Code Lyoko-The age of ANAX

di Blue_Wander
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La mattinata, per Lukas, andò avanti con Emy seduta sulle sue gambe. Effettivamente a nessuno dei due andava di fare altro e il ragazzo non aveva alcuna voglia di dirle quanto noiosa era stata la convocazione straordinaria che aveva avuto solo qualche ora prima. Soprattutto perché sapeva benissimo che lei si sarebbe sentita in colpa, anche perché il giorno prima aveva litigato con suo padre. Contro ogni sua previsione, fu lei a cominciare quel discorso che lui pensava fosse noiosissimo. –Secondo te, in quale stanza mi metteranno? Insomma, so che mi sposteranno da quella di Sissi.
-Beh, almeno sai che peggio di lei non può capitarti nessuno.- ridacchiò lui.
Lei lo guardò. –Ma puoi davvero dire queste cose degli alunni a cui insegni?
-Non è che quando sono stato preso come professore mi hanno impiantato una scheda madre con un file che mi impedisce di giudicare.- si accigliò.
-Ma lei è comunque la figlia del preside.- pensò la mora, guardandosi le scarpe, leggermente in imbarazzo. –Comunque, spero che non mi capiti nessuna smorfiosetta.- avrebbe aggiunto un’imprecazione e un commento sul fatto che vedeva spesso diversi gruppi di ragazze che fantasticavano sul professore che, in quel momento, si trovava esattamente sotto di lei.
L’uomo le mise una mano sulla testa, cominciando ad accarezzarle in modo tranquillo i capelli lisci. –Se hai qualche preferenza, sai che basta chiedere a me. Con i miei poteri psichici posso…- si fermò nel bel mezzo della frase, guardando lo sguardo contrariato di Emy.
-Lukas…- lo richiamò. –Non puoi vivere dipendendo dal tuo essere Ethan: quello non sei davvero tu e poi non è giusto.
Il moro sospirò, passandosi una mano sugli occhi. –A proposito di questo, penso di doverti spiegare qualcosa del mio passato.- concluse, sentendo subito dopo una leggera musica proveniente dal suo cellulare.
-Non rispondi?- chiese lei, scendendo dalle gambe dell’amato.
Lukas sbuffò, alzandosi e prendendo il suo cellulare dalla tasca, rispondendo alla chiamata con tono scocciato, senza nemmeno guardare il mittente, visto che c’era solo una persona in grado di chiamarlo a quell’ora. Rispose a monosillabi per tutta la conversazione con quello che, per Emy, era uno sconosciuto, per poi salutare in modo freddo e chiudere la chiamata senza nemmeno dare il tempo all’altra persona di ricambiare. Alla domanda curiosa sull’interlocutore della ragazza, Lukas rispose dopo averci pensato attentamente. Non voleva mentirgli, ma di certo sapeva che la verità le avrebbe fatto male; decise comunque di dirle quello che voleva sapere, senza soffermarsi sui dettagli. –Devo andare su Lyoko.
-Adesso?!- esclamò la giovane, mentre lui la guardava negli occhi, indeciso ancora sul da farsi. –Ma ci siamo appena ritrovati, vuoi davvero andare già via?
Lui le mise entrambe le mani sulle guance. –Parlerò con il preside Delmas per la stanza e ti prometto che non userò i miei poteri, ma ora devo andare. Un giorno, ti prometto, ti racconterò tutto, ma fino ad allora, ti prego, fidati di me.
Emy sospirò un verso di assenso, tirando un sorriso e ricevendo un bacio sulla fronte.
La ragazza imprecò appena Lukas mise piede fuori dalla stanza, tornandosene in camera sua –ancora per poco. Prese lo struccante e un dischetto di cotone, passandolo lentamente sul viso, con movimenti meccanici. Per un attimo pensò di aver perso la sua umanità e la sua sanità mentale.
Non aveva capito subito di essere innamorata di Lukas, c’era voluto del tempo: prima provava solo una forte ripulsione per quel giovane uomo che l’aveva ingannata, poi lo compassionava e, infine, gli era mancato più di qualsiasi altra cosa. Sapeva che quello che stava facendo non era giusto: si stava innamorando del male, trovandolo estremamente affascinate e odiava il fatto di essersi lasciata corrompere solo dalla bella faccia di Lukas. Ma era stato davvero solo quello? No, Emy sapeva che c’era qualcosa in lui che l’aveva colpita, con o senza l’inganno di ANAX. Quegli occhi scuri e grossi, illuminati da una luce diversa da quella che illuminava i propri, sicuramente molto più chiari e cromati.
Eppure, anche se l’amore che la ragazza provava per lui era forte, le sembrava di fare dieci passi indietro ogni volta che ne compiva uno avanti.
Gettò i dischetti nel cestino e si buttò sul letto, stringendo a se Cookie, facendo tentennare il piccolo collare. Sopirò, chiudendo gli occhi, addormentandosi.
 
Si gettò sul letto, lanciando gli occhiali chissà dove sulla scrivania. Non aveva assolutamente voglia di studiare per la verifica di matematica del giorno seguente; dopotutto anche se lui era sempre stato il migliore aveva bisogno di prepararsi a quell’imminente prova scritta. In quel momento aveva solo voglia di dormire, senza però riuscirci. Si girò su un fianco, osservando il colore candido delle coperte azzurre e bianche, uguali per tutti. Le pieghe, in qualche modo, gli ricordavano le onde del mare. Pensò che doveva avere davvero una fervida immaginazione per credere che delle semplici coperte fossero l’increspatura marina.
Lui stava sprecando dei preziosi attimi della sua vita, mentre, quella di un’altra persona era appena finita. Teo teneva stretto tra le mani una fotografia accartocciata, ritagliata da un giornale: ritraeva una donna sorridente con dei lunghi capelli rossi e un tatuaggio sul braccio. Il problema era che non era la sola. Sapeva che, in quel momento, avrebbe dovuto, più che mai, avvisare i suoi amici, ma pensava anche che, anche se lo avesse fatto, nessuno avrebbe fermato la furia di quell’antico male che lui stesso pensava di aver risvegliato.
Come mai tutte le vittime sottoposte al marchio di XANA stavano venendo eliminate? Anche quelle giovanissime, probabilmente marchiate a soli due o tre anni. E perché proprio ora? Come avevano fatto a sapere che loro stavano indagando sul controllo mentale Monarch e sulle conseguenze dei test celebrali? Non aveva alcun senso, no? Non avrebbero potuto saperlo, nemmeno se ci fosse stata una spia nella scuo-
Teo si alzò di scatto dalla propria brandina. Effettivamente una spia nella scuola c’era. Stirò con le dita esili la piccola fotografia che aveva tra le mani, avvicinandola agli occhi per vederla meglio, visto che la miopia gli impediva di vedere qualcosa senza i suoi fidati occhiali. Analizzò la donna: avrà avuto circa quarant’anni, forse qualcosa in meno. Aveva dei lineamenti molto dolci e le labbra, stirate in un sorriso, erano sottili e pallide. I capelli rossi ricadevano selvaggiamente sulle spalle, mentre gli occhi erano di un color nocciola misto al verde.
Gli occhi di sua madre.
Si affrettò ad andare verso la scrivania, rimettendo gli occhiali. Aprì il portatile che, ormai, era rimasto sul tavolo di Jeremy da qualche tempo, senza che all’amico biondo desse alcun fastidio. Aveva salvato su una cartella segreta tutte le foto delle persone che erano rimaste uccise negli ultimi tempi e mai come in quel momento era stato felice di averlo fatto. La somiglianza tra le vittime l’aveva sempre notata, ma mai tanto fino a quel momento e, soprattutto, non aveva mai avuto molto tempo per pensarci. Tutte le ragazze avevano le stesse caratteristiche e circa tutte la stessa età, probabilmente perché volevano eliminare le ultime sopravvissute. Per i ragazzi questi dettagli ricorrenti non c’erano e Teo non poté fare altro che chiedersi il motivo. L’unica motivazione plausibile sembrava essere la teoria sulla quale faceva affidamento più spesso: hanno sempre e solo voluto marchiare sua madre, quando era bambina, ma lei, essendo scappata, non era stata sottoposta a quella tortura. Quindi, questo lo spingeva a pensare che il marchio fosse una specie di “scarto” come per indicare che non era la bambina giusta. Ma allora perché marchiare anche i ragazzi?
Ridusse ad icona la cartella con le fotografie, cercando su internet una foto di sua madre. Fortunatamente, essendo un’attrice, gli era bastato solo scrivere il suo cognome –che aveva cambiato in Staier.
Trovò una fotografia fatta sul set, appena si era tolta la giacca pesante che solitamente usava per coprire il tatuaggio di inverno. D’estate ci pensavano le esperte truccatrici. Fortunatamente, aggiunse Teo.
Il simbolo di XANA spiccava sulla pelle lattea che caratterizzava sua madre, anche se si vedeva solo per metà. Sorrise leggermente alla vista degli occhi carichi di voglia di fare che la contraddistinguevano.
Peccato che quel sorriso sparì presto dalle sue labbra.
Si avvicinò ulteriormente allo schermo, focalizzandosi sul disegno scuro, per poi ritrarsi solo poco dopo. Prese un respiro profondo e, lentamente, riaprì la cartella che poco tempo prima aveva accantonato. Visualizzò in più grandi dimensioni una delle prime recenti vittime a cui, per fortuna, si vedeva il marchio, nella penombra.
Mancava un pezzo.
Il disegno malefico di XANA era formato da tre strati fondamentali: uno più esterno, quello intermedio e, infine, il cerchio centrale. Ma, sulle braccia delle altre ragazze, mancava il secondo anello.
Quindi aveva ragione? Era davvero un segno distintivo per chi non si fosse rivelata sua madre? Ma, gli uomini dell’associazione, come facevano a sapere che le bambine, crescendo, si sarebbero tutte assomigliate? E poi, se l’obiettivo era davvero solo sua madre, perché marchiare anche dei bambini maschi?
Più Teo scopriva e meno capiva, ma quella era una delle cose che si era ripromesso di portare a termine da solo. Non poteva chiedere ad Emy e nemmeno a Jeremy, il suo migliore amico.
Fece per ritornare alle sue ricerche per approfondire ciò che aveva scoperto, ma un messaggio di Ulrich lo bloccò, facendolo sbuffare.
 
Erano da poco scattate le tre ed Aelita e gli altri erano tornati dalla mensa, per andare ciascuno nella propria stanza. Tutti tranne la ragazza che decise di passare il resto della giornata in biblioteca dove, almeno, avrebbe trovato la pace necessaria per studiare per il compito del giorno dopo per cui, anche Teo, si era preoccupato tanto. Anche se ad Aelita la scuola risultava semplice, non riusciva a concentrarsi quando Odd e Ulrich facevano casino.
-Stai cercando qualcosa?- le chiese una voce maschile alle sue spalle, mentre guardava i titoli di alcuni libri su uno scaffale in legno dall’aria sporca.
-Un po’ di pace per la verifica di matematica.- rispose la rosea, facendo ridere leggermente il suo interlocutore. –E tu?- continuò, senza girarsi. –Che ci fai oggi a scuola?
Il ragazzo sembrò pensarci. –Il preside mi ha convocato per un’assemblea straordinaria. Ma sei sicura di potermi parlare liberamente?
Aelita sorrise, voltandosi subito dopo aver preso un libro dalla mensola. –Tranquillo, a quest’ora della domenica non c’è mai nessuno.- fece una piccola pausa per sedersi e invitare Lukas a fare lo stesso. –Sei venuto per parlare di lei? Ha preso una decisione?
Il professore annuì, sedendosi a fianco alla giovane, in realtà sua coetanea, visti gli anni passati da Aelita dentro Lyoko. -Alla fine mi ha perdonato.
-Beh, è una cosa buona, no?
Lui aprì uno dei libri che si trovavano sull’ampio tavolo in mezzo alla stanza, lasciato probabilmente da uno degli studenti qualche ora prima. Era un libro illustrato, ma parlava di scarpe e accessori, quindi il giovane uomo lo richiuse subito. –Non sono qui per parlare di questo.- tagliò corto, allungando una fotografia alla ragazza. –La conosci?
Aelita la prese tra le mani delicatamente, guardando attentamente il volto grazioso della persona in questione. –L’ho vista qui a scuola qualche volta: credo sia la mamma di Milly.
Il moro annuì. –È morta.- la ragazza impallidì, capendo dove voleva andare a parare. –Sono stati gli Intagliatori ad ucciderla. Sono tornati e vogliono eliminare tutte le prove viventi delle loro malefatte. E Lei mi ha anche detto chi sarà la prossima vittima.- l’uomo deglutì, sospirando, guardando Aelita sul punto di svenire. –Tranquilla, non è nessuno in particolare.
-Ma perché? Chi è che ha dato di nuovo vita a tutto questo?- chiese, portandosi una mano al mento con fare sospetto.
-Aelita.- la chiamò. –Devo dirti una cosa molto importante. Tu non sei stata l’unica a riconoscermi: la professoressa Hertz ha, da subito, capito chi fossi. E non mi riferisco ad Ethan, ma a quella cosa importante che solo tu ed io sappiamo.
La giovane si accigliò. –Perché non me lo hai mai detto?- Lukas alzò le spalle e Aelita continuò. –Perciò pensi che lei sia una di loro?
La porta della biblioteca sbatté violentemente e una voce attraversò la stanza, facendo alzare la testa ai due, già seduti. –Emh, che ci fate voi qui?
Lukas si alzò di scatto, pronto a giustificarsi, ma non disse niente, bloccato da Aelita. –Ciao, Emy. Stavamo per venire a cercarti, abbiamo un ottima notizia!
-Davvero?- la mora fece qualche passo avanti, sedendosi a fianco al professore che, d’istinto, le strinse la mano, sorridendo.
-Indovina chi sarà la tua nuova compagna di stanza.- le disse, posando il mento sulla mano aperta, il gomito poggiato sul tavolo. –Io. Ed è tutto merito del professor Werner. Era venuto a dirmi la notizia perché adesso deve andare a casa e non riusciva a trovarti.
Emy si girò verso Lukas, sorridente. –Hai davvero fatto questo per me?
-Te lo avevo promesso. In più, senza poteri.
La giovane, arrossendo, si sporse verso di lui, stampandogli un bacio sulla guancia, per poi alzarsi e correre fuori della stanza, dimenticando anche il motivo per cui era entrata.
-Si può sapere come diavolo facevi a saperlo? Te lo avrei detto solo dopo questo discorso!- sgranò gli occhi lui.
-Vorrei risponderti “intuito femminile”, ma sarebbe una bugia. La verità è che sono passata dall’ufficio del preside per chiedere all’infermiera degli antidolorifici e ti ho sentito.- fece una breve pausa, riguardando la fotografia della donna scomparsa. –Comunque penso che tu debba dirglielo. Lei è una delle mie migliori amiche.
-Io voglio proteggerla da tutta questa situazione…- sospirò, arreso. –È troppo innocente per questa storia.
-Lukas…- lo rimproverò lei. –Anche se hai ragione, se non glielo dici in fretta rischi di metterla in pericolo il doppio. Almeno non abbasserà la guardia e posso assicurarti che lei è molto brava a non farsi trovare.- sogghignò, ricordando tutte le volte che si nascondeva con Lukas e riusciva a non venire scoperta.




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