We're going to make them an offer
they can't refuse
Peter Cetera
Danny Seraphine
Roger Taylor
Mike Patton
And it's a
dirty job but someone's got to do it!
[Faith No More
– We Care A Lot]
Il silenzio del
crepuscolo fu spezzato dal rumore scoppiettante di un motore sfiatato.
Su quella strada piena di buche della periferia di Los Angeles non
c'era un'anima viva, a parte un vecchio Maggiolino Volkswagen color
arancione che aveva visto giorni migliori. La macchina raggiunse un
capannone abbandonato, sparendo al suo interno.
Con un gran fracasso di sportelli cigolanti ne scesero due ragazzi, uno
biondo e uno moro, entrambi con lunghi capelli scompigliati. Tutti e
due portavano sulle spalle zaini rattoppati e semivuoti.
Il moro accese la luce – una fioca lampadina polverosa
– per poi accostarsi al tavolo di legno scrostato e pieno di
incisioni che occupava il centro della stanza. L'altro lo
seguì a ruota, togliendosi nel frattempo lo zaino dalla
schiena.
«Allora, a te com'è andata?» chiese il
primo, osservando curioso l'amico mentre rovesciava il contenuto dello
zaino sul tavolo. Ne caddero fuori un paio di portafogli di stoffa, un
portamonete a tacco in finta pelle e un cellulare usa e getta.
«Di merda!» commentò il biondo,
prendendo in mano il telefonino e rigirandoselo tra le dita.
«Questo, a comprarlo nuovo, costerà sì
e no trenta dollari. A quanto possiamo rivenderlo, a cinque?»
L'amico annuì comprensivo mentre il biondo posava il
cellulare e prendeva uno dei portafogli, frugandoci dentro. Ne trasse
alcune banconote e qualche spicciolo, frammisti a scontrini del
supermercato e ricevute mediche. Quando fu vuoto lo ributtò
sul tavolo e prese l'altro, ma con risultati ancora più
deludenti.
«Diciotto dollari e cinquanta…»
esalò alla fine, per poi prendere il portamonete. Quello non
conteneva nemmeno una monetina, ma un blister di compresse per il mal
di gola.
«E che cazzo, sono anche scadute! Così non le
possiamo nemmeno usare!» esclamò, gettandole con
rabbia verso l'angolo più lontano della stanza, dove
già si trovava un mucchio di cianfrusaglie senza valore.
Il moro ridacchiò. «Ma chi hai scippato questa
volta, Peter? Un barbone alla stazione degli autobus?»
«Ah. Ah. Ah» rise sarcastico il biondo, grattandosi
la guancia ispida di barba. «Vediamo tu, piuttosto, cos'hai
rubato.»
L'altro svuotò il suo zaino. Alcuni borsellini andarono a
unirsi ai due già abbandonati sul tavolo. Li aprì
con mani tremanti, tirandone fuori un paio di banconote da dieci
dollari, un paio da cinque, diverse ricevute fiscali e un buono pasto
per un ristorante cinese.
«Direi che ti è andata di lusso, Danny»
sentenziò Peter con le labbra distorte in un ghigno
sardonico. «Almeno puoi andare a cena gratis dai musi
gialli.»
Il moro prese il buono pasto e lo contemplò per un attimo
con rimpianto prima di scuotere la testa. «Mia moglie
è convinta che i cinesi mangino solo cani e gatti. Non
andrà mai a cena in un loro ristorante. Tieni, prendilo
tu» disse, porgendolo all'amico.
Anche Peter scrollò il capo. «No, la mia
è allergica alla salsa di soia.»
A quelle parole, Danny appallottolò il buono e lo
buttò nell'angolo, dove andò a far compagnia alle
compresse per il mal di gola e a tutto l'altro ciarpame.
«Che sfiga, ragazzi» commentò, tirandosi
i voluminosi baffoni alla fu manchu. «Questo mese non abbiamo
racimolato nemmeno cinquecento dollari. Eppure mancano meno di dieci
giorni a Natale, la gente dovrebbe avere i portafogli pieni di soldi
per andare a comprare i regali.»
«La gente normale forse
sì» replicò il biondo. «Ma
noi ci ostiniamo a scippare le vecchiette che danno da mangiare alle
anatre al parco, o che fanno la spesa nello stesso supermarket di
periferia. Con i pochi spiccioli che prendono di pensione è
già tanto se riescono a campare, figuriamoci se rimangono
loro dei soldi da farsi rubare…»
«Allora perché non facciamo come Robin
Hood?» rise Danny. «Rubiamo ai ricchi per dare ai
poveri.»
«Guarda che i poveri siamo noi.»
«E lo dici a me? Io ho due figlie da mantenere. E la mia
ex-moglie continua a chiedermi gli arretrati degli alimenti! Tra
l'altro, quest'anno avevo promesso alle bambine che avrei comprato loro
un bellissimo albero di Natale, ma con gli spiccioli che ho racimolato
non ci prendo neanche un manico di scopa!»
Peter si grattò nuovamente il mento ruvido di barba, alzando
gli occhi al soffitto in una posa riflessiva. «A questo
possiamo trovare una soluzione. Tra l'altro, anch'io sono anni che non
porto un abete a casa, in occasione delle feste. A mia moglie
farà piacere.»
«E cosa vorresti fare? Andare nel bosco e abbatterne un
paio?»
«No. Dovremmo prima rubare una motosega, perché
non ce l'abbiamo. Sgraffigneremo direttamente due abeti dal
negozio.»
«Ma sei impazzito?!» esclamò Danny,
mettendosi le mani tra i lunghi capelli e finendo di arruffarseli.
«Vorresti rubare due alberi di Natale? Ma è da
mascalzoni!»
Peter socchiuse gli occhi fissandolo con sufficienza.
«Perché, rubare la pensione alle vecchiette del
quartiere non lo è?»
«Sì, ma… due alberi di Natale! La magia
delle feste…»
«Cos'è, hai paura che Babbo Natale non ti porti i
regali?» chiese sarcastico il biondo. «Se vuoi
l'albero te lo devi prendere, non c'è alternativa.»
Danny sospirò e, dopo aver riflettuto per qualche istante,
annuì. «Okay, d'accordo. Fregheremo due alberi di
Natale. Ma dove?»
«Io direi di andare al Wal-Mart dove ci riforniamo di
solito» rispose pronto Peter. «Ormai conosciamo
bene la zona e, quel che è meglio, non hanno mai avuto un
servizio di sicurezza.»
«È vero» annuì il moro,
lisciandosi i baffi. «Mi sono sempre chiesto se siano stupidi
o se, semplicemente, non abbiano i fondi per assumere qualcuno. Abbiamo
scippato talmente tante di quelle vecchiette, lì dentro, che
è praticamente impossibile che non se ne siano mai
accorti.»
«Meglio così, no?» commentò
Peter. «Tra l'altro, di solito gli alberi di Natale li
tengono sul marciapiede di fronte. Potremmo passarci davanti con Fulmine»
aggiunse, indicando il vecchio Maggiolino alle sue spalle. «E
tu potresti afferrarli, uno alla volta, sporgendoti dal finestrino. Se
andiamo quasi all'ora di chiusura non se ne accorgerà
nessuno. Quella zona della città è sempre poco
frequentata e, quando cala il buio, non c'è mai anima viva
in giro.»
«Certo che solo tu potevi chiamare Fulmine
quel catorcio» ridacchiò Danny, ammiccando verso
l'automobile.
Il suo amico incrociò le braccia sul petto e lo
fulminò con lo sguardo. «Non offendere il mio
bolide!»
Il moro scoppiò in una sonora risata. Peter tentò
di rimanere serio, ma ben presto si lasciò travolgere
dall'ironia contagiosa dell'amico.
«Okay, allora siamo d'accordo» disse il biondo dopo
che ebbero finito di sghignazzare. «Domani sera andremo a
prenderci i nostri alberi di Natale!»
I due amici si strinsero la mano prima di raccogliere il denaro dal
tavolo e risalire a bordo del Maggiolino per tornare a casa.
La sera dopo, Peter e
Danny raggiunsero il Wal-Mart percorrendo stradine secondarie per non
dare troppo nell'occhio. Avevano depredato le anziane clienti di quel
supermercato talmente tante volte che, ormai, qualcuna di loro avrebbe
dovuto imparare a riconoscere i loro volti. Benché
impazienti di portare a termine il loro colpo, quindi, decisero di non
abbandonare totalmente la prudenza, così il biondo
fermò la macchina dietro l'angolo e chiese all'amico di
andare a fare un giro di perlustrazione.
«Di solito non c'è mai un cane a quest'ora, ma
com'è che dice quella pubblicità? Prevenire
è meglio che curare.»
Danny annuì. «Giusto. Però tu, con gli
occhiali da sole alle sei e mezzo di sera, non sei tanto credibile.
Anzi, secondo me attiri troppo l'attenzione.»
Peter si accese una sigaretta e si voltò a guardare l'amico.
«Ma ti sei visto allo specchio? Con quei baffi e quelle
basette faresti paura perfino a Belzebù. Tra noi due, sei tu
quello che sembra meno raccomandabile, non io!»
Danny serrò le labbra in un'espressione di disappunto, e si
trattenne a stento dallo strappargli la sigaretta di bocca e fargliela
volare fuori dal finestrino. Dopo essersi chiuso la lampo del giubbotto
fin sotto la punta del naso, scese dall'auto e si incamminò
a passi lenti verso l'ingresso del supermarket.
Una volta svoltato l'angolo, però, si bloccò di
colpo, nascondendosi nell'ombra del vano di un portone. Davanti al
Wal-Mart un'auto della Polizia tirata a lucido faceva bella mostra di
sé con i finestrini abbassati. Le luci natalizie appese
sulla facciata del negozio si riflettevano sulla carrozzeria, facendola
brillare. Al posto di guida stava seduto, col gomito appoggiato alla
portiera, un poliziotto dai capelli biondi. Un paio di grossi occhiali
neri gli nascondeva gli occhi, ma la bocca serrata in un'espressione
tetra non lasciava presagire nulla di buono. Appoggiato al paraurti
posteriore dell'auto, un altro poliziotto – dai capelli neri
tirati indietro con un'abbondante dose di gel – si guardava
attentamente intorno, le braccia incrociate sul petto e le manette
appese alla cintura che penzolavano minacciose. I baffi sottili che gli
circondavano le labbra, uniti alle folte sopracciglia scure, gli
conferivano un'aria vagamente inquietante, da omicida seriale.
«Merda, questa non ci voleva!» commentò
Danny tra sé e sé, fissando alternativamente i
due poliziotti. Evidentemente, i gestori del supermarket non erano
così stupidi come aveva creduto: alla fine, si erano decisi
a richiedere del personale di sicurezza.
Muovendosi lentamente all'indietro e cercando di rimanere nell'ombra
per non farsi vedere dai due agenti, tornò al Maggiolino.
«Siamo nei guai, amico» esordì non
appena ebbe richiuso lo sportello. «Ci sono due sbirri
davanti al negozio, uno più cupo dell'altro, con una volante
a loro disposizione.»
«Merda, questa non ci voleva!» esclamò
Peter, lasciandosi sfuggire la sigaretta di bocca e bruciandosi i
pantaloni prima di riuscire a spegnerla con una manata.
«Esattamente quello che ho detto anch'io»
commentò il moro, intrecciando le mani dietro la nuca.
«E ora che facciamo?».
«Ci proviamo lo stesso. Ieri sera ho promesso a mia moglie
che le avrei portato un albero di Natale. Se torno a casa a mani vuote,
mi metterà ritto in un angolo e mi addobberà con
le mie stesse palle.»
Nonostante la tensione, Danny non riuscì a trattenersi e
scoppiò a ridere, immaginando Peter con i piedi infilati in
un vaso di coccio, le braccia aperte e i coglioni appesi alle dita.
«Che c'è da ridere?»
«Niente, niente…»
Il biondo gli lanciò un'occhiataccia, poi scese dall'auto.
«Vado a dare un'occhiata anch'io. Aspettami qui.»
«E dove vuoi che vada?» replicò l'amico,
accendendosi una sigaretta a sua volta.
Anche Peter si nascose nell'ombra dello stesso portone, studiando la
situazione. Entrambi gli agenti ora passeggiavano lentamente davanti
all'ingresso del negozio, ostentando le loro armi d'ordinanza.
Cercando di rimanere lucido e non pensare a quanto quei due tizi,
specialmente il moro, fossero inquietanti, valutò la
posizione degli abeti e quella dei poliziotti. Tra i due agenti e
l'oggetto dei loro desideri si trovava una strada buia e poco
trafficata. Forse, con l'aiuto dell'oscurità e se avessero
mostrato sicurezza, sarebbero passati inosservati e avrebbero potuto
prendere ciò che volevano.
«Allora?» chiese Danny non appena l'amico
rientrò in auto. «Ce ne torniamo a casa?»
«Col cazzo! Ho valutato bene ogni cosa e secondo me abbiamo
buone probabilità di riuscita. Mettiti in
posizione.»
«Non mi piace per niente. Il moro ha la faccia da serial
killer. Se ci prendono ci conceranno per le feste!»
Peter trattenne a stento un brivido, ma finse sicurezza.
«Smettila di fare il bambino» disse in tono
spavaldo. «E preparati.»
Danny alzò gli occhi al cielo, ma abbassò il
finestrino e si sporse fuori dall'abitacolo con le braccia tese. Peter
mise in moto e si mosse lentamente lungo la via, svoltando l'angolo.
Lo sguardo fisso sulla strada, il biondo fece avanzare con cautela il
Maggiolino verso gli abeti appoggiati al muro. Con la coda dell'occhio
tenne sotto controllo i due poliziotti: entrambi parevano intenti a
lucidare i loro distintivi. Mosse il capo verso Danny, dandogli il via
libera.
Sporgendosi quasi totalmente fuori dalla macchina, il moro
riuscì ad afferrare un albero, sollevandolo da terra quel
tanto che bastava per non farlo sfregare sull'asfalto e non farne
spuntare la cima oltre il tetto del Maggiolino.
Accelerando leggermente, Peter svoltò l'angolo dell'isolato
e si fermò. Danny posò l'abete, poi entrambi
scesero dall'auto e lo caricarono sui sedili posteriori.
«Okay, ora andiamo a prenderci l'altro» disse il
biondo, risalendo al posto di guida.
«Secondo me è meglio se ce ne andiamo. Questa
volta ci è andata bene, ma se ci vedono passare di nuovo
davanti al negozio si insospettiranno.»
«Sei un cagasotto, Danny. Non voglio rinunciare al mio albero
di Natale.»
«Puoi prenderti questo» replicò il moro,
indicando l'abete alle loro spalle. «Io mi
arrangerò in qualche modo. Non voglio rischiare di finire in
gattabuia pochi giorni prima delle feste.»
«E privare le tue bambine del loro albero? Non sia
mai!» esclamò Peter in uno slancio di altruismo.
«Questo è tuo. Ora andiamo a prendere il
mio.»
L'altro si sbatté la mano sulla faccia, ma non
riuscì a trovare nessun argomento per convincere l'amico a
rinunciare. Peter si era fissato con quegli abeti: niente e nessuno
avrebbe mai potuto fargli cambiare idea.
Lentamente, il Maggiolino fece il giro dell'isolato e, altrettanto
lentamente, Peter lo fece muovere lungo la strada dirigendolo verso gli
alberi ancora esposti sul marciapiede. Questa volta, però,
con la coda dell'occhio notò che il poliziotto biondo era
salito di nuovo sull'auto, mentre il moro sembrava fissarlo con sguardo
talmente penetrante da incenerirlo.
Con un movimento nervoso si aggiustò gli occhiali scuri sul
naso, alcune gocce di sudore freddo che gli imperlavano la fronte, ma
fece comunque cenno a Danny di procedere. Proprio mentre il ragazzo si
sporgeva ad afferrare il secondo albero di Natale, una voce amplificata
da un megafono risuonò nell'aria.
«Tu, su quel Maggiolino arancione! Fermo, in nome della
legge!»
«Merda, merda, merda!» esclamò Peter,
schiacciando l'acceleratore a tavoletta e facendo schizzare in avanti
l'auto con uno scatto. «Tieni stretto quel dannato
albero!» gridò all'amico.
Danny, quasi del tutto proteso fuori dall'abitacolo, riuscì
a non piombare fuori dalla macchina solo perché i suoi piedi
rimasero incastrati sotto il sedile.
«Peter, rallenta! Non riesco più a tenerlo
sollevato, io lo lascio andare!» urlò il moro, la
faccia ficcata in mezzo agli aghi dell'abete. Il sacco di iuta che
racchiudeva le radici dell'albero sfregava sull'asfalto, lasciando
dietro di sé una scia di terra.
«Non provarci! Non voglio diventare un albero di Natale!
Altrimenti dirò a mia moglie di usare anche le tue palle per
decorarmi!»
«Se quei due ci prendono, l'albero di Natale ce lo ficcano su
per il culo, e allora rimpiangerai di non esserlo diventato,
piuttosto!»
«Zitto e tieniti forte, vedo i loro fari nel
retrovisore!»
L’aria era
fredda e pungente quella sera. I due poliziotti avrebbero preferito
svolgere mansioni d’ufficio piuttosto che rimanere buttati
per strada di fronte al Wal-Mart. Quando il loro capo li aveva spediti
di guardia al supermarket, Roger e Mike erano rimasti basiti e si erano
domandati chi mai potesse commettere dei crimini in un luogo
così tranquillo.
«Che palle!» brontolò Roger, sfilandosi
per un attimo gli occhiali scuri. Si massaggiò le tempie e
appoggiò per un istante la fronte sul volante gelido.
«Qui non succede niente di niente»
replicò Mike, appoggiato al paraurti con le braccia
incrociate sul petto.
Il collega risistemò gli occhiali sul naso e
appoggiò il braccio sullo sportello, facendo sporgere il
gomito oltre il finestrino completamente abbassato.
«Ricordami perché cazzo ci hanno mandato qui,
Patton» grugnì contrariato.
«Che ne so? A quanto pare una vecchia signora con
l’Alzheimer si è lamentata, dicendo che qualcuno
le ha rubato i soldi della pensione mentre usciva dal
Wal-Mart… secondo me li ha nascosti e non ricorda dove li ha
messi.»
«Io sinceramente andrei a farmi una birra.»
«Io ho bisogno di un caffè» ammise Mike
nervoso.
Roger gli lanciò un’occhiata perplessa.
«Un altro?!»
«Che vuoi? Pensa alle sigarette che ti sei già
fatto fuori da quando siamo qui.»
Il biondo sospirò e scese dall’auto,
frugò nelle proprie tasche e, lanciando uno sguardo di sfida
al collega, si accese l’ennesima stecca di tabacco;
rilasciò il fumo e si piazzò proprio di fronte a
Mike, così che la nuvoletta puzzolente gli andasse dritta in
faccia.
Mike sorrise con noncuranza e fece tintinnare le manette che
penzolavano dalla sua cintura, carezzando distrattamente
l’arma d’ordinanza riposta nella fondina.
«Ho un collega molto spiritoso» rifletté.
Roger si strinse nelle spalle e i due presero a passeggiare sul
marciapiede, parlottando del più e del meno. Udirono appena
il rombo di un motore in avvicinamento, intenti com’erano a
punzecchiarsi e controllare di essere provvisti di distintivo in caso
fosse stato necessario.
Mike si voltò in direzione della strada, notando di sfuggita
i fanali posteriori di un’auto che si allontanava lentamente.
Poi fissò gli alberi di Natale esposti sul marciapiede
opposto e aggrottò la fronte. «Taylor, sali in
macchina» ordinò.
«Perché?»
«Manca un abete, non vedi?»
Il biondo si affiancò a lui e sbuffò.
«Che cazzo dici?»
«Li ho contati. Erano tredici maledettissimi alberi di
merdoso Natale» gracchiò, sempre più
nervoso e irritato.
«Tu… cosa?! Hai contato gli abeti?»
sbottò il poliziotto biondo.
Mike si strinse nelle spalle. «Non sapevo che cazzo fare! E
poi sai perfettamente che detesto il numero
tredici e che sono superstizioso. In effetti non mi dispiace che adesso
siano dodici.» Il moro sospirò e sorrise beato.
Roger alzò gli occhi al cielo. «Ti mancano un bel
paio di rotelle, eh… chi cazzo vuoi che se ne freghi di
quanti alberi di Natale…»
«Sali in macchina!» ripeté Mike in tono
secco, e a quel punto al collega fu chiaro che non era decisamente il
caso di protestare oltre.
Così si sedette al posto di guida, senza smettere di
osservare allibito l’altro poliziotto. Com’era
possibile che qualcuno avesse rubato un albero di Natale? Che razza di
crimine era quello?
Trascorsero un paio di minuti prima che accadesse qualcosa. Mike
udì il rombo di un motore sfiatato farsi sempre
più vicino, finché un Maggiolino arancione non
svoltò l’angolo e prese ad avanzare con noncuranza
nella loro direzione.
Roger notò che il collega stava tirando fuori il suo adorato
megafono dal tascone interno del giubbotto antiproiettile, mentre
teneva gli occhi fissi sul guidatore dell’auto. Si trattava
di un tizio con capelli e barba piuttosto lunghi e disordinati e un
paio di occhiali scuri a nascondere gli occhi.
I due poliziotti sussultarono quando notarono un altro uomo affacciato
al finestrino del passeggero, le braccia protese in direzione degli
abeti esposti sul marciapiede. Lo videro chiaramente afferrare con
decisione uno degli alberi e trascinarlo con sé, mentre il
guidatore accelerava.
Mike, mentre faceva il giro dell’auto di pattuglia per salire
a bordo, portò il megafono alle labbra e gridò:
«Tu, su quel Maggiolino arancione! Fermo, in nome della
legge!»
Roger mise immediatamente in moto e attese giusto il tempo necessario
per far salire il collega a bordo, poi fece inversione a U e
schiacciò a tavoletta sull’acceleratore,
cominciando a inseguire i due fuggitivi.
«Ti rendi conto, cazzo?» sbraitò il
biondo, concentrandosi maggiormente sulla guida.
Mike premette un pulsante all’interno dell’auto e
cominciò a sbraitare: «A tutte le
unità, a tutte le unità! Qui agenti Taylor e
Patton, siamo all’inseguimento di un Maggiolino arancione con
a bordo due ladri di alberi di Natale! Ci siamo appena allontanati dal
Wal-Mart e stiamo procedendo verso est!»
«La targa, Patton, guarda quella cazzo di targa!»
gridò Roger, svoltando bruscamente verso destra, mentre
accelerava ancora e si accaniva contro l’automobile
perché non gli permetteva di correre ancora di
più.
«Non la vedo, coglione! Corri più in fretta,
quelli ci scappano!»
«Siamo a bordo di un fottuto catorcio, cosa ti
aspetti?!»
Mike sbuffò e azionò i lampeggianti, per poi
accendere anche le sirene. I due agenti non avevano certo pronosticato
che potesse verificarsi un inseguimento del genere.
Il moro riprese in mano il megafono e si sporse leggermente dal
finestrino. «Fermatevi, vi ordino di fermarvi! Siete in
arresto, non avete scampo!»
Intanto il Maggiolino schizzava lungo strade sempre più
strette e buie, con il passeggero ancora sporto fuori dal finestrino.
Non aveva lasciato la presa sull’albero di Natale, il quale
ormai strisciava e si scorticava contro l’asfalto producendo
uno strano puzzo di catrame bruciato.
«Polizia di Los Angeles, siete in stato di arresto! Ve la
farò pagare cara, pezzi di merda!»
proseguì Mike, mentre Roger ormai bestemmiava e rischiava di
rompere il pedale dell’acceleratore a furia di schiacciarlo
verso il basso.
Poi il biondo fu costretto a frenare di botto, imprecando contro tutti
gli dei esistenti. Il tizio che fino a quel momento era rimasto
penzoloni fuori dal finestrino, infine aveva lasciato cadere
l’albero e si era accucciato nuovamente dentro
l’auto, permettendo al collega di accelerare ulteriormente.
Così, l’enorme abete si era schiantato contro
l’asfalto, impedendo all’auto della Polizia di
proseguire oltre.
«Scendi e sposta quel cazzo di albero, presto!»
strillò Roger, mollando un pugno sul volante, urtando
così il clacson.
Mike balzò giù dall’auto e si
adoperò per scalciare di lato l’abete ormai
ammaccato e inservibile, per poi correre nuovamente sul sedile del
passeggero. «Vai!» ordinò.
Roger ripartì, schiacciando con la ruota anteriore sinistra
alcuni rami ricolmi di aghi. Proseguì finché non
giunse a un bivio.
«Dove cazzo sono andati? Merda!»
Mike si passò una mano sul viso e imprecò ancora.
«Che cazzo ne so! Dobbiamo trovarli!»
«E come facciamo? Non siamo telepatici e non possiamo leggere
nel pensiero di quei due!»
Mike schioccò le dita. «Di sicuro non sono andati
verso il centro, quindi… se svolti a destra, torni verso il
Wal-Mart. Vai a sinistra» concluse, riprendendo in mano il
megafono.
Roger evitò di replicare ed eseguì, riprendendo a
guidare come un pazzo verso la periferia.
«Li abbiamo
seminati!» esalò Danny, fissando con timore nello
specchietto retrovisore.
«Meglio continuare a scappare!»
«Abbiamo un solo albero di Natale e siamo anche inseguiti
dagli sbirri! Io te l’avevo detto! Le mie bambine rimarranno
senza un padre…» piagnucolò il moro,
coprendosi il viso con entrambe le mani.
«Non essere così tragico, non ci hanno ancora
preso» tentò di sdrammatizzare Peter, continuando
a guidare a una velocità incredibile e bruciando diversi
semafori rossi.
«E adesso dove andiamo? Il nostro capannone è
dalla parte opposta della città, ma se torniamo indietro
potremmo ritrovarci quei due attaccati alle palle!»
«Merda» sbottò Peter all'improvviso.
«Cosa?» si allarmò immediatamente Danny,
ricontrollando nello specchietto retrovisore che, tuttavia, mostrava la
strada deserta alle loro spalle.
«Fulmine è entrato in
riserva!»
«Cazzo, cazzo, cazzo!» imprecò Danny,
stringendosi il corpo tremante tra le braccia per tentare di
rassicurarsi. «Che idea di merda abbiamo avuto?»
«Smettila di mettermi ansia! Cerchiamo di valutare la
situazione con calma…»
«Con calma?! Siamo con un piede in gattabuia!» Poi
Danny parve illuminarsi e si voltò entusiasta verso Peter.
«Ho un’idea! Lasciamo questo catorcio da una parte
e diamocela a gambe, e vaffanculo all’albero di Natale!
Preferisco che tua moglie ci tagli le palle e le usi come addobbi,
piuttosto che finire in galera per una cazzata simile!»
Tuttavia Peter non parve assolutamente d’accordo e
fulminò l’amico con un’occhiata di
fuoco. «Scordatelo, non abbandonerò mai Fulmine!»
replicò in tono secco.
«Ma Peter!»
«Niente da fare! Se vuoi, vattene. Io rimango con la mia
amata auto» tagliò corto con fermezza.
Danny sospirò e ci rinunciò, decidendo che non
avrebbe abbandonato il suo amico nel momento del bisogno. Del resto,
Peter aveva rischiato tutto per tornare a prendere un altro albero di
Natale in modo che entrambi potessero averne uno da regalare alle
rispettive famiglie.
«E allora cosa…»
Ma Peter impallidì e lo interruppe con
un’imprecazione.
Danny seguì il suo sguardo e sentì il sangue
defluire anche dalle proprio guance.
«Ci mancava solo questa…»
bofonchiò il biondo.
«Un posto di blocco proprio qui? Non lo avevo mai visto. Ehi,
ci ha fatto segno di fermarci! E adesso?»
Peter valutò velocemente le varie opportunità,
per poi rendersi conto che non poteva trattarsi degli stessi sbirri di
poco prima. Forse quei poliziotti sarebbero stati clementi, lui e Danny
dovevano soltanto mantenere i nervi saldi e fare finta di niente.
«Lascia parlare me e andrà tutto bene»
concluse infine il biondo, accostando lentamente di fronte ai due
agenti che sostavano all’esterno della loro auto.
Si trattava di una donna dai capelli rossi e la corporatura massiccia,
affiancata da un giovane agente dalla carnagione pallida.
Peter abbassò il finestrino, si tolse gli occhiali e sorrise
con noncuranza in direzione dei due. «Buonasera agenti,
volete dare un’occhiata alla mia patente e ai documenti
dell’auto?» domandò conciliante, mentre
Danny fingeva di dormicchiare sul sedile.
«Buonasera. Sì, grazie»
ribatté la donna in tono secco, appoggiando una mano sul
tettuccio dell’auto. Si sporse leggermente per guardare
all’interno, servendosi di una torcia che ferì gli
occhi del biondo. «Lui chi è?» chiese,
indicando Danny con un gesto brusco del capo.
«Un mio caro amico. Lo sto riaccompagnando a casa
perché ha bevuto un po’ troppo e non poteva
guidare» improvvisò Peter, mentre sentiva le
proprie ascelle inumidirsi sempre più per la tensione.
La donna annuì e attese che lui le porgesse i documenti, per
poi allontanarsi verso l’auto della Polizia e lasciarli
nuovamente soli.
«Hai visto? Ce la caveremo» bisbigliò
Peter.
Danny grugnì e si mosse appena sul sedile.
«Avremo anche noi il nostro fantastico Natale»
aggiunse il biondo, tentando in tutti i modi di rilassarsi.
Se i poliziotti che presidiavano il posto di blocco avessero saputo che
erano ricercati da dei loro colleghi, li avrebbero già
arrestati.
Ne era certo.
L'agente Victoria Stone
tornò all'auto di pattuglia mentre il suo collega teneva
d'occhio i due tizi che avevano appena fermato. Anziché
controllare i documenti, afferrò la radio. Quando una
ventina di minuti prima avevano ricevuto la chiamata degli agenti
Patton e Taylor che comunicavano di essere al seguito di due ladri di
alberi di Natale, lei e Brandon More erano scoppiati a ridere: chi
poteva essere tanto stupido da sgraffignare degli abeti?
Ora che aveva davanti quel Maggiolino, però, non ci trovava
più niente da ridere.
«Qui agente Stone. Agente Patton, abbiamo appena fermato un
Maggiolino che corrisponde alla descrizione dell'auto dei fuggitivi. Mi
date conferma che si tratta di un esemplare arancione? Passo.»
Dalla radio, rispose la voce distorta di Mike. «Qui
agente Patton. Affermativo, agente Stone. Un Maggiolino arancione, con
alla guida un tizio biondo con barba e capelli lunghi e scompigliati.
Non siamo riusciti a vedere il suo complice, ma di sicuro devono avere
a bordo un abete. Passo.»
La donna annuì tra sé e sé. Il tipo
alla guida corrispondeva perfettamente alla descrizione del suo collega.
«Allora li abbiamo beccati, Patton. Passo.»
«Buon per voi. E una rottura di palle in meno per
noi. Passo e chiudo!»
Victoria storse il naso alla volgarità del collega. Appese
la radio e tornò, con passi lenti e strascicati, verso
l'automobile arancione.
«È tutto a posto, agente?» chiese in
tono conciliante il conducente, con un sorriso nervoso.
La donna non rispose ma puntò nuovamente la torcia
all'interno dell'abitacolo, dirigendo il fascio di luce verso i sedili
posteriori occupati interamente da un abete dai rami schiacciati.
«Vedo che avete acquistato un albero di Natale.»
«Sì… prima di passare a prendere il mio
amico al bar sono andato al negozio a comprarlo»
spiegò il biondo con tono forse un po' troppo acuto, indice
di un nervosismo che l'agente Stone non si lasciò sfuggire.
«Mi fa vedere la ricevuta?» chiese con noncuranza,
tendendo la mano.
Mentre il conducente si tastava platealmente le tasche del giubbotto,
il passeggero si destò improvvisamente dal suo sonno,
spalancando la portiera e scendendo in fretta dall'auto.
«Lo sapevo, lo sapevo!» esclamò prima di
correre via e intrufolarsi in un vicolo stretto e buio, dove una
macchina non sarebbe mai potuta passare.
Il suo compagno rimase sconcertato per un attimo, poi si
precipitò sul sedile del passeggero e gli corse dietro.
Victoria non fu abbastanza rapida e non riuscì ad afferrare
il biondo per il bavero del giaccone. L'agente More, giovane e
inesperto, fece per estrarre la pistola d'ordinanza e mosse qualche
passo verso il vicolo, ma la sua collega lo bloccò.
«Non servono le armi, almeno non ancora. Quelli sono
semplicemente due balordi. Corrigli dietro mentre io avverto le altre
unità!»
Il giovane poliziotto annuì e si mise a correre come un
forsennato dietro ai due fuggitivi – che, nel frattempo,
avevano guadagnato un buon margine di vantaggio – mentre
Victoria tornò alla radio.
«A tutte le unità, a tutte le unità!
Qui agente Stone. I ladri di abeti sono scappati a piedi e si stanno
dirigendo verso nord! L'agente More è al loro
inseguimento!»
La voce di Patton rispose ancora una volta dalla radio. «Complimenti,
agente Stone. Tu e More siete stati in grado di farvi scappare due
idioti… a piedi?»
Victoria, stufa del sarcasmo del collega, sbraitò nel
microfono: «E voi ve li siete fatti scappare in
auto!».
Dall'altra parte, una voce acuta e leggermente roca borbottò
qualcosa a proposito di un macinino prima che l'agente Patton si
facesse sentire di nuovo.
«Dateci la vostra posizione, così
potremo intervenire. Passo.»
«Siamo su Elmore Street. I fuggitivi hanno imboccato il
vicolo che la collega a Windwood Drive. Passo.»
«Ricevuto. Noi siamo già in zona. Passo
e chiudo.»
La donna riappese il microfono al suo posto e, torcia alla mano per
illuminare la zona circostante, si mise anche lei all'inseguimento
sulle tracce del suo collega.
«Hai sentito,
Taylor? Windwood Drive.»
Roger annuì con un sorrisetto: si trovavano a soli tre
isolati di distanza. Non vedeva l'ora di mettere le mani su quei due
pezzi di merda che gli avevano rovinato il tranquillo pomeriggio di
pattuglia. Schiacciò a tavoletta sull'acceleratore mentre
Patton estraeva di nuovo il suo megafono, pronto a gridare ai ladri di
fermarsi.
Quando svoltarono in Windwood Drive, videro i due spuntare dal vicolo.
I fari dell'auto li illuminarono, lasciandoli per un attimo spaesati
come gatti sorpresi ad attraversare. Poi il biondo afferrò
il moro per un braccio e lo trascinò dall'altra parte della
strada, verso un altro vicoletto.
Non appena i fuggitivi furono spariti nell'ombra, gli agenti More e
Stone apparvero sul marciapiede. Il giovane poliziotto era
più pallido del solito, mentre la donna si teneva una mano
premuta sull'ampio petto per riprendersi dalla fatica della corsa.
Roger e Mike li raggiunsero, scendendo dalla volante.
«Dove sono andati?» ansimò Victoria,
boccheggiando come un pesce fuor d'acqua.
«Hanno imboccato quel vicolo» rispose Patton,
indicando la stradina alle sue spalle. «Tranquilli»
aggiunse, fissando con un sorriso di scherno il volto congestionato
della collega. «Adesso ci pensiamo noi.»
Fece un cenno d'intesa a Roger ed entrambi corsero nel vicolo.
I due ladri correvano veloci ma loro non erano da meno e, ben presto,
giunsero alle loro spalle.
«Fermi, in nome della legge!» gridò Mike
nel suo megafono.
Il moro si voltò per guardarsi alle spalle e,
così facendo, inciampò in un bidone
dell'immondizia, rotolando a terra e tirandoselo dietro. Una pioggia di
bucce di mela e lische di pesce gli finì sulla testa.
Il suo compare cercò di frenare bruscamente nel bel mezzo
della corsa, forse con l'intento di fermarsi ad aiutare l'amico, con
l'unico risultato di ruzzolare a terra in una pozza di fango e
chissà quali altri liquami.
«Tu occupati del moro, Taylor. Il biondo è
mio» disse Mike, e Roger rispose con un cenno affermativo del
capo.
Dopo essere piombato
contro il bidone, Danny stava tentando disperatamente di rimettersi in
piedi.
«Lo sapevo che sarebbe andata a finire così, lo
sapevo!» ansimò, scivolando sulle bucce, mentre i
due agenti si facevano sempre più vicini.
Roger gli piantò un ginocchio in mezzo alle scapole,
costringendolo a sdraiarsi di nuovo in mezzo all'immondizia.
«Ti dichiaro in arresto» gli sibilò,
bloccandogli i polsi dietro la schiena con le manette. «Hai
diritto di rimanere in silenzio. Tutto ciò che dirai
potrà essere utilizzato contro di te in tribunale»
proseguì, elencandogli i suoi diritti.
Danny chiuse gli occhi tremando come una foglia. «Le mie
bambine… rimarranno senza un padre… proprio pochi
giorni… prima di Natale…»
piagnucolò, incapace di trattenersi.
Nel frattempo Mike aveva raggiunto Peter, bloccandolo al suolo e
ammanettandolo. Con uno strattone lo prese per un braccio e lo fece
alzare bruscamente in piedi, sbattendolo poi con la schiena contro il
muro. Il suo volto da serial killer si avvicinò
pericolosamente a quello del suo prigioniero.
«Bene bene… chi abbiamo qui?» chiese,
leccandosi le labbra e scrutandolo negli occhi.
Il biondo deglutì. «Mi chiamo Peter…
Peter Cetera, signore…» disse con la voce che gli
tremava.
Danny fu sbattuto contro il muro accanto a lui e il poliziotto
ripeté la sua domanda.
«Sono Daniel Seraphine… e sono un padre di
famiglia» balbettò, i baffoni alla fu manchu che
tremavano e spiccavano sul viso pallido.
I due agenti si fissarono negli occhi. «Un padre di famiglia,
eh? Hai sentito, Taylor? Come se essere un padre di famiglia
autorizzasse a rubare fottuti alberi di merdoso Natale.»
«Già, Patton. Niente male come scusa»
rispose il collega.
Mike strattonò ancora una volta Peter, costringendolo a
voltarsi con la faccia contro la parete di mattoni. «Oh, ma
guarda… sei finito proprio nella merda, amico mio,
letteralmente» ghignò, riferendosi al tuffo che il
biondo ladruncolo aveva fatto poco prima.
Roger sbatté Danny nella stessa posizione accanto al
compare, poi iniziò a perquisirlo in cerca di armi.
«Questo è pulito, Patton» disse dopo
averlo tastato per bene.
Mike sganciò dalla cintura il suo sfollagente e prese a
sbatterselo sul palmo della mano. Daniel, convinto che stesse per
prenderli a manganellate, cominciò a balbettare una
preghiera in italiano.
«Santa Maria, madre di Dio… prega per noi
peccatori…»
«Che cazzo dici?!» sbraitò Roger confuso.
Il poliziotto moro si voltò verso Danny, per poi rivolgere
un ghigno sardonico al suo collega. «Sta pregando in
italiano. Bene bene, abbiamo uno sporco mangia spaghetti
da queste parti.» Si mise alle spalle di Danny e
cominciò a sfregargli lo sfollagente tra le gambe
divaricate, salendo fino alle natiche per poi scendere di nuovo.
«Lo sapevo che ce l'avrebbero messo nel culo!» si
lasciò sfuggire Daniel con un grido, sentendo il manganello
premere contro le sue parti più intime.
Mike ridacchiò e tornò alle spalle di Peter.
«Tu, invece, hai detto di chiamarti Cetera, vero?»
«Si-sissignore…» balbettò il
biondo, mentre lo sfollagente premeva minaccioso contro il solco tra le
sue chiappe.
«Non è un cognome americano. Di dove
sei?»
«Sono… sono polacco, signore…»
«Ah sì?» Mike si voltò di
nuovo a guardare Roger, che rispose al suo ghigno. «Due
fottutissimi stranieri. Allora non si tratta solo di furto di
vegetazione, ma abbiamo anche un bel caso di immigrazione
clandestina.»
Peter provò a dissentire e protestare per spiegare che loro
due erano dotati di regolare permesso di soggiorno, ma l'agente Patton
interruppe le sue parole spingendogli lo sfollagente contro il deretano.
«Zitto, o ti faccio conoscere il mio amichetto. E credo che,
senza lubrificante, non debba essere un'esperienza molto piacevole, non
trovi?»
Peter si zittì di colpo mentre Danny continuava a
piagnucolare, immaginando che, dopo l'amico, la stessa sorte sarebbe
toccata a lui.
«Allora Patton, cosa ne facciamo di questi due? Li sbattiamo
dentro?» chiese Roger, preda della noia. L'adrenalina
dell'inseguimento si era ormai esaurita e ora aveva solamente voglia di
andarsene a casa, a farsi una sana scopata con sua moglie.
«Con calma, Taylor. Ho un'idea migliore.»
«Sputa il rospo!»
Mike sollevò il manganello, facendolo scivolare contro la
spina dorsale di Peter. «Stavo giusto pensando che mi
piacerebbe avere un bel regalo di Natale da questi due
ragazzi…»
«Vuole prendere l’albero? È tutto
suo!» esclamò Danny, che ormai aveva le lacrime
agli occhi per la disperazione.
Mike si portò il megafono alla bocca e scoppiò a
ridere dritto nelle orecchie dei due ladri. «Che cazzo me ne
dovrei fare, eh?»
«Piantala con quell’affare, Patton»
borbottò Roger, portandosi una mano a coprirsi un orecchio.
«Cosa vuole allora?» domandò Peter,
sfinito e deciso a porre fine a quella situazione assurda.
«Voglio che
andiate a prendermi un regalo in un posto speciale»
spiegò Mike con fare cospiratorio, obbligando nuovamente
Peter a voltarsi verso di lui. Tornò a toccarlo nei pressi
delle parti intime con il manganello, facendo sussultare e inorridire
il biondo.
Roger gli lanciò un’occhiata interrogativa.
«Che cazzo hai in mente?»
Patton posò
una mano sulla spalla del collega. «Hai già
comprato qualcosa da regalare a tua moglie?»
Taylor scosse il capo, sempre più confuso.
«Allora è perfetto! Spediremo i nostri nuovi amici
a rubare un regalino per noi!»
«Ecco, adesso sì che siamo nella
merda…» esalò Danny, appoggiando la
fronte contro la parete. «Rubare per gli sbirri, non posso
credere di…»
«Signore, non crede che sia una pessima idea? E se ci
beccassero?» tentò di dissuaderlo Peter.
«Sta a voi non farvi scoprire. Ecco quali sono le regole:
trovate un sexy shop, rubate qualcosa per me e per l’agente
Taylor e noi vi lasceremo andare senza ripercussioni. Rifiutatevi di
collaborare e vi staremo attaccati al culo finché non vi
vedremo morti.» Patton agitò appena lo
sfollagente, poi portò nuovamente il megafono alle labbra e
ripeté in tono solenne: «Morti!».
Peter e Danny si scambiarono un’occhiata colma di
disperazione: avevano capito di non avere scelta. Quei due sbirri
stavano dando loro la possibilità di non finire in galera:
non dovevano far altro che collaborare. Anche perché non era
proprio il caso di far infuriare ulteriormente l’agente
Patton.
Infine Danny sospirò e tentò di voltarsi, ma
Roger lo tenne ancora inchiodato con la faccia contro il muro.
«Cosa dobbiamo rubare?» si arrese Peter.
Mike ghignò, mostrando la sua più perversa
espressione da serial killer. «Così vi voglio,
stronzetti. Se voi collaborate, noi collaboriamo. E siamo tutti
contenti.»
I ladri annuirono impauriti, entrambi consapevoli che stavano andando a
cacciarsi in una situazione sempre più pericolosa. Solo
perché avevano avuto la brillante idea di non limitarsi a
scippare le vecchiette del Wal-Mart, bensì di spingersi
oltre e allungare le mani su quei fottuti alberi di Natale.
«Abbiamo
rischiato di farci beccare anche stavolta, porca puttana!»
sibilò Danny, correndo a perdifiato per uno stretto vicolo.
Lui e Peter erano appena usciti da un famoso sexy shop del centro,
riuscendo a trafugare ciò che i due sbirri avevano chiesto;
tuttavia, si erano ritrovati più volte sul punto di essere
scoperti, visto lo spazio ristretto in cui si erano trovati a operare.
«Zitto e corri!» grugnì Peter, svoltando
in un altro vicolo ancora più stretto.
Mancavano due giorni a Natale e loro avevano appena fatto il colpo
più grosso della loro vita, esclusivamente per compiacere
quegli stronzi di Patton e Taylor.
Avevano appuntamento con loro alle diciassette in punto, in una bettola
poco frequentata di nome Shotty’s. Dovevano portare loro
ciò che avevano rubato e sperare che li lasciassero
finalmente in pace.
Erano stati estremamente precisi: avevano dato loro istruzioni
minuziose su dove rubare, su quando colpire e sugli oggetti da portar
via dal negozio a luci rosse.
«Forse siamo salvi…» esalò
Danny, fermandosi di botto e piegandosi in avanti, le mani sulle
ginocchia e il fiato corto.
«Andiamo a recuperare Fulmine, quei due
pezzi di merda ci aspettano da Shotty’s» replico
Peter con fare sbrigativo, avviandosi in fretta verso il punto in cui
avevano parcheggiato il suo amato Maggiolino arancione.
Danny non poté far altro che seguire il suo amico, mentre un
orribile presentimento si faceva largo dentro di lui.
L’atmosfera festosa e allegra del Natale, con le sue luci
intermittenti e le decorazioni colorate, non riusciva a stemperare la
profonda preoccupazione del moro: sapeva con certezza che lui e Peter
erano nella merda fino al collo e che non ne sarebbero usciti tanto
facilmente.
«Eccoli!»
esclamò Roger, tenendo lo sguardo puntato fuori dalla
vetrata incrostata del bar in cui lui e Mike stavano aspettando i ladri
di abeti.
«Se sono arrivati, forse ce l’hanno
fatta» commentò Patton, per poi sorseggiare un
po’ di caffè dalla sua tazza. «Questa
roba è una merda!» sbottò, spingendo
via il contenitore in ceramica.
«E se lo dici tu, significa che fa proprio
schifo…»
Danny e Peter fecero il loro ingresso a testa bassa, senza mai
incrociare lo sguardo dei due poliziotti.
Mike ridacchiò e intrecciò le braccia sul petto.
«Vediamo cosa ci hanno portato.»
I nuovi arrivati si mossero in fretta verso il loro tavolo e rimasero
in piedi, ma Roger fece loro cenno di accomodarsi e li
invitò a ordinare qualcosa.
«Non abbiamo soldi, quindi non consumiamo» disse
Peter, sedendosi con cautela.
Danny lo imitò, appollaiandosi sul bordo della sedia, come
se si stesse tenendo pronto per scappare al primo segnale di pericolo.
Mike rise e li fissò con lo sguardo denso di aspettative.
«Com’è andata, amici miei? Prego,
prendete qualcosa, paga Roger! Ma vi sconsiglio il caffè,
è una cagata.»
«Io?! Col cazzo!» sbottò il poliziotto
biondo, trucidando il collega con gli occhi azzurri e taglienti.
Danny si schiarì la gola. «Siamo qui per darvi
ciò che avete chiesto, poi ce ne andiamo.» Si
guardò intorno preoccupato, per poi scambiare
un’occhiata con Peter.
«Fateci vedere» li invitò Patton
curioso, umettandosi appena le labbra.
Danny estrasse dalla tasca interna del giaccone un sacchetto in velluto
nero e lo porse a Roger. «Questo è per sua
moglie» disse.
Il poliziotto biondo lo afferrò e lo aprì,
rivelando un raffinatissimo completino in pizzo nero, che presentava
dei fori appositi per i capezzoli sul reggiseno, così come
uno nella parte anteriore delle mutandine. Sorrise, pregustando il
momento in cui la sua donna lo avrebbe indossato, facendogli perdere
completamente la testa. Quasi quasi aveva voglia di andare subito a
casa, pregarla di indossarlo e poi scoparla come lo stallone che era.
«E questi sono per lei, agente Patton.» Peter
tirò fuori un paio di manette in metallo pesante e lucente
con inserti in similpelle, abbinate a un frustino da sadomaso che aveva
l’aria di essere piuttosto pericoloso.
Mike strabuzzò gli occhi e sorrise apertamente, come un
bambino in mezzo ai suoi giocattoli preferiti. Prese delicatamente gli
oggetti tra le mani, carezzandoli e ammirandoli con estrema cura.
«Wow!» si lasciò sfuggire, mentre un
ghigno per niente rassicurante si dipingeva sul suo volto.
Danny e Peter si strinsero uno accanto all’altro, spaventanti
dall’espressione inquietante del poliziotto.
«Non vorrà mica usarli con noi?»
sibilò il biondo all'orecchio dell'amico.
«Quasi quasi preferisco la galera!»
replicò il moro a bocca semichiusa, facendo tremare i
baffoni.
Roger si chinò per esaminare i nuovi cimeli del suo collega,
per poi stringersi nelle spalle. «Il sesso estremo non fa per
me, sono tradizionalista» commentò, intrecciando
le dita sul proprio ventre piatto.
Mike si sporse in avanti, le manette in una mano e il frustino
nell’altra. Scrutò attentamente i due ladri,
penetrandoli con quegli occhi spiritati e imperscrutabili.
«Abbiamo finito?» azzardò a chiedere
Peter, dal momento che aveva notato quanto Mike e Roger fossero rimasti
soddisfatti della merce rubata.
«Sì» replicò Patton con fare
innocente. «Per oggi.»
Danny sgranò gli occhi e serrò le labbra, mentre
Peter si portava le mani al volto. «Che significa?»
Mike e Roger si scambiarono uno sguardo da rapaci, poi si voltarono
nuovamente a fissare i ladruncoli.
«Per oggi siete stati bravi, ma questo è solo
l’inizio» proclamò il biondo con un
sorriso quasi dolce e rassicurante.
«Che cosa?!» sbottò Danny.
«D’ora in poi, ragazzi miei, tra noi
c’è un’alleanza: collaborate e noi vi
proteggeremo, provate a mettercela nel culo e noi vi fotteremo.
Semplice, non è vero?» ghignò Mike,
giocherellando con le sue nuove manette.
«Cristo…» bofonchiò Danny,
per poi crollare con la faccia sul tavolino lurido.
«Non potete ricattarci così!»
protestò Peter con la voce venata d’isteria.
«Certo che sì. Ricordatevi che possiamo sbattervi
in galera quando vogliamo, perciò… la scelta
è tutta vostra.» Roger sghignazzò e
batté una pacca sulla spalla del collega.
«Ci state?» chiese Mike.
«Non abbiamo molta scelta» si lamentò
Peter, mentre la tentazione di strapparsi i capelli per la disperazione
si faceva sempre più forte.
Mike schioccò le dita e Danny sussultò,
rimettendosi seduto. Era pallido come un cencio e non riusciva ad aprir
bocca, lo sguardo vagava nel vuoto e nella sua mente si affacciavano
nient’altro che immagini funeste che lo ritraevano in un
futuro oscuro e terribile, pieno di crimini che non avrebbe mai voluto
compiere.
«Ho già in mente la prossima missione per voi,
miei carissimi amici!» si entusiasmò Patton,
sempre con quell’espressione omicida dipinta in viso.
Danny e Peter si guardarono inorriditi, attendendo la loro condanna.
«Ho una sfrenata passione per le cose morte, i feti
animali… e voi me ne procurerete uno!»
«Che cazzo!» sbottò Danny, trattenendo a
stento l’impulso di scagliarsi contro il poliziotto e
ammazzarlo di botte.
«Non lamentatevi, sarà divertente. Pronti per un
viaggetto nel laboratorio della scientifica del LAPD?»
domandò in tono cospiratorio.
I due ladri lo fissarono inorriditi ma infine annuirono, consapevoli di
non potersi più tirare indietro.
Allora Mike sorrise con fare amichevole, cambiando radicalmente
espressione. Sollevò il braccio che ancora stringeva le
manette, facendole tintinnare tra loro, e attirò
l’attenzione del vecchio barista.
Roger, tanto per darsi un tono e intimorire ancora di più i
loro nuovi complici, afferrò il frustino di Mike e, con un
colpo secco, lo calò sul tavolino, a pochi millimetri dal
braccio di Danny.
«Shotty, porta due merdosi caffè per i miei
compari!» strillò Patton allegro e gioviale.
«Dobbiamo festeggiare la nostra nuova alleanza!»
«E un whisky per me!» strillò Roger.
Danny sospirò pesantemente. «Che Natale del
cazzo.»
«Almeno non siamo in gattabuia…»
«Ma questi due ci tengono per le palle. Quasi quasi avrei
preferito che tua moglie ci addobbasse entrambi»
sibilò il moro.
Peter si passò una mano sul viso e lanciò
un’occhiata ai due poliziotti, trovandoli felici e contenti a
chiacchierare con il barista e a lanciare loro sorrisi amichevoli, come
se niente fosse successo.
«Questi sono due fulminati pezzi di merda» concluse.
Poi a Danny venne un’idea e attirò
l’attenzione degli agenti. «Possiamo avere una cosa
in cambio?» domandò.
Patton e Taylor li fissarono in attesa.
«Siccome abbiamo rubato soltanto un albero di Natale, e se lo
è tenuto Peter» cominciò, lanciando
un'occhiata in tralice all'amico. «Non è che,
magari, potremmo passare di nuovo, casualmente…
davanti al Wal-Mart per prendercene un altro, senza che nessuno ci dica
niente? Sapete, io sono un padre di famiglia, e ho promesso alle mie
bambine che avrei portato loro un abete per
Natale…»
«Bla bla bla…» lo scimmiottò
Mike, troncando bruscamente il suo discorso strappalacrime.
«Sì, lo avevamo capito che sei un fottutissimo
padre di famiglia. Tu che ne dici, Taylor?» chiese al
collega, facendo ruotare le nuove manette intorno all'indice della mano
sinistra.
Roger si strinse nelle spalle. «Ma chi se ne frega di un
dannatissimo albero di Natale? Per me ve li potete anche fregare tutti
quanti. Tanto, quelli comprati al supermarket muoiono puntualmente
prima della fine delle feste.»
Danny fissò entrambi gli agenti pieno di speranza, mentre
Peter scuoteva la testa.
«Accidenti a me e a quando mi è venuto in mente di
andare a rubare gli abeti solo per farti un
piacere…»
«Allora è deciso» disse infine Mike,
facendo scattare le manette ai polsi dei due ladruncoli, che si
fissarono sconcertati. «Voi stanotte mi prenderete un bel
feto di cavallo in formalina, e noi chiuderemo un occhio se
sparirà un abete. E mi auguro che non ne abbiano portati di
nuovi e non ne rimangano tredici» aggiunse pensoso tra
sé e sé, carezzandosi distrattamente il labbro
superiore.
I polsi stretti dalle manette, Peter e Danny si lanciarono un'altra
occhiata.
«Sì… questi sono proprio due fulminati
pezzi di merda» ripeté il biondo.
Il giorno dopo era la
Vigilia di Natale. Le ultime anziane clienti del Wal-Mart uscirono
lentamente dal negozio, apparentemente ignare delle decorazioni
natalizie che le illuminavano dall'alto. Una di loro passò
accanto alla volante della Polizia parlottando tra sé e
sé.
«Più che davanti a un supermercato, sembra di
essere nel reparto di geriatria dell'ospedale»
commentò Mike, osservando la vecchietta che si allontanava a
passi strascicati con le mani che le vibravano come molle.
«Alzheimer e Parkinson a go go!»
«Senti, Patton… ma tu questo dannato affare devi
proprio tenerlo sul cruscotto?» esclamò Roger,
indicando il barattolo di vetro pieno di liquido giallastro, dentro cui
faceva bella mostra di sé un feto equino.
«Certamente. È il mio regalo di Natale! Non ti
piace il mio mini pony?» Mike prese il contenitore e lo
piazzò davanti alla faccia del collega, che distolse il viso
disgustato.
«Che schifo! È orribile! A volte penso che tu sia
un maledettissimo pazzo scappato dal manicomio.»
«Tu dici?» Patton fissò Roger mentre un
ghigno diabolico gli appariva sulle labbra. Poi prese il megafono e
proruppe in una risata satanica al suo interno, facendo sobbalzare il
biondo.
«Ma mettitelo nel culo, Patton, quel cazzo di megafono!
Così almeno amplifichi anche le tue scorregge!»
Mike rise ancora, ma stavolta senza utilizzare il suo amato strumento.
«Ehi! Guarda, Taylor, stanno arrivando i nostri
amici» disse subito dopo, indicando il Maggiolino arancione
appena apparso nello specchietto retrovisore.
Roger si voltò a guardare l'automobile, seguendone i
movimenti con la coda dell'occhio. Vide Danny sporgersi dal finestrino
del passeggero e afferrare uno degli abeti, mentre Peter accelerava
leggermente e svoltava l'angolo.
«Allora facciamo davvero finta di niente?» chiese
il biondo, girandosi verso il collega che stava ancora fissando con
sguardo rapito il suo macabro souvenir.
«Ma sì… in fondo quei due mi stanno
simpatici. E poi, il laboratorio della scientifica è pieno
di queste delizie e prima o poi li obbligherò a prendermi
qualcos'altro.»
Roger scosse il capo e si sbatté una mano sulla fronte, poi
guardò l'orologio e sorrise tra sé e
sé. Ancora mezz'ora e poi sarebbe filato di corsa a casa,
dove sua moglie lo aspettava già con indosso il completino
di pizzo nero.
Spazio alle autrici:
evelyn80:
Innanzi tutto lode a
Soul_Shine per aver avuto l'idea geniale di creare questo contest.
È stata la mia prima esperienza in round robin, e devo dire
che mi sono divertita un sacco. Lavorare con Kim WinterNight
è stato un vero piacere, perché la reputo
un'autrice di talento qui sul sito di EFP, e l'esperienza, dal mio
punto di vista, è stata totalmente positiva.
Partiamo dal titolo: si tratta di una citazione dal film “Il
Padrino”, la celebre frase “gli farò
un'offerta che non potrà rifiutare”. In questo
caso al plurale, visto che i ladri sono due XD
Poi, l'idea per questa storia è nata da un aneddoto
realmente accaduto al bassista e al batterista dei Chicago. Il buon
Danny Seraphine, nella sua autobiografia “Street Player
– My Chicago Story” racconta che l'anno del loro
arrivo a Los Angeles da Chicago la band – che non aveva
ancora ingranato – si trovava in ristrettezze economiche, in
special modo coloro che erano sposati, come lui stesso e Peter Cetera.
Erano messi talmente male da non avere nemmeno i soldi per comprare
l'albero di Natale, così i due si misero d'accordo e, a
bordo del Maggiolino arancione di Peter (che abbiamo ribattezzato Fulmine
su nostra personalissima licenza poetica) andarono davanti al negozio e
presero due abeti con la modalità che abbiamo raccontato.
Poiché Danny ha origini italiane, e Peter polacche, nella
storia abbiamo fatto in modo che venissero proprio da quei paesi.
Nella realtà a loro è andata bene, mentre nella
nostra storia le cose prendono una piega molto diversa.
Kim WinterNight ha avuto la brillantissima idea di inserire Mike
Patton, non nuovo ad esperienze del genere, e Roger Taylor nella veste
di poliziotti che, con un inseguimento rocambolesco e al limite della
demenzialità, riescono infine a catturare i ladruncoli per
poi obbligarli a rubare cose per loro.
Mano a mano che procedevamo nella stesura della storia ci scambiavano
le idee che ci venivano in mente, passandoci la storia l'un l'altra e
proseguendo di comune accordo.
Anzi, devo dire che siamo state sempre totalmente sulla stessa
lunghezza d'onda, tanto che posso affermare con sicurezza di essere
diventate una specie di entità unica e indivisibile, come
due gemelle a distanza XD
Ma lascio la parola alla mia collega.
Kim WinterNight:
Carissimi lettori, avete
visto cosa l’unione delle menti di due fulminate come noi ha
dato alla luce? XD
Unire Peter Cetera e Danny Seraphine, rispettivamente bassista e
batterista dei Chicago, con Roger Taylor, leggendario batterista dei
Queen, e Mike Patton, maggiormente conosciuto per essere il frontman
dei Faith No More (ma anche di un sacco di altre robe), è
stata un’idea balorda e azzardata, ma quando le persone hanno
le rotelle fuori posto possono creare questo e altro… :P
A parte gli scherzi, sono veramente contentissima e soddisfatta di
questo racconto, lavorare con Evelyn è stato meraviglioso!
Mi sono divertita tantissimo a cimentarmi con i Chicago, a scrivere di
loro che interagiscono con Roger e Mike, e di condividere con lei le
informazioni che avevo su uno dei miei cantanti preferiti!
Quando Evelyn mi ha proposto di scrivere qualcosa sul furto degli
alberi di Natale, subito le ho proposto a mia volta di sfruttare Mike
come uno degli agenti, dato che lui realmente ha usato questo
“travestimento” per suonare con uno dei suoi
progetti, ovvero i Mr. Bungle. Inoltre, Mike ha un fratello poliziotto,
quindi diciamo che tra una cosa e l’altra è stato
quasi automatico pensare a lui :D
Molti dei riferimenti su di lui li ho estrapolati dalla sua biografia
“Epic. Genio e follia di Mike Patton”, scritta
dall’italianissimo Giovanni Rossi. Questo libro mi ha
permesso di capire molte cose, ma soprattutto di rendermi conto delle
mille sfaccettature di quest’artista, delle sue passioni
malate e dei suoi modi bizzarri ed esuberanti di rapportarsi con la
musica, con il pubblico e con i colleghi.
È risaputo che Mike, infatti, sia un collezionista di cose
strampalate, e che spesso scriva di bondage nei suoi testi, oltre che
di masturbazione e di tante altre cose singolari! Inoltre, è
un grande appassionato e consumatore di caffè :D
Inoltre, quando Danny prega in italiano e Mike spiega a Roger cosa sta
dicendo, è perché in realtà Mike parla
fluentemente l’italiano, perciò è stato
inevitabile inserire quel siparietto XD
Io ed Evelyn speriamo di aver reso giustizia a tutti questi personaggi,
che comunque ci stanno veramente a cuore e che troviamo molto
divertenti e capaci di ispirarci!
Anche la presenza di Roger Taylor è stata incredibilmente
fulminante per noi, perché abbiamo pensato che per Mike ci
volesse un collega come lui e volevamo inserire uno dei Queen nel
racconto! Chi meglio di Roger in questo ruolo?
Per quanto riguarda gli agenti Victoria Stone e Brandon More, sono dei
nostri OC, speriamo vi siano piaciuti!
Le immagini che trovate in cima alla storia sono quelle su cui ci siamo
basate per descrivere i personaggi, ma per queste devo ringraziare la
mia collega di scrittura perché è stata lei a
trovarle :3
Grazie per aver letto, è stata una delle esperienze
più belle della mia permanenza su EFP, e spero di poterla
presto replicare ♥
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