guerra

di fame
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l'orizzonte Oh donna,
quali empietà,
la vita dona!
Oh donna,
quale voce,
negli orecchi risuona:
tuo figlio,
nato come un giglio,
sta fermo in quel giaciglio;
di piangere evita:
l'ansia lievita;
in questa vita, lui,
nulla ancora merita.

Oh madre,
vacilla il tuo viso,
che si deforma quasi
in un disperato sorriso;
di un gran dolore è inciso.

Lei non fa un passo,
è un sasso;
lo guarda, sta in guardia:
la faccia della codardia.

Quello si gira;
la mira;
ma un'altra voce l'attira;
All'altro tira;
Dell'uomo è fatta la natura,
quando della morte
non s' ha più paura:
quella s'alza,
scalza di scarpe,
prende il figlio
e parte.
tenta la sorte
in questo mondo
che puzza di morte.

Oh donna;
e vai da che parte,
ora che il sole
s'è fatto in disparte?
Le tue braccia forzute,
stringono di tuo figlio,
le sue membra ritorte;
e la voglia della
medesima sua sorte.

Oh donna,
non capisco il tuo volto,
ma non ti do torto:
quel tuo figlio,
con violenza
te l'hanno tolto!

Quello t'insegue,
ma esangue,
colpito,
sul terreno s'estingue.

Un amaro pianto;
segue a terra uno schiato;
hai capito che
nulla vale a tanto.

Via dai capelli il velo,
qua non vale lo zelo,
qua si vale zero!
Il sangue scorre
come ruscelli.
Vendicheranno
i tuoi fardelli!

"Oh donna,
guarda tuo figlio"
disse l'uomo
davanti al martirio;
"Figlio, guarda tua madre"
disse a lui, in preda al delirio,
spargendo lacrime,
su quel viso
bianco e teso.
Lui parla a quel mondo
sorpreso;
quello scorticato viso,
che dall'inferno
sembra asceso.
Il deserto
più silenzioso
d'un mare aperto;
e il suono delle bombe,
ad aumentare lo sconcerto..




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