Dragon
Ballad
Alla
fine del
bosco, storie ed aneddoti si intrecciano in un'infinita foschia tra
sogno e realtà.
Il
giovane
principe, non tanto smarrito, quanto genuinamente curioso, ne segue
le tracce: ecco, quel masso, proprio come nella storia dei Primi
Eroi; oppure quell'albero, dalla corteccia così magnifica
che sembra
intarsiata da mani leggendarie, che appare sempre nei racconti delle
grandi imprese. E poi la nebbia, che passo dopo passo si fa sempre
più fitta e allo stesso tempo fa battere sempre
più forte il suo
cuore, che quasi galoppa nelle sue orecchie.
È
il richiamo del
sangue, sussurra la stanca ma gentile voce di sua madre. Un ricordo,
certo, che sembra però accompagnarlo per mano, quasi anche
lei
facesse parte di quelle storie che una volta gli raccontava.
Non
sente più la
voce dei suoi giovani compagni – non quella del suo scudiero,
che
immagina già perlustrare nel panico la radura con i suoi
grandi
occhi verdi; neanche quella del proprio consigliere, che già
immagina dirigere i pochi presenti come un esperto corpo di ricerca
per trovarlo.
Ma
all'erede al
trono tutto questo non interessa, non adesso: il sentiero si
è fatto
stretto, tra le fronde degli alberi più bassi, umido e buio
come
nelle ballate che ogni tanto suo fratello provava a suonare nella
semioscurità della loro stanza.
Non
ricorda bene i
versi, ma sa che deve proseguire: “lì”,
intona la voce dei
ricordi nella sua testa, “si nascondono le nostre radici,
là dove
i nostri avi volavano felici, qui il cielo non ci accoglie
più,
siamo costretti a rimaner giù”.
Storie
su storie si
intersecano nella sua mente, mentre bada poco agli stivali di pelle
pregiata che affondano quasi nel terriccio scuro e fertile che ha
lentamente sostituito il sentiero fatto di pietre. Cammina da quanto,
ormai? Difficile dirlo, il sole non filtra quasi più tra le
chiome
degli alberi secolari che, imponenti, sembrano avvertirlo: torna
indietro, giovane principe, finché sei in tempo.
Poi,
all'improvviso, la luce ritorna.
Si
apre una grande
radura davanti ai suoi occhi, dove il sole tinge di arancio gli
arbusti che popolano un lembo roccioso che, dopo forse una
cinquantina di metri in discesa, crolla rovinosamente in uno
strapiombo di morte, dove l'aria, finalmente libera dagli alberi,
viene sferzata dai venti.
Lì,
in quel misero
spazio, si stagliano alcune capanne. Hanno un'aria grigia, smunta,
persino sotto il cremisi colore del tramonto. Chiunque vi abbia
abitato, le ha abbandonate da tempo.
Shouto
fa un passo
avanti, la mano stretta sull'elsa della spada: è curioso, ma
cauto.
Potrebbero comunque nascondersi briganti e criminali, lì, di
certo
per niente interessati a rendere il luogo abitabile, così da
trarre
in inganno disorientati avventurieri.
Nonostante
la sua
attenzione, però, ben presto si trova a terra, attaccato
alle
spalle, con una spada consunta puntata al collo e ben prima che
riesca anche solo a pensare di reagire.
Il
colpo che riceve
alle spalle è impietoso, lo fa rovinosamente cadere in
avanti mentre
un corpo, vivo, fa di tutto per tenerlo a terra, schiacciato
sull'erba. A nulla valgono anni di addestramento come cavaliere;
chiunque sia il suo assalitore, di certo non conosce i codici della
cavalleria.
«Che
pensavi di
fare, eh? Bastardo!»
Urla,
lo
sconosciuto, in una voce grave e graffiata, che quasi si lascia
andare ad un ringhio difensivo che in, un primo momento, atterrisce
il principe; Shouto prova a dimenarsi, a liberarsi dalla presa, ma
l'unico risultato che ottiene è essere afferrato per i
capelli, il
volto sollevato con violenza da una parte.
«Mi
sono perso!»
esclama, perché di certo lo trova più credibile e
più furbo che
ammettere di essere il principe del più vicino regno e di
star
cercando le tracce delle origini delle storie di sua madre.
«Non
volevo invadere il tuo territorio, ma ora lasciami andare!».
La
violenza cessa
di colpo. Il suo scalpo, dolorante, viene lasciato andare e anche il
peso sulla sua schiena viene a mancare. Shouto riesce finalmente a
portarsi a sedere e, non solo, a brandire la spada in uno zelo
difensivo. Potrebbe non essere fortunato due volte di seguito.
Di
fronte a lui,
sta quello che sembra un ragazzo all'incirca della sua età.
Biondi
capelli spinosi ricordano la chioma di un leone, gli occhi piccoli e
diffidenti, rossi come il tramonto alle sua spalle, lo squadrano con
il velo del dubbio. È vestito di abiti poveri,
sì, ma sembrano
volutamente barbari: un grande mantello, infoltito da una pelle
chiara, copre le sue spalle, segnate dall'inchiostro di simboli
tatuati di cui però non conosce il significato.
La
spada che fino a
poco prima era poggiata contro il suo collo ora scintilla, inerme,
tra le mani del ragazzo, ancora chino a terra da quando lo ha
lasciato andare.
«Sul
tuo volto»
mormora, mentre si alza in piedi, il tono minaccioso ma calmo, il che
sembra renderlo ancora più pericoloso. Lo indica,
sprezzante, con la
punta della sua lama. «Sei stato toccato dal fuoco di un
drago».
Todoroki
sbatte le
palpebre, confuso, prima di portare istintivamente la mano sull'ormai
eterna cicatrice che deturpa la parte sinistra del suo volto sin da
quando ne ha memoria, causata incautamente da sua madre anni ed anni
prima.
«Non
so di cosa
parli» replica, senza abbassare la guardia. «Fu un
incidente. Di
certo, non ho mai visto un drago».
Il
giovane
selvaggio sembra ancora troppo preso dai propri pensieri per
prestare attenzione a quanto ha detto: continua a fissarlo, a
studiare i dettagli del suo corpo, il suo peculiare colore di capelli
che, esattamente al centro della sua nuca, varia bruscamente dal
rosso al bianco, come neve su un campo di battaglia.
All'improvviso,
lo
sconosciuto stacca da una delle sue collane (numerose, di colori e
dimensioni diversi) quello che pare un dente di una bestia dipinto e,
senza alcuna esitazione, glielo lancia addosso. Colto alla
sprovvista, Shouto non riesce a schiavarlo.
E
il suo corpo –
almeno, metà del suo corpo, sembra
andare in fiamme.
Non
brucia, non gli
fa male ma i suoi occhi non lo ingannano: braccia, torace, bacino,
gambe – tutta la parte sinistra del suo corpo va a fuoco e
consuma,
fino a farlo sparire, tutto quello che indossa. La sua mente va nel
panico, inizialmente lo convince che prova dolore anche se non
è
vero; è assurdo, contorto e terribilmente perverso.
«Che
cosa mi hai
fatto?!» e, al suo urlo rabbioso, le fiamme sembrano
alimentarsi.
«Ti
ho
smascherato, figlio del drago traditore». La voce lo
raggiunge anche
se lo sfrigolare della stoffa gli invade le orecchie e sembra non
volersi fermare. «Tu sei il figlio di Endeavor, il maledetto
bastardo che mi ha rubato tutto!»
Non
è un nome
nuovo, Shouto lo sa. È una parola familiare, seppellita
negli angoli
della sua mente che pure non riesce a far riemergere. Il suo sguardo
confuso sembra irritare ancora di più il ragazzo, che
schiocca la
lingua e gli lancia un altro dei suoi denti di bestia, che finalmente
placano le fiamme. Il principe è ora nudo, chino sulla terra
a cui
lui stesso ha dato fuoco, mentre si tocca con aria allucinata la
pelle ancora perfetta, affatto segnata dal fuoco.
«Endeavor,
il
drago del Secondo Sole» Indica oltre lo strapiombo, il
biondo,
mentre con stizza si toglie il mantello e glielo lancia.
«Viveva
giù, in fondo alla valle. Voleva creare un regno per soli
draghi, ma
non sono creature in grado di vivere in gruppo. Quindi, li ha resi
vulnerabili, costretti a vivere assieme. Li ha resi
umani».
Shouto
si chiude
nel mantello, perplesso. Se non fosse andato a fuoco un attimo prima,
si sarebbe già convinto che questo giovane stia delirando,
che è
risaputo che i draghi si siano estinti da secoli.
«Dopo
averli resi
umani, li ha incantati e li ha portati oltre il bosco. Si sono
dimenticati di chi sono veramente».
«Non
so di cosa tu
stia parlando, ma io sono il figlio di Enji Todoroki, sovrano di
Nibiru» riesce finalmente a dire, mentre si solleva. Il
mantello che
indossa ha l'odore della selva e del fuoco, come se fosse stato
più
e più volte cosparso di cenere. «Credo tu abbia
passato troppo
tempo da solo, i draghi sono svaniti secoli fa».
«Ah,
ma davvero? E
allora ricordi davvero come ti sei procurato quella
cicatrice?
I draghi sono immuni al fuoco, tranne a quello dei propri simili. Le
bruciature del fuoco di drago disintegrano il corpo umano oppure
lasciano segni violacei. Come il tuo. Ma solo sugli altri
draghi».
Cala
la notte e
Shouto finalmente ripercorre il bosco al rovescio. Stringe ancora
quel mantello sulle spalle e non solo per non mostrarsi nuda, ma
è
come se lo aiutasse a rendere i pensieri che gli invadono la mente
meno pesanti. Ma i suoi passi sono accompagnati da quelli del
ragazzo.
Il
suo nome è
Katsuki Bakugo. A detta sua, non sa quanti anni abbia con precisione,
ma ha sempre vissuto lì, oltre il bosco; lui non discende
certo dai
draghi, gli ha detto, ma ha sempre vissuto al loro fianco. Ecco
perché ricorda ed ecco perché è
rimasto indietro. Quando
“Endeavor” (che, si è convinto, deve
essere proprio suo padre,
il re) ha reso i draghi umani, lui ha perso l'unica famiglia che
abbia mai avuto.
«Altezza!
Altezza!» Le voci che lo raggiungono sono quelle piene di
apprensione dei suoi amici, ancora vicini a quel sentiero che, per
primo, lo ha guidato non solo nelle storie dei suoi ricordi, ma in
una storia assurda di cui non è sicuro di far parte.
Il
primo a farsi
avanti è Midoriya, gli occhi acquosi per via delle lacrime
che deve
aver versato mentre lo cercavano. Accorre nella sua direzione,
sussulta quando lo trova nudo, coperto solo di un mantello sudicio e
mai visto e sbianca, poi, nel constatare che c'è un'altra
persona al
fianco del suo principe.
«Altezza,
chi è
questo--»
«Cerchi
rogne,
pulce? Ci metto due secondi a farti a pezz--».
Un
colpo di tosse
di Shouto copre, seppur con ritardo, la minaccia per niente velata di
Bakugo.
«Si
chiama
Katsuki».
«Bakugo».
«...
Bakugo. Mi
sono perso come uno sciocco e mi ha aiutato a tornare indietro.
È
burbero, ma voglio ringraziarlo a dovere».
Anche
Iida li
raggiunge. Il monocolo che indossa è tutto appannato dal suo
correre
da una parte all'altra del limitare della foresta e la stanchezza
è
evidente sul suo volto. Shouto si sente, improvvisamente, in colpa.
«Siete
sicuro che
sia una buona idea portarlo al castello?»
Lo
sguardo di
Bakugo si sofferma sui due, con disprezzo; un attimo dopo, incrocia
le braccia e distoglie lo sguardo – a quanto pare, a suo
giudizio,
nei due ragazzi non scorre sangue di drago.
«Ne
sono certo.
Voglio ricompensarlo e, inoltre... può aiutarci a mappare
con
precisione questi boschi, dato che nessuno vi si addentra
mai».
È
così, sul
limitare di un bosco impenetrabile, affiancato da due amici e forse
un folle, che Shouto Todoroki inizia una di quelle avventure che si
narrerà, per sempre, nelle ballate attorno al fuoco.
Note: Il mio primo progetto per
questa storia era tirarne fuori una long, poi altre idee, altre
progetti e questa è rimasta in un angolo, un po'
dimenticata. A dirla tutta, non mi sento molto a mio agio con Todoroki
e Bakugo, quindi ho sempre un po' paura a scriverli... Le AU mi tolgono
tanti freni e, dato che questo era letteralmente l'incipit della storia
(e ne sarebbe uscito un po' più di materiale, in effetti, ma
tant'è) ho deciso di provare.
Chissà che
non recuperi la voglia di approfondirla, in futuro... ?
(Sì, lo dico
sempre MA NON SI SA MAI).
Spero vi possa piacere
♥
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