Derry, 19
Giugno 1930.
Anna
Donovan detestava fortemente l’aroma della grossa candela che
sua madre accendeva spesso in soggiorno.
Cannella. Dio, che
tortura per le sue narici! Non ne aveva mai apprezzato il gusto,
figurarsi l’odore.
Soffiò
sulla fiammella con fare scocciato, per poi spalancare la finestra
della sala, coprendosi il volto con un fazzoletto.
- Mi domando
perché si ostini tanto a tenere accesa questa merda: le
avrò ripetuto mille volte che non la sopporto!
- Lo sai che la mamma
ha… problemi.
David fissò
la sorella maggiore con fare rattristato, ricevendo in risposta
un’occhiata torva.
- Vai a giocare in
camera tua, Davey. Il salotto stasera serve a noi.
Il dodicenne
alzò gli occhi al soffitto, ma si limitò a
obbedire, mentre Anna invitava le due amiche ad accomodarsi.
Rose
Andersen rivolse un sorriso al ragazzino, mentre questi le passava
accanto, poi spinse la sedia a rotelle su cui era adagiata Jackie
Sullivan, posizionandola accanto al divano.
- Allora, Ninel
– disse infine la bionda, prendendo posto sulla parte destra
del sofà. – Che proposte hai per stasera?
- Aspetta –
fece eco Jackie, portando una mano alla tempia e tendendo
l’altra in avanti, agitando le dita come una strega che
lancia un sortilegio. – Fammi indovinare…
mmmh… tema Horror! Hai la faccia da Horror!
- Devo ancora capire
esattamente in che modo la mia faccia si abbini ai generi che scelgo
ogni volta – osservò Anna con un mezzo sorriso,
mentre frugava all’interno della borsa che aveva poggiato sul
tavolino poco prima. – Comunque… anche stavolta
hai indovinato, razza di stronza!
Con un entusiasmo che
soltanto pochi eletti le avevano visto manifestare in quasi diciotto
anni, mostrò due libri rilegati con copertine di aspetto
piuttosto datato.
- Frankenstein e Dracula!
– annunciò. – Edizioni speciali! Queste
meraviglie provengono dalle primissime ristampe.
- Ora tiro a
indovinare io – s’intromise Rose. – Te li
ha procurati la tua nuova fiamma.
- Nuova vecchia fiamma
– ironizzò Jackie, ravvivandosi con fare
civettuolo i ricci color rame. – La tua fiamma…
quarantenne?
La primogenita di Rick
Donovan rispose battendo vezzosa le lunghe ciglia: - Trentotto. Ne ha
trentotto. Una persona di quell’età io non la
definirei vecchia. E poi, non è nemmeno una
“vera” fiamma, sa benissimo che la nostra relazione
è soltanto fisica. Io amo e amerò una sola
persona per il resto della mia vita e ho messo in chiaro questa cosa
fin da subito.
- Ma sì,
finché ci procura i libri che vogliamo, può avere
tutti gli anni che vuole. Con cosa iniziamo?
Anna aprì
la bocca per rispondere, quando un ticchettio di scarpe col tacco
portò lei e le due ospiti a voltarsi verso
l’ingresso del salotto.
Jamie Donovan
sfoggiava con un certo orgoglio l’abitino rosso bordeaux che
sua madre, a cui era appartenuto durante gli anni
dell’adolescenza, aveva fatto rimodernare appositamente per
lei.
Era una sedicenne dal
volto radioso, completamente diversa dalla sorella maggiore: i suoi
occhi erano grandi e azzurri, invece che scuri e leggermente a
mandorla; i suoi capelli erano castani e lisci, invece che neri e
mossi, ed era piuttosto bassa e dotata di piacevoli curve, invece che
alta e allampanata.
Ma soprattutto, Jamie
era calorosa e accogliente, come un piccolo raggio di sole.
- Annie –
cominciò, tenendo le mani dietro la schiena. – Sai
che le feste organizzate da Dot Fadden a fine anno scolastico sono
sempre… piuttosto eleganti…
- Beh, che ti aspetti
– replicò la maggiore, fingendo di non aspettarsi
una richiesta imminente. – Sta a West Broadway, la zona dei
ricconi.
- Ecco
appunto… volevo chiederti… potresti prestarmi il
tuo braccialetto?
Sporse appena il
labbro inferiore in avanti, mentre mostrava il piccolo gioiello che
aveva tenuto nascosto, fino a quel momento, dietro la schiena.
Era un bracciale di
perle appartenente alla famiglia Donovan da generazioni,
l’eredità fissa di ogni primogenita femmina.
L’ultima a possederlo, prima di Anna, era stata nonna Kate.
Rose emise un fischio
di sorpresa, mentre Jackie diede un’alzata di spalle,
rivolgendosi poi all’amica dai capelli scuri: -
Effettivamente, si abbina bene al suo vestito… e poi
parliamo di una festa a West Broadway…
Annie alzò
gli occhi al soffitto, per poi sospirare: - Sì, va bene,
puoi prenderlo. Ma stai attenta a non perderlo!
La minore
lanciò un gridolino di gioia, per poi fiondarsi ad
abbracciare la sorella: - Graziegraziegrazie!
- Cerca di non tornare
tardi – si raccomandò l’altra,
fingendosi distaccata ma ricambiando l’abbraccio con un
piccolo sorriso. – E soprattutto, telefona a casa, se nessuno
può accompagnarti, vengo a prenderti io.
- Sì,
sì, non preoccuparti – replicò spiccia
Jamie, stampandole un bacio sulla guancia. – Sei la migliore.
Oh, il campanello, dev’essere Bess! Ci vediamo domani. Ciao
ragazze!
- Ciao, Jamie!
– fecero eco Rose e Jackie, mentre Anna osservava la
sorellina sfrecciare fuori dal salotto, un po’ barcollante
per via dei tacchi.
Non appena il rumore
della porta di casa annunciò che Jamie era uscita, la mora
del trio prese posto sul divano, accanto all’amica, e
poggiò uno dei libri prescelti sulle gambe: - Bene, stasera,
se a lor signore compiace, comincerò con Dracula.
La creatura strisciava
furtiva tra le siepi che circondavano i grandi giardini delle
abitazioni di West Broadway. Era rapida e silenziosa come
un’ombra, i suoi movimenti erano tanto fluidi e leggeri da
smuovere il fogliame in modo quasi impercettibile.
Evitava con cura le
zone illuminate dai lampioni, fondendosi alla perfezione col buio della
notte.
Si fermò
nei pressi di una grande villa: le finestre aperte lasciavano
fuoriuscire una musica piuttosto orecchiabile, mista a un concitato
chiacchiericcio.
Una cinquantina
abbondante di studenti pascolava per il cortile come un branco di
succulente pecorelle, i sorrisi stampati in volto, gli abiti eleganti e
le scarpe da ballo ai piedi.
Ce n’erano
altri, all’interno della casa. Tutti felici, tutti presi
dalla festa, tutti ignari.
La creatura si
spostò sul retro, accovacciandosi nell’angolo
più buio del giardino. E lì, attese.
Sapeva che, prima o
poi, qualcuno di loro si sarebbe fatto un giretto da quelle parti.
Matematico. Gli umani ormai erano meravigliosamente prevedibili per lei.
La sua intuizione non
tardò a rivelarsi esatta: ne percepì la presenza
prima ancora di vederlo. Sapeva già tutto di lui. Lei
conosceva ogni cosa.
Brenton Reynold,
diciotto anni, figlio di Brendan e Janette, ricco e viziato,
terrorizzato dalle streghe. E, in quel momento, pesantemente ubriaco.
Lo guardò
avvicinarsi, perfettamente nascosta tra le fronde della siepe. Riusciva
a percepire il suo odore, il flusso del sangue all’interno
delle sue vene…
Brenton si
abbassò i pantaloni, barcollando, poi fu la volta delle
mutande. Biascicò qualcosa di incomprensibile, mentre si
afferrava il membro e cominciava a orinare.
Aveva
un’espressione terribilmente stupida stampata in volto.
- Brenton…
La voce della creatura
era femminile e suadente, ma allo tempo stesso gelida. Il ragazzo
sussultò, schizzando un po’ di urina sui
pantaloni.
Si guardò
attorno, cercando di aguzzare la vista, poi balbettò: -
Chi… chi c’è?
Un sorriso nel buio.
- Sono
un’amica speciale, Brenton… un’amica
molto speciale!
Brenton
gridò, incespicando e cadendo dritto sul fondoschiena.
Cercò di allontanarsi, muovendo freneticamente gambe e
braccia, ma i calzoni abbassati e l’alcol in corpo gli
ostacolavano ogni movimento.
La strega
sbucò fuori dalla siepe, sghignazzando sguaiatamente.
Dopodiché, si avventò su di lui.
- Ma lei non dorme, e
fa come se neanche io ci fossi. Continuo a provare e a riprovare, fino
che a un tratto ci ritroviamo, lei e anch’io, al buio; mi
guardo intorno e vedo che intanto il sole è andato
già. Madame Mina ride, e io mi volto a guardarla. Adesso
è sveglia del tutto, e sembra che stia così bene
come mai l’ho vista da quella notte a Carfax, quando siamo
entrati per la prima volta in casa di…
Lo squillo del
telefono interruppe l’appassionata lettura, strappando ad
Anna una sonora imprecazione. Posò il libro aperto sulle
gambe di Rose e, con passo stizzito, uscì dalla sala,
raggiungendo l’apparecchio sistemato sul comodino
all’ingresso.
- Chiunque tu sia,
spero per te che sia importante… pronto?
- Ciao Annie, sei tu?
Una morsa allo
stomaco. I lineamenti della ragazza si indurirono, mentre una
sgradevole sensazione di oscurità cominciava a vorticarle
nel petto.
- Ciao Butch. Che cosa
vuoi?
- Ti sto disturbando?
Anna
stritolò il filo del telefono con le dita della mano libera.
- A dire il vero
sì. Ci sono Rose e Jackie, stiamo leggendo un libro.
- Ah, capito, allora
cercherò di essere breve: immagino saprai della festa per i
diplomati di quest’anno a casa di Tony Gordon…
- Sì, sono
stata invitata. Perché ti interessa? Tu non sei un
neo-diplomato…
- No, ma ho trovato il
modo di imbucarmi! Mi sono offerto come rifornitore di vino!
- Ah…
grandioso…
Alcuni istanti di
silenzio, interrotti dai dieci rintocchi dell’orologio a
pendolo.
- Sai Annie, stavo
pensando – riprese infine Butch. – Dopo
quest’estate ve ne andrete quasi tutti… immagino
che anche tu vorrai allontanarti da Derry…
- Vorrei,
sì – rispose lei, sulle spine. – Spero
di riuscire. Con… con questa crisi non si possono avere
certezze. Persino alcuni ragazzi di West Broadway stanno avendo delle
difficoltà… senza contare il fatto che sono una
donna…
- Beh, sì,
certamente. Però ecco, mettiamo caso che riusciate ad
andarvene: dopo quest’estate, sarò solo come un
cane…
“E di chi
sarebbe la colpa?” pensò ironica la
primogenita Donovan, mordendosi la lingua.
- … e
perciò pensavo… potremmo approfittare della festa
dai Gordon per fare una rimpatriata e poi uscire un po’
insieme, come ai vecchi tempi, divertirci, fare qualche scherzo in
giro... ho già chiamato i ragazzi, che mi hanno detto di
sì. Mi manca solo la tua risposta.
- Io…
La morsa allo stomaco
si fece più insistente.
- Io non lo so, Butch.
Dopo quello che è successo cinque anni fa, io…
- Ma dai, Annie, non
succederà niente di male, faremo giusto qualche scherzetto
innocuo…
- Anche quello fatto a
Warder doveva essere uno scherzetto innocuo, Butch –
replicò Anna in tono tagliente.
Il ragazzo
esitò per qualche secondo: - Sì, ma…
ma questa volta sarà diverso! Suvvia, Annie, non abbiamo
più tredici anni!
- No, infatti. Non
abbiamo più tredici anni.
(E
se a tredici anni siamo stati capaci di fare certe cose, pensa cosa
potremmo combinare adesso…)
Butch si
schiarì la voce: - Beh, potresti almeno pensarci? In nome
della nostra vecchia amicizia?
- Io…
- Mi manchi, Annie. La
verità è questa. Mi manchi più di
tutti gli altri. Sai che io non chiedo mai “per
favore” a nessuno, a te invece chiedo, per favore, puoi
almeno pensarci?
La ragazza dai capelli
scuri sospirò, chiuse gli occhi e aggrottò la
fronte.
- Ci
penserò.
- Ottimo! Allora ci
vediamo alla festa di Gordon?
Anna strinse la lingua
tra i denti, un nodo alla gola le tolse quasi il respiro.
-
Sì… ci vediamo alla festa di Gordon…
- Perfetto. Grazie
Annie, salutami le ragazze! Buonanotte!
- Buonanotte.
Rimise la cornetta al
proprio posto, quasi lasciandola cadere. La sensazione di oppressione
scemò lentamente, lasciando spazio a un fastidioso senso di
vuoto.
Tornò in
salotto senza aprir bocca, il volto congelato in
un’espressione gelida. Si rese conto a malapena del tragitto
che la portò a sedersi nuovamente accanto a Rose.
La bionda le
posò una mano sul ginocchio, richiamando la sua attenzione:
- Ninel… stai bene?
- Anche stavolta la
tua faccia parla chiaro – fece eco Jackie, cercando di
assumere un tono
ironico per
sdrammatizzare, ma trasparendo un certo disagio. – Bowers?
- Bowers –
annuì Anna, stringendo i pugni.
Le due giovani ospiti
si scambiarono un’occhiata tesa.
- Cosa voleva?
– domandò quindi Rose.
Anna drizzò
la schiena, sospirando: - Vorrebbe recuperare i rapporti con me e gli
altri, passare del tempo insieme prima che ce ne andiamo dalla
città. Ammesso che la crisi economica ce lo permetta,
insomma. La Banda Bowers riunita per l’ultima volta.
Jackie
serrò nervosamente le dita attorno ai manici della sedia a
rotelle: - Che cosa gli hai risposto?
- Ho detto…
- la morsa allo stomacò ricominciò a dare
tormento. - Ho detto che ci penserò.
Rose prese le mani
della coetanea tra le proprie: - Non sei costretta a farlo, se non ti
va, Ninel.
- Lo so…
preferirei cambiare discorso – tagliò corto infine
la mora, afferrando nuovamente il libro. – Siamo quasi alla
fine. E sapete che vi dico? Io non capisco perché la gente
veda qualcosa di romantico nel rapporto tra Dracula e Mina. Mi pare un
concetto totalmente infondato! A me sembra palese che Mina sia
innamorata di Lucy e ricambiata. E non so voi, ma per me Dracula
è piuttosto invaghito di Jonathan.
Rose sorrise, mentre
Jackie diede un’alzata di spalle: - È possibile,
la figura del vampiro presenta senz’altro dei collegamenti
con il mondo omosessuale. Un esempio esplicito è il romanzo Carmilla.
- Vorrei leggerlo da
tempo – disse Anna, passando distrattamente il dito indice
sulle pagine del libro aperto. – Chiederò a chi
sappiamo di procurarmelo. Bene, ora direi che possiamo andare avanti
con il nostro caro conte .
Riprese il racconto
come se nulla fosse, mantenendo viva l’attenzione delle
compagne con un’ammirevole prova di lettura espressiva, ma
dentro di sé continuava a macerare il senso di angoscia e
disagio che le aveva provocato la conversazione avvenuta poco prima con
il vecchio amico.
Lei e Butch Bowers
erano stati a lungo inseparabili. Ricordava con chiarezza quel tempo in
cui, spesso, bastava un semplice sguardo per capirsi a vicenda, quel
tempo in cui finivano insieme in punizione per aver infranto
le regole, quel tempo in cui uscivano entrambi di casa di nascosto e si
trovavano per comprare quanti più dolci possibili, da
gustare rigorosamente seduti all’ombra degli alberi del parco
cittadino.
Ricordava le corse in
bici, le sfide di coraggio, le scorribande nei Barren.
Sì,
talvolta Anna Donovan sorrideva pensando agli anni della propria
infanzia e agli albori dell’adolescenza.
Ma il sorriso si
spegneva subito quando un tipo diverso di memorie affiancava quelle
spensierate e piacevoli: essere amica di Butch l’aveva
portata a fare delle cose di cui si era pentita amaramente, cose di cui
si vergognava ancora.
E poi… e
poi c’era stato quel maledetto giorno di cinque anni prima,
il giorno che l’aveva portata a rompere definitivamente i
contatti con quello che era stato, fino a quel momento, il suo migliore
amico.
(Questa
volta sarà diverso!)
Lei gli aveva dato fin
troppe occasioni. Si sentiva in colpa persino per questo.
(Non
abbiamo più tredici anni!)
Butch non era mai
stato in grado di capire quando fosse il momento di fermarsi. Non aveva
mai imparato dai propri errori. Possibile che in quei cinque anni fosse
cambiato?
(Mi
manchi, Annie. Mi manchi più di tutti gli altri. Questa
volta sarà diverso!)
No, non avevano
più tredici anni. Ed era proprio questo a farle paura.
***
Angolo
dell’Autrice: Ho deciso di continuare questa
storia, anche se non come interattiva per questioni organizzative.
Spero che il primo
capitolo risulti soddisfacente, che non ci siano incongruenze e che il
testo sia scorrevole. Naturalmente, c'è un motivo se le
protagoniste presentano una mentalità piuttosto aperta
parlando di omosessualità, nonostante l'epoca in cui sono
cresciute.
Grazie per aver letto,
alla prossima!
Tinkerbell92
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