Il freddo di quel giorno

di Skred
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Quel sabato era stato il più freddo delle altre settimane.
Eravamo entrati nel mese di febbraio da poco, eppure potevo sentire nelle ossa quell’aria fredda come se fossimo ancora in pieno inverno. Come ogni fine settimana, avevo passato la notte nella camera di Renji, il mio rifugio personale. Dopotutto, lui era l’unico a conoscenza del fatto che fossi una ragazza, e dunque ero libera di comportarmi come tale in quelle quattro mura. Il fine settimana non vi erano lezioni, quindi ci prendevamo la libertà di poltrire più del solito. Così scoccarono le dieci quando mi decisi ad aprire gli occhi. La prima cosa che vidi, quasi inevitabilmente, fu il volto di Ren. Essendo una camera singola, la sua, era dotata di un letto a una piazza e mezza, quindi abbastanza spazioso per poter dormire senza dover avere il minimo contatto fisico. Eppure, non si sa secondo quale logica, lui riusciva a mettermi sempre in un angolino ed a usare parte del mio corpo come prolungamento del materasso. Fu solo allora che mi resi conto della vera causa di quei brividi che continuavo a sentire, nonostante fossi seppellita sotto le lenzuola.
“Ren…” borbottai, tirando su il busto. Si era ormai preso da qualche tempo la brutta abitudine non solo di abbracciarmi mentre dormiva, ma soprattutto di infilarmi le mani sotto lo la felpa, congelandomi il ventre con le sue dita gelide. Lo scansai in malo modo. Lui sobbalzò, svegliandosi. “Che c’è? Cosa ho fatto?” disorientato, si guardò intorno. “Quello che fai sempre!” Scavalcandolo, lasciai il letto, mettendomi in piedi. Lo guardi con aria severa, come mai avevo fatto.
“Lo sai che non lo faccio di proposito…” Faticosamente, seguì i miei movimenti, piazzandosi di fronte a me. Essendo qualche centimetro più alto di me, dovetti alzare il viso per poterlo guardare negli occhi e continuare la mia predica. “Tu non lo fai mai di proposito, ma io ho freddo!” A dire il vero, era solo una scusa. Il freddo era il minore dei problemi, avevo paura. Che lui mi facesse qualcosa? Assolutamente no. Però… se si fosse accorto della cicatrice? Avrei dovuto sicuramente dargli spiegazioni, e io non avevo voglia. Era troppo presto.
“Ma le mie mani sono così fredde… e tu invece se così calda!” iniziò a canzonarmi, non mostrando alcun tipo di pentimento. “Ah sì?” sentenziai allora “Ti piacerebbe se invece fossi io a fare quello che… fai tu!” Mi avventai su di lui, ma non feci in tempo a sollevare nemmeno mezzo lembo della sua felpa che reagì subito.
Deviò il mio percorso, afferrandomi entrambe i polsi. Si mosse, e un passo dopo l’altro mi mise letteralmente con le spalle al muro. “No, no. Ferma con quelle armi. Se le mie mani sono fredde, le tue sono due dannati ghiaccioli.” Era vero, non importasse fosse estate, primavera o inverno. Le mie mani erano perennemente fredde. Scoppiai a ridere, il terrore sul suo volto al sol pensiero di ciò che sarebbe accaduto se non mi avesse fermata era esilarante. “Smetterai dunque di usarmi come una stufa?” replicai, sogghignando. Lui rimase in silenzio, fissandomi. Sembrava quasi come se si fosse… bloccato? “Ren?” Cercai di muovere le braccia, ma i miei polsi erano ancora saldamente avvolti dalla sua presa, che inoltre esercitava tale forza da non permettermi di muovere un muscolo. Fu allora che oscillò con un improvviso movimento in avanti. Le sue mani ora non stringevano più i miei polsi, anzi, aveva fatto sì che le sue dita si intrecciassero con le mie. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo volto, che si faceva stranamente sempre più vicino. Ancora, e ancora. Finché tale distanza non fu pari allo zero.
Mi mancò il fiato, ma non avrei potuto respirare nemmeno se lo avessi voluto. Durò qualche secondo, ma ebbi la sensazione che il tempo non scorresse più, come se le lancette dell’orologio si fossero rotte. Non era la prima volta che mi trovavo in una situazione del genere: era già successo con Daren, persino con Sophie! Ma mai, e dico mai, mi sarei aspettate che Renji… mi baciasse. Non appena si staccò da me, feci un respiro a pieni polmoni, come se fossi stata in apnea. Cercai di dire qualcosa, anche se non sapevo cosa. Mi creava difficoltà persino guardarlo in viso.
“Scusami” iniziò a dire lui “Non volevo farlo” continuò, stranamente impacciato “Volevo dire! Non è che non volessi farlo, sennò non lo avrei fatto. È che non me lo ero immaginato così.” Deglutì, prendendosi qualche minuto. “Sai, credo di essermi innamorato di te.”
Improvvisamente non ebbi più freddo.

 




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