nightmare
Approdo del Re era avvolta dalle dolci
tenebre della notte del Sud, ben diverse dall'oscurità misteriosa e
venata di verdazzurro tipica delle fredde e lunghe notti del Nord,
dove il ghiaccio e la neve riflettevano i bagliori d'argento della
luna creando paesaggi tanto meravigliosi e sublimi da far dubitare
della loro stessa esistenza nelle terre degli uomini, quasi che il
calare della sera fosse in realtà un ponte verso un mondo popolato
da spiriti evanescenti e inafferrabili dalla mente razionale.
C'era stato un tempo in cui la giovane
Sansa Stark soleva starsene comodamente distesa nel letto tra le
coltri di seta leggera, il corpo ancora in boccio accarezzato da una
semplice sottoveste di cotone, e sospirava di piacere e stupore
constatando quanto quella nuova lievità le risultasse piacevole,
specialmente in contrasto con la pesantezza delle coperte di
pelliccia e la ruvidezza delle vesti di lana delle quali non si
poteva fare a meno su al gelido Nord.
Sansa si lasciava andare contro i
morbidi cuscini e inspirava profondamente l'aria calda fragrante e
vibrante di odori mai percepiti prima di allora che filtrava dalla
finestra semiaperta della sua lussuosa camera da letto. Le piaceva
ascoltare i rumori della città, il chiacchiericcio annoiato delle
guardie che facevano la ronda attorno al palazzo, il vociare confuso
in lontananza del popolo che sbrigava le proprie faccende notturne,
anche se spesso preferiva non immaginarne la natura, e poi c'era il
suono delle maree, delle onde che si infrangevano contro gli scogli,
l'ipnotica ninnananna della risacca e il grido di alcuni gabbiani.
Quella sinfonia casuale di rumori e suoni che si fondevano gli uni
negli altri l'aiutava a scivolare placidamente in un sonno
tranquillo.
Ma quel tempo era finito.
La ragazza era diventata sorda a quelle
melodie estemporanee che all'inizio le erano parse tanto gradevoli, i
suoi occhi erano ormai ciechi allo splendore degli abiti, al brillio
dei gioielli e alla vanità delle acconciature elaborate e all'ultima
moda tra le giovani donne della città.
Per non parlare della sua anima
candida, innocente e forse un po' ingenua; l'anima di una bambina non
ancora donna che era stata brutalmente stuprata e lacerata da un
dolore inesprimibile, lo stesso dolore che le comprimeva
insopportabilmente il petto e le serrava le viscere in una morsa
velenosa che le prosciugava ogni forza e le faceva rifiutare cibo,
medicamenti e ogni vana consolazione.
Sansa malediceva tra sé il giorno in cui
era giunta alla luminosa Approdo del Re, che aveva tanto sognato
quando viveva a Grande Inverno e che le appariva ora come una
città-trappola brulicante di pericoli: una ragnatela dorata, un covo
di serpi infide e striscianti sempre impegnate a tramare nell'ombra,
pronte ad azzannarsi al collo a vicenda e ad avvolgerla nelle loro
spire intriganti e letali.
Era sola, Sansa. I suoi affetti più
cari le erano stati strappati uno dopo l'altro e nelle ultime
settimane la giovane Stark non riusciva ad allontanare da sé le
tremende visioni di quelle che erano già state rinominate le Nozze
Rosse, come se il massacro della sua famiglia avesse meritato un
titolo eclatante da insulso spettacolo di strada.
Il corpo esanime di Robb, la cui testa
mozzata era stata ignobilmente sostituita con quella del suo metalupo
solo per il crudele divertimento degli uomini scellerati di Frey, il
sangue color rubino che zampillava dalla gola di sua madre trapassata
da parte a parte, la vita che le scivolava via dagli occhi vuoti che
non potevano più vedere e fissavano il nulla e infine il suo corpo
gettato nel fiume come la carogna di un animale.
Sansa non aveva assistito di persona a
quello scempio, ma Joffrey, nella sua crudeltà, si era premurato che
alle sue orecchie arrivasse un resoconto più che dettagliato di come
i suoi cari fossero stati trucidati e ora la mente sconvolta della
ragazza seguitava a mostrarle davanti agli occhi, gonfi, arrossati e
cerchiati da ombre viola, quella sequenza di immagini orribili.
Non riusciva a dormire e quando
finalmente crollava per la stanchezza era visitata da incubi
angoscianti e orrendamente vividi cosicché al risveglio si sentiva
ancora più sfinita di quando si era coricata; non poteva mangiare
alcunché senza che il suo stomaco si ribellasse e le sue membra
erano preda di una strana gravosità, come se tutta la sofferenza che
provava pesasse sul suo corpo esausto.
Alla fine, quella sera, aveva accettato
di assumere qualche goccia di essenza di Ombra della Sera. Era stato
Tyrion a insistere e lei aveva ceduto alla sua accorata richiesta più
per cortesia nei suoi confronti che per riguardo verso se stessa.
In effetti, il suo nuovo marito pareva
davvero l'unica persona in tutta la città che avesse sinceramente
preso a cuore la sua situazione. Le aveva sempre mostrato rispetto e
gentilezza e, anche ora che erano sposati, il Lannister si era sempre
rifiutato di consumare il matrimonio, contravvenendo in tutto e per
tutto agli ordini perentori di suo padre.
Non entrerò nel tuo letto, finché
non sarai tu a volerlo.
E così i due
trascorrevano le notti nella loro camera nuziale per non destare
sospetti, ma rigorosamente separati: Tyrion aveva galantemente
offerto a Sansa il grande letto a baldacchino, mentre lui si
rannicchiava sull'ottomana rivestita di broccato.
- Sai, a me non
occorre molto spazio. - aveva scherzato quando la giovane aveva
cercato di protestare.
Questo era un altro
merito che bisognava riconoscergli: era l'unico che riuscisse, di
tanto in tanto, a strapparle un sorriso genuino.
In fondo, quello
strano piccolo uomo non era poi molto dissimile da lei: entrambi
venivano seguiti da sguardi di scherno ovunque andassero. In quanto
figlia e sorella dei traditori Stark, in molti le riservavano
occhiate sospettose e di malcelato astio, altri ancora le scoccavano
sguardi compassionevoli che la facevano sentire quasi peggio.
Tyrion, d'altro
canto, era il Folletto, la Scimmia Demoniaca, il Mezz'uomo che aveva
ucciso la madre nel momento stesso della sua nascita e sembrava fare
di tutto per scontentare e scandalizzare l'intera casata dei
Lannister. Aveva saputo fare di un'onta la sua forza e Sansa intuiva
come egli si servisse della maschera che si era costruito negli anni
a mo' di scudo contro il resto del mondo.
Proprio partendo da
queste basi, i due avevano iniziato a costruire un rapporto di
sincera complicità, una sorta di alleanza... ma poi era avvenuta la
tragedia delle Nozze Rosse e Sansa non riusciva a sostenere lo
sguardo di suo marito senza ricordare che il padre di questi aveva
ordito il complotto che aveva portato alla cruenta morte di sua madre
e suo fratello.
Razionalmente,
sapeva bene quanto Tyrion fosse diverso dagli altri componenti della
sua famiglia ed era anche consapevole che egli biasimava Tywin tanto
quanto lei per l'aberrante crimine di cui si era macchiato servendosi
della mano sanguinaria di Walder Frey; ma era pur sempre un Lannister
e la giovane si trovava combattuta tra sentimenti contrastanti ogni
volta che si trovava in sua presenza. Non che importasse ovviamente:
in quel momento non c'era spazio per altro nel suo cuore se non per
il lutto e il tormento.
Ma Tyrion aveva
insistito molto perché reagisse e andasse avanti con la sua vita
senza abbandonarsi alla micidiale corrente del fiume Dolore che
trascina a fondo senza pietà, e così aveva fatto in modo di
procurarle l'essenza di Ombra della Sera per aiutarla quantomeno a
riposare un po'.
E così, Sansa
aveva preso il calice dalle mani di Tyrion e se l'era portato alle
labbra con la sterile apatia che ormai caratterizzava ogni suo gesto.
Non le importava poi molto di dormire: non avrebbe certo riportato in
vita la sua famiglia, ma Tyrion parve soddisfatto e le rivolse un
cenno rassicurante prima di voltarsi per darle il tempo di prepararsi
per la notte.
Sansa si era
frettolosamente svestita, nascosta dietro un paravento e, quando il
marito si girò di nuovo verso di lei, la ragazza affondava già nel
letto, decisamente troppo grande per una persona sola, con le coperte
tirate fino all'altezza del collo, lo sguardo spaurito e guardingo
come accadeva ogni volta che si trovava al suo cospetto senza la
protezione di corsetti e strati su strati di vestiti.
Tyrion sospirò,
pensando per l'ennesima volta a quanto quella situazione fosse
assurda e ridicola. Non che incolpasse Sansa, ovvio. Era una vittima
tanto quanto lui, se non peggio. Il minimo che egli potesse fare era
cercare di non darle ulteriori motivi di angoscia e provare, per
quanto possibile, a lenire le ferite che le erano state inferte dai
suoi consanguinei.
Indugiando su
questi amari pensieri e rimpiangendo gli abbracci e i baci infuocati
di Shae, Tyrion si sfilò la casacca e indossò una semplice camicia
di lino e un paio di brache, dopodiché si rannicchiò alla bell'e
meglio sull'ottomana e scoccò un'ultima fugace occhiata alla sua
moglie-bambina. Avrebbe voluto dirle qualcosa, anche solo augurarle
la buonanotte, ma Sansa aveva già chiuso gli occhi. Impossibile dire
se dormisse davvero o se stesse solo fingendo per evitare che lui le
parlasse, ma Tyrion distinse nettamente una lacrima perlacea
sfuggirle dalle lunghe ciglia nere e, con un ultimo sospiro, posò la
testa sul cuscino e abbassò le palpebre a sua volta.
Le gambe di Shae lo
avvolgevano, le sue labbra umide e calde lo accarezzavano facendolo
fremere di piacere mentre le sue mani lavoravano sapientemente là
sotto.
Tyrion gemeva e
stringeva a sé la donna.
Mio leone.
Ad un tratto, Shae
cominciò ad emettere una sorta di pigolio e Tyrion sentì
l'eccitazione aumentare ancora di più.
Ma presto si rese
conto che qualcosa non andava: quei versi assomigliavano sempre più
ad un pianto piuttosto che a manifestazioni di godimento, inoltre
sembravano farsi sempre più forti e prevaricare ogni altra cosa.
Tyrion riemerse
bruscamente dal sogno ed ebbe un attimo di smarrimento prima di
realizzare di trovarsi nella sontuosa camera nuziale e capire che il
suono che aveva udito e l'aveva svegliato proveniva dal grande letto
a baldacchino poco distante da lui.
L'uomo si alzò e
raggiunse l'alcova. Sansa si divincolava nel sonno e si lamentava, i
segni delle lacrime ben evidenti sul suo viso e sul cuscino.
Era uno spettacolo
straziante e Tyrion sentì che gli si stringeva il cuore nel vedere
la ragazza ridotta in quello stato, prigioniera di un incubo che,
ahimè, probabilmente non si discostava poi molto dalla dura realtà.
Per un attimo
rimase lì fermo ad osservarla, combattuto tra il desiderio di
svegliarla per sottrarla a quel tormento e il timore di spaventarla,
ma alla fine prevalse la pena per quella giovane e Tyrion si
arrampicò sul letto, avvicinandosi a lei.
- Sansa. - chiamò
dolcemente. - Sansa, svegliati. -
Ma la ragazza non
dava segno di averlo sentito, allora Tyrion allungò cautamente una
mano e le toccò una spalla, scuotendola gentilmente. - Svegliati,
Sansa. -
A quel punto, la
giovane spalancò gli occhi orripilati e si tirò su a sedere nel
letto, ansimando.
- Sansa? -
Solo allora ella si
accorse di Tyrion al suo fianco e, con uno scatto fulmineo, si
ritrasse, coprendosi il petto con le lenzuola.
L'uomo alzò le
mani per tranquillizzarla. - Va tutto bene. Non volevo spaventarti.
Ti ho sentita piangere nel sonno allora ho pensato di svegliarti.
Stavi avendo un incubo? -
Rassicurata sulle
sue intenzioni, Sansa si morse il labbro e annuì, poi si mise a
fissare un punto indistinto della stanza, cercando di controllare il
respiro affannoso. Il suo volto era pallidissimo e lucido di sudore
misto a lacrime.
Tyrion si accorse
che la ragazza era scossa da un lieve tremito e, stando ben attento a
non fare movimenti bruschi per non spaventarla di nuovo, prese una
coperta ripiegata in fondo al letto e gliela depose gentilmente sulle
spalle.
Sansa gli lanciò
un'occhiata riconoscente e si strinse nel soffice tessuto ricamato.
- Me ne vuoi
parlare? - domandò Tyrion, la voce dolce ma venata di una leggera
incertezza.
La ragazza scosse
lievemente la testa e tornò a scrutare nel vuoto con un'espressione
indecifrabile, a metà tra l'orrore e un'infinita tristezza.
Tyrion si sentì di
nuovo afferrare da un moto di compassione e tenerezza per la sua
infelice sposa. In quell'istante avrebbe voluto poterla toccare,
accarezzarle i capelli fiammeggianti, asciugarle la scia che le
lacrime avevano lasciato sulle sue gote, stringerla a sé in un
abbraccio protettivo e sussurrarle che, nonostante tutto, ogni cosa
si sarebbe sistemata, prima o poi... ma sapeva che avrebbe solo
ottenuto di turbarla ancora di più.
Fece per scendere
dal letto e tornare al suo giaciglio improvvisato quando si sentì
chiamare. - Tyrion, aspetta. -
L'uomo si arrestò
e si voltò verso Sansa, che ora lo stava guardando come se fosse
l'unico fievole barlume rimasto in un mondo di tenebre e ombre
spaventose.
- Non te ne andare,
per favore. -
Stupito da quella
richiesta, inarcò le sopracciglia in un'espressione scettica. -
Sansa, davvero vorresti che rimanessi al tuo fianco, nel tuo letto? -
Un violento rossore
chiazzò le guance cineree della giovane. - Non in quel senso! - si
affrettò a precisare. - Solo... per dormire. Nient'altro. -
Tyrion esitò per
un attimo, poi fece un cenno d'assenso. - Se è quello che vuoi, mia
signora. Resterò sopra le coperte, hai la mia parola. -
L'uomo si sistemò
con la schiena contro la pila di cuscini, abbastanza lontano da Sansa
per non rischiare di farla sentire minacciata, ma il viso leggermente
inclinato nella sua direzione per non perderla d'occhio e cogliere il
suo stato d'animo.
Dopo un po', la
giovane si ridistese sul materasso, il respiro più calmo e lo
sguardo più lucido anche se ancora intriso di terrore.
- Dormi, Sansa. Non
avrai altri incubi stanotte, te lo prometto. -
Tyrion si diede
dello stupido per aver formulato ad alta voce una promessa che
chiaramente non poteva essere sicuro di mantenere, ma la ragazza
parve comunque rincuorata e, senza riuscire a reprimere un brivido,
si azzardò ad abbassare le palpebre sugli zaffiri delle sue iridi,
varcando di nuovo il confine di quel mondo ignoto e oscuro che si
celava oltre quello della veglia.
Tyrion sospirò per
poi accomodarsi meglio contro i cuscini, pronto a vigilare sul sonno
di quella giovane creatura smarrita che, nel bene o nel male, gli era
stata affidata.
Il nano rimase
accanto alla sua sposa per tutto il proseguire di quella notte ma il
suo intervento non fu più necessario. Sansa dormiva tranquilla,
sebbene i lineamenti del suo bel viso non avessero perso l'ombra di
tristezza che ormai vi era impressa indelebilmente.
Tyrion si arrese al
sonno solo verso il finire della nottata e le prime pallide luci
dell'alba rosa e arancio sorpresero il nano e la ragazza
profondamente addormentati nello stesso letto, a condividere il peso
dei propri infausti destini.
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