E se..?

di Cromatic Angel
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Oggi

 

Passeggiavo nel grande giardino della tenuta della famiglia di Noah.

Mi stringevo tra me stessa con le braccia, e fissavo i miei piedi che scalciavano lentamente la ghiaia. 

Sentì una presenza alle mie spalle, ma non mi voltai. Sapevo benissimo chi fosse ed infatti mi sentì abbracciare da dietro, un bacio tra i miei capelli e d’istinto poggiai la testa al suo collo, senza voltarmi.

«Penso che in un anno tu abbia vissuto più emozioni e rivelazioni, rispetto che nei tuoi primi ventiquattro».

«Non ti nego che avrei preferito che tutto questo fosse inesistente»

«Se così fosse non ci sarebbe un noi» calcò quell’ultima parola con fermezza e con una nostalgia dolorosa.

«Noi?» mi divincolai da quell’abbraccio e mi voltai per guardarlo dritto negli occhi in attesa di una risposta.

«Tutta questa storia, tutto questo mistero che si è creato mi irrita, ma se non ci fosse stato proprio tutto questo enorme casino, probabilmente non ti avrei mai conosciuta» mi accarezzò con il pollice la guancia « ti amo Reb, ed anche se abbiamo delle famiglie che sono fuori da ogni logica concepibile, penso che insieme possiamo farcela. Può esserci un futuro per noi. Guarda tuo padre, ha realizzato ciò che più voleva : essere libero! E se per esserlo dobbiamo andare lontano, dobbiamo cambiare nomi, o altro…io sono disposto a farlo. Perché finalmente respiro, so cosa voglia dire non sentirsi vincolato da doveri, oneri o altro ancora. Voglio vivere la mia vita facendo quello che mi è sempre piaciuto fare» Mi stringeva le braccia con le mani ed i suoi occhi brillavano mentre parlava, era così sincero, così sincero che avrebbe convinto chiunque. Ma io non sapevo più cosa volevo realmente e mi aveva appena detto per la prima volta che mi amava, speravo in un contesto migliore, ma sono felice che finalmente mi abbia mostrato qualcosa. Lui è un riccio, e per un intero anno mi sono crogiolata nei miei dubbi verso lui, ed adesso con tutto quello che in questi ultimi mesi stavo apprendendo, nulla sembrava riportarmi alla spensieratezza, sempre che io l’abbia mai avuta davvero.

 

 

Sei mesi prima

 

Solitamente la mattina del giorno di natale, andavo al forno sotto casa insieme a Lily a far colazione a scambiarci i regali, perché entrambe avremmo passato quel giorno con le nostre famiglie. 

Ma quella mattina non fu come ogni anno, con il mal di testa che mi sgretolava il cervello, mi alzai dal letto e lentamente mi avviai in cucina. Con mia grande meraviglia non trovai mio padre che cucinava e mia madre che sceglieva il centro tavola per il pranzo. La cucina era avvolta nel silenzio, illuminata dalla luce del sole che debole pigolava dalla finestra della cucina. Mi avviai al bancone e mi sedetti in uno degli sgabelli, fissavo il piano cottura come se non l’avessi mai visto. Ero così confusa che non sapevo più quale emozione fosse quella che stavo provando. Presi il telefono dalla tasca del pantalone del pigiama e chiamai Noah, rispose al secondo squillo nonostante fossero le otto del mattino.

«Scusa, stavi dormendo?» 

«No» aveva il fiatone

«Dove sei?» 

«Sono al parco sotto l’hotel a fare una corsetta»

«Ti ho disturbato allora, ci sentiamo dopo» 

«No, aspetta…» fece una pausa sicuramente per prendere fiato « vediamoci al caffè vicino al vostro pub… ti va?»

Bene, l’unico posto in cui sarei mai entrata era proprio quel bar, ma ero certa che il mio ex amico di letto non sarebbe stato di turno il giorno di natale. Senza troppe cerimonie accettai e corsi sotto la doccia.

Quando finalmente fui pronta scesi nuovamente di sotto, ancora i miei genitori non si erano alzati. Meglio così, non avevo voglia di riprendere i discorsi di ieri sera, in questo momento avevo bisogno solo di mettere a posto i miei disastrati pensieri. Ero così turbata da quelle nuove rivelazioni, che non sapevo nemmeno io cosa sarebbe accaduto adesso del mio futuro. Prima la mia priorità era trovare la mia strada, scrivere, pubblicare libri e forse magari un giorno diventare un editor o addirittura aprirmi io stessa una piccola casa editrice, in cui accogliere gli acerbi scrittori che nessuno prendeva in considerazione, proprio per dargli quell’opportuna che io stessa ancora stavo cercando. Questa valanga di pensieri mi accompagnò per quel breve, ma intenso tragitto verso il caffè. 

Le strade era deserte, la neve ancora agli angoli delle strade e quel gelido freddo che taglia le guance, facendole arrossare. Quando voltai l’angolo per addentrarmi nella strada del locale scorsi una figura in tenuta da jogging con una felpa nera con il cappuccio che metteva in risalto i suoi perfetti capelli biondi che nonostante la corsa erano rimasti impeccabili. Mi sforzai di sorridergli, notando la felicità negli occhi che si faceva largo ad ogni passo in più che facevo verso lui. Non appena fui vicina, mi tirò per un braccio e quasi caddi , ma trovai il suo petto a sorreggermi, affondò il naso tra i miei capelli ed inspirò, poi mi baciò la cute e mi scostò da sé continuando a guardarmi «So che vorrai uccidermi, ma eravamo insieme a correre» si morse il labbro come se quel gesto potesse contenere una mia reazione.

Non ci volle molto per capire dove volesse arrivare, guardai oltre le sue spalle e vidi Cameron, mio fratello che non appena notò i miei occhi che lo fissavano abbassò lo sguardo. Di certo non era sfacciato quanto me. Senza dire una parola a nessuno dei due entrai dentro il bar e ciliegina sulla torta ecco lì Britton.

Maledetta me che quel giorno sarei dovuta rimanere rintanata a letto, invece eccomi qui con tre uomini che hanno e stanno segnando maledettamente la mia vita.

 

 

 

 

«Cosa posso portarvi?» Chiesa la cameriera dalle trecce rosse, che squadrava Cameron e Noah, come se non avesse visto altri uomini sulla terra.

«Tre caffè, grazie» tagliai corto, sperando che si smaterializzasse, evitando di guardare verso la cassa, per non incrociare lo sguardo di Britton, che da quando eravamo entrati non aveva fatto altro che spiarmi con quel suo modo insistente e dentro di me speravo che almeno quella mattina se ne rimanesse lì senza venire, avevo altri problemi da risolvere, mancava giusto lui all’appello per tirare in ballo altri drammi che avevo lasciato irrisolti prima di Riffer. A quelli avrei pensato dopo, adesso erano altre le mie priorità.

«Ieri sera ho parlato con papà» guardavo le mie mani posate sul bordo del piccolo tavolino tondo, ma percepì Cameron che si drizzò sulla sedia. « Mi ha raccontato tutto…» alzai lo sguardo verso lui e per la prima volta incrociai i suoi occhi, quanto somigliava a mio papà «Vorrei solo sapere perché non mi hai mai cercata per dirmelo».

«Ti sembrerà stupido» la sua voce roca mi sembrava già cosi familiare «ma non volevo essere io il primo a dirti la verità. Spettava a papà, ma adesso sono contento che finalmente ci conosciamo, anche se io già sapevo come fossi» abbozzò un sorriso e allungò la mano verso la mia, quando la posò sopra gliela strinsi. Quello era mio fratello, anche se di madri diverse, lui era sangue del mio sangue. E sembrerà stupido ma in quel momento ero felice e non volevo sapere altro. 

 

 

 

«Vado a pagare, offro io» Noah si alzò senza che potessimo ribattere. Io e Cameron ci alzammo ed io indossai il cappotto. «Il tuo amico alla cassa dice che offre lui» disse Noah acido e uscì rabbioso verso fuori. Mi voltai e incrociai lo sguardo di Britton che malizioso mi sorrideva. «Che figlio di puttana.» gli sussurrai passandogli davanti, corsi fuori sperando che non fosse scappato e lo trovai davanti il bar che si stava accendendo una sigaretta «Ah, da quando fumi?!» mi piazzai davanti a lui con le braccia sui fianchi, Cameron dietro di Noah se la rideva «Da quando il tuo fidanzato del bar ci offre la colazione» sbuffò una nuvoletta di fumo, gelandomi con lo sguardo. «Non è il mio fidanzato! CRISTO! quel deficiente lì ed io siamo usciti un paio di volte, poi sono partita per Riffer e non ci siamo più parlati» come poteva credere che io fossi quel genere di persona lì che tiene un piede in due scarpe «Oh, allora che motivo avrebbe di dirmi quelle cose?eh?!» tirò ancora dalla sigaretta «Ma perché è uno stronzo, che non accetta il fatto che io non abbia voluto una relazione seria da lui» ero esasperata, ma seriamente?! «Meglio che torni in hotel prima che arrivi qualche altro che tu ti sei scopato. » non mi fece nemmeno replicare, con lunghi passi si allontanò da me. I miei piedi, invece, erano incollati al cemento del marciapiede e non avevo la voglia di rincorrere qualcuno che mi aveva appena dato della puttana. «Gli passerà» non mi accorsi che Cameron si era avvicinato a me, si tirò su il cappuccio della felpa e si scosse il ciuffo sulla fronte, mi sorrise « quando sta con qualcuno non è propenso ad accettare che la sua donna abbia avuto un passato sentimentale prima di lui» vedo che mi li cerco tutti normali i ragazzi con cui uscire, anche se con lui non ci uscivo solo, era il mio fidanzato e forse era anche arrivato il momento di comportarmi da fidanzata. Alzai lo sguardo verso Cameron e poi corsi, corsi senza nemmeno pensare, corsi scansando la gente che camminava davanti a me. Dovevo trovarlo e parlargli. Dovevo finalmente fargli capire cosa avevo dentro e soprattutto cosa provassi per lui, prima che il mio passato ci schiacciasse.





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