Io...
voglio...
Laxus
rientrò nella sua camera d'albergo che era già
molto tardi. Era
stato in giro tutto il giorno per delle faccende, a partire dal
trovare un nuovo lavoro al trovarsi una nuova casa, un posto dove
stare. Ricostruire la propria vita dopo un gap di sette lunghi anni
non era qualcosa che aveva impegnato solo i membri di Fairy Tail,
anzi forse per lui era stato anche più complicato visto che
non
c'era stato nessuno ad aspettarlo e accudire per lui la sua casa.
Aveva perso tutto, dall'affitto, al lavoro momentaneo che si era
trovato per riuscire a sopravvivere. Ripartire da zero era veramente
una gran scocciatura, anche se con ancora qualche vecchio risparmio
che almeno gli aveva permesso di trovarsi una stanza d'albergo
momentanea e fare qualche pasto. Si era fermato per strada a comprare
delle cose in un negozio, qualche stuzzichino per la sera, per la
noia, e dei vestiti nuovi visto che i suoi vecchi erano tutti da
buttare. Persino il suo vecchio cappotto era rovinato dal tempo, ma
quello aveva preferito portarlo in sartoria nella speranza di
ripristinarlo.
Aprì
la porta della sua camera, accese la luce, ma si bloccò
all'ingresso
sorpreso quando vide il suo letto occupato. Priscilla dormiva
beatamente, rannicchiata su se stessa e il cuscino ancora
parzialmente abbracciato. Il respiro pesante le usciva delicato dalle
labbra schiuse, muovendole appena le spalle. Si chiese cosa ci
facesse lì, come fosse entrata e soprattutto da quanto era
lì visto
che aveva avuto persino il tempo di addormentarsi. Ma dormiva
così
beatamente che svegliarla sarebbe stato alquanto crudele. Richiuse la
porta alle sue spalle, poggiò il sacchetto con le sue
compere vicino
al comò e rispense la luce per evitare di disturbarla
troppo. Prese
una coperta dall'armadio e gliela stese addosso, infine si tolse la
giacca dalle spalle e cominciò ad allentare i bottoni della
camicia,
dirigendosi verso il bagno.
Era
nella doccia già da qualche minuto, impegnato a sciacquarsi
i
capelli dal sapone, quando sentì la porta del bagno aprirsi.
«Laxus,
quando sei tornato?» biascicò Priscilla,
affacciandosi, con la voce
e la faccia ancora addormentati.
«Pricchan!»
urlò Laxus, sentendosi paralizzare. I muscoli rigidi dallo
spavento,
il volto ora rosso dall'imbarazzo. La fulminò, oltre la
parete di
vetro della doccia e, sorprendentemente, invece di vederla uscire e
chiedere scusa Priscilla entrò del tutto e
riaccostò la porta alle
spalle. «Davvero entri nel bagno altrui senza nemmeno bussare
o
preoccuparti?» la rimproverò, cercando di
afferrare con rapidità
l'asciugamano appeso al bordo superiore della porta della doccia.
Chiuse l'acqua e si coprì più in fretta che
poté, per quanto
sapesse ormai essere già abbastanza tardi. Sperava solo che
gli
occhi addormentati di Priscilla non le avessero permesso di avere una
vista abbastanza attenta.
«Bagno
altrui? Che dici? Questo è il tuo bagno, mica quello di
qualcun
altro» mormorò lei, avvicinandosi al gabinetto e
sedendosi sopra il
coperchio.
«Che
stai facendo?» chiese lui, ancora sconvolto.
«Ho
bisogno di parlarti» disse lei, sbadigliando.
«Ti
sembra il momento?!» ruggì Laxus, sempre
più sconvolto e
imbarazzato.
«Ti
ho aspettato tutto il giorno! Non stai facendo niente, adesso,
perché
ti devi ancora far desiderare?!»
piagnucolò lei.
«Sto
facendo la doccia!!!» urlò al limite
dell'esasperazione.
«Lo
vedo» disse leggermente irritata per l'essere presa
così scema da
non accorgersi cosa stesse facendo. «E stai usando l'acqua
troppo
calda, sei tutto rosso. Non ti fa bene» aggiunse poi.
«Dici
sul serio?!» strillò ancora.
«Perché
ti arrabbi? Mi stavo solo preoccupando per la tua salute»
sospirò
poggiando i gomiti sulle ginocchia.
«Cortesemente,
potresti uscire solo per qualche minuto?» tentò la
via esplicita
del favore, visto che non sembrava capire da sola quale fosse il
problema. «Mi rivesto e poi parliamo, ok?»
Priscilla
spalancò gli occhi e la sua espressione diede sollievo a
Laxus
perché era esattamente quella di una che aveva capito... o
almeno
così sperava.
«Ti
vergogni di me?» chiese lei, sconvolta.
«Quando
è successo che hai perso così il senso del
pudore?» sospirò
Laxus, stupito della sua innocenza.
«Com'è
possibile, Laxus?» piagnucolò lei, ferita.
«Un tempo facevamo
addirittura il bagno insieme».
«Eravamo
bambini, abbiamo smesso non appena è arrivata la
pubertà!» ruggì
ancora lui.
«È
vero, ora ricordo, ti chiudevi sempre a chiave quando entravi in
bagno» rifletté lei, presa da un attacco
nostalgico che comunque
non la convinse a uscire.
«Mi
ero dimenticato dell'importanza fondamentale della chiave quando ci
sei tu in giro» sospirò lui.
«Te
lo ricordi? Anche allora mi sgridavi sempre»
ridacchiò lei e solo
il fatto che invece che uscire e capire si fosse messa a ricordare i
vecchi tempi lo irritò ancora di più.
«Esci,
per favore?» chiese minaccioso.
«Perché?!
Voglio solo parlare!» sgambettò lei, infastidita.
«Mi giro
dall'altro lato e non ti guardo se la cosa ti disturba tanto».
«Qual
è il problema di aspettare pochi minuti?!» la
sgridò di nuovo.
«Ma
è urgente!» continuò a
frignare.
«Tanto
da non poter aspettare un paio di minuti?» le chiese, per
niente
smosso dalla sua posizione.
«Ho
aspettato per quasi sei anni, Laxus!» si fece improvvisamente
minacciosa, pronta a giocare la carta del senso di colpa. Si
voltò,
pronta a puntargli un dito contro, ma strillò spaventata
quando se
lo trovò a fianco, non aspettandosi di vederlo uscire dalla
doccia
con tale rapidità. Laxus si chinò e la
sollevò di peso,
caricandosela su una spalla. Uscì dal bagno ignorando i suoi
continui capricci e i colpi che gli dava alla schiena per cercare di
liberarsi, si avvicinò al letto e ce la fece cadere sopra
con tale
foga da strapparle un altro urlo. Priscilla riaprì gli
occhi, chiusi
per lo spavento, e si preparò a parlare ancora, insistendo
sulla
faccenda, ma qualcosa gli chiuse improvvisamente la gola. I capelli
di Laxus erano ancora bagnati, tanto che le gocciolarono addosso nel
momento in cui si sollevò sopra di lei per allontanarsi e
rimettersi
in piedi. La pelle ancora calda per l'acqua della doccia, a contatto
con l'aria più fredda della stanza da letto faceva evaporare
alcune
delle gocce che gli scivolavano lungo le spalle, le braccia e il
petto nudi. Lo sguardo intransigente, a breve distanza dal suo viso,
e le braccia tese, poggiate al letto ai due estremi delle proprie
spalle. Era nudo, bagnato, chino su di lei stesa su un letto. Nessun
pensiero, non ebbe nessun pensiero particolare e questo la confuse
ancora di più perché non riuscì a
capire il motivo di
quell'improvviso batticuore e agitazione. Laxus ebbe tempo di
rialzarsi e allontanarsi, sorpreso che finalmente lei avesse capito,
non sapendo in realtà che a convincerla a non muoversi non
era stata
la comprensione del suo gesto tanto quanto una sottospecie di
paralisi che le aveva mandato in tilt completamente ogni
facoltà
mentale. Priscilla parve risvegliarsi solo quando sentì la
chiave
nella serratura del bagno scattare e mettere perciò un
confine netto
tra loro due.
«M-ma...»
balbettò lei, mettendosi a sedere sul letto e sentendo
l'improvviso
bisogno di nascondersi da qualche parte. «Che diamine era
quella
sensazione?» balbettò ancora e afferrò
il cuscino alle sue spalle.
Si rannicchiò nelle sue stesse ginocchia, strinse il cuscino
tanto
forte che avrebbe potuto farlo esplodere delle piume che conteneva e
ci immerse il viso all'interno. Chissà perché
ancora una volta le
tornò in mente Cana che sbatteva la bottiglia sul
tavolo.
Laxus
uscì dal bagno, finalmente vestito, dopo pochi minuti ma
ancora
Priscilla trovò il modo di sorprenderlo. Era infilata nel
suo letto,
la coperta tirata fin sopra il petto, seduta con la schiena poggiata
allo schienale. La mano sinistra sorreggeva una patatina presa da un
pacchetto appoggiato al suo fianco, mentre la destra portava una
lattina di birra alle labbra di tanto in tanto. Usando la sua magia
del vento teneva un libro sollevato davanti agli occhi, per poterlo
leggere, e ogni tanto girava la pagina sempre usando la magia.
«Tranquilla,
fa' pure come se fossi a casa tua» disse sarcastico, ma
Priscilla
non colse il tono di voce e sorrise allegra, esclamando:
«Meno male!
Ammetto non mi sentivo molto a mio agio, temevo di essere
invadente».
«Mi
stai prendendo in giro?»
Lei
non rispose, diede giù un lungo sorso di birra e
tornò a fissare la
pagine di fronte a sé.
«Questo
libro è interessante» biascico con una manciata di
patatine in
bocca. «Non pensavo ti piacesse leggere storie simili. Levy
ne ha
decine di questo genere, ogni tanto me ne presta qualcuno».
«Alla
fine sei riuscita a legare anche con loro, eh?»
sospirò lui,
sollevato. Prese una sedia e si mise al suo fianco, vicino al
letto.
«La
sera che Gajeel ci mandò all'ospedale, Levy mi aveva
invitato nella
sua stanza per fare un pigiama party. Penso che sia da lì
che
abbiamo iniziato a parlare un po' di più. Sa davvero un
sacco di
cose, è sempre bello stare a sentirla parlare. Ah! Lo sai
Lucy
scrive romanzi? Non vuole farli leggere a nessuno, ma qualche volta
io e Natsu ci siamo intrufolati in casa sua e l'abbiamo letto di
nascosto» spiegò innocentemente.
«Ecco
da chi hai preso il vizio di violare gli spazi altrui»
commentò
lui.
«Ah!
Ti racconto questa! Una volta per sbaglio Natsu ha distrutto uno dei
libri di Lucy, gli ha proprio dato fuoco, per poi scoprire che era
uno dei più importanti che aveva nella biblioteca. Gliel'ha
tenuto
nascosto per un po' e ha girato mezzo mondo nella speranza di
trovarne una copia per sostituirlo e far finta di niente. Alla fine
non ci è riuscito e si è arreso nel rivelarle la
verità. Beh, è
saltato fuori che quello in realtà era uno dei libri scritti
dalla
stessa Lucy che per l'imbarazzo di dover ammettere che era opera sua
si era inventata la storia che apparteneva a sua madre, morta.
Poverina, scrive ancora lettere alla madre defunta, deve mancarle
proprio tanto. Mentre suo padre era una canaglia, è stato
lui a
mandare Phantom Lord e fare tutto quel caos! Lo sapevi che Lucy
è
scappata di casa? In realtà è stra-ricca! O
meglio, lo era visto
che suo padre ha poi perso tutto. Sua madre era una maga degli
spiriti stellari, come lei! È stata lei a regalarle
Acquarius quando
era bambina... l'hai mai vista Acquarius? È fantastica!
Anche se
decisamente scorbutica, se la prende sempre con tutti. Forse un po'
ti somiglia» disse infine, mandando giù un'altra
manciata di
patatine. Laxus si lasciò scappare un sorriso, divertito dal
flusso
di pensieri in cui era caduta di nuovo come se avesse voluto
recuperare quei cinque anni in pochi minuti.
«Comincia
a piacerti davvero molto Fairy Tail, vero? Non penso sia mai stato
così, in passato» commentò,
divertito.
«Sai,
penso che dopo quello che è successo... potrebbe piacere
anche a te,
se decidessi di tornare» e il viso le si fece improvvisamente
serio
e cupo. Era arrivato il momento di affrontare quella questione
apertamente.
«Sono
stato bandito, non posso tornare, lo sai» rispose lui,
semplicemente.
«Ci
hai salvati contro Hades, se solo provassi a chiederlo al nonno
scommetto che...» ma venne interrotta da un severo:
«Pricchan!»,
come un rimprovero.
«Perché
non vuoi tornare, Laxus? Ti stiamo aspettando tutti» disse
lei,
avvilita.
«Non
posso tornare. La questione è chiusa».
«Se
tu lo volessi veramente faresti qualcosa!» strillò
Priscilla, colta
da un improvviso moto di rabbia e frustrazione.
«Credi
che costringere il vecchio a riammettermi tirando in ballo la
questione del "mi devi un favore" sia un gesto degno di un
mago di Fairy Tail?» tentò di provocarla.
«Non
devi costringere nessuno! Hai salvato la gilda, questo dimostra la
tua redenzione, cosa c'è che non va in questo
discorso?» insisté,
sempre più furiosa.
«Non
è questione di redenzione. Non si può fare e
basta».
«Non
essere così categorico, dammi una motivazione!»
«Non
insistere, Pricchan!» il tono di Laxus si fece
improvvisamente più
duro e più forte, tanto che Priscilla ebbe un tentennamento.
Non era
questione di volere o meno, Laxus non avrebbe mai accettato la sua
proposta né le sue motivazioni. Aveva sperato di riuscire a
vedere
la luce, finalmente, dopo tutto quel tempo e ora invece le veniva
nuovamente strappato di nuovo. Quella pallida speranza, quel
sentimento di felicità e sollievo, solo illusioni.
"Cana...
Credi dovrei aspettarlo ancora?"
Strinse
le coperte tra le dita e gli occhi le si fecero più umidi.
Il petto
non aveva mai fatto male fino a quel punto, nemmeno quando nei cinque
anni precedenti lui diceva di odiarla. Allora c'era una motivazione,
c'era sempre stata una motivazione, delle cause maggiori, non era
colpa sua. Non era mai stata colpa sua, continuava a ripeterselo,
continuava a crederlo. Ma in quel momento... qual era la motivazione?
«Non
posso essere sempre lasciata indietro, Laxus»
lamentò, sentendo la
voce morirle nel dolore di un pianto. «Avevo promesso di
aspettarti,
è quello che ho fatto. Ma se tu non hai intenzione di
tornare, io
cosa ti aspetto a fare? Non ti importa... neanche un po'?»
sulle
mani strette nella coperta caddero le prime lacrime, incontrollabili.
Aveva da sempre basato la sua vita sagomandola secondo l'ombra di
Laxus, tutto ciò che desiderava era potergli stare a fianco
e
vederlo felice, non importava cosa facesse o cosa le facesse. Era la
prima volta in tutta la sua vita che cominciava a pensare a
ciò che
voleva lei, a se stessa, a quanto fosse il suo valore.
Perché valore
non ne aveva mai avuto prima, era sempre stata solo un corpo magico
che si muoveva con un unico scopo, era questo che era sempre stata.
Una macchina, uno strumento... un'arma.
"Un'arma
in grado di rafforzare l'incapace figlioletto piagnucolone".
Poteva
davvero una creatura come lei poter avere dei desideri, dei sogni,
dei sentimenti verso se stessa.
"Quanto
mi piacerebbe essere come voi".
"Avevo
promesso... di aspettarlo".
"Voglio
ricomprare questa casa".
«Io...»
singhiozzò.
"Priscilla,
non credi sia il caso di cominciare a pensare un po' anche a te
stessa?"
la
voce di Erza.
«Io...».
"Sei
una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi!"
La
voce di Casa.
«Io
voglio...».
"Laxus...
posso restare per sempre con te?"
una
domanda che puntualmente gli rivolgeva tutte le volte che lui non
poteva sentirla, solo quando era addormentato. Un desiderio, il primo
e unico che avesse mai avuto e che mai si era sentita in diritto di
esprimere ad alta voce, anche se non desiderava farlo sentire al
resto del mondo, come se se ne vergognasse.
Si
irrigidì e schiuse le labbra, pronta a pronunciarlo ad alta
voce
quel sogno, quel desiderio, che aveva sempre e solo sussurrato quando
lui non poteva sentirla. Ma una scossa elettrica le pizzicò
il
braccio e lei sussultò più per lo spavento che
per il dolore.
Fulminò Laxus con lo sguardo, chiedendosi che diamine gli
fosse
preso e irritata più che mai visto che aveva interrotto il
suo unico
moto di coraggio per aprirgli finalmente il suo cuore. Lui la
guardava pigramente, chino sul letto, appoggiato al materasso col
gomito e guancia piantata sul pugno.
«Spostati»
le ordinò.
«P-perché?»
chiese lei confusa, con ancora le guance umide nonostante la sorpresa
le avesse interrotto il pianto.
«Fammi
spazio, non ci sto» e nell'istante in cui lo disse
alzò le coperte
e cominciò a infilarcisi all'interno, premendo per
costringere
Priscilla a farsi più in là.
«Ma...
che stai facendo?» lamentò lei, arrancando per
riuscire a ritrovare
la comodità visto quanto spazio occupasse lui e chiedendosi,
sorprattutto, che diamine stesse combinando. Laxus si chinò
e infilò
una mano nella busta di patatine dove Priscilla aveva già
rovistato
abbastanza, prese un'altra lattina di birra e se
l'aprì.
«Quel
libro fa parte di una trilogia. Quello è il più
lento tra tutti, ti
consiglio di leggerlo superficialmente e passare presto agli altri
due, sono più avvincenti» disse lui, prendendo tra
le mani il libro
che Priscilla stava leggendo fino a poco prima.
«Parli...
del libro?» balbettò lei, avvilita.
«Ma... mi stavi...»
«Ti
ho ascoltata» la interruppe di nuovo, con sguardo serio. Lui
l'aveva
ascoltata, l'aveva ascoltata più di quanto lei fosse
riuscita a
dire. Non voleva vederlo sparire di nuovo, l'aveva capito e ci aveva
riflettuto abbastanza. Per quanto una parte di lui ancora non
riuscisse a perdonarsi quanto successo, per quanto si urlasse da solo
di sparire dalla circolazione per il bene di tutti, capì che
non
poteva continuare a ignorare ciò che lei gli chiedeva.
L'aveva fatto
per troppo tempo.
«Oggi
pomeriggio sono andato a vedere un appartamento in periferia, non
sono nemmeno venti minuti da qui. Potrei farci un
pensiero...» disse
e Priscilla sentì improvvisamente il cuore più
leggero. L'aveva
ascoltata, l'aveva sentita e forse avrebbe addirittura realizzato
quel suo desiderio. Probabilmente il discorso Fairy Tail era ancora
un tabù, ma lui sarebbe rimasto nei paraggi, disponibile e
reperibile. Lei avrebbe sempre saputo dove andare a cercarlo. Pian
piano il sorriso tornò ad adornarle il volto, sollevata, e
si
sistemò perciò meglio al suo fianco.
«Ci
pensi tu?» chiese Laxus, indicando il libro steso ai loro
piedi.
Priscilla annuì e lo sollevò di nuovo per aria,
tenendolo ben
aperto in modo che entrambi potessero leggerlo. Laxus
allungò poi un
braccio dietro le sue spalle, poggiandoglielo intorno e sorseggiando
la sua birra prese a leggere in silenzio, insieme a lei.
«Gira»
disse poi.
«Aspetta,
io non ho ancora finito» lo ammonì lei.
«Quanto
ti manca?»
«Se
parli non riesco a leggere, sta' zitto!»
E
lui sbuffò annoiato, aspettando qualche secondo prima che
finalmente
la pagina venisse voltata. Ancora qualche attimo di silenzio,
entrambi immersi nella lettura, fino a quando fu di nuovo lui a
parlare per primo.
«Gira».
«Aspetta
un attimo!»
«Ma
quanto ci metti?»
«Mi
godo le parole»
«Sei
lenta».
«Stai
zitto!» lamentò lei, scocciata.
E
ancora sbuffò, scocciato.
«Alla
prossima sarò più veloce io!» sorrise
lei, girando ancora la
pagina.
«È
una sfida?» sorrise Laxus, improvvisamente interessato.
«Via!»
annunciò lei, corrucciandosi e concentrandosi.
«Finito!»
disse lui per primo, dopo neanche un paio minuto, e lei sobbalzando
lo fulminò.
«Stai
imbrogliando!» lo accusò.
«Ma
figurati» disse lui, superiore.
«Scommetto
non hai letto nemmeno una parola, hai solo fatto scorrere gli occhi
sulla pagina» insisté, offesa.
«Ti
dico che ho letto»insisté Laxus.
«Non
è vero! Imbroglione!» si allungò ad
afferrare il libro e se lo
portò vicino alla faccia, volgendo la copertina verso di
lui.
«Avanti, dimmi che cosa dice!» lo
provocò, pronta a rinfacciargli
la scorrettezza di cui era certa.
«I
quattro per sfuggire all'attacco del nemico si lanciano in acqua e
nuotano fino alla barca, a largo, salendoci sopra e mettendosi al
sicuro. Poi iniziano a remare per raggiungere la riva
opposta» disse
lui con tranquillità e sicurezza e Priscilla
iniziò a sgambettare
sotto le coperte, irritata. «Non è giusto! Tu
l'hai già letto, lo
sapevi già!»
«Come
facevo a ricordare che era proprio quella parte se non la
leggevo?»
ridacchiò Laxus, divertito dal suo modo di fare infantile e
giocoso.
«La
prossima volta non mi batti!» brontolò, rimettendo
il libro in aria
sopra di loro e voltando pagina cominciò a far correre gli
occhi
sulle righe con una velocità incredibile. Tanto concentrata
e
irritata da quella sfida da corrucciarsi enormemente e bofonchiare
tra sé e sé.
«Finito!»
esclamò infine, felice di essere stata la prima. Si
voltò verso
Laxus, pronta ad annunciare la sua vittoria, ma lo trovò con
gli
occhi già spostati su di lei e un vago sorriso sornione sul
viso. E
capì.
«Avevi
finito prima di me ma non me l'hai voluto dire per farmi
vincere!»
brontolò tirandogli pugni al petto.
«Perché
ti arrabbi? Ti ho voluto dare un vantaggio»
ridacchiò ancora,
subendo i suoi colpi frustrati.
«Perché
potevi fingere meglio, l'hai fatto apposta per farmi capire che stavi
fingendo e prenderti comunque il merito! Sei malvagio!»
gracchiò
continuando a colpirlo e quella volta Laxus non riuscì a
trattenersi, complice forse anche le quattro mura in cui erano
rinchiusi dove poteva permettersi di non mantenere un certo
atteggiamento ma poteva essere più libero.
Scoppiò in una fragorosa
risata, esclamando: «Malvagio? Ma come
parli?»
«Esiste
come parola, l'ho letto in un libro» borbottò lei,
infastidita.
«Lo
so bene che esiste, Priscema» e le scompigliò
ancora i capelli.
«Priscema?!»
sobbalzò lei. «Non chiamarmi in quel modo,
bastardo!» tornò a
colpirlo, sempre più furiosa.
«Credevi
me lo fossi dimenticato?» sghignazzò lui.
«Lo
odiavo al tempo e lo odio adesso».
«A
me piace» sghignazzò maligno.
«Non
azzardarti a chiamarmi in quel modo di fronte agli altri!» lo
minacciò.
«Altrimenti?»
«Vuoi
davvero saperlo?» e il tono fu incredibilmente più
minaccioso di
quanto si sarebbe aspettato. L'aria prese a vorticarle intorno,
scompigliandole e sollevandole tutti i capelli, e lui capì.
Quando
Priscilla si arrabbiava davvero con lui cominciava a farlo roteare in
uno dei suoi tornadi ad alta velocità, senza l'aiuto della
sua magia
stabilizzante inevitabilmente cadeva vittima della nausea. Lo odiava.
«Va
bene, va bene, calmati» mormorò, intimidito e per
fortuna quello
bastò a tranquillizzarla. Tornò a sedersi
normalmente, di fianco a
lui, con gli occhi sul libro anche se ancora infastidita per quella
sfida persa miseramente. Poi Laxus afferrò il libro,
strappandolo
alla sua magia, e rispose allo sguardo incuriosito di Priscilla con
una proposta di pace: «Leggo io ad alta voce, così
resti al passo».
Quando
erano piccoli Priscilla non aveva nessuno che le insegnasse a
leggere, e comunque Laxus era più grande di lei di due anni,
perciò
aveva imparato prima. Nonostante fosse ancora il periodo di Priscilla
la bambina di carta, senza anima sul volto, Laxus aveva notato come
quegli occhi comunque si muovessero incuriositi spesso, intorno a
sé,
in cerca forse di risposte. Avevano iniziato per gioco, per trovare
qualcosa che comunque potessero fare insieme e li accumunassero, ma
era stato lui a prendere i primi libri e leggerli ad alta voce per
coinvolgerla. Nonostante Priscilla fosse ancora la bambina di carta,
nel sentire quelle storie e l'entusiasmo di Laxus che poi gliele
spiegava o gliele imitava, i suoi occhi assumevano sempre un colore
diverso. Erano stati quelli i primi momenti di vera vita di
Priscilla, quando lui parlava e raccontava le storie che leggeva o
anche semplicemente se le inventava. I primi sentimenti di Priscilla,
meraviglia ed emozione, felicità e curiosità,
erano nati tutti da
quel gioco che Laxus aveva creato per loro. Lui leggeva ad alta voce,
almeno un'ora al giorno, e lei ascoltava fissando il suo volto
incantata.
Fare
quel salto nel passato, tornare a essere la bambina ammaliata dalla
voce di suo fratello che con solo il potere della fantasia la
prendeva per mano e la trascinava nei suoi mondi, era incredibile. In
quei mondi... persino lei poteva essere umana e libera. Si
illuminò,
gli si lanciò addosso e cercando una posizione comoda si
stese
meglio, poggiando la testa al suo ventre. Lo abbracciò,
chiuse gli
occhi, e infine rimase in attesa dell'inizio del racconto con un
sorriso emozionato in volto.
Durò
almeno una buona mezz'ora, poi Laxus la sentì mugolare, col
respiro
pesante, e capì da quello che doveva ancora una volta
essersi
addormentata. Le fece una carezza sulla testa e delicatamente chiuse
il libro, riponendolo sul comodino. Cercò lentamente di
scivolare
sul materasso per potersi stendere anche lui, senza svegliarla, poi
allungò una mano a spegnere la luce.
E
infine anche lui chiuse gli occhi, per quella sera.
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