La Timida e il Vanesio

di Carme93
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[Questa storia si è classificata prima al contest "Cappello Parlante" indetto da amicadeilibri sul forum di EFP]





Quasi come a casa
 
 


 
Sorrisi ai ragazzini intorno a me, incapace d’inserirmi nelle loro conversazioni bisbigliate, sia perché il minuscolo professor Vitiuos, che ci aveva accompagnati in quella stanzetta vuota, aveva chiesto di attenderlo in silenzio sia perché sembravano conoscersi già tutti fra loro.
Per fortuna il professore ritornò quasi subito e ci invitò a metterci in fila.
«Tu sei rimasta sola, vieni qui davanti».
Mi trattenni a stento dallo sbuffare: eravamo dispari e naturalmente io, tra tutti, rimasi senza compagno e per giunta in prima fila!
Non avendo altra scelta, seguii il professore all’interno di una sala molto più grande dove avevano già preso posto i ragazzi più grandi. Per l’imbarazzo cercai di non incrociare lo sguardo di nessuno, ma i sospiri estasiati degli altri mi costrinsero a sollevare gli occhi sul soffitto. Era meraviglioso! Un vero cielo stellato!
Giunta di fronte al tavolo dei professori, la fila si ruppe e riuscii a mescolarmi agli altri, tanto da dovermi alzare sulla punta dei piedi per vedere chi stesse cantando. E non era il professor Vitiuos! Su uno sgabello di legno vi era un vecchio cappello da mago – un vero e proprio Cappello Parlante!
Alla fine della canzone, il professore cominciò a chiamarci in ordine alfabetico, ma non ero tra i primi. Osservai con attenzione i compagni prima di me, così da imitarli e non fare figuracce.
La nostalgia di casa, però, era sempre più forte. Perché gli altri sembravano così tranquilli?
Quando sentii il mio nome, il cuore iniziò a battere più velocemente e io rischiai stupidamente d’inciampare.
Il professor Vitiuos mi sorrise leggermente e questo mi tranquillizzò, almeno finché non mi sedetti sullo sgabello e mi ritrovai gli occhi di tutti puntati addosso. Ho sempre odiato essere al centro dell’attenzione. Infatti fui contenta che il Cappello Parlante fosse tanto largo da nascondermi il volto. 
Oh, sei molto timida, eh?
Sobbalzai a quelle parole e mi sembrò quasi di sentire delle risatine intorno a me. Mi vergognai tantissimo.
Stai tranquilla, è mio compito smistarti.
A quel punto capii che la voce apparteneva al Cappello e che stavo facendo la figura della stupida a girare la testa da un lato all’altro. M’imposi di rimanere immobile per il resto del tempo.
Sei una Nata Babbana, non sei la prima, sai? Imparerai in fretta. Non sei affatto stupida.
Sarebbe stato educato ringraziarlo per quello che in fondo era stato un complimento, ma avrei dovuto sussurrare? O parlare? O cosa?
Il Cappello Parlante ridacchiò e io sussultai: ero ridicola.
Sei una ragazzina sensibile, eh? So qual è la Casa perfetta per te.
Sentii il cuore battere all’impazzata: ero veramente spaventata.
Vedrai ti troverai bene quasi come a casa… «TASSOROSSO».
Uno dei tavoli applaudì più forte degli altri.
Il calore con cui i miei nuovi compagni mi accolsero mi sembrò sincero: forse mi sarei trovata bene con loro, proprio come aveva detto il Cappello Parlante.
 
 
 
 
 
 
 




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