Switch - Quando l'amore cambia volto

di _BlueLady_
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~ CAPITOLO 23: COSI’ COME SEI ~
 
Era da più di mezz’ora che osservava il suo gelato al cioccolato con lo sguardo perso nel vuoto, senza attentarsi minimamente ad addentarlo.
Seduti su una panchina sul lungomare, in un angolo appartato poco distante dalla gelateria nella quale avevano acquistato la loro colazione, lei e Bright continuavano ad osservarsi di sottecchi di tanto in tanto, immersi in un assordante quanto imbarazzante silenzio.
Fine aveva provato più volte a scavare nella sua testa alla ricerca di qualcosa da dirgli, ma la paura era più forte di lei. Ogni volta che provava ad alzare gli occhi su di lui, le tornava alla mente la mattina di due giorni prima, quando Bright l’aveva scorta riemergere dall’acqua nel segreto di un’alba condivisa.
Fine… sei tu?
Quelle tre parole avevano la capacità di annodarle lo stomaco, chiuderle la gola e farle perdere ogni briciolo di lucidità.
Sentiva il cuore scalpitarle feroce in petto, rimbombando nella testa e nelle orecchie, mentre Bright alla sua sinistra continuava a gustarsi il suo gelato alla menta con lo sguardo perso all’orizzonte, sospirando.
Provò a cercare le parole con cui iniziare un discorso, ma subito si irrigidì non appena il biondo spostò lo sguardo dall’orizzonte verso di lei, e le sorrise intenerito quando la scorse osservarlo con quegli occhioni da cucciolo spaurito sgranati, e il gelato mezzo sciolto ad appiccicarle le mani.
- Prima o poi dovresti mangiarlo – le disse con dolcezza.
Fine, colta alla sprovvista, arrossì.
- C-come dici?- balbettò, col cuore in gola.
- Il tuo gelato – asserì lui, alludendo con un cenno della testa al suo cono mezzo sciolto.
- Oh!- esclamò lei ancora più imbarazzata, passando velocemente il cono da una mano all’altra leccandolo tutto intorno, per poi pulirsi la mano appiccicaticcia.
La preoccupazione le faceva davvero un brutto effetto, si disse tra sé e sé, se quello era il risultato.
Nel giro di due minuti cercò di rimediare come meglio poteva al danno, sotto lo sguardo divertito di Bright che proprio non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.
- Se non avevi voglia di gelato bastava dirlo. Ci sono tante altre buone cose da assaggiare – asserì lui ridacchiando.
- S-sì… c-cioè, n-no, no! Il gelato va benissimo!- si affrettò a rimediare lei, con le labbra sporche di cioccolato. Neanche a cinque anni si sarebbe sporcata così.
Stupida, si disse tra sé e sé maledicendosi di avere ordinato quel cono, guarda che figura stai facendo di fronte a lui.
Bright, finito di ridersela sotto i baffi, sospirò e si fece subito serio. Fine lo notò e subito reclinò la testa di lato. Non era l’unica ad essere turbata, quella mattina.
Non trascorse neanche un minuto di silenzio, che subito il biondo parlò.
- Rein, io… devo chiederti scusa – disse asciutto, ricollocando gli occhi verso l’orizzonte.
A Fine per poco non andò di traverso il gelato.
- C-come?- riuscì ad esclamare tra un colpo di tosse e l’altro.
Aveva capito bene? Le stava chiedendo scusa?
- Perché?- domandò, più a se stessa che a lui.
Bright sospirò di nuovo.
- È da due giorni che non faccio che pensarci… non avrei dovuto seguirti di nascosto l’atro ieri in spiaggia. Mi rendo conto solo ora che il mio comportamento è stato sconsiderato ed invadente, e l’idea di averti messa a disagio mi fa sentire un vero idiota. Non avrei dovuto essere così indiscreto –
Fine sbatté due volte le palpebre, incredula per ciò che aveva appena sentito pronunciargli.
Il biondo deglutì.
- So di avere invaso il tuo spazio personale, di aver violato la tua privacy. Non faccio che darmi continuamente dello stupido. Riconosco il mio errore, e non ti biasimo se tu adesso non riesci più a lasciarti andare con me, a fidarti. Se potessi tornare indietro, non lo rifarei –
- Bright, non c’è alcun bisogno che ti scusi. Non è successo niente di grave – a parte il fatto che mi hai vista tuffarmi in acqua e nuotare meglio di una sirena quando sto dicendo a tutti il contrario per reggere il gioco a mia sorella, aggiunse mentalmente, ed istintivamente si morse il labbro a pensarlo – Non pensare che io ce l’abbia con te –
Era così difficile dovergli dare una spiegazione.
- Il fatto è – intervenne lui, senza darle il tempo di articolare alcuna giustificazione – che non so nemmeno perché io abbia deciso di seguirti. Ero mezzo assonnato, e ti ho intravista sul bagnasciuga allontanarti di corsa senza dire nulla. Ho pensato “rimettiti a dormire, non sono affari tuoi”. Ho richiuso gli occhi. Mi sono imposto di riaddormentarmi. E senza che me ne accorgessi, ero già in piedi a seguire le tue orme sulla sabbia. Sembravi così spensierata, così felice. Avevo voglia di condividere con te quel tuo piccolo momento di gioia-
La schiettezza con cui le confessò quelle parole, quasi la pietrificarono. Non poteva credere che Bright le stesse davvero confessando quelle cose. Sembrava tutto così assurdo.
Sei abbastanza strana da interessarmi.
Istintivamente, arrossì.
Provo ad aprire la bocca per pronunciare qualcosa, ma ancora una volta non ci riuscì. Con che coraggio avrebbe potuto rispondergli?
Lui sbuffò, mettendosi le mani nei capelli e scompigliandoseli.
- Sono un vero idiota – si disse – Voglio farti delle scuse con un minimo di logica, e invece mi ritrovo a farfugliare idiozie –
Non sono affatto idiozie! Avrebbe voluto urlargli in faccia. Tutto ciò che dici è dannatamente adorabile, e io mi sento una vera ipocrita ad ingannarti così!
- Rein – riprese lui, affondando improvvisamente le iridi nelle sue, e facendole perdere un battito di cuore – potrai prendermi per pazzo, o semplicemente per un maleducato. Hai tutto il diritto di pensare di me ciò che vuoi. Ma per quanto io possa cercare di inventarmi una scusa credibile che possa giustificare il mio pessimo comportamento, non sarà mai in grado di nascondere la verità, e cioè che io…- e qui si bloccò un attimo per ritrovare il coraggio che aveva preso a vacillare – i-io…- balbettò incerto, il cuore della finta turchina che pareva esploderle in petto.
Bright deglutì. Fine fece altrettanto. Poi pronunciò quella sua piccola confessione tutto d’un fiato, come a volersi togliere un fastidioso sassolino dalla scarpa.
- Io non posso fare a meno di interessarmi a te
Trascorsero qualche istante in silenzio, con il peso di quella confessione a soffocare l’aria circostante.
Fine accolse quelle parole impreparata, con la mente vorticante di pensieri ed il cuore martellante in petto.
In un primo momento temette di esserselo solo immaginato.
Ma il rossore che si accese su entrambe le loro gote non lasciava spazio a qualsiasi dubbio.
Passò ancora qualche istante di silenzio, prima che lei si rendesse conto che lui si aspettava una risposta. Un cenno, uno schiaffo, un sorriso, qualcosa.
Il gelato continuava a colare miseramente sulle sue mani e sul marciapiede ormai da dieci minuti.
Poi Fine parve ridestarsi dalla trance.
- Bright – riuscì a dire finalmente, dopo aver contato interiormente tre volte prima di iniziare a parlare. Era il momento di uscire allo scoperto. Sentiva che era la cosa giusta da fare. Rein avrebbe sicuramente capito, e l’avrebbe perdonata. Di fronte ad una tale sincerità, le riusciva impossibile nascondergli oltre la verità.
- Non devi assolutamente colpevolizzarti di nulla. Non hai fatto niente di male. E quello che mi hai appena confessato non fa che confermare quanto tu sia una persona corretta e senza alcuna malizia. Ti apprezzo molto per questo –
Il biondo le sorrise.
Lei deglutì.
- I-il fatto è che anche io devo confessarti una cosa. Mi sono presentata stamattina sotto casa tua proprio per dirtelo. Bright… come faccio a spiegartelo… io…- chiuse forte gli occhi e radunò ogni pensiero per trovare le parole giuste con cui confessargli la verità.
Sospirò.
- Io… ecco, vedi… non sono Re…- e nel mentre che era in procinto di aprirgli il suo cuore, notò un’insolita macchiolina nera offuscarle leggermente la vista. Era curioso, si disse. Dondolava a penzoloni da un occhio all’altro, come se fosse attaccata ad un filo invisibile.
Impiegò qualche minuto a capire. Si ammutolì, mise a fuoco, realizzò.
E quando ebbe realizzato cosa quella macchiolina nera fosse in realtà, per poco non le venne un mezzo infarto.
- R…- cominciò a balbettare, paralizzata dalla paura.
Bright l’osservò di sbieco, senza capire.
Lei si sforzò di mantenere la calma ed un minimo di dignità personale imponendosi di non fuggire a gambe levate strillando per tutto il lungomare come una pazza furiosa.
- R-ra…R-ra, ra…- balbettò ancora, mentre la macchiolina nera prendeva sempre più la forma di un innocente ragnetto che le si era impigliato tra i capelli.
Solo al secondo accenno di panico Bright fu in grado di capire cosa stesse turbando la quiete della finta turchina.
Le intimò di rilassarsi, sorridendole premuroso.
- Aspetta…- le sussurrò, avvicinandosi un poco per cercare di afferrare l’animaletto senza fargli male, ed allontanarlo da lei.
- Toglilo! Toglilo! – prese a supplicarlo Fine ormai in iperventilazione, agitando la mano che ancora reggeva il cono gelato ormai in poltiglia a mò di arma.
Soltanto quando Bright riuscì ad afferrarle il polso per impedirle di inondare entrambi con una pioggia di cioccolato lei si paralizzò all’istante, attendendo col fiato sospeso che lui le togliesse di dosso il piccolo aracnide che l’aveva scambiata per una comoda dimora. Per qualche strana ragione i ragni l’adoravano.
Avvertì il suo fiato caldo sul collo, occhi negli occhi, le bocche a pochi centimetri di distanza.
- Ecco fatto – le sorrise lui, dopo un istante che le parve un secolo passato ad osservarsi nelle pupille.
Fine sospirò, non senza un minimo di vergogna. Aveva fatto la figura della bambina, e per un ragnetto delle dimensioni più piccole di un’unghia. Si era coperta completamente di ridicolo. Ora le riusciva difficile perfino continuare il suo discorso.
- Scusami – mormorò avvilita, abbassando lo sguardo.
Lui sorrise. Avvertiva ancora il suo respiro a pochi centimetri di distanza.
- Non devi scusarti – le disse.
Lei sospirò.
- Sono proprio una sciocca. Avere paura di un misero ragnetto come quello. Sono proprio patetica. Eppure per quanto mi sforzi, proprio non riesco a superare questa mia debolezza – confessò.
Fu sul punto di riprendere il discorso di prima, ma la sua determinazione vacillò.
Si bloccò un istante a pensare. Poi proseguì: - Per questo ho deciso di provarci, quella mattina. Sono stanca di lasciarmi sempre ostacolare dalle mie paure. Così ho deciso di buttarmi. Di affrontare di petto la mia paura dell’acqua. Non so dirti cosa mi sia preso né come ci sia riuscita. So solo che all’improvviso ha funzionato. Abbastanza bene, direi – mentre le parole le uscivano di bocca come un fiume in piena, non poté fare a meno di sentirsi più meschina che mai. Bright ascoltava in silenzio, assimilando ogni sillaba.
- Non so dirti se sarei in grado di rifarlo. So che il mio è più un blocco psicologico che fisico. So solo che vedere mia sorella che ce la sta mettendo tutta a superare i suoi limiti, mi ha fatto venire voglia di provare anche a me. Anche se è facile tornare indietro sui propri passi – sospirò, osservando il ragnetto ormai distante scegliere un albero su cui costruire la propria tela.
Fine deglutì, la gola secca. Non aveva ancora il coraggio di alzare lo sguardo da terra.
Bright l’osservò un istante, poi sorrise afferrandole il mento con due dita e portandola a puntare gli occhi nei suoi.
- Ci sono paure che vanno superate, e altre che ti rendono semplicemente quella che sei. Non devi vergognarti di ciò che ti rende una persona vera. Tu sei così. Con la tua dolcezza, e la tua voglia di dolci – le sorrise – Tu sei questa, Rein. E io ti trovo adorabile. Con la tua paura per tutto ciò che ha otto zampe, granchi compresi, e la tua spropositata voglia di essere diversa, quando non ti accorgi che sei bella così come sei -
Si osservarono negli occhi. Si sorrisero. Arrossirono.
Fine sentì pervadersi da un profondo calore che andò ad inebriarle il cuore mentre quest’ultimo rimbombava precipitosamente sotto la gabbia toracica.
Poi vide Bright farsi sempre più vicino.
- B-Bright…- tentò di fermarlo impanicata, e non poté fare a meno di chiudere forte gli occhi non appena lo vide avvicinarsi all’improvviso.
Fu la sensazione di un attimo. Le gote ancora calde, il cuore e la testa che scoppiavano, e la sensazione di due labbra morbide premute sulla punta del naso che le lasciavano l’impronta umida di una confessione a metà.
Riaprì gli occhi di scatto, e lo vide sorridere ancora, a pochi centimetri dal suo volto.
- Eri sporca di cioccolato – si giustificò lui, riacquistando a poco a poco la distanza tra loro.
Fine non seppe dire se quello che successe dopo fosse per il caldo delle temperature estive, per il caldo che sentiva divamparle da ogni poro della pelle, o più semplicemente perché in tutto quel tempo ancora non aveva finito di consumare quel famigerato gelato ormai decomposto.
Fatto sta che accadde. E non ci sarebbe stato niente che lei avrebbe potuto fare per evitarlo.
Dopo la pessima figura che aveva fatto di fronte a lui quella mattina in spiaggia. Dopo essere stata salvata da un ragno grande meno di un’unghia.
Successe. E Fine non poté che rassegnarsi a collezionare anche quella tra le memorie di tutte le figuracce fatte in presenza di Bright.
Se non si mangia in fretta, si sa, il gelato si scioglie. E il suo aveva resistito fin troppo.
Difatti colò. Una dignitosa dipartita.
Colò. Tutto sui pantaloni di Bright.
E a lei non restò che scusarsi per l’ennesima volta, piena di vergogna e con i resti di un cono vuoto tra le mani.
 
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Quando giunsero a riva, stanchi e stremati per la fatica, con il cuore che scoppiava ed il fiato corto, Rein non poté fare a meno di accasciarsi inerme sulla spiaggia, distrutta.
Shade l’aveva accompagnata per tutto l’ultimo tratto, quando ormai si trattava solo di uscire a piedi dall’acqua, sorreggendola per la vita mentre lei gli era agganciata con un braccio alle spalle. Era talmente stremata e scioccata, che le gambe le cedevano da sole.
Si accovacciò sul bagnasciuga, ansante e con gli occhi sbarrati dallo spavento, le mani che arpionavano le ginocchia, riacquistando man mano lucidità.
Shade la squadrò un attimo per capire se stesse bene, poi si allontanò da lei di qualche passo, turbato.
Dietro di loro il mare si gonfiava imperterrito sotto il soffiare del vento, alzando la sabbia sottostante che vorticava feroce intorbidendo le acque. Nel giro di poco tempo le condizioni meteorologiche erano peggiorate in maniera imprevedibile, rendendo anche quel posto, all’apparenza protetto e sicuro, una Fossa delle Marianne.
Rein d’istinto sospirò, quasi avesse ripreso a respirare solo in quel momento. Aveva il cuore che rimbombava in gola e nelle orecchie, e il sangue che fluiva veloce nelle tempie. Tremava.
Non sapeva nemmeno lei come diavolo aveva fatto ad uscire dal suo impasse. Sapeva soltanto che le parole di Shade erano state come una scarica di adrenalina – un’overdose, visto lo spavento che si era presa – a cui lei ci si era aggrappata con tutta la forza possibile.
E nella nebbia della sua paura, nel buio del suo annichilimento, era riuscita a trovare la forza per nuotare almeno per quel tratto necessario a farli raggiungere un punto più sicuro. Da lì, poi, avevano proseguito a piedi senza dirsi una parola.
Una volta riacquistato un minimo di lucidità, provò a roteare lo sguardo intorno in cerca del moro.
Lo trovò poco distante, in piedi davanti a lei, di spalle, la mascella serrata e i pugni stretti fino a farsi quasi sanguinare i palmi delle mani.
Percepì qualcosa implodergli dentro.
- Shade…- provò a chiamarlo con voce arrochita mentre a quello montava in petto una rabbia incontenibile.
- Maledizione! – sbottò ad un tratto, tirando un pugno contro uno scoglio vicino, facendosi sanguinare le nocche delle mani.
Rein di fronte a quella reazione improvvisa, sussultò.
L’osservò massaggiarsi le nocche sanguinanti, senza che mostrasse il minimo cenno di dolore in volto. Non un’incrinatura, non un cedimento. Soltanto un immenso, profondo rammarico.
- Shade – provò di nuovo a chiamarlo, titubante – è tutto a posto?-
Si alzò in piedi barcollante, procedendo a passi incerti verso di lui, che per tutta risposta ancora non osava guardarla in faccia.
- Per niente! – esclamò, adirato contro se stesso per il pericolo a cui l’aveva appena esposta così sconsideratamente – Sono un idiota! Un completo idiota!- e ancora accennò a prendere a pugni lo scoglio con rabbia, quasi non gli importasse affatto di potersi rompere tutte le ossa della mano, ma lei glielo impedì.
Gli fu accanto in un attimo, nonostante la debolezza, fermandogli il braccio prima che lui potesse dargli l’impulso di colpire di nuovo, quasi gli avesse letto nei pensieri.
Gli arpionò l’avambraccio con tocco delicato, una carezza impercettibile che per un attimo sembrò destabilizzare la sua furia, i tendini ed i muscoli dapprima rigidi e in tensione che si scioglievano sotto il suo tocco malleabile.
- Va tutto bene – mormorò cauta, lui che ancora non osava guardarla negli occhi.
- Come puoi dirlo?! – abbaiò lui, nero di rabbia - Potevi annegare! Saresti potuta annegare e io non avrei potuto fare niente per… per…- cominciò a balbettare, sentendosi bruciare gli occhi di impotenza e frustrazione. Non trovò il coraggio di finire la frase.
Rein, per tutta risposta cercò un contatto con i suoi occhi.
- Guardami – gli disse solo.
Lui non osò accennare alcun movimento, ancora in collera, ancora a denti stretti. Allora lei si morse il labbro inferiore, prima di piazzarglisi davanti, prendergli la testa tra le mani, e costringerlo ad incastrare le iridi nelle sue.
- Shade, guardami – gli ripeté, più docile e malleabile avvicinando la fronte alla sua, e placando il suo respiro con il ritmo regolare del suo – Sono qui – gli disse – e sto bene –
Shade si morse il labbro con forza, ricacciando in gola la rabbia e le lacrime che premevano furiose per uscirgli dagli occhi. Le afferrò entrambi i polsi con le mani, costringendola ad intensificare la pressione di quel contatto sulle tempie. In quel momento desiderò che quel tocco fosse capace di incenerirgli il cervello.
- Scusami – riuscì a dirle in un soffio, riacquistando pian piano lucidità e calma, il respiro che si faceva via via più regolare – Non so cosa mi abbia preso. Io volevo solo… volevo solo…- cominciò a balbettare, prima di sentirsi nuovamente bruciare l’orgoglio di vergogna.
Rein gli sorrise comprensiva. Avevano entrambi gli occhi lucidi.
- Non devi scusarti – disse – è colpa mia. Mi sono lasciata prendere dal panico, e non sono più stata capace di reagire –
- Ti sei spinta più in là di quello che avrei mai potuto immaginare. La colpa è mia, che ho voluto costringerti a fare qualcosa ancora al di sopra delle tue capacità. Avrei dovuto capire che non eri ancora pronta. Invece mi sono lasciato prendere la mano, e ho finito per rovinare tutto quanto – asserì lui con amarezza e rammarico, una scintilla di rabbia che di nuovo gli si accese in petto, pronta a dare fuoco a tutto quanto se solo lui glielo avesse permesso.
Proprio ora che era così vicino ad un risultato. Era riuscito a mandare tutto in fumo.
Rein scosse la testa, ricacciando a forza alcune lacrime che cominciavano a pizzicarle gli occhi.
- Invece ti sbagli – gli disse sincera – Mi hai aiutata più di quanto immagini – ed era vero, poiché le parole che aveva pronunciato in acqua erano state per lei come un’illuminazione, un’iniezione di verità e di consapevolezza. Perché Rein sapeva benissimo che nonostante la paura, Shade era riuscito a trovare la forza per entrambi per spingerli ad andare avanti.
Il modo in cui le si era rivolto, con fermezza e determinazione, d’istinto, era stata per lei la dose di coraggio che le serviva per sbloccarsi, per uscire finalmente dalla gabbia.
Non sapeva bene neanche lei spiegarselo con certezza, sapeva solo che nell’istante preciso in cui lui le aveva chiesto di immaginare che fosse Fango, una scarica di adrenalina, un pizzicore che le era partito dal cuore andando ad infiammarle la colonna vertebrale, le aveva aperto gli occhi, rendendola conscia di una verità che dapprima si ostinava a negare, o più semplicemente che non riusciva a vedere. Perché nella richiesta del moro di essere visto solo per un momento come il suo più grande amore e dolore, e guardandolo in quegli occhi magnetici così simili a quelli del suo ex che le aveva sbriciolato il cuore, Rein non aveva visto altri che Shade, e aveva sentito in petto montarle un desiderio ancora più forte di quello di voler dimostrare a Fango che era cambiata, e che non aveva più bisogno di lui. Era stato immediato ed illuminante quasi come un istinto di sopravvivenza.
Non aveva avuto bisogno di immaginarsi il volto del castano sovrapporsi a quello del moro, perché improvvisamente in petto le si era accesa una determinazione ancora più forte, ossia quella di voler dimostrare non a Fango, ma a Shade, lo stesso Shade che era accorso in suo aiuto in balia delle onde e l’aveva vista piangere, e l’aveva vista arrabbiarsi, ridere, impaurirsi, soffrire, tremare, sbraitare, smentirsi, fare figuracce, che niente e nessuno avrebbe più potuto abbatterla.
Ed era stato allora, e solo allora, con quella consapevolezza ad infiammarle la lingua, che le sue gambe avevano incominciato a muoversi sotto l’impulso di una nuova volontà, e aveva cominciato a nuotare, concentrata sull’obiettivo.
Era stato come un barlume di lucidità in mezzo al caos, un lampo sonoro in una buia notte di temporale.
Rein ci aveva finalmente creduto con tutta se stessa, che a nuotare fosse capace anche lei. Che non era solamente lei ad avere bisogno di aiuto. Che la vita di entrambi dipendeva soprattutto da lei, e dalla sua capacità di reagire al pericolo.
E l’aveva fatto, seppur stremata, l’aveva fatto, seppur terrorizzata. Un passo alla volta lei e Shade si erano condotti a riva l’un l’altra.
Era incredibile quanto poco bastasse ad avvicinare, fino quasi a sfiorarsi, due cuori all’apparenza così distanti. Perché avrebbe potuto negarlo fino allo sfinimento, se avesse voluto, ma dentro di sé sapeva con certezza di aver percepito il proprio cuore aprirsi per lasciare un piccolo spiraglio attraverso cui quello di Shade potesse penetrare per mettervi radici.
La cosa, non poteva negarlo, le aveva fatto paura. Molto. Perché ammetterlo significava ammettere una verità ancora più grande e spaventosa, e cioè dare a Fine un enorme dispiacere, una pugnalata diretta intenzionalmente al cuore.
Pensarlo le provocò un mancamento d’aria. Non appena le capitò di rincrociare gli occhi di Shade, a separarli ancora la distanza di un respiro, si scostò da lui bruscamente, spaventata, irrigidita, quasi avesse appena accostato la pelle ad una fiamma, finendo inevitabilmente per bruciarsi.
Shade l’osservò ritrarsi di scatto perplesso, ignaro delle emozioni che le implodevano dentro.
Non appena i loro sguardi si incastrarono nuovamente, Rein accennò un timido sorriso, quasi si fosse accorta soltanto in quel momento di aver osato troppo, di essersi spinta oltre.
Shade si schiarì la gola, mentre in petto il battito cardiaco riprese a stabilizzarsi. L’incendio si era ormai dissolto.
- Direi che per oggi quello che abbiamo fatto è stato fin troppo – asserì, osservando il mare agitarsi davanti agli occhi, con una punta di amarezza nella voce e il senso di colpa che non accennava ad affievolirsi.
Rein annuì passiva, a sguardo basso, seguendo il percorso delle sue impronte sulla sabbia. Shade terminò di raccattare i teli, caricandoseli in spalla.
Pareva aver riacquistato lucidità. Quel momento di intimità così forte tra loro sembrava già essere stato cancellato. Avrebbe voluto possedere la stessa fermezza di Shade, in quel momento, che nemmeno pareva essere stato sfiorato dal fatto che i loro respiri, ancora una volta, se solo avessero voluto entrambi, avrebbero potuto fondersi insieme nel sapore di un bacio
Rein deglutì.
Inevitabilmente, qualcosa stava cambiando, e la stava cambiando. Non seppe dire, però, se anche per Shade fosse lo stesso.

Angolo Autrice:

Ohilà, quanto tempo che non bazzico per questo fandom!
Sarò sincera: non so se ci sia ancora qualcuno interessato a questa storia, ma chi mi conosce lo sa bene. Quando inizio una cosa, io voglio portarla a termine, dovessi metterci cent'anni (il che è un pò quello che sto attualmente facendo, vista la data dell'ultimo aggiornamento... ehm ehm...)
Comunque.
Mi piange il cuore avere poco tempo e poca ispirazione. Dico sul serio. Perché il finale della storia ce l'ho, deve solo essere scritto. è tutto il "durante" che manca di alcuni pezzi fondamentali che non so come rendere al meglio, almeno per ora. Questo mi manda in crisi. Perchè purtroppo il tempo per scrivere è sempre poco, e io vorrei invece soltanto vedere il mio lavoro compiuto a dovere. 
A tutti voi, se ancora ci siete, dico di non demordere. Di avere pazienza. Perchè come vedete, torno sempre ogni tanto a fare capolino.
Grazie a chi c'è, e a chi ancora legge. Spero di continuare, anche dopo tanto tempo, a regalarvi una piccola emozione.
Per quanto riguarda il capitolo, diciamo che arriviamo ad una degna conclusione di come avevo lasciato in sospeso quell'altro. Come preannunciato, le cose per le due gemelle stanno cambiando, e tra i due ragazzi Bright sembra abbastanza convinto della sua scelta... cosa succederà?
Portate pazienza (tanta), ma vi prometto che prima o poi lo scoprirete!

Baci sparsi a tutti

_BlueLady_

 




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