Perché lei?

di Astarter
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Salve a tutte le recensitrici e i recensori, mi ha davvero fatto piacere
 in questa settimana leggere tutti i vostri consensi a riguardo del sondaggio che avevo pubblicato,
per continuare questa storia.
Come avevo scritto, avrei tolto il sondaggio alla pubblicazione del nuovo capitolo che vi spoilero sarà di transizione.
Buona lettura.

 
 
VI
Nuovi piani da seguire 





 
Da quando Ned Stark l’aveva accolto nella sua famiglia, celando la sua vera identità dietro quella del figlio bastardo, Jon non aveva mai sofferto la fame, avendo a disposizione vestiti pregiati e scarpe di qualità. A otto anni aveva imparato a cavalcare, poi a tirare con l’arco. A undici anni gli era stata donata una spada di legno proprio simile a quelle due che aveva fatto preparare per lui e la sua consorte.
Sansa non aveva voluto né Brienne né altri ad allenarla. E ormai erano passati cinque giorni da quando avevano cominciato a battersi. A volte capitava che trovassero il tempo nel primo pomeriggio, altre in tarda serata.
Jon ricordò le notti in cui Catelyn Tully, guardandolo con disprezzo lo isolava all’esterno delle sale per banchetti di Grande Inverno rifiutandosi di presentarlo agli altri nobili, come fosse stato un rifiuto, qualcosa di cui poteva solo vergognarsi.
In quel tempo pervaso di umiliazione scaricava la sua frustrazione sul manichino di paglia, riducendolo in brandelli proprio come stava facendo in quel momento. A volte suo zio Benjen gli aveva fatto compagnia, a volte Robb o Arya lo raggiungevano, rientrando subito dentro appena quella che pensava essere la sua matrigna li richiamava.
Per quanto odiasse ammetterlo a se stesso, la verità era che un po’in quei momenti immaginava la faccia di Catelyn Tully su quel busto di paglia. Si odiava un po' ogni volta che riusciva a staccare un pezzo da quel fantoccio, provando però anche sollievo per lo sfogo finalmente appagato.
Forse era per via dell’odio e il rifiuto che Catelyn gli dedicava che da grande s’era sentito attratto da donne baciate dal fuoco come lo era lei, forse era per una sorta di riscatto verso colei che lo aveva sempre denigrato e rifiutato?
Forse. 
Chissà cos’avrebbe pensato Catelyn nel vederlo sposato alla sua  figlia maggiore, chissà cos’avrebbe detto nel sapere che non fosse affatto un bastardo?
Jon increspò appena le labbra in un ghigno a quella meditazione, distogliendo la mente da quei pensieri solo quando vide Sansa varcare la soglia della porta vestita con una larga casacca color panna e dei pantaloni in pelle. Si chiese se avesse tratto ispirazione da Brienne per modellare quegli abiti, che anche se avevano poco di femminile la vestivano molto bene.  

A volte lei si presentava così come la vedeva in quel momento o con un vestito lungo dai colori pastello. Jon non aveva replicato quello scambio, in fondo Sansa non aveva tutti i torti.
Era la regina e in pericolo le poteva capitare di trovarsi con qualsiasi tipo di abbigliamento.
La vide prendere la spada accostata al muro e sollevare il braccio in segno di sfida. Lo scintillio negli occhi chiari mostrava la sua determinazione.
Fiero di come si stesse impegnando, Jon rispose al suo attacco.
Sansa aveva il fuoco nei capelli e nelle offensive, doveva però imparare a confluire di più la rabbia nell'arma e difendersi.
Con un manrovescio la disarmò, puntandole in un istante l'arma di legno alla gola.
Trafelata la regina, dopo aver lanciato un'occhiata gelida al suo re fece un passo avanti e di nuovo tentò di colpirlo, venendo disarmata in pochi attimi. 
«Non va bene, Sansa. Quante volte devo dirti di mantenere la guardia e proteggere i tuoi punti vitali?» le rimproverò, mentre lei raccoglieva l'arma dal pavimento.
«Sei sempre così severo con i tuoi allievi?» gli domandò, tornando a guardarlo.
«In un allenamento del genere non posso assolutamente far passare i tuoi errori per buoni. Spero che tu comprenda che ogni distrazione può esserti fatale. Non devi avere alcuno scrupolo, perché il tempo perso per averlo può farti perdere la vita» concluse  Jon lapidario.
Restando in silenzio, Sansa scrutò per una frazione di secondi la sua spada in legno scuro.

Forse aveva desiderato imparare a usare la spada il giorno in cui aveva visto la testa di suo padre rotolare sui gradini del tempio di Baelor, forse quel desiderio si era rinforzato quando aveva scoperto che i Lannister avessero massacrato sua madre e suo fratello, di sicuro aveva voluto imparare a maneggiare qualsiasi tipo di arma, quando era stata obbligata a divenire la moglie di un mostro assetato di sangue.
Prendendo un profondo respiro, fissò Jon negli occhi, increspando lievemente le labbra.
«Farmi scrupoli dici? Hai dimenticato che fine abbia fatto fare al mio  defunto marito?» gli domandò in tono sardonico.
Le parole di Sansa ebbero l'effetto desiderato. Immediatamente gli occhi di Jon furono su di lei: larghi, scuri e inondati di shock e amarezza. 
«Ti ho detto di quando ero alla capitale?» riprese Sansa, camminando nella stanza. «Ogni volta che Robb ha ottenuto una vittoria io ne ho pagato il prezzo. Certo che si è sciocchi da bambini, come avrò fatto a idealizzare tanto un mostriciattolo come Joffrey che non aveva capacità di compassione o misericordia per nessuno? Ora sua madre Cersei pensa che sia stata io a uccidere quel folle di suo figlio. Sai, Jon, non so più quanti nemici abbiamo oltre agli Estranei...»
«Per questo dobbiamo essere uniti. Non so nemmeno se la regina Targaryen sia esattamente qualcuno di cui non aver timore. Le parole di Bran qualche settimana fa mi hanno lasciato perplesso. Una donna che ha Essos, non riesce a governarlo e parte per prendere tutto il mondo.»
«Parli della sorella di tuo padre cioè tua zia come se non avessi legami di sangue» disse Sansa.
Jon sollevò le spalle.
«Per me il Nord sarà sempre la mia casa. La mia famiglia siete tu e Bran. Tuo padre, e cioè mio zio sarà sempre l’unica figura paterna che avrò nel cuore, Sansa» le disse, avvicinandosi alle grate di una delle finestre. Vedeva il viale degli dei da quella posizione. «Prima di incontrare Daenerys Targaryen e cercare altri alleati contro questa minaccia mondiale, ho bisogno di una prova. Dovrò tornare laggiù.»
Sansa serrò la mandibola, sentendo i respiri aumentare e un brivido agghiacciante percorrerle la pelle.
«Pe... Perché devi andarci anche tu in quel posto, perché non mandi qualcun altro?» gli domandò quasi isterica. 
«Ti avverto, se andrai verrò lì anche io come ho fatto quando per giorni, vagando in lungo e in largo per tutto il territorio di Winterfell abbiamo cercato alleati  per riprenderci la nostra casa» disse convinta.
Jon respirò profondamente e si voltò  a guardare i suoi occhi azzurri.
«Sansa, non è davvero opportuno che tu venga lì, perché non sei ancora in grado di difenderti da nemici deboli, figuriamoci dai morti. Ti assicuro che contro di loro trovo difficoltà pure io. Non posso garantire la tua sicurezza, quindi tu resterai qui.»
«Quando cadono le nevi e soffiano i venti bianchi il lupo solitario muore, ma il branco sopravvive» replicò la regina al suo re.
Sansa gli carezzò il viso, sorridendogli dolcemente.

Quelle parole tanto tempo prima erano state pronunciate da un uomo  vigoroso e onesto.
Quell'uomo era il suo modello, era Eddard Stark.
Sentì le dita di Sansa tra i capelli neri e la contemplò. 
Lei lo sfiorava con una delicatezza tale che quasi faceva male.

Di certo Jon non poteva immaginare cosa la sfibrasse in quel momento. La sola idea restare a Grande Inverno senza di lui le faceva sentire un vortice nello stomaco.
Protese il braccio sul viso di Jon e gli lasciò un bacio accennato sulle labbra, sentendo il pizzicore della barba sulla guancia. Lui prima che si allontanasse approfondì quel contatto, famelico come un lupo solitario.
Sansa avvertì le labbra di Jon sul mento, prima di sentirlo scendere sull'orecchio. Quando percepì una rigidità sul fianco smise di respirare, irrigidendosi come fosse stata pietra.

Senza accorgersene pochi istanti dopo tremò, percependo poi la stretta dietro la schiena allentare.
Forse s'era accorto della sua paura, forse l'aveva percepita?
Sentendo le dita di Jon sullo zigomo, sollevò lo sguardo, incontrando lo sguardo mortificato del suo re, di sicuro vinto da ogni possibile senso di colpa nei suoi confronti.
Ora aveva distolto lo sguardo, tenendo le palpebre abbassate, come se avesse compiuto peccato mortale.
Una guardia che reclamava la presenza del re bussò alla porta. 
«Per oggi il tuo allenamento finisce qui, Sansa. Non so quando mi libererò, non aspettarmi sveglia» le disse con voce bassa e roca prima di voltarle le spalle.
Sansa schiuse le labbra, sentendo la gola arida. 
Avrebbe voluto dirgli che non era colpa sua se si era bloccata, avrebbe voluto dirgli che quello era solo un riflesso condizionato dal suo passato e che non aveva paura che lui la toccasse.

Accortasi d'avere la vista appannata, portò le mani sugli occhi, e dandosi implicitamente della stupida cercò più volte di prendere respiri profondi, doveva dirgli tutto ciò che pensava, doveva spiegargli come stessero le cose, ma prima di riuscire di nuovo a emettere un suono, Jon se n'era già andato.



Il sole sorgeva all’orizzonte, quando  Jon affiancato da Sansa, Spettro e ser Davos camminava gradualmente lungo il sentiero che li avrebbe condotti al Parco degli Dei.
Mezz'ora prima Bran gli aveva fatto recapitare un messaggio chiedendogli di raggiungerlo assieme a Sansa e il suo consigliere. Aguzzando la vista lo vide in lontananza, accanto a lui c'erano Meera e Lord Reed.
Sansa strinse più del dovuto i lembi della veste antracite che nel tragitto sulla neve teneva sollevata. Suo fratello Bran anche se era amaro anche da pensare, la metteva a disagio con quei suoi modi distaccati e stoici, a volte le sembrava di vedere solo l'involucro di quel bambino spericolato che era stato.
«Sono qui, Bran, hai qualcosa da riferirmi?» gli domandò Jon, inclinando un po’ il volto così da poter osservare meglio il cugino.
Sansa si morse le labbra, mentre fissava lo sguardo spento del fratello minore.
«L'ultima volta ti ho detto che tua zia stava navigando con una grande flotta
» disse Bran, vedendo Jon annuire. «Ebbene, durante il tragitto è stata attaccata da Euron Greyjoy che ha preso in ostaggio sua nipote Yara, Daenerys sotto consiglio di Tyrion ha deviato la navigazione. In questo momento si trova a Dorne ospite di Ellaria Sand. Starà lì alcune settimane, il tempo di far riprendere i suoi uomini, rifocillarli e fare il conteggio dei soldati rimasti. Penso che tu debba incontrarla prima che lei riesca a giungere a Westeros.»
Sansa insinuò la mano nel pelo di Spettro già a conoscenza di ciò che avrebbe detto Jon in seguito a quell'affermazione.

«In questo caso dovrò anticipare il viaggio di ricognizione che avevo in programma, i lord hanno già messo a disposizione delle navi. Perciò appena tornato a Grande Inverno ripartirò nuovamente per incontrarla e portarle una prova tangibile» disse, meditabondo.
Davos fece un passo avanti.
«Perdonate altezza, non credo sia una buona idea quella di incontrare vostra zia. Ho ragione di credere che venuta a conoscenza della vostra identità, penserà di liberarsi di voi. Ora come ora, Daenerys Targaryen potrebbe optare  per tenervi come ostaggio, uccidervi nel peggiore dei casi o proporvi un’alleanza con lei unita da un accordo matrimoniale» concluse Davos.
Sansa si voltò alla sua destra. Lui aveva le sopracciglia aggrottate, le narici si chiudevano e aprivano con forza, quasi fosse pronto a esplodere in un fascio di nervi.
«Io sono già sposato e non ho intenzione di recidere il mio matrimonio, né di tradire il Nord» disse Jon tra i denti.
Sansa sussultò a quelle parole. Dopo la conversazione avuta con lui due giorni prima, non aveva più avuto occasione di parlargli, poiché non era riuscito a tornare in camera e riposare. Il pomeriggio del giorno prima l'aveva trovato addormentato davanti ad una colonna di scartoffie. L'aveva sentito distante, stanco, e aveva avuto paura che lui messo alle strette l'avrebbe abbandonata, l'avrebbe lasciata marcire nei suoi blocchi e invece di nuovo l'aveva stupita, riscaldandole il cuore. Sansa si ritrovò a ripetere quelle parole nella sua mente, percependo il sangue fluire sugli zigomi. Forse lui sentiva anche una certa dose di passione nei suoi confronti, quella sera era rimasta silenziosamente lusingata dall'effetto che gli aveva causato.
Ser Davos tacque e Lord Reed portò la mano sotto il mento.
«Maestà, il vostro amico Tarly non era forse giunto a Cittadella?» gli domandò l'uomo meditabondo.

«Sì è così, per quale motivo me lo chiedi?» gli chiese Jon.
«Certo è logico» considerò Sansa, risvegliandosi dalle congetture avute poco prima. «Daenerys è a Dorne con Ellaria Sand, le Serpi. E li c’è anche Olenna Tyrell… Sono tutti vicini coloro che si sono alleati con lei e potrebbero esserlo con noi, poiché nemici di Cersei. Inoltre Sam a Cittadella potrà attestare chi sei con tutta la documentazione che ha trovato, Jon. Io verrò con te ovviamente.»
«Sì, va bene. Ma come plachiamo l’ira che l’assalirà alla scoperta di non essere più la sola Targaryen?» domandò con logica Jon, tenendo conto della considerazione di Davos.
Sansa si morse le labbra, guardando un corvo appollaiato sull'albero diga. Ser Davos sussurrò parole piene di preoccupazione rivolte a Jon, Lord Reed restò silente, solo il Corvo a tre occhi restò impassibile.
«Daenerys Targaryen anche se con riluttanza non ti ucciderà se potrai garantirle una linea di successione... Tua zia non può avere figli, Jon» rivelò Bran, fissando lui e Sansa.
 

 
 
Angolo di Astarter
Rieccoci qui, questo capitolo apre la strada a cosa succederà nei prossimi, ponendo un po' di carte sul tavolo. 
Vi aspetto nei commenti, fatemi sapere cosa ne pensate.




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