Friendship

di Mave
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“Non ci credo!”

Negare l’evidenza è un meccanismo di difesa ma Bright ha un tale tono risoluto e convinto che incrina, in maniera straziante, il cuore di Colin.

Non sa come gestire il netto rifiuto dell’amico nell’accettare la sua condanna ormai scritta.

“Io non ci credo che tu butti la spugna così facilmente!”

Immobile, a braccia conserte, con la sua posa da atleta il giovane Abbott sembra sicuro del fatto suo. Da ottimista qual è vuole cercare un appiglio, un’opportunità anche dove c’è soltanto pericolo concreto.

“Te lo ricordi quell’ Alley-oop nell’ultima partita della scorsa stagione?”

Una giocata spettacolare. Una buona coordinazione e affiatamento tra compagni.

Bright aveva lanciato la palla in una parabola alta verso il canestro, Colin era saltato a raccogliere e schiacciare .

Scuote la testa perché non ricorda.

Non ricorda lo slang della pallacanestro, frammenti di passato che non gli appartengono più, aneddoti incoerenti.

Bright però non si lascia scoraggiare.

“Vincemmo quella partita e il campionato grazie a quel tiro in corsa allo scadere. Due appoggi di piede, un salto e depositasti direttamente nel canestro per i Miners!”

Colin chiude gli occhi cercando di focalizzare le azioni di quella telecronaca accoratamente appassionata.

L’ultimo palleggio.

Lo stacco di piede sinistro.

Il salto finale.

Il tiro con la mano destra mentre la sinistra è lievemente sollevata a proteggersi dagli avversari.

Canestro !

“Il terzo tempo!”


Bright annuisce con un sorriso di sollievo quasi penoso e si lascia scivolare accanto all’amico.

“Quello che voglio dire è che non ti sei mai tirato indietro in campo, Colin. Non ti sei mai preoccupato troppo di un tiro importante perché, come diceva Michael Jordan, quando pensi alle conseguenze pensi sempre ad un risultato negativo!”

Dopo settimane passate in quel limbo di incertezze a Colin sembra di rifiatare ma basta riappropriarsi della consapevolezza della sua condizione perché venga risucchiato nell’abisso.

“Sono condannato. In ogni caso.”


Bright non crede alle favole e non è un ingenuo: capisce quanto la situazione sia disperata e proprio per questo niente potrà peggiorarla.

Deve riuscire a creare uno spiraglio di speranza anche se le ragioni per fallire sono infinite, anche se la paura del pericolo è molto più pericolosa del pericolo stesso.

Inaspettatamente è lo stesso Colin ad avallare una possibilità, per quanto remota sia.

“Potrei permettere che mi operino di nuovo. Le garanzie di successo però sono minime.”

Gli tremano le labbra. Come può spiegare la sua più grande paura?

Morire dentro mentre continua a vivere fuori .

“In questi ultimi cinque mesi ce l’ho messa davvero tutta per ricostruire, costruire daccapo, fare ordine in una vita che mi era sconosciuta. E quando ci ero quasi riuscito…Vengono a dirmi che c’è ancora un coagulo di sangue che renderà tutte quelle piccole conquiste inutili. A che è servito allora soffrire tanto, eh Bright?”

Le lacrime mettono a disagio perché sono difficili da consolare.

E lo scoraggiato Abbott non sa davvero come trattare questo Colin stanco, tormentato, spaventato. Costretto a fare una scelta che sconterà e che sconteranno per tutta la vita.

Si aggrappa disperatamente a quella microscopica possibilità tra infinite probabilità di insuccesso.

E se il miracolo accadesse davvero?


“In questo momento le statistiche ti servono come un lampione servirebbe ad un ubriaco, non per illuminare ma semplicemente per appoggiarsi!”

Cerca la mano di Colin e la stringe guardandolo ostinato: gli occhi spaventati dell’uno sono specchio di quelli dell’altro.

“Non arrenderti Colin. Rischi di farlo un momento prima che il miracolo si compia!”





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