She’s a lover of simple things

di Pamprunelle
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Prologo: Mani

 

Molto tempo addietro, quando il suo corpo non era un mero ricettacolo atto a protrarre il verbo dello Scaligero, ricordava di aver provato genuina felicità nella’osservare la beatitudine degli innamorati immersi nei loro sentimenti.

Tale sensazione non le era sconosciuta, del resto, eppure tutto ciò che di umano le
restava era quel suo aspetto di bambola, una creatura che trascende tempo e spazio seppure dotata di fisicità propria. 

Ora, per motivi che non volveva rinvangare, quell’emotivo attaccamento mostrato dai giovani Capuleti e Montecchi, così indomito nel suo sbocciare, le aveva riportato la mente a ricordi a lungo ignorati.

 

Ricordava che in passato, quando aveva un cuore pulsante ed una mente spensierata, molte persone avevano posato od esteso le proprie mani nella sua direzione, fosse anche spiritualmente:

 

Le mani di sua madre, che non dubitava l’avessero stretta con tutta la dolcezza possibile quando venne alla luce dalle sue carni, prima di perire.

 

Le mani di suo padre, che più di una volta l’avevano sorretta e protetta come una serra con i primi boccioli primaverili; eppure, nonostante l’indole positiva, sapeva essere stato l’iniziatore della sua fine, tra ammonimenti carichi d’amore paterno eventualmente trasformatisi in menzogne di circostanza.

 

Le mani del suo impulsivo, ma nonostante tutto adorato fratello Laerte, che fremeva dalla voglia di mostrare le sue gesta di grande condottiero e cavaliere.

 

Ed infine le mani di colui che l’aveva condotta in un abisso di dannazione profonda, l’unico che avesse amato e dal quale era stata ferita in maiera che mai avrebbe credito possibile: il primo principe di Elsnora, Amleto.

 

A ripensarci forse quelle mani, a dispetto di tutta la sofferenza che le avevano trasmesso l’avevano anche rafforzata sotto alcuni aspetti; eppure, quando sollevava i palmi nei rari momenti che le venivano concessi, si ritrovava con i pugni inesorabilmente vuoti, e più di tutto freddi.

 

Si ritrovò, inaspettatamente, ad osservare attraverso occhi non suoi lo scempio e la devastazione che permeavano tutto ciò che la circondava, dal santuario ormai fatiscente all’mponente albero divino, che senza premurasi di nulla espandeva verso il cielo i suoi lunghi rami.

Non era la prima volta che la città richiedeva una Talea, una fanciulla da sacrificare per poter sopravvivere nel suo fragile esistere, ma era indubbiamente la prima che Ofelia si opponesse a tale avvenimento.

Aveva posato lo sguardo sul gruppo venuto in soccorso alla sventurata coppia di giovani, e qualcosa da dentro il suo animo si era come ridestato improvvisamente. 

 

Così compì quello che mai avrebbe pensato di fare: liberò la Talea dalla morsa delle radici, la prese tra le braccia e si sollevò, muovendosi leggera al di sopra del lago che circondava il luogo in direzione del Montecchi, che sgomento e circospetto la osservava avvicinarsi, senza tuttavia mollare la presa sull’elsa della sua spada.

Lei di rimando non gli diede modo di fraintendere alcunché, posandosi lentamente sul terreno con Giulietta in braccio e porgendone il corpo addormentato al ragazzo di fronte a sè, che seppur guardingo prese la ragazza  dalle sue braccia e la strinse al proprio corpo, senza mai interrompere il contatto visivo con la curiosa donna. << Voi... Perchè? >>

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Lo osservo, senza fare un passo, con occhi apparentemente disinteressati, ed infine rispose: << Per amore. >>





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