La Locanda dei Cancelli della Notte

di The Wanderer
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Della notte e della Luna sfuggente

Del silente rimembrare di epoche antiche, echi di morte storie

Ossa nel profondo della terra coltivata

Il lascito di uomini che vissero tra la terra ricoperta di foglie imbrunite, rosse accese

e tramonti dal sapore di tacito rimembrare di lande distanti,

Un cinghiale e una lepre smuovono l'erba

Il lascito del profondo dell'abisso in cui tutto ritorna, tutto diviene, nulla non esiste


La Locanda dei Cancelli della Notte

con strani figuri

dalla Bella maga al Ladro ubriaco un sorriso d'intesa attraversa l'aria appesantita dal vociare dell'affollata taverna


Una lama fulminea penetra la nuca dell'individuo ubriaco, sbavante e ridacchiante catarro in fronte al lesto Ladro più ubriaco della sua vittima.


Un sorriso tra la Bella e il Ladro, e svaniscono tra i loro cappucci, nella profondità della notte.


Mentre il poveraccio si dissangua, tossendo, provando a pronunciare le sue ultime parole, ma riuscendo ad emettere rantoli e gorgoglii sinistri dal profondo del suo stomaco. Vomita sangue. Ma non rovina la cena a nessuno.


Tra le pianure illuminate dal pallido biancore lunare, la Bella e il Ladro si baciano intensamente, come dopo ogni volta che un contratto finiva.


Ancora vivi. Ancora una volta. Ancora di più. Ancora più ricchi. La brezza leggera dell'Estate con le dita affusolate del biondo del grano accarezza i capelli alla Maga, che richiama i cavalli. Tra la falce di Luna crescente e le stelle tra il rossastro del crepuscolo i destrieri dall'aria discendono, prendendo consistenza, lentamente, frutto di un'evocazione. Scapparono via veloci, lasciandosi alle spalle pietra, oro e acciaio, tornando tra i boschi dell'Autunno perenne.


Ambedue uccidevano o derubavano per vivere, per respirare a fondo l'essenza del legno e della fiamma, del fiume e del gelo delle tombe, e dei solitari segreti della notte più blu e leggera, che tutto muta e tutto ritorna, caduco ricordo di epoche distanti. E per provare ancora più passione di quella che i loro corpi nudi potevano trasmettere l'un l'altro. Si spogliarono lì, in mezzo al fieno estivo.


Con la brezza notturna che accarezzava loro la pelle, labbra e carne che sublima, contorcendosi, sudando, riversando sospiri e grida verso la profondità delle stelle che saggiamente osservano per sempre e per sempre ancora le vite mortali. La Maga e il Ladro si scambiano promesse che sanno di eternità.


Ma l'eternità, come gli dei ben sanno, appartiene ben poco agli uomini, possono scorgerla, per qualche attimo, e l'amore, la passione bruciante che consuma l'anima del Ladro, come una candela, squarcia la notte e ne eviscera i misteri. Le sorride. Anche lei sorride.


Con un ago buca la carotide del suo amante. Prende la borsa piena d'oro, nuda, dopo aver aspettato che l'uomo si dissanguasse sopra di lei. Sotto la luce della Luna il sangue assume quasi il colore del vino.


Lentamente, si spoglia delle sue sembianze umane, per tornare tra le tenebre striscianti e tra gli orrori nascosti dal sussurrare del vento tra le fronde degli alberi scuri, e alla terra inumidita dalla foschia che scivola fuori dal sottobosco proprio prima dell'Alba.








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