writover
Forse
dovrei
C'erano
le urla della folla,
l'adrenalina dell'esibizione, le luci accecanti del palco che
rendevano tutto indistinguibile.
Tranne
lui.
Il
caldo che avvertiva non dipendeva da
quel locale da due soldi, sicuramente troppo piccolo per
l'incredibile numero di persone che urlavano il loro nome a
squarciagola, a ripetizione, in una sorta di laica preghiera. Il
battito accelerato del suo cuore non era causato solamente da quella
standing ovation che chiedeva a gran voce “Encore!
Encore!”, come
un mantra, un rito obbligato.
Era lui.
Samatoki
si
avvicinò a lui, che sulle labbra aveva
quel sorriso di gioia
e soddisfazione che tradivano tutti i suoi diciassette anni, quasi
impossibili da attribuirgli altrimenti – un po' per la
stazza, un
po' per il suo senso di responsabilità.
“Così
pochi”,
per essere così bello, dal talento illimitato.
“Così
tanti”,
perché erano diciassette anni di sopravvivenza e
non di vita.
Diciassette anni in cui Ichiro Yamada aveva tentato disperatamente di
non annegare nello schifo del mondo, tenendo contemporaneamente a
galla altri due ragazzi di poco più piccoli di lui.
Ichiro
lo notò
subito una volta che Samatoki lo ebbe affiancato e quel sorriso
sembrò illuminarsi ancora di più, o forse
Samatoki si stava
illudendo e basta. Non lo sapeva e non voleva probabilmente saperlo
–
difficile convivere con quel cuore in gola, con quell'improvvisa
morbidezza che avvertiva nelle sue membra ogni volta che il ragazzo
era nelle vicinanze.
Accadde
anche in
quel momento, quando il più giovane lasciò
passare il braccio sulle
sue spalle e lo strinse a sé come se fosse da sempre al suo
fianco,
nonostante fossero, invece, pochi mesi.
Ma
nessuno dei due
aveva mai avuto niente più che rabbia, a proteggerli
– sì, anche
buoni amici che guardassero loro le spalle, ma Samatoki era sicuro
che niente di quanto avevano avuto prima dell'altro
fosse
anche solo lontanamente paragonabile a quello che provavano da quando
erano fianco a fianco.
La
prima volta che
aveva visto Ichiro, gli era sembrato un giovane leone perso: forte,
indomabile eppure irritato dalle sue stesse incertezze. Il suo volto
era tirato, sembrava incapace di sorridere.
E
ora, invece, la
sua risata riempiva quel locale da due soldi, dava pace all'anima di
Samatoki e gli donava una speranza.
“Forse
dovrei”,
pensò, prima di lasciarsi trascinare dalla tentazione di
poggiare la
mano sul fianco di Ichiro, in un gesto che aveva sempre avuto paura
di ricambiare fino in fondo. Perché la mano di Ichiro si
poggiava
sul suo corpo con la sicurezza di chi sa già di avere
qualcosa di
prezioso, troppo raro per essere lasciato andare.
“Forse
non
adesso” si rimproverò però subito dopo,
tornando a guardare la
folla sotto di loro, che urlava i loro nomi per spronarli a
combattere, ancora e ancora, anche per chi non poteva farlo.
Dopotutto,
Ichiro
sarebbe rimasto lì, al suo fianco. E un giorno qualunque,
prima o
poi, si sarebbe voltato per rubare quel bacio che sentiva suo ancor
prima di averlo conosciuto.
Note: Secondo
giorno! Questa fic, abbozzata, rimaneva tra i miei documenti del drive
da aprile, più o meno, quando in un getto improvvisato avevo
scritto le prime cinque righe. Non è che abbia scritto poi
molto di più, ma la SamaIchi mi rende debolissima,
soprattutto quando è posta in TDD: più leggo il
manga, più credo che sia Ichiro che Samatoki abbiano
prepotentemente ribaltato le vite l'uno dell'altro, affidandosi per la
prima volta in vita loro a un estraneo, esponendosi più del
dovuto. E ogni tanto, mi piace scriverli di nuovo così:
abbastanza vicini da sembrare uniti, ma ancora distanti per poterlo
ammettere.
Che sospiro, questa SamaIchi.
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