Viatico

di Reginafenice
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Caroline e Demelza percorsero il tragitto sino a Nampara cercando di conoscersi un po' meglio. La strada era abbastanza lunga da consentire una soddisfacente chiacchierata tra donne, pertanto la piω matura delle due, secondo un dato puramente anagrafico, decise di rompere il ghiaccio per prima.

“Ti piace l’essenza che ho scelto per profumare l’ambiente? Adoro l’aroma delle arance!” Fece dondolare l’aggeggio in acciaio addetto a tale funzione, che pendeva da un gancio sotto lo specchietto retrovisore, proprio come se si trattasse di un giocattolo.

Demelza approvς timidamente. Continuava a guardarsi attorno, quasi incredula di trovarsi davvero in quel tipo di macchina. Il lusso della Rolls-Royce in cui stava viaggiando era inimmaginabile per una come lei, abituata com’era ai vecchi rottami di seconda o terza mano spesso rubati da suo padre a dei poveri malcapitati.

“Non posso credere che Dwight ti abbia costretta ad accompagnarmi a Nampara!”

“E io non posso credere di essermi lasciata costringere!” Le lanciς una rapidissima occhiata per accertarsi che avesse colto il suo tono sarcastico, poi proseguμ, “Ma, sai come si dice, a volte θ difficile resistere allo sguardo di un uomo supplichevole e sull’orlo del pianto.”

Caroline era ben consapevole dell’imbarazzo di Demelza: una semplice tirocinante, emotivamente turbata dalla morte del suo primo paziente, condotta a casa dalla dirigente e proprietaria dell’ospedale in cui lavorava poteva certamente definirsi un caso piω unico che raro. Pur volendo, Demelza, non sarebbe stata capace di dissimulare quella fastidiosa sensazione di disagio, nonostante avesse giΰ avuto occasione di constatare l’imprevedibile attitudine di Caroline a non farle pesare affatto la netta discrepanza tra l’umilissimo retaggio sociale da cui proveniva e la sua posizione privilegiata. 

Rimaneva il fatto che, prima di allora, non si erano mai trovate da sole a condividere uno spazio cosμ piccolo e propenso a contenere confidenze e segreti, in una notte giΰ contaminata dalle prime tinte dell’alba. Nondimeno, qualcosa d’istintivo si ostinava a suggerire a entrambe che la persona seduta al proprio fianco sarebbe stata quella giusta per svolgere un compito di tale importanza e necessitΰ.

“Se Dwight fosse qui, sarebbe ansioso di smentire il mio resoconto e smascherarmi miseramente. Non immagini quanto ne gioirebbe!”

Demelza la osservς con attenzione, sicura di aver scoperto in Caroline un aspetto del suo carattere che ancora le era sfuggito, “Sembra quasi che in fondo lo desideri davvero.”

Caroline rispose con una risata nervosa, “Paradossale, vero? Siamo completamente diversi l’uno dall’altra, eppure non possiamo fare a meno di stuzzicarci.”

“Un po' come facciamo io e Ross. Prendersi in giro θ una forma di ironia che funziona spesso in una coppia. Sai, serve per stemperare il dramma che inevitabilmente si crea quando si θ tanto ostinati e orgogliosi da trovare difficile raggiungere un compromesso.” Sorrise un po' stanca, pensando con leggera malinconia a Ross.

“La differenza sta nel fatto che noi non siamo una coppia.”

“Ma in passato lo siete stati. Non posso credere che non ti manchi nemmeno un po'!” Lo sguardo pungente di Demelza esprimeva una nota di malizia che non sfuggμ a Caroline. Per quanto potesse essere efficace la sua tecnica, la giovane Penvennen era intenzionata a non dargliela vinta. Optς, dunque, per la tattica del silenzio.

Demelza scosse la testa dubbiosa, “Comunque, io mi sono fatta un’idea a riguardo.”

“L’instancabile ottimismo di Demelza Carne ha partorito un’altra mirabolante idea! Sono troppo stanca per il patetismo sdolcinato di certe supposizioni, perdonami.” Finse di sbadigliare, coprendosi teatralmente la bocca con una mano libera dal volante.

“Θ pura evidenza e constatazione dei fatti. Perchι da quando tu e Dwight vi siete lasciati non hai avuto nessun altro uomo al tuo fianco? Non puς essere una coincidenza. La fila dei pretendenti alla tua mano supera il chilometro, ne sono certa.”

“Tu sei un’ottima rivale da quel punto di vista. Anzi, oserei considerarti la piω ambita delle due.” Notς il lampante rossore sulle guance di Demelza, meravigliandosi della sua ingiustificata mancanza di autostima, “Tornando alle tue insinuazioni, ti stupirς con una risposta a cui ovviamente non crederai: la maggior parte degli uomini θ intimorita dall’influenza della mia posizione, dalla vastitΰ del patrimonio che ho ereditato e dal carattere che mi ritrovo. A volte, penso che essere cosμ…” Indugiς a trovare la definizione piω appropriata.

“Cocciuta? O meglio, propensa a non accettare i consigli altrui?” La aiutς Demelza, risultandole adorabile nella sua garbata franchezza.

“Lo confesso. Il mio non θ un atteggiamento particolarmente cordiale quando ho a che fare con gli uomini. Faccio fatica a risultare meno irritante di quanto non sia in realtΰ.”

“Secondo me, non ci hai provato con convinzione. E poi, ti sei mai chiesta il motivo per cui con Dwight ha funzionato?”

“Lui θ riuscito a vedere oltre…”

A quella frase seguirono secondi interminabili di silenzio assoluto. Nessuna delle due aveva idea di come procedere, chiaramente consapevoli del fatto che, se avessero commentato ulteriormente, la veritΰ sarebbe venuta a galla. Sebbene Demeza fosse convinta che sarebbe stato meglio per Caroline scoprire le proprie carte esternando ad alta voce i suoi sentimenti verso Dwight, decise di rispettare i suoi tempi. Forse, quel momento sarebbe arrivato presto e lei non si sarebbe tirata indietro di fronte all’esigenza di uno sfogo risolutivo che avrebbe fatto ordine tra i pensieri aggrovigliati di Caroline.

“Ebbene, siamo arrivate a destinazione.” La Rolls-Royce rallentς in prossimitΰ della curva che rivelava la bellezza rustica, semi nascosta da alberi e cespugli, del cottage di Nampara.

Demelza rimase in macchina ancora per qualche minuto, indecisa se scendere o meno. Anche Caroline si era accorta della presenza di Ross in casa: la sua macchina era parcheggiata sotto il pergolato della stalla e la luce filtrava attraverso le tende della camera da letto.

Spense il motore e osservς Demelza, sforzandosi di comprendere quale fosse la ragione di quella riluttanza a uscire fuori e raggiungere il suo uomo dopo ore di fatica e tensione. Demelza le rivolse un piccolo sorriso, “Scusami, ti lascio subito libera di tornare ai tuoi doveri.” Fece per aprire lo sportello, ma Caroline le bloccς la mano, impedendole di svignarsela senza darle una spiegazione.

“Avrei creduto che ti saresti precipitata dentro casa come una saetta, impaziente di ripiombare tra le braccia di Ross. Evidentemente c’θ qualcosa che ti turba, ma non sono brava quanto te a scavare dentro l’anima delle persone e tirare fuori la veritΰ come per magia. Quindi, ti pregherei di evitarmi una fatica inutile.”

“Pensavo fosse piω facile.” Ammise, non nascondendo la propria preoccupazione.

“Reggere il confronto senza uscirne indenni? Bene, adesso puoi capire meglio quello che deve aver provato Ross con Armitage.” Caroline assunse un’espressione quasi materna, ma al tempo stesso convinta delle sue opinioni.

Demelza annuμ, “Sμ, ma io non ho mai amato Hugh.”

“Non trovarti scuse, Demelza. Pur ammettendo che non era amore ciς che ti legava a quel ragazzo, dall’esterno l’attrazione da parte di Armitage era piuttosto evidente. Θ plausibile che Ross si sentisse geloso di lui.”

“Ma Caroline, Elizabeth e Ross erano sul punto di sposarsi! Probabilmente ti θ sfuggito questo piccolo dettaglio.”

“Non mi θ sfuggito nulla, te lo assicuro. Frequentavo la coppia quando erano felicemente fidanzati, quindi conosco perfettamente ciς di cui parlo.” La sicurezza che emergeva dalle parole di Caroline non era affettata, mirata semplicemente a rassicurarla.

“Non ho mai visto Ross guardare Elizabeth con la stessa energia che riserva a te. Θ qualcosa di diverso, piω intenso, quasi indefinibile e decisamente coinvolgente.”

Demelza scrollς le spalle, “Vedremo se Elizabeth θ riuscita comunque a irretirlo e a fargli cambiare idea… Puς darsi che tu abbia ragione e che a parlare sia il mio senso di inferioritΰ.”

Prima di partire, Demelza aveva provato a chiamarlo ma il suo telefono risultava irraggiungibile. Poteva darsi che fosse scarico, ma una volta arrivato a Nampara avrebbe potuto contattarla. Perchι non lo aveva ancora fatto? Da quanto tempo si trovava lμ? Si rifiutava di pensare che non avesse nemmeno provato a raggiungerla in ospedale…

“Devi andare, Demelza.” Caroline le posς una mano sulla spalla, infondendole il coraggio di procedere. Quel turbamento che la affliggeva era dovuto soprattutto al fatto che, per Demelza, doveva essere un po' come ammettere di non avere fiducia in Ross, malgrado ciς che aveva ripetuto a se stessa per tutta la notte e il coraggio dimostrato a Ross. Non gli aveva mentito, semplicemente perchι non ne sarebbe stata capace, ma l’ansia aveva messo scompiglio tra i suoi pensieri e ora sentiva la sua parte piω emozionale prendere il sopravvento: la speranza di poter essere qualcosa di piω per Ross, e non soltanto la seconda scelta, era frutto della potenza dell’amore che nutriva per lui e, per quanto potesse sembrare assurdo allora, aveva scelto di fidarsi di questa sensazione. Ma ora le cose erano diverse...  

Camminς stringendosi nella giacca per riscaldarsi, inumidendosi spesso le labbra rinsecchite dal freddo e sforzandosi di non apparire troppo nervosa agli occhi di Ross. Il primo a raggiungerla fu come al solito Garrick, pipante e riposato come se avesse dormito tutte le ore perse dalla sua padroncina, ma non ci volle molto prima che Ross la raggiungesse con un sorriso leggermente forzato abbozzato sul volto. Si era preparato un discorso ma adesso, ritrovandosela di fronte, sentiva come se tutte le parole si fossero perse nel vuoto tra le sue dita e risultassero inadeguate a ciς che realmente avrebbero dovuto esprimere. Era sempre stato cosμ: i discorsi gli rimanevano chiusi dentro e un blocco interiore gli impediva di dichiarare i suoi sentimenti senza filtri, senza risultare insensibile, egoista o inopportuno.

Dopo qualche secondo di esitazione, Demelza si fiondς tra le sue braccia e lo strinse come se non si vedessero da anni e non volesse piω farselo sfuggire. Gemette contro il suo petto, abbandonandosi ad un pianto liberatorio simile a quello che Ross aveva raccolto da Verity, ma privo di quella disperazione che invece esprimevano le lacrime di sua cugina per la situazione drammatica profilata dal comportamento di Francis verso la sua famiglia e verso se stesso. No, in questo caso Demelza piangeva per sfogare la tensione accumulata durante le ore dell’intervento, per la tristezza seguita alla morte di Hugh e infine per la paura di poter perdere anche Ross, sebbene in un senso completamente diverso.

Ross chiuse gli occhi e le baciς la fronte, mentre le sue braccia possenti l'avvolgevano come una coperta calda in un giorno di pioggia incessante, trasmettendole il calore di cui aveva bisogno. Non si era mai sentita tanto fragile in vita sua e allo stesso tempo cosμ protetta, al sicuro, compresa e connessa fisicamente con qualcuno come in quel momento. Le loro anime stavano comunicando seguendo delle regole tutte loro, impossibili da spiegare verbalmente e notevolmente piω efficaci di qualsiasi parola.

Tra i singhiozzi, Demelza riuscμ a scandire una piccola frase, “Alla fine, siamo ancora qui. Chi l’avrebbe detto?”

“Non poteva andare diversamente.” Le accarezzς i capelli, come se fosse una bambina da consolare.

Demelza sollevς lo sguardo per incontrare i suoi occhi scuri, “E ne sei felice? Oppure avresti sperato in qualcosa di diverso?”

“Mi stai chiedendo se sono deluso? Se, in fondo, desideravo che quel sentimento che provavo per Elizabeth si risvegliasse e mi riportasse indietro, in un tempo in cui tu non facevi parte della mia vita?” Attese una risposta, sapendo giΰ che era esattamente quello che Demelza voleva sapere.

“Ross, perchι non sei venuto a prendermi? Non hai nemmeno cercato di contattarmi e io ho bisogno che tu mi risponda per capire…”

“In realtΰ sono appena arrivato. Ho chiamato Dwight circa dieci minuti fa per avvisarlo che sarei passato, ma voi eravate giΰ in viaggio e sarebbe stato inutile.” Il suo tono era piuttosto dimesso e colpevole, ma comunque sincero, perciς Demelza non esitς un istante a credergli.

Si staccarono, per riprendere fiato. Erano entrambi esausti e facevano fatica a reggersi in piedi.

“Hai evitato di telefonarmi, perς.”

Ross annuμ, “Non volevo disturbarti. Posso comprendere come ti sia sentita dopo la morte del tuo amico e il mio intervento sarebbe stato fuori luogo, per non dire indesiderato. Avrai sentito la necessitΰ di stare sola per un po', immagino.” Evitς di sottolineare l’ironia insita nell’appellativo riferito a Hugh per sorvolare l’imbarazzo di Demelza.

“Forse per un po', ma sicuramente non per ore. Mi sono preoccupata molto.”

“Per la mia incolumitΰ fisica?” Ross la interrogς con tenerezza e gratitudine.

“Sμ, anche per quella… Sono una persona molto apprensiva e non me ne vergogno.”

Ross non aveva alcuna intenzione di affrontare l’argomento che invece Demelza fremeva di esplorare, ovvero come si fosse sentito in compagnia di Elizabeth e a quale conclusione fosse giunto. La conclusione riguardava inevitabilmente il futuro della loro relazione e quale ruolo avrebbe dovuto svolgere Demelza nel caso in cui Ross si fosse dimostrato incantato dal fascino della moglie di suo cugino, per l’ennesima volta.

Tentς invano di convincerla a riposare un po', ma la caparbietΰ di Demelza ebbe la meglio costringendolo a confessarle la veritΰ. Ancora in piedi di fronte alla porta, si fissarono intensamente, poi Ross incominciς, “E’ stato diverso da come me lo aspettavo… Non ho visitato Elizabeth, ma in compenso abbiamo parlato per un po''. Mi sono stupito di quanto mi abbia consentito di esplorare una parte di lei che sono sicuro abbia nascosto a tutti per molto tempo, quella della paura di non essere amata.”

Demelza sospirς, trattenendosi dal fare commenti. Lasciς che Ross proseguisse per avere piω chiaro il quadro della situazione.

“Francis si θ messo nei guai e la trascura sotto ogni punto di vista. Elizabeth avrebbe meritato di essere costantemente al centro dei suoi pensieri e invece...”

“Come lo θ per te?” Questa volta non riuscμ a mordersi la lingua. L’emotivitΰ stava prendendo il sopravvento e temeva di poter dire cose di cui si sarebbe pentita.

Ross la ignorς completamente, “Non avrei mai pensato che la prospettiva di un divorzio potesse…” Demelza lo interruppe di nuovo, prendendo la parola al suo posto.

“Ascolta, Ross. Perchι non me lo dici chiaramente? Mi eviteresti un’agonia di cui farei volentieri a meno. Se questa prospettiva, come la chiami tu, ha rivoluzionato i tuoi progetti facendoti cambiare idea θ bene saperlo subito. Saresti disposto a tornare da lei? La ami fino a questo punto?” Le lacrime tornarono a rigarle le guance, ancora piω calde di prima.

Ross provς ad accarezzarle il viso, con gli occhi lucidi ed espressivi, ma Demelza si scansς e prese le distanze.

“Non fino al punto di perderti, Demelza. Non nego di averci pensato. Per qualche millesimo di secondo mi θ balenata questa assurda idea, ma θ stato tuttalpiω l’impulsivo riflesso di ciς che ero in passato. Elizabeth θ stato il mio primo amore, ma non l’ultimo. A quello ci hai giΰ pensato tu. Sei arrivata come un uragano nella mia vita e hai stravolto tutto ciς che conoscevo di me.” Sorrise, con il cuore che gli batteva all’impazzata.

“Io ti amo, come non ho mai amato nessuno, Ross. Ma quale garanzia mi offri per convincermi che quello con Elizabeth resterΰ per sempre un capitolo chiuso? A differenza mia, tu hai due amori da soppesare sulla bilancia e prima o poi sarai costretto a scegliere quello che ti fa sentire meno pesante. So che la vita con Elizabeth sarebbe piω leggera per te, meno problematica visti i miei trascorsi e le mie difficoltΰ. Inoltre, il prestigio legato al suo cognome ti aprirebbe molte piω porte ti quante possa fare il mio, e meriteresti davvero di raggiungere certi traguardi…”

“Si puς dire tutto di me, fuorchι che sia un tipo prevedibile. Specializzarmi sui campi di battaglia in Iran, quando avevo mio zio tra i membri del consiglio di amministrazione del migliore ospedale della Cornovaglia a cui chiedere raccomandazioni, ti sembra una scelta scontata? Non scelgo le vie piω facili, Demelza. La vita non θ facile e probabilmente trascorrerla con Elizabeth avrebbe rivelato maggiori complessitΰ, presto o tardi.”

“Cosa te lo fa pensare?” Chiese con scetticismo.

Ross alzς le spalle, “Siamo troppo diversi. Elizabeth ha delle ambizioni che non coincidono con le mie e nemmeno con quelle di Francis, a dirla tutta. Noi Poldark siamo personalitΰ inquiete e, a dispetto dei titoli blasonati che vanta la nostra famiglia, desideriamo vivere come e con la gente comune. Siamo cresciuti cosμ, convinti che non esitano differenze tra uomini e donne di ceto sociale diverso.”

Demelza si avvicinς di nuovo, sfiorandogli il braccio muscoloso. Ross ne approfittς e le cinse la vita con entrambe le mani, sporgendosi per baciarla. Lei si irrigidμ leggermente, evitando di assecondare il suo gesto. Infine, nascondendo il volto nell’incavo tra il collo e la spalla di Ross, gli sussurrς, “E se mi rivelassi una delusione?”

“Non pensi che anch’io potrei deluderti? Non serve a nulla rimuginare su qualcosa che non accadrΰ mai. Che ne pensi di rimandare questa conversazione a domani?”.

Demelza riflettι sul significato di quelle parole e sospirς, “Se nei sei sicuro…”

Un’ora dopo erano abbracciati l’uno all’altra tra le lenzuola sgualcite del loro letto, immersi ognuno nel proprio sogno agitato ma comunque ancora vicini, tanto da percepire la perfetta sincronia tra il battito del proprio cuore e quello della persona che avevano accanto.





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