra era evaporato
nell’istante in cui era emersa la
possibilità di un pareggio, e ora era stata abbattuta dalla
notizia di una
facile vittoria, anzi, di una vittoria regalata.
Era una ragazza bloccata nell’immane contraddizione di
vincere sempre ma di non
accettare quando questo non succedeva come lo voleva. La contraddizione
che li
rendeva tutti umani.
Le
sue mani tremavano, la sua bocca era incapace di pronunciare parola
alcuna.
Non
può essere,
pensava, e la sua mente era come un treno lanciato a
velocità folle verso una
galleria murata. Non posso vincere
così.
Se accetto, la gente dirà che sono una raccomandata. Tutti
penseranno che la
“la grande Luvia” non sia altro che una farsa, una
menzogna. Tutti crederanno
che io sia una buona a nulla!
Guardò
Mera negli occhi. Ma se rifiuto…
perderò
il titolo. E questo non posso permetterlo!
Nei
suoi occhi si accese una scintilla di rabbia. Che
tu sia dannata, Mera, per avermi messa in questo impasse. Non sei
altro che una fottuta sgualdrina che non merita di stare qui.
La
sua cattiveria da serpe stava per trasparire oltre i suoi pensieri.
-
Che ti prende? – domandò paziente la sua rivale.
– Hai vinto. Perché non…
A
quel punto, una voce si fece sentire, una voce che sovrastò
tutte le altre: –
NON SONO D’ACCORDO!
Tutti
si volsero e lanciarono grida di stupore. Alan spalancò gli
occhi e avvertì un
profondo senso di disagio. Ad aver parlare era stato Lance.
Il
rosso ridiscese con agilità dalla collinetta, sotto lo
sguardo basito e
preoccupato della sorella, mentre tutti gli mormoravano attorno. Lui
ritornò in
pianura e avanzò con la calma e
l’impassibilità che lo contraddistinguevano,
guardando dritto davanti a sé, perfettamente sicuro di dove
poggiava i piedi
senza nemmeno il bisogno di guardare.
Lance,
pensò Luvia in panico, che diavolo
vuole
ora?
Quando
parlò, il ragazzo lo fece con franchezza: - Sappiamo tutti
benissimo che Luvia
non è la vera regina del Parco. E non lo è mai
stata.
-
Come osi! – protestò lei, indignata.
Lance
la sfidò con uno sguardo di fuoco e le rispose con voce
profonda: - Zitta, donna
– le intimò – non sto parlando con te.
Sto parlando di te.
Luvia
si zittì immediatamente, terrorizzata. Lance
proseguì: - Mi appello a voi,
amici e compagni.
Sembrava
stesse tenendo un comizio nell’Acropoli. – So
perfettamente che questo è un
concorso che si è sempre basato sulla bellezza. Ma vogliamo
davvero accettare
passivamente di eleggere come nostra regina una frequentatrice
sporadica del
nostro Parco?
Indicò
Luvia. – Sappiamo perfettamente che Luvia ci sfrutta soltanto
per acquisire
notorietà. Noi siamo solo pedine nella sua scalata verso il
successo. O,
piuttosto, verso una vita fatta di gioie effimere e di magre
consolazioni,
oserei dire.
Luvia
serrò le labbra. Era completamente rossa in volto, ma si
vedeva che non osava
rispondere. Lance la stava pubblicamente umiliando, e lei era costretta
a
tenersi tutto dentro.
-
C’è una sola, vera regina, una sola Miss Parco dei
Duelli degna di questo nome
– disse, chiudendo il pugno. – E noi sappiamo
perfettamente chi è.
Puntò
il dito. – Mera!
Perché è sempre
stata lei, fin dal primo anno. Lei è la nostra regina.
Mera
non sapeva cosa dire. Era scandalizzata, forse quasi quanto Luvia,
anche se per
ragioni diverse. Il pubblico cominciava a dare ragione a Lance. Erano
incantati
dalla sua retorica, dalla convinzione delle sue argomentazioni, dalla
sua
affabilità. Lance era uno che sapeva tenere banco. Anche
Alan lo ascoltava in
silenzio, ma dentro di sé non poteva che domandarsi: Lance, che stai facendo?
E,
anche se non lo sapeva, l’identico pensiero angustiava la
sorella, bellissima
nel suo costume da bagno, ma con lo sguardo preoccupato.
-
Mera ha tutte le qualità per essere eletta stanotte
– proseguì il giovane. –
Perché è arrivata l’ora di confessarlo:
lei non è solo bellissima, è anche una
duellante straordinaria.
Il
viso di Mera era dello stesso colore dei suoi capelli. –
Piantala, Lance! – lo pregò.
– Non serve darsi tanto sbattimento per uno stupido concorso.
-
Stupido concorso? – Una
vena pulsava
ora sulla fronte di Luvia, che tornò a parlare: - Questo non
è uno stupido
concorso! Vuoi forse dire che non mi sono meritata i miei titoli?
Pazza!
Puntò
il dito. – Io sono una
duellante
straordinaria. IO, hai capito?
-
Come vuoi tu… - Mera sembrava essersi spenta.
-
C’è un solo modo per provarlo –
rivelò Lance, e ora era finalmente chiaro dove
volesse andare a parare. – Un duello! – disse
infatti, e la folla lo imitò
intonando: DUELLO, DUELLO, DUELLO!!
Il
grande pubblico reclamava il duello. Ora un sorriso di sfida era
tornato sul
volto di Luvia. – Mpf, vuoi che io e lei duelliamo?
Guardò
Mera. – Sarebbe un gioco da ragazzi, e soltanto
l’inutile riprova di quello che
sapete già: sono io la migliore.
Sul
piano dei duelli, ora Mera mostrò di essere piccata.
– Ah, davvero?
Si
mise sul piede di guerra. Ma Lance le interruppe: - No.
Entrambe
si voltarono davanti a quella negazione perentoria. – Eh? – domandarono
all’unisono.
Lance
incrociò le braccia. – Luvia ci ha dimostrato per
anni di essere la favorita
del pubblico, per quanto io non capisca questa cosa. Ora è
il turno di Mera di
provare il suo valore.
Tutti
gli occhi erano di nuovo su di lui, compresi quelli di Rob, delle altre
tre
concorrenti, che lasciate ora in disparte sembravano le Tre Grazie, e
del trio
composto da Alan, Barney e Shaun.
-
Ma non lo farà contro di te! – E Lance
spiazzò di nuovo tutti. – Io chiedo che stanotte
si disputi un duello, e che Mera combatta per il titolo di Miss Parco
dei
Duelli. Perché la nostra regina, la nostra vera regina, deve
essere non solo
bellissima, ma anche valente. Deve dimostrare il suo valore! E qui
abbiamo un
solo modo per provare una cosa del genere.
La
folla rispose ancora: DUELLO, DUELLO,
DUELLO!!
-
Taglia corto Lance! – sibilò Luvia. –
Tanto rumore per nulla, alla fine? Con chi
dovrebbe combattere, se non con me?
Lance
fece un sorriso che nessuno gli aveva mai visto fare; in quel momento,
un senso
di disagio si insinuò in Alan, che si portò una
mano allo stomaco.
-
Il suo avversario… - Lance alzò lentamente il
dito, prima su Luvia, poi sulle
altre tre. Gli fece fare un bel percorso, puntandolo praticamente su
ognuno dei
presenti, o quasi.
E infine, additò la
sua vittima sacrificale: - SARA’ ALAN, L’EROE DEL
PARCO DEI DUELLI!!
Tutti
si voltarono a bocca aperta. Barney e Shaun guardarono il moro come se
fosse
una specie di strano alieno.
-
ALAN!! – lo interpellò, davanti al suo sguardo
incredulo. – SARAI DISPOSTO A
SFIDARE MERA, PERCHE’ DIMOSTRI IL SUO VALORE, O TI TIRERAI
INDIETRO,
DIMOSTRANDO DI NON AVERE ONORE?! CHE COSA RISPONDI?!
Il
suo tono ora era feroce. Alan lo guardò con inappellabile
pietà.
Lance…
davvero mi odi fino a questo
punto?
Dall’alto
della collinetta, nascosto molto indietro negli alberi, Gary Oak fece
un sorrisino
intrigato.
-
Si fa interessante…
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Non
è stato facile scrivere questo
capitolo, e nella mia mente ha cambiato direzione molte volte prima di
diventare ciò che avete appena letto. Mi perdonerete per la
sua lunghezza, ma
sono alquanto contento di com’è uscito. Meno
contento sono del fatto di averlo
dovuto spezzare. Doveva essere un capitolo unico, ma siccome la
preparazione ha
richiesto più tempo del previsto, e questa settimana
è stata davvero terribile
a livello di tutte le cose da fare, non sarei mai riuscito a portarvi
in tempo
qualcosa da leggere ora, se avessi seguito i miei piani originali.
E
sono già abbastanza in ritardo con la
pubblicazione. Perciò, sono giunto a qualche compromesso per
rispettare i tempi
proposti, ma ripeto, non mi pento di com’è venuto,
e comunque questo non cambia
nulla rispetto alla programmazione della prima stagione di questa fan
fiction.
Vi
ringrazio per la pazienza che avete
portato, e questo angolo dell’autore sarà molto
breve, visto che il capitolo
già di per sé è abbastanza lungo e
l’ora è tarda. Inizialmente, il duello
avrebbe dovuto svolgersi tra Mera e Luvia, ma ritengo giusto donarvi un
duello
con Alan. Lance lo sta mettendo alla prova: sarà disposto a
rinunciare ai suoi
propositi di non duellare più, oppure rimarrà
coerente con sé stesso, e in
questo modo disonorerà anche Mera.
Non
mi serve dirvi che lo scoprirete
nel prossimo capitolo, perché la risposta è
ovvia: Alan duellerà. Contro la sua
volontà, certo, ma lo farà. E come vedete, ad
ogni capitolo, un po’ alla volta,
cominciamo a scoprire pezzi del passato di Alan. Fino a quando non
avremo il
quadro completo, e il momento di rivelarvelo non è cambiato.
Sarà presto,
davvero presto.
Abbiamo
visto i nostri amici alle prese
con gli ormoni, e abbiamo scoperto una cosa abbastanza sconvolgente su
Barney:
non gli piacciono le ragazze, malgrado tutto! Esattamente come
l’attore che lo
interpreta, Neil Patrick Harris. Non è una scelta di fan
service, è che lo
trovavo carino. E vedrete come si svilupperà la cosa.
Nel
prossimo capitolo, vedremo come si
evolveranno le cose, e cosa penserà Luvia, che altri non
è che un personaggio
dell’universo di Fate. Compare, per la precisione, alla fine
di “Fate:
Unlimited Blade Works”, ed è un personaggio
principale di “Fate: Kaleid”, se
non erro.
Oh,
avremo modo di dare risalto anche a
lei, non preoccupatevi. Intanto rivediamo il nostro Gary, che a
insaputa di
tutti è venuto ad assistere, come se sapesse che Alan
avrebbe finito per
duellare. Chissà come sarà finita quella serata
da Zachary.
Ringrazio
tantissimo chiunque abbia
lasciato una recensione, e anche chi segue in silenzio. Sapete che mi
trovate
sempre qui, aperto a voi e ai vostri commenti. Mi scuso per la fretta e
la
brevità di questo angolo, e prometto che ci sentiremo meglio
al prossimo
capitolo. Che sarà entusiasmante, io ci credo!
Nel
prossimo capitolo: “Creature dagli
abissi”
Alan
è costretto a raccogliere il guanto di sfida di Lance, ma i
mostri marini di
Mera lo metteranno in seria difficoltà. Riuscirà
a prevalere ancora una volta,
o sarà battuto da quello che è il suo avversario
più forte fin’ora? Mera
combatte per molto di più che la vittoria. E la notte si
accende!
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
|