Rebirth
Cap.
1: Death Eraser
“Just a day,
Just an ordinary day.
Just trying to get by.
Just a boy,
Just an ordinary boy.
But
he was looking to the sky….”
Ordinary
Day - Vanessa Carlton
“Solo
un giorno,
Solo
un giorno qualsiasi,
Cercando
soltanto di tirare avanti,
Solo
un ragazzo,
Solo
un ragazzo qualsiasi,
Ma
che stava guardando il cielo….”
Sicuramente
suo padre pensava che lei non
l’avrebbe mai fatto, che non sarebbe mai stata tanto curiosa.
Del resto, per
lui era un semplice strumento da lavoro, e sicuramente non pensava che
avrebbe
mai attirato l’attenzione di sua figlia.
Alla
fine, era un semplice quaderno nero,
no? E allora per quale motivo sembrava considerare
l’elementare atto di scriverci
su come una sorta di lavoro?
-
Non
toccarlo mai.
Ecco
cosa le aveva sempre ripetuto, sin
da quando era piccola. Le aveva detto che era una sorta di agenda, ma
lei non
ci aveva mai creduto.
Suo
padre aveva sfruttato per diciotto
anni quella sorta di timore reverenziale che provano i bambini per
ciò che
hanno vicino, ma non possono avere.
Ma
gli anni erano passati, e Sayuri non
era più una bambina. Quell’avvertimento non la
toccava più di tanto.
E
poi, aveva scoperto che quel quaderno
non era l’unico, ma che in casa ce n’erano almeno
due. Sicuramente suo padre
non si sarebbe arrabbiato se ne avesse preso uno, anche solo per darci
un’occhiata. Anzi, impegnato com’era, non si
sarebbe nemmeno accorto della sua
scomparsa.
Il
suo piano era perfetto. Era tornata a
casa prima da scuola, e non aveva trovato nessuno ad ostacolarla.
Aprì
la porta dello studio. Non era mai
stata in quella stanza da sola… la tentazione di restare a
guardarsi intorno
era forte, ma lei non doveva perdere tempo… suo padre era un
tipo
imprevedibile, sarebbe potuto tornare anche in quel preciso momento, e
allora
l’avrebbe beccata con le mani nel sacco.
L'impresa
sembrò essere più semplice del
previsto. Il quaderno nero, infatti, era proprio lì, sulla
scrivania… le
sarebbe bastato tendere il braccio per toccarlo.
Sayuri
si soffermò qualche secondo per
contemplarlo. La copertina era nera e lucida, e sopra c'era una scritta
in
inglese.
-
Death Note… - mormorò la ragazza,
leggendo.
Quaderno
della morte. Sicuramente non era
un titolo incoraggiante, e forse qualcun altro avrebbe considerato
più saggio
lasciarlo lì, ma molto spesso è la
curiosità ad avere la meglio.
Fremente
per l'emozione, Sayuri sfiorò la
copertina, per poi afferrare il quaderno con le mani tremanti.
Ora,
tutte le sue curiosità di quando era
bambina su quel misterioso oggetto sarebbero state soddisfatte. Avrebbe
finalmente saputo cosa quel quaderno veramente fosse.
Lo
aprì, e cominciò a sfogliarne le
pagine.
La
prima cosa che vide fu una serie di
regole.
"La
persona il cui nome sarà scritto su questo quaderno
morirà…".
Sayuri
le lesse tutte, una ad una… ma suo
padre non avrebbe mai potuto usare un oggetto del genere, no?
Girò
pagina.
Davanti
a lei comparve una lista di nomi.
Mano a mano che andava avanti, però, vide che accanto ai
nomi erano state
aggiunte anche altre informazioni: Suicidio…
Incidente stradale….
Tutte
maniere per morire. E, con lo
scorrere delle pagine, aumentavano anche i particolari… come
se tutto facesse
parte di un disegno prefissato… le mani della ragazza
muovevano le pagine
sempre più velocemente, e tremando sempre di
più… la grafia cambiava, ma i nomi
continuavano… centinaia di persone, tutte morte…
tutte uccise ….
Stava
cominciando a sudare freddo. Il
pensiero che suo padre, e dunque, in qualche modo, anche lei, fosse
stato
coinvolto in una serie di omicidi non le piaceva affatto.
-
Vedo che sei scioccata….
Una
voce proveniva da dietro di lei. Si
voltò.
Urlò,
più forte che poté. Ciò che aveva
davanti a sé… no, non poteva esistere.
Era
una specie di mostro, uno di quegli
esseri che vengono a trovarti soltanto negli incubi… con la
differenza che, in
quel caso, non si trattava di un incubo, bensì della
realtà….
Ma
non era decisamente il caso di farsi
prendere dal panico, pensò Sayuri vedendo che il mostro
esitava nel far di lei
un sol boccone.
-
Che cosa… chi sei?
-
Mi chiamo Ryuk, e sono uno shinigami…
più precisamente, lo shinigami di quel quaderno che ora stai
tenendo in mano.
Sayuri
si lasciò andare sulla poltrona lì
accanto.
Uno
shinigami. Un dio della morte. Ma non
esistevano solo nelle favole?
-
Quindi… questo quaderno è tuo, giusto?
- disse la ragazza, senza fiato.
-
Non proprio. Il proprietario del
quaderno è, per ora, tuo padre… Light Yagami.
Che
situazione balorda. Suo padre… anche
lui aveva ricevuto la visita di questo tizio?
-
E perché posso vederti?
-
Hai toccato il quaderno, e solo coloro
che toccano un quaderno della morte sono in grado di vederne lo
shinigami.
Sayuri
si rigirò il quaderno tra le mani.
-
Quanti quaderni possiede mio padre?
-
Tre… anche se, per ora, sono l'unico
shinigami in circolazione!
Tre
quaderni. Tre strumenti di morte.
Ryuk
rise.
-
Sconvolta, non è vero?
Sayuri
annuì.
-
Se vuoi, puoi utilizzarlo… basta che ci
scrivi sopra un nome, aspetti quaranta secondi e… tac,
è fatta!
-
Non se ne parla nemmeno! Non sono
un'assassina.
-
Va bene… contenta tu!
Lo
shinigami assunse un'aria divertita…
evidentemente aveva qualcosa in mente.
-
Che c'è? - domandò la ragazza, un po'
stizzita.
-
Te lo dirò… se prima tu mi darai una
mela!
L'espressione
follemente divertita di
Ryuk non fece altro che alimentare la sua curiosità, e
Sayuri si vide costretta
ad accettare la proposta dello shinigami.
-
Mi raccomando, che sia rossa e bella
croccante! - le disse Ryuk mentre stava uscendo dalla stanza.
Che
brutta faccenda, pensò Sayuri mentre
raggiungeva la cucina. Sicuramente si trovava in una di quelle
situazioni in
cui ci si ritrova coinvolti senza volerlo.
E
suo padre… lei lo vedeva come un uomo
tranquillo… aveva sempre voluto il bene per lei e per sua
madre, o almeno così
le sembrava.
Invece,
sembrava proprio che non fosse
così. Le sembrava tutto piuttosto irreale. Se suo padre
aveva scritto quei nomi
su quel quaderno, allora era un assassino… lui, che aveva
fatto della cattura
dei criminali la vocazione della sua vita.
E
lei… cosa avrebbe potuto fare?
Ostacolarlo? E come? E poi… in fondo, era comunque suo
padre….
Prese
una mela dal frigo… rossa e
croccante, proprio come lo shinigami aveva chiesto.
-
Tieni, - disse la ragazza lanciando la
mela a Ryuk, - e ora dimmi che cosa hai in mente.
-
Sei una piccola amante della vita,
giusto? Trovi l'idea di uccidere qualcuno ripugnante. Nonostante
ciò, ho
un'opportunità anche per te, anche se non hai intenzione di
usare il quaderno.
Ryuk
continuava ad avere un tono divertito.
Chissà cos'aveva in mente….
-
Apri il cassetto, e prendi il quaderno
che ci troverai dentro.
Sayuri
obbedì, sempre più sconcertata.
Dentro il cassetto, un altro quaderno, uguale a quello che aveva
trovato prima.
-
Ora, ti darò un'opportunità che pochi
umani hanno mai avuto, nonché un'ulteriore fonte di
divertimento per me….
Ryuk
trafficò un po’ con quello che,
apparentemente, era il suo costume, e ne estrasse qualcosa.
Quel
qualcosa, che Ryuk ora teneva nella
mano scheletrica, era una gomma… sembrava una gomma normale,
ma qualcosa diceva
a Sayuri che non era proprio così.
-
A cosa serve quella gomma? E perché
dovrebbe essere… divertente?
Lo
shinigami lasciò trascorrere qualche
secondo prima di rispondere. Si stava proprio godendo il momento.
-
Divertente perché… beh, non si sa mai
quali potrebbero essere le conseguenze delle azioni di voi umani!
Quanto
all'utilità di questo oggettino… beh, se tu
cancellerai con questa un nome dal
Death Note che hai appena tolto dal cassetto… la persona con
quel nome tornerà
in vita!
Sayuri
osservò attonita Ryuk che le
posava la gomma sul palmo della mano.
Aveva
ora il potere, anche dopo tanti
anni dalla sua morte, di far rivivere una persona.
-
Ora, non ti resta che sfogliare il
quaderno… e scegliere!
Sayuri
prese in mano il quaderno, e lo
aprì.
Di
nuovo, migliaia di nomi scorsero
davanti ai suoi occhi. Nessuno in particolare la colpiva, erano quasi
tutti
nomi comuni, e senza un significato particolarmente illuminante.
Chissà
chi erano, o chi avevano
lasciato….
La
scrittura era elegante, ma sicuramente
diversa da quella, più ordinata, di suo padre…
questo significava che non era
stato lui l'unico possessore del quaderno.
Ad
un tratto, però, la scrittura cambiò,
e la cosa peculiare era che il cambiamento riguardava soltanto due
nomi, e non
una lista.
E
poi… chi mai avrebbe potuto scrivere in
quel modo? La scrittura era eccessivamente spigolosa, tremante, come se
l'autore avesse avuto qualche difficoltà a tenere in mano la
penna.
Non
solo, ma non si trattava nemmeno di nomi
giapponesi, ma inglesi o americani; il secondo, in particolare, sarebbe
sembrato inusuale anche in un paese anglofono. Sayuri lo lesse con gli
occhi.
L
Lawliet.
Un
nome formato da una sola lettera non
era certo comune, anche nella stranezza di certi nomi che gli americani
amavano
dare.
E,
più forte di quello provato per gli
altri nomi, un desiderio di sapere chi ci fosse stato dietro invadeva
Sayuri.
-
Se cancello il nome di una persona, mi
sarà possibile poi incontrarla? - domandò Sayuri
allo shinigami.
-
Questo non lo so - rispose Ryuk - ma
penso che sia probabile di sì, soprattutto se la persona
è morta nelle
vicinanze.
Sayuri
tornò a fissare il nome. Chi era
quella persona? Un anziano, un ragazzo, o magari un bambino? Un
criminale, o un
innocente? C'era solo un modo per scoprirlo….
Sayuri
sapeva che nessun altro nome
l'avrebbe mai colpita in quel modo, e che anche andando avanti nella
lettura
non avrebbe cambiato idea. Era sempre stato così, per lei:
la prima scelta si
era sempre rivelata la più convincente.
Così,
con un gesto deciso, passò la gomma
su quel nome, e quello, quasi per magia, scomparve, pur essendo stato
scritto
ad inchiostro.
-
Ho scelto - disse la ragazza,
restituendo il quaderno e la gomma a Ryuk.
Lo
shinigami prese i due oggetti, poi
sfogliò il quaderno, sicuramente per scoprire il nome che
era stato cancellato.
Quando vide il vuoto lasciato dalla cancellatura, scoppiò a
ridere, ancora più
fragorosamente di prima.
Sayuri
guardò l'orologio. La faccenda del
quaderno l'aveva presa così tanto che si era completamente
dimenticata che
sarebbe dovuta uscire con le sue amiche, o, come lei amava definirle,
"compagne di sventura"… tutte figlie di colleghi di suo
padre, che
non facevano altro che ostentare in ogni modo la loro ricchezza. Non
era decisamente
esaltante, specialmente dopo aver passato con loro diciotto anni di
vita, ma
aveva un appuntamento con loro e dare buca o arrivare in ritardo
sarebbe
sembrato poco carino… dunque, doveva assolutamente muoversi,
e quello shinigami
che continuava a ridere non l'avrebbe certo aiutata.
-
Che c'è, ora? E non provare a farmi
rosicare, devo uscire e sono già in ritardo.
-
Hai scelto molto bene, ragazza… sarà
proprio un bello spettacolo… ci voleva proprio, dopo tanti
anni….
Sayuri
sospirò. Non aveva alcuna idea di
ciò che Ryuk avrebbe giudicato "divertente", ma aveva la
strana
impressione che non si trattasse di qualcosa di buono… del
resto, si trattava
di un dio della morte.
-
Dovrai seguirmi per tutto il tempo? -
domandò la ragazza.
-
No… non sei la proprietaria del
quaderno, perciò non sarai costretta ad avermi tra i piedi
tutto il giorno.
-
Ah… meno male…. - si lasciò scappare
Sayuri.
-
Perché… non mi trovi divertente?
-
Temo proprio che la nostra definizione
di "divertente" sia un po' diversa, sai? - rispose la ragazza,
sorridendo.
-
Comunque, ora devo proprio scappare, -
continuò Sayuri, - … buon divertimento!
Sì,
e spero di non doverti mai più vedere, anche se sei simpatico,
pensò, mentre si dirigeva verso la sua camera.
Di
tutto ciò che aveva pensato riguardo
quel quaderno nero, niente involveva la morte di qualcuno, e ancora
meno la
presenza di un dio della morte. Per fortuna, la richiesta dello
shinigami non
era stata particolarmente gravosa, e lei si sarebbe potuta lasciare
tutto
allegramente alle spalle… tanto, la possibilità
di trovare un inglese morto in
Giappone e di riconoscerlo ed incontrarlo era irrisoria, con tutte le
persone
che abitavano lì!
Semplicemente,
aveva fatto tornare in
vita una persona, e magari questa, pur non conoscendola, le sarebbe
stata
riconoscente, niente di più.
Era
molto più facile metterla in quel
modo senza avere quel mostro davanti.
Entrò
in camera, e si mise davanti allo
specchio. Era già pronta, doveva solo controllare che tutto
fosse a posto.
Kaori le aveva detto per telefono che ci sarebbe stato anche qualche
ragazzo
carino, e presentarsi bene non avrebbe certo fatto male.
Non
aveva ereditato molto dai suoi
genitori, a dire il vero. Non era bionda come sua madre, e nemmeno
affascinante
come suo padre. L’unico dono che quest’ultimo le
aveva fatto era il colore dei
capelli, castano chiaro, ma niente di più.
Era
fiera di questo, in fondo: il modo in
cui appariva era quasi del tutto da attribuire a se stessa, o forse a
qualche
nonno… nessuno che non la conoscesse avrebbe mai potuto dire
che lei era figlia
di Light Yagami e Misa Amane.
Sayuri
si sistemò il codino, onnipresente
elemento della sua capigliatura. Era un residuo della sua infanzia: sua
madre
amava pettinarla facendo spuntare due codini dai capelli sciolti,
esattamente
come lei si pettinava da ragazzina… ma col tempo Sayuri
aveva deciso di
personalizzare un po’ i suoi capelli, eliminando uno dei due
codini e legando
l’altro con un elastico a forma di girasole – cosa
che spesso faceva arricciare
il naso alle sue compagne di scuola.
Anche
il suo modo di vestire era
particolare, e con esso era evidente il suo amore per i colori accesi.
Sua
madre adorava quello stile, mentre suo padre lo considerava
improponibile… ma a
lei non importava.
Dopo
un’ultima controllata, Sayuri prese
il suo inseparabile iPod e il cellulare, per poi uscire
dall’appartamento.
Si
infilò le cuffie nelle orecchie mentre
scendeva. C’era l’ascensore, ma a lei piaceva fare
le scale. Poteva anche
correre, se stava attenta a non cadere.
Uscì
fuori, e fece un bel respiro. Il suo
palazzo si trovava in un quartiere residenziale dove il traffico era
limitato,
e l’aria ancora - più o meno – pura. Una
volta raggiunto il centro non sarebbe
stato più così.
Lasciare
il suo appartamento era, il più
delle volte, una liberazione. Soltanto quando era fuori da quel posto
poteva
dimenticarsi, per qualche ora, di essere figlia dell’uomo che
occupava una
delle più alte cariche nella difesa giapponese e di
un’attrice famosa.
Per
fortuna i suoi genitori non erano dei
megalomani che pur di avere maggior visibilità esponevano ai
media anche i
propri figli, o per lei sarebbe stata la fine. Perché lei
amava certamente
l’attenzione, ma quando voleva lei, e sicuramente non quel
tipo di attenzione.
Per
strada era una semplice passante, una
semplice ragazzina che camminava ascoltando musica, nulla di
più… poteva
dimenticare tutto, anche l’aver appena avuto un incontro
ravvicinato con uno
shinigami e l’averlo, forse, aiutato ad attuare uno dei suoi
piani diabolici….
Sicura?
Domandò una vocina nella sua testa.
Certo
che ne sono sicura,
ribatté lei, girando l’angolo, tanto,
non incontrerò mai quell’L, né mai
rivedrò quel dannato shinigami. Di che dovrei preoccuparmi?
Ma
le bastò guardare davanti a sé per
mandare ogni sua singola certezza al riguardo in frantumi.
Proprio
lì, sui gradini del palazzo di
fronte, era seduto un ragazzo.
Non
era un ragazzo qualsiasi, si vedeva
lontano un miglio. Perlomeno, non era uno che avrebbe mai abitato in
uno di
quei palazzi, dove chi ci viveva manteneva solitamente un certo
standard di
eleganza.
Il
ragazzo che aveva di fronte, invece,
indossava soltanto una maglia bianca e un paio di vecchi jeans. Niente
scarpe,
né calze.
Era
particolare anche il modo in cui
stava seduto – se di posizione seduta si poteva parlare. Era
accovacciato, i
piedi in equilibrio piuttosto precario sul gradino.
I
capelli, nerissimi, erano scompigliati,
e qualche ciocca ricadeva sugli occhi, anch’essi scurissimi e
bordati da
occhiaie così profonde che sembrava non avesse mai dormito
in vita sua.
Il
suo sguardo sembrava perso nel vuoto,
spaesato… come se non sapesse esattamente dove guardare.
Come
se fosse appena caduto dal cielo,
pensò Sayuri istintivamente.
Lo
sguardo del ragazzo si rivolse verso
di lei. Lui la fissò, gli occhi sgranati – o erano
naturalmente enormi? Magari
perché, nonostante la parvenza orientale, non lo era
completamente?
Sayuri
si tolse gli auricolari. Non
poteva essere vero….
E
intanto lui continuava ad osservarla,
come se si aspettasse qualcosa da lei.
I
suoi occhi, la sua posizione… Sayuri
non seppe mai cosa glielo fece capire, seppe solo che, in quel preciso
momento,
lei comprese. Quel ragazzo era lui.
-
L… Lawliet… - mormorò la ragazza.
Lei
sapeva chi lui fosse, e, magari, lui
sapeva di quello che lei aveva fatto, dal suo sguardo….
Sayuri
trovò naturale avvicinarsi al
ragazzo.
E
se magari non fosse stato lui? E se si
fosse soltanto lasciata suggestionare dal tutto? Magari lui era
soltanto un
ragazzo un po’ strano che era capitato da quelle parti per
sbaglio, e lei gli
stava attribuendo un’identità che non
aveva….
Lui
continuava a guardarla, mentre lei si
avvicinava.
-
Ehm… per caso tu sei L….
-
Non dirlo – la zittì lui.
Era
lui… perché avrebbe dovuto rispondere
così, se non lo era?
-
Quindi… sei… sei tu? –
domandò lei, non
sapendo bene cosa dire.
Lui
continuò a guardarla – o, per meglio
dire, a fissarla – con aria interrogativa.
-
Oh… beh, insomma… tu sei… risorto,
giusto?
Era
difficile trovare le parole giuste
per definire quella situazione assurda.
-
Sì – disse lui.
-
Bene, allora – disse lei, sorridendo
mentre si sedeva accanto al ragazzo sul gradino – io mi
chiamo Sayuri, piacere.
Allungò
la mano verso di lui affinché
potesse stringerla, ma lui rimase fermo.
-
Piacere – rispose, senza fare una
piega.
Non
le era sembrato scortese, anche se
qualcuno avrebbe potuto pensare il contrario. Del resto, che ne sapeva
lei di
chi lui fosse? E poi, bisognava capirlo: era appena sceso
dal cielo, ed era piuttosto normale che fosse un po'
spaesato.
Fosse stata lei al suo posto, avrebbe reagito in modo ben diverso, e
non
sarebbe rimasta certamente così tranquilla.
-
Sei stata tu? - chiese lui.
-
A farti ritornare? Sì, sono stata io.
Sayuri
non sapeva bene che risposta
aspettarsi. Un ringraziamento, forse….
L
assunse un'espressione strana.
-
Come hai fatto?
Di
tutte le domande che poteva
aspettarsi, quella era l'ultima. Lei avrebbe più pensato,
almeno
immediatamente, al semplice fatto di essere viva, piuttosto che al come.
-
Io… non lo so, davvero, - rispose
Sayuri, alzandosi e cominciando a camminare avanti e indietro, - ho
soltanto
preso un quaderno, e mi è stata data una gomma, e io ho
cancellato il tuo
nome….
Alla
parola "quaderno" gli
occhi del ragazzo si animarono ancora di più.
-
Quaderno….
Fu
come se qualcosa l'avesse improvvisamente
svegliato. Sayuri poteva quasi vedere il suo cervello mettersi in moto,
mentre
la sua espressione si faceva sempre più concentrata.
-
Ti conviene fare una passeggiata, sai?
Aiuta a schiarirsi un po' le idee… ne avrei bisogno anch'io,
a dire il vero.
Entrambi
si alzarono, e cominciarono a
camminare per la via. Anche il modo di camminare del ragazzo era
particolare:
la schiena curvata in avanti, e il passo un po' strascicato. Camminare
non
doveva essere certo un piacere, a piedi nudi, ma lui non si lamentava.
Sayuri
guardò l'orologio. Era veramente
in ritardo per l'appuntamento, e forse sarebbe stato meglio se avesse
chiamato
Kaori per dirle che non sarebbe venuta. Sinceramente, riteneva
più interessante
e costruttivo scambiare due parole con L piuttosto che perdere il suo
tempo tra
pettegolezzi e frivolezze… almeno per una volta.
Prese
il cellulare, e digitò il numero
dell'amica. L intanto la guardava, chiedendosi cosa stesse facendo.
-
Pronto? - fece la voce squillante di
Kaori.
-
Ciao… sono Sayuri.
-
Stai per arrivare? Ormai manchi solo
tu! Asuka ha invitato qualche suo amico, e ci stiamo divertendo un
mondo!
-
Mi dispiace… ho avuto un contrattempo,
e non posso più venire.
-
Oh, beh, peccato. Sarà per un'altra
volta, allora.
-
Mi raccomando, divertiti anche per me!
Ci sentiamo domani….
-
Ciao!
Sayuri
chiuse il telefono, decisamente
sollevata.
-
Avevi un appuntamento? - domandò L.
-
Sì, ma ho deciso di non andarci. Non
che fosse particolarmente esaltante, anzi, sono quasi contenta di
poterlo evitare.
Era
vero, in parte. La verità era che non
se la sentiva proprio di lasciare solo quel ragazzo, che si trovava
lì solo a
causa sua.
Sicuramente
L doveva aver capito parte di
quei pensieri, perché disse: - Comunque, non c'era bisogno
di cambiare i tuoi programmi
per colpa mia.
-
Colpa? Non preoccuparti, non mi
dispiace. Te l'ho detto, non è che mi stia perdendo
molto… soltanto una specie
di sfilata di moda e qualche ragazzo, tutte cose che si possono trovare
in una
festa qualsiasi, no?
Non
aveva l'aria di uno che avrebbe
apprezzato quel genere di divertimento, perciò avrebbe
potuto benissimo
capirla.
-
Già… niente di speciale - rispose lui,
confermando ciò che Sayuri aveva pensato col suo tono di
voce.
Continuarono
a camminare, in silenzio. L
non parlava molto, eppure Sayuri notava in lui qualcosa di strano,
quasi di
affascinante. La sua espressione era sempre concentrata, come se stesse
cercando di capire da solo perché realmente si trovasse di
nuovo sulla Terra.
Sembrava,
però, che gli mancasse
qualcosa, e ciò gli impediva di giungere alla soluzione.
C'erano
tante cose che avrebbe voluto
chiedergli: chi fosse, perché fosse morto… ma ce
n'era una, in particolare, una
curiosità che non vedeva l'ora di soddisfare.
-
Posso chiederti una cosa? - fece la
ragazza.
-
Chiedi pure - rispose lui.
-
Com'è il mondo dei morti?
Non
sembrò stupito dalla domanda, forse
era qualcosa che anche lui avrebbe chiesto.
-
Non è come dicono che sia. Non è molto
diverso da qui, a dire il vero. Niente nuvole, niente luci abbaglianti.
Non
capitava certo tutti i giorni di
parlare con una persona che aveva visto il regno dei morti. Era un
luogo su cui
tutti, almeno una volta nella vita, facevano almeno un
pensiero… sapere che era
simile al mondo dei vivi era da una parte avvilente, ma dall'altra
rassicurante:
perlomeno, avrebbe saputo come cavarsela.
L
non sembrava molto loquace. Camminava
lentamente, e non dava cenno di voler raddrizzare la schiena. Sayuri
continuava
a camminare al suo fianco, chiedendosi perché il ragazzo non
avesse ancora
cominciato a tempestarla di domande. Del resto, era appena tornato
sulla Terra
dopo, probabilmente, tanti anni: non era certo un viaggetto da niente.
-
A cosa pensi? - domandò la ragazza.
Terribilmente ficcanaso, lo riconosceva lei stessa.
Lo
sguardo che il ragazzo le rivolse fu
abbastanza eloquente.
-
Scusa… - fece lei, - non volevo essere
inopportuna, ma… insomma… ero solo curiosa.
-
Più che legittimo, - rispose L. -
Potrei rispondere alla tua domanda, ma non è detto che
voglia farlo… o, almeno,
non qui.
Evidentemente
si trattava di qualcosa di
segreto, e naturalmente non sarebbe stato opportuno parlarne
lì, in mezzo alla
strada.
-
Va bene, allora non ti chiederò più
niente… non qui, almeno! Tu potrai continuare a pensare,
mentre io… ehi!
Si
era fermata all'improvviso davanti ad
una vetrina piuttosto colorata.
-
Aspetta un attimo, torno subito! -
disse, e si fiondò dentro il negozio.
Sayuri
pensò che, anche senza parlarci,
lo avrebbe comunque aiutato, per quello che avrebbe potuto
fare….
Mentre
L pensava, sembrava che gli
mancasse qualcosa, come una spinta in avanti per trovare la soluzione.
E
Sayuri voleva aiutarlo a concentrarsi…
ovviamente a modo suo.
Era
strana, lo sapeva, ma il modo
perfetto per raggiungere l'assoluta concentrazione, mentre studiava o
in
generale mentre pensava, per lei era… mangiare caramelle. E,
infatti, era
appena entrata in un negozio di dolciumi.
Comprò
due buste di caramelle, scegliendo
con cura i gusti… male che vada, pensò, se lui
non le avesse volute le avrebbe
mangiate tutte lei….
-
Ecco qua - disse lei uscendo dal
negozio e porgendo al ragazzo una delle due buste, - spero che ti
piacciano. Mi
aiutano a concentrarmi, non so se su di te abbiano lo stesso
effetto….
L
non le rispose, ma prese soltanto in
mano il sacchetto che la ragazza gli porgeva, e assaggiò una
caramella.
-
Ottima qualità - commentò lui.
-
Le ho scelte apposta - disse Sayuri
sorridendo - sono ai miei gusti preferiti.
Evidentemente
il suo stratagemma aveva
funzionato, perché l'espressione sul volto del ragazzo si
fece più decisa, come
se fosse ritornato ad occupare il posto che aveva prima.
Ma
era evidente che lui aveva ancora
bisogno di una mano, e lei, che in fondo si sentiva la responsabile di
tutto
ciò che era successo, voleva assolutamente dargliela.
-
Hai un posto dove stare? - gli chiese.
Era
altamente probabile che la risposta
fosse negativa. Certamente non l'avrebbe fatto stare in casa sua,
chissà cosa
avrebbe pensato suo padre vedendolo! L'avrebbe sicuramente sbattuto
fuori. Sua
madre forse non si sarebbe lamentata, avrebbe capito che aveva bisogno
di
aiuto, almeno per un po' … ma meglio non rischiare.
In
compenso, però, esistevano un sacco di
posti in cui L avrebbe potuto alloggiare senza che il padre di Sayuri
lo
scoprisse.
-
No, - rispose L, - ma non è questo che
importa….
-
Ma non trovi che sia meglio fermarsi un
attimo per raccogliere le idee… magari in un hotel? Non
preoccuparti, penserò a
tutto io… so già dove andare.
L
considerò attentamente la proposta
della ragazza. Non sapeva ancora se poteva fidarsi completamente di
lei,
nonostante il suo atteggiamento sembrasse disponibile. In
più, conosceva il suo
vero nome e aveva avuto accesso ad un Death Note… a QUEL
Death Note, in
particolare. Se le sue mani si fossero rivelate quelle sbagliate, la
situazione
sarebbe potuta precipitare come era successo la volta
precedente… addirittura,
il quaderno nelle mani di quella ragazzina sarebbe potuto essere
un’evoluzione
della situazione creatasi con Light Yagami….
Ma
lui era appena ripiombato in un mondo
dove, nella migliore delle ipotesi, era passato poco tempo dalla sua
morte e il
suo successore aveva appena preso le redini del caso Kira…
nella peggiore delle
ipotesi, e non poteva assolutamente escluderla, era passato molto tempo
e,
magari, Kira era riuscito ad avere la meglio….
In
ogni caso, lui non aveva più accesso
alle stesse opportunità della sua precedente vita. Non aveva
più l'eredità dei
suoi genitori o Watari o i guadagni del suo mestiere di detective a
sostenerlo
economicamente. Non aveva più il potere di muovere intere
organizzazioni con
una sola parola.
Era
solo, e da solo avrebbe dovuto
organizzarsi, esaminare la situazione ed eventualmente reagire.
Per
fare ciò, aveva come minimo bisogno
di una base, di un luogo dove stare.
L'offerta
della ragazza, in fondo,
calzava a pennello. Avrebbe scoperto immediatamente se il luogo era
spiato, e
in più il fatto che fosse la ragazza a pagare la stanza
l'avrebbe tenuta
costantemente in contatto con lui… che avrebbe potuto
così controllarla con
maggior facilità per notare eventuali comportamenti sospetti.
-
Va bene. Lascerò che sia tu ad
occuparti di tutto - disse, prendendo una caramella alla fragola tra
pollice e
indice e mettendosela in bocca.
Per
raggiungere il posto che Sayuri aveva
scelto dovettero prendere la metropolitana.
La
ragazza fu assai sorpresa nel vedere
che L non abbandonava quella sua strana posizione seduta nemmeno nel
caso di un
normale sedile. Se ne stava lì, i piedi sul sedile, in
posizione accovacciata,
incurante degli sguardi curiosi delle persone, e qualcosa diceva a
Sayuri che
lui c'era abituato.
E
poi, non parlava, o perlomeno non lo
faceva soltanto per far prendere aria alla bocca, come la maggior parte
dei
ragazzi che lei conosceva.
Non
ci volle molto perché arrivassero a
destinazione.
In
stazione, buona parte dei passanti li
osservarono. Erano sicuramente una coppia che dava nell'occhio: lei,
vestita di
colori sgargianti e palesemente estivi nonostante fosse inverno; lui,
con
addosso solo una maglia bianca e un paio di jeans, completamente scalzo
ed
assolutamente incurante del freddo.
In
men che non si dica, si ritrovarono di
fronte ad un edificio imponente. L lo conosceva: era uno degli alberghi
in cui
aveva alloggiato mentre lavorava al caso Kira. Era a cinque stelle: se
Sayuri
pensava seriamente di potergli pagare la stanza per più di
un giorno, o era
ricchissima, o era una pazza sprovveduta.
-
Non devi disturbarti. Non ho bisogno di
una suite imperiale - le disse.
-
Oh, ma non importa. Qui ho un conto
fisso, alle spese pensa mio padre.
E
quella, sicuramente, sarebbe stata una
cosa ancora peggiore, pensò L. Non voleva assolutamente
attirare l'attenzione
di nessuno, figuriamoci del padre della ragazza, il quale, essendo
sicuramente
molto ricco, doveva essere un personaggio di un certo calibro.
Lanciò
uno sguardo alla ragazza, cercando
di farle capire cosa stesse pensando. Non voleva dirglielo chiaramente,
dato
che sicuramente lei si sarebbe insospettita, ma allo stesso tempo
voleva
farglielo capire.
-
Non voglio disturbare tuo padre - disse
lui, vedendo che l'entusiasmo della ragazza non esitava a scemare.
-
Oh, non ti preoccupare… mio padre non
saprà niente. Non è la prima volta che capita,
sai? Insomma… amici troppo fuori
da poter tornare a casa dopo una festa, coppiette in cerca di
intimità… e
nessuno della mia famiglia ha mai scoperto niente!
Probabilmente
aveva dei genitori non
molto presenti, ma lui non avrebbe potuto capirlo: per quello che
ricordava, i
suoi genitori non c'erano mai stati.
Entrarono
nell'hotel. La hall era
lussuosa, come lui la ricordava, eppure qualcosa era cambiato, come se
tutto
fosse stato modernizzato. Evidentemente era passato più
tempo di quanto lui
sperasse.
-
Buona sera, signorina - disse un uomo
alla reception, rivolgendosi a Sayuri.
-
Buona sera, signor Masashi - rispose la
ragazza, gentilmente ma, allo stesso tempo, con una certa
familiarità.
-
Ci sono stanze libere? Perché dovrei
prenotarne una per stanotte… - continuò Sayuri.
-
Sicuro. Per fortuna non è alta
stagione, altrimenti avreste avuto un po' di
difficoltà….
Si
voltò, e prese una chiave dalla grande
parete che le conteneva.
-
Ecco qua… la stanza per lei - l'uomo
rivolse la sua attenzione verso L, osservando i suoi piedi nudi e il
suo
abbigliamento non proprio elegante - … e per il signorino.
Sayuri
prese le chiavi, sorridendo, per
poi dirigersi assieme ad L verso l'ascensore.
-
Chissà cos'avrà pensato il signor
Masashi… - disse la ragazza, entrando nell'ascensore.
L
le rivolse uno sguardo interrogativo.
-
Beh, sai… che cosa si potrebbe pensare
di una ragazza e un ragazzo che prenotano una stanza?
Ridacchiò.
- Non preoccuparti - continuò
- non ho intenzioni strane….
L
parve trovare la cosa più allarmante
che divertente. Alla faccia del non dare nell'occhio!
Arrivarono
al piano giusto, poi
attraversarono un lungo corridoio per arrivare alla stanza. Sayuri
inserì la
chiave nella serratura, e aprì la porta.
La
stanza era grande quasi quanto un
piccolo appartamento. Davanti a loro stava un divano a due posti, con
davanti
un tavolino e un televisore. Nella stanza adiacente c'era invece un
letto
matrimoniale, un armadio e una scrivania. Il bagno era grande e
spazioso.
L
notò che era cambiato ben poco
dall'ultima volta che vi aveva alloggiato. E… come in tutti
gli alberghi di
quel tipo, ci sarebbe stata una cosa che lui avrebbe gradito
parecchio….
Si
diresse verso il letto, e guardò sul
comodino… lì, avvolto da una carta dorata, stava
uno dei motivi per cui L amava
gli alberghi di un certo tipo… un cioccolatino.
Quasi
sempre la qualità è ottima, pensò
L, scartando uno dei due cioccolatini.
-
Il signor Masashi si è proprio fatto
delle idee strane… mi ha dato una matrimoniale! - disse
Sayuri, lasciandosi
andare sul letto, la testa a pochi centimetri dai piedi di L, il quale
si era
seduto nella sua solita posizione e si stava gustando per bene il suo
cioccolatino.
Il
ragazzo fu tentato di ritrarsi. Non
amava particolarmente stare troppo vicino alle persone, o forse nemmeno
ci era
abituato. D'altronde, nessuno negli ultimi tempi si era avvicinato a
lui tanto
quanto Sayuri con la sua testa… tralasciando forse il
periodo che aveva passato
ammanettato a Light Yagami… che, in ogni caso, non gli era
mai parso spontaneo
e naturale come quella ragazza. Se stava solo recitando, sarebbe stata
degna di
un premio… sembrava reale.
Comunque,
L dovette riconoscere che si
era seduto tanto sul bordo che, se si fosse spostato ulteriormente,
sarebbe
finito sul comodino.
Con
suo disappunto, Sayuri si alzò
soltanto per prendere l'altro cioccolatino dal comodino a fianco.
-
Buono, vero? - disse la ragazza mentre
si lasciava sciogliere il cioccolato in bocca.
L
annuì. Su quello erano sicuramente
d'accordo. Aveva gusto, la ragazza.
-
Beh, mi sembra che qui sia tutto a
posto, giusto? Io devo proprio tornare a casa… per una volta
che io e i miei
genitori riusciamo a mangiare assieme, se arrivo pure in ritardo mio
padre mi
ucciderà!
-
È tutto a posto… posso dormire da solo,
non preoccuparti - rispose L.
Come
se fosse stato semplice
addormentarsi. Quanto tempo era che non dormiva come un normale essere
umano?
Due o tre ore, di solito, gli bastavano; o meglio, aveva sempre
così tante cose
per la testa che addormentarsi subito gli risultava praticamente
impossibile.
E,
ovviamente, quella notte non sarebbe
stato diverso.
-
Va bene… allora… se ti va ci vediamo
domani… e se ti serve qualcosa non hai che da chiedere!
Buonanotte!
Sayuri
uscì dalla camera, e prese
l'ascensore. Stava sorridendo, senza un motivo ben preciso. Quel
diversivo,
quell'L che si era improvvisamente materializzato davanti a lei,
l'aveva
rallegrata.
Era
qualcosa di nuovo, sicuramente più
esaltante dei soliti party con gli amici. In qualche modo, la faceva
sentire
utile. Stava aiutando qualcuno, una persona che sicuramente aveva
più bisogno
di una mano di un amico che ha bevuto troppo.
Sicuramente
il giorno dopo, a scuola,
Kaori l'avrebbe supplicata di dirle che cosa stesse facendo. Era
curiosissima,
ancora più di lei, che molte volte riconosceva di essere
invadente.
Quando
giunse a casa, trovò suo padre già
seduto a tavola, elegantissimo anche in casa.
Sayuri
lo aveva sempre conosciuto così,
come un distinto signore in giacca e cravatta… come se fosse
sempre al lavoro.
Non aveva proprio l'aria di una persona che poteva uccidere solo
volendolo. Non
che avesse paura di lui: del resto, era sicura che non avrebbe mai
toccato la
sua famiglia; la cosa comunque le faceva un effetto strano.
-
Ciao, papà… mamma?
-
È di sopra… sta per arrivare.
Sayuri
poggiò la borsa e il giubbotto sul
divano, poi si sedette davanti a suo padre.
Ora
avrebbe dovuto soltanto aspettare
l'arrivo di sua madre, e poi che la cameriera, Chika, servisse la cena.
La
loro non era una famiglia normale,
Sayuri doveva ammetterlo.
Tanto
per cominciare, non si vedevano
quasi mai, tra studio, viaggi e lavoro. Allo stesso tempo,
però, i suoi
genitori cercavano di non farle mai mancare niente, e con questo si
intende che
quasi le bastava chiedere per avere ciò che voleva. Si
sentiva viziatissima, in
fondo… e fortunatamente non aveva mai preteso niente di
eccessivo.
Sua
madre arrivò poco dopo. Schioccò un
bacio sulla guancia della figlia e baciò il marito.
Sayuri
non era mai riuscita a capire come
due persone così diverse fossero riuscite a stabilire una
relazione. Sua madre
era sempre allegra, sorridente e affettuosa, mentre suo padre sembrava
molto
più serio e distante. Non le avevano mai raccontato come
fossero finiti
assieme: sua madre le aveva soltanto detto che si era trattato di amore
a prima
vista, e le aveva augurato di sperimentare la stessa sensazione, un
giorno.
Ma,
per quanto Sayuri ci potesse credere,
non le era ancora successo niente di simile.
Mentre
Misa si sedeva, Sayuri rivolse il
suo sguardo verso il padre, e per poco non sobbalzò vedendo
che Ryuk era appena
comparso alle spalle di Light.
Calma,
pensò Sayuri. Solo lei e suo padre
sapevano dell'esistenza dello shinigami, e se avesse visto la sua
reazione
sicuramente suo padre si sarebbe insospettito. Il fatto che lei avesse
scoperto
del quaderno e cancellato il nome di L non sarebbe dovuto uscire fuori
per
nessun motivo. Doveva stare attenta a come parlava.
-
Com'è andata oggi, tesoro? - le chiese
la madre.
-
Bene - rispose Sayuri, sperando che non
le chiedesse di scendere nei dettagli.
-
Ho sentito Kaori, stasera… mi ha detto
che non sei andata alla festa che aveva organizzato… come
mai?
Brutta
cosa, le mamme che familiarizzano
troppo con le amiche delle figlie.
-
Ho avuto un imprevisto… ho dovuto
aiutare un amico in difficoltà - rispose la ragazza,
mantenendosi sul vago.
Suo
padre inarcò un sopracciglio. Light
Yagami era sempre stato un po' sospettoso riguardo ai ragazzi
frequentati dalla
figlia.
-
In che senso, "amico"? -
domandò Light.
Sayuri,
a quella domanda, scoppiò a
ridere.
-
Un amico, papà… non sarai mica geloso?
Misa
sorrise. - Se c'è qualche problema,
puoi parlarne con noi - disse.
-
Non c'è nessun problema, niente che non
possa risolvere da sola.
Figuriamoci
se gliel'avrebbe detto.
Primo, sua madre non le avrebbe mai creduto. Suo padre, invece, si
sarebbe
insospettito, e avrebbe magari preso provvedimenti.
Del
resto, se L era morto un motivo
c'era, e se questo in qualche modo era legato a suo padre, fargli
sapere
esattamente a chi lei avesse offerto una mano non sarebbe stato molto
saggio.
-
Va bene, allora… - disse sua madre, per
poi rivolgersi al marito con tono adorante - …
com'è andata oggi a lavoro?
Sayuri
sapeva benissimo come sarebbe
finita, a giudicare dal tono di voce della madre, e decise che forse
sarebbe
stato meglio non assistere.
-
Ehm… forse è meglio che salga su.
Sapete, avrei da studiare….
Cosa
che, effettivamente, era vera.
Sayuri salì le scale ed entrò in camera. Si
sdraiò, vestita, sul letto, e
sorrise.
Chissà
cosa sta facendo adesso L,
pensò, prima di rialzarsi per prendere
i libri.
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