NDA
Non
avevo niente in
programma per il Natale, questa cosetta è uscita fuori
così.
Naturalmente è una ff che si può leggere anche da
sola, ma ho
pensato comunque di aggiungere quei dettagli sulla vita di Sesshomaru
che già ho sviluppato nelle OS della serie “Il
senso della vita”
per poterla accodare - come ad esempio, il piano di Toga di far
diventare Sesshomaru medico da grande.
So
bene che questa
ff si accorda soltanto con il prompt proposto dal gruppo - e molto
meno con il Natale - ma il mio umore da “Grinch, spostati
proprio”
è cominciato già da un bel pezzo.
Non
ci dovrebbero
essere orrori grammaticali nel testo, nel caso
segnalateli
senza problemi.
Per
quanto riguarda
il titolo, non ne ho trovati altri. La parola Komeroshi -
intraducibile in italiano - indica il vento freddo che soffia quando
l'inverno sta per arrivare. Per Sesshomaru era perfetta xD
C'è
un'altra parolina nel testo che forse qualcuno non conosce. Seinen è
quel genere di manga che affrontano tematiche mature tali da essere
considerati per adulti, come Death Note, Berserk oppure Vinland Saga -
tanto per farvi capire.
Prompt
23. Contro il Natale “Guarda
che Babbo Natale non esiste. E se anche esistesse, gli taglierei la
gola.”
Komeroshi
Sesshomaru
sbuffò per l'ennesima
volta.
Quell'attesa
lo stava innervosendo
oltre ogni ragionevole comprensione, ma purtroppo mancava ancora una
mezz'ora abbondante prima che quella tortura melensa finisse.
Avrebbe
voluto rimanere impassibile
mentre aspettava che l'ultima ora di lezione si concludesse ma quella
noiosissima lezione di letteratura giapponese sembrava non finire
mai.
La
storia era l'unica che meritasse
della considerazione da parte sua, in ambito umanistico.
Preferiva
le materie scientifiche, come
la matematica e la scienza.
Cercò
di trovare un briciolo di
distrazione nella sua nuvoletta di condensa, osservando come
sfuggisse dalla sua vista non appena l'aria calda diventasse un
tutt'uno con quella fredda.
Non
era importante che l'aria frizzante
di dicembre gli avesse letteralmente ghiacciato il naso, gli bastava
soltanto rimanere al di fuori di quell'aula almeno con la faccia, ma
soprattutto a debita distanza da lei.
Sbuffò
ancora, ma stavolta tentando di
scacciare quell'espressione ebete della sua maestra dalla sua testa,
soprattutto quell'accenno di pancia che a breve non avrebbe
più
potuto semplicemente nascondere sotto i maglioni e che a lui avrebbe
dato un'altra rogna in più - come se non ne avesse
già abbastanza.
La
cosa più assurda era che soltanto
lui in famiglia sembrava quello più turbato da quella strana
situazione.
Quando
sua madre aveva saputo che
appena qualche giorno dopo il divorzio il suo ex marito si fosse
fidanzato con un'altra donna - per di più la sua
maestra Izayoi
- aveva semplicemente fatto spallucce, come se la vicenda non
l'avesse neppure sfiorata: un'altra occasione in cui il ragazzo si
era sentito confuso ma allo stesso tempo una conferma implicita
riguardo al rapporto dei suoi genitori.
Sesshomaru
aveva spesso sentito dai
discorsi dei più grandi che sua madre e suo padre avevano
contratto
un matrimonio combinato e che in fondo non si amavano davvero.
Si
rispettavano, si confrontavano
volentieri su argomenti difficili, sicuramente avevano anche fatto
quella cosa che alla fine di lunghi mesi aveva messo lui al mondo -
perché era ancora un bambino, ma non per
questo
stupido - ma non c'era quella cosa che veniva chiamata amore.
Non
aveva mai sentito dalle labbra di
sua madre pronunciare un solo appellativo affettuoso rivolto a suo
padre, d'altro canto la maestra Izayoi non faceva altro che lanciare
una vasta gamma di epiteti che avrebbero fatto venire la carie a
chiunque; e da quando Sesshomaru l'aveva conosciuta -
pressoché un
paio di anni prima - aveva inondato suo padre con quei nomignoli
assurdi fino a far salire a Sesshomaru il sangue alla testa e farcelo
rimanere per giorni prima che riuscisse a sbollire.
Ironia
della sorte, soltanto uno strano
manga seinen di impronta storica trovato su uno
scaffale della
fumetteria sotto casa era riuscito a distrarlo e a farsi scivolare
addosso quella robaccia melensa. Peccato che anche lì c'era
una
storia d'amore che aveva ripercussioni forse fin troppo necessarie
allo svolgimento della trama principale, ma invece di trovare
dell'indifferenza aveva inconsapevolmente gettato Sesshomaru in
riflessioni nuove e che lo avevano destabilizzato.
Quei
due personaggi della storia si
amavano di un amore di cui Sesshomaru non aveva avuto un termine di
paragone nella realtà.
Aveva
modo di sperimentare la dedizione
di suo padre, l'indifferenza di sua madre e l'adorazione appiccicosa
di Jaken. Perciò, non vedendo dell'amore nemmeno riflesso
nel
rapporto fra i suoi genitori pensava che quel tipo di rapporto freddo
e distaccato fosse normale e lui stesso una questione ciclica che
doveva necessariamente accadere in quanto risultato di un
accoppiamento altrettanto necessario per la legittimità del loro
matrimonio, ma non credeva ci fosse dell'altro.
Erano
semplicemente dati di fatto, che
un giorno o l'altro anche lui avrebbe dovuto compiere.
Le
uniche occasioni di vedere manifesto
quel sentimento paradossalmente erano quelle che personalmente
detestava, ovvero quando suo padre era con la sua nuova compagna e la
osservava rapito, in un modo che mai gli aveva visto fare con sua
madre.
Da
quando poi la donna era rimasta
incinta, Toga aveva preso l'abitudine di carezzarle l'addome
procurandole un rossore soffuso sulle guance.
Probabilmente
era a quella vista che
Sesshomaru aveva provato maggiore astio, era quella la scena che
avrebbe preferito non vedere per non essere tartassato da quella
voragine di gelosia che aveva timore di ammettere a se stesso - o
peggio, di renderla evidente alle persone attorno a lui.
Perché
lui, Sesshomaru Taisho, doveva
avere quel genere di sentimenti a scombussolarlo?
Perché
non poteva semplicemente
sorvolare come riusciva perfettamente a fare sua madre?
“Sesshomaru,
tesoro, potresti
chiudere la finestra per favore?”
Il
ragazzino credette di aver capito
male, che forse tutto quel tempo senza fare nulla di costruttivo gli
avesse letteralmente fumato il cervello rendendolo niente
più che un
po' di poltiglia informe come quello di suo padre.
Voltò
la testa in direzione della
cattedra, fissando con uno sguardo di sfida la maestra - e sperando
che leggesse la sua tacita intimidazione fra le righe.
Tuttavia,
non poteva di certo
disobbedire.
Stette
per qualche secondo ad osservare
il sorriso della maestra, per poi fare quanto gli era stato richiesto
con un movimento rapido e infastidito.
Si
sentì definitivamente in trappola,
come se si fosse reso improvvisamente conto di aver trovato un
briciolo di consolazione in quell'unica via di fuga e che ora gli era
stata tagliata in un modo che non avrebbe potuto combattere.
Ora
nemmeno la campanella di fine
lezione avrebbe decretato la sua salvezza. Sarebbe uscito di scuola e
scomparso dalla vista della maestra Izayoi soltanto per trovarsela
davanti per i due giorni successivi in occasione delle feste. Suo
padre era l'artefice di quella condanna - per quanto breve - e quel
mostro di Jaken aveva strategicamente chiesto qualche giorno di
malattia stranamente incurante delle esigenze del suo padrone - e per
che cosa poi? perché nel tentativo di rendere la villa
inospitale
Sesshomaru aveva cercato di dare fuoco alla cucina, rimediando al suo
maggiordomo soltanto qualche graffietto di poco conto, un mezzo
infarto e un piagnisteo durato soltanto una giornata.
Ma
perché sua madre doveva partire
proprio quella stessa mattina per il suo soggiorno in Italia con le
amiche? Avrebbe potuto trascorrere quei giorni a casa di lei, in
completa solitudine e lontano da tutti quei fastidi.
Di
certo non era il sogno di un bambino
vedersi piombare in casa la propria maestra, per di più alla
vigilia
di Natale, mentre attendeva un figlio che sarebbe stato un
fratellastro indesiderato. Ma nel suo caso era a dir poco
insopportabile anche soltanto pensarlo.
Sesshomaru
avrebbe sfidato chiunque ad
avere una situazione simile e non provare nemmeno un barlume di
negatività.
Ma
probabilmente neanche senza la
maestra Izayoi avrebbe trovato piacevole avere un fratello,
perché a
dire la verità non ne voleva. Anche se fosse stata sua madre
a
dargliene uno, sicuramente lui avrebbe comunque fatto di tutto per
rendergli la vita impossibile.
Lui
era l'unico e il solo, e una
qualsivoglia copia di se stesso gli sarebbe apparsa
come una
seccatura bella e buona.
La
campanella lo fece sobbalzare, ma
grazie a quella riacquistò celermente un po' di buonumore e
corse
fuori senza aspettare le istruzioni della maestra.
Finalmente
poteva lasciarsi alle spalle
le sue preoccupazioni anche soltanto per un pomeriggio: avrebbe fatto
un salto alla sua fumetteria preferita e poi si sarebbe fermato al
ristorante che la sua famiglia frequentava da decenni. Sicuramente il
proprietario lo avrebbe accolto a braccia aperte e gli avrebbe
preparato immediatamente qualcosa da mettere sotto i denti.
I
suoi piedi sembrarono quasi volare
per quanto andasse veloce, e più si allontanava dalla scuola
più i
suoi timori su quei giorni che lo attendevano sembrarono svanire nel
nulla.
Gli
venne la splendida idea di cercarsi
un altro posto dove poter trascorrere in solitaria quella serata, ma
finì a sbattere il naso contro qualcosa di duro e che non
faticò a
riconoscere.
Interruppe
subito quel contatto,
spingendo via il suo ostacolo con entrambe le braccia con tutta la
forza di cui disponeva - e ne era molta, grazie alle sue lezioni di
kendo.
Perfetto.
Ora sono totalmente
braccato.
Alzò
gli occhi con una espressione
indecifrabile, maledicendo ogni persona ed oggetto attorno a lui.
“Ah,
sei tu.”
La
figura statuaria di Toga fece
capolino davanti a lui in tutta la sua statuaria fisicità,
facendo
alzare lo sguardo degli altri bambini che stavano lasciando
l'istituto con un misto fra il timore reverenziale e l'ammirazione
più profonda.
In
qualche modo Sesshomaru non se ne
sentì invidioso, ma provò piuttosto una
sensazione che se non era
una strana forma di orgoglio, le si avvicinava molto.
Ma
ammetterlo, ancora una volta, era
fuori discussione.
“Eccolo,
il mio ometto burbero come
un vecchio!”
Suo
padre lo accolse con un sorriso
molto più largo del solito. Evidentemente l'idea di
trascorrere il
periodo natalizio con la sua nuova compagna incinta e il suo primo
figlio lo eccitava come una ragazzetta rompiscatole al suo primo
appuntamento.
“Per
fartela conoscere meglio”
aveva detto qualche giorno prima. “Vedrai che
cambierai
opinione.”
Lo
prese in braccio per le ascelle -
esattamente nel modo in cui Sesshomaru detestava essere preso in
braccio - e gli strusciò affettuosamente il naso mezzo
congelato con
il suo così forte che a momenti glielo staccava.
E
per diamine, suo padre era uno dei
militari con i gradi più alti dell'esercito giapponese - non
per
niente era un generale - per di più con titoli nobiliari le
cui
origini risalivano a più di mille anni prima.
Perché
diavolo gli faceva quelle
smancerie?
Certo,
anche sua madre Inukimi non era
troppo rigida nei suoi atteggiamenti. Ma quando assumeva un
comportamento amichevole con qualcuno, in qualche modo
successivamente appariva tremendamente frustrata, come se prima non
potesse farne a meno e poi se ne pentisse.
Lui
no, lui continuava con quei
comportamenti senza pensare a ciò che implicavano.
Avrebbe
tanto voluto un padre normale,
che lo addestrasse nell'arte della guerra e della spada senza
lasciargli tregua, che lo preparasse come si conveniva per affrontare
la vita con durezza e giustizia.
Era
difficile per lui non essere nato
in un tempo lontano, magari nell'epoca Sengoku, con un senso del
dovere ed uno dell'onore da difendere anche a costo della vita.
“Lasciami,
padre!”
“Hai
dodici anni e non hai ancora
imparato a dire papà!” lo
canzonò Toga, ma Sesshomaru
colse perfettamente la presa in giro e rispose cercando invano di
sferrare calci all'indirizzo delle sue parti intime. Purtroppo
nemmeno sforzandosi ci riuscì: il padre lo
allontanò quel po' che
bastava per non essere colpito, rendendolo nient'altro che un
marmocchio scalpitante livido di risentimento per di più a
causa di
una battuta squallida.
Questa
situazione lo fece imbestialire
ancora di più. Ma invece di indurlo a quella lotta senza
alcun
senso, paradossalmente la rabbia lo irrigidì di colpo.
Questa
inaspettata reazione spinse Toga a metterlo a terra, e ad assumere
un'espressione per niente turbata.
“Non
ha socializzato nemmeno
stavolta” lo informò la maestra Izayoi.
“Non si è neanche
interessato al videogioco che Kentaro ha portato per mostrarlo agli
amichetti.”
“Diciamo
che mio figlio è un tipo
antiquato, oltre che scontroso” obiettò suo padre
all'indirizzo
della maestra Izayoi. “E' più facile che si
interessi ad un
vecchio romanzo di guerra o ad una katana malandata, credimi.”
Ancora
una volta, suo padre aveva
dimostrato di conoscerlo meglio di chiunque altro. Francamente
Sesshomaru non sapeva se essergli grato o se punirlo aspramente per
aver rivelato dettagli di sé che in qualche modo avrebbero
incentivato quella donna a impiegarsi per lui. Ma l'espressione un
po' inquieta e perplessa della maestra lo stava ripagando ampiamente.
“Quindi
seguirà le orme di suo
padre!” commentò lei ritornando con il sorriso e
con una sicurezza
che inaspettatamente la accomunò al ragazzo più
di quanto lui
stesso si aspettasse. Fortunatamente suo padre spezzò
quell'atmosfera entusiasta che si era venuta suo malgrado a creare,
ma peggiorando ulteriormente la situazione - e l'umore di Sesshomaru.
“Ah,
no! Sesshomaru da grande farà
il medico!”
Il
ragazzo assottigliò gli occhi
nocciola nel sentire l'ennesima volta quella tremenda
assurdità, e
tentò di trasmettere ogni singola goccia del suo disappunto.
Sapeva
di avere un aspetto che incuteva
un certo timore, nonostante avesse soltanto dodici anni. Quella donna
fuori come un balcone di sua madre era letteralmente innamorata di
quell'aria minacciosa che suo figlio spesso sfoggiava anche
inconsapevolmente. Diceva sempre che una volta cresciuto avrebbe
fatto cadere ai suoi piedi chiunque avesse incrociato il suo cammino;
e chissà, forse avrebbe fatto un lavoro che risaltasse la
sua
bellezza fredda e distante pronta a sbocciare.
Sicuramente
non il medico, su questo
sua madre era d'accordo con lui.
Che
sciocchezze.
Io
voglio batterti in duello e
diventare generale.
Mise
le mani in
tasca e gonfiò il petto, cercando di assumere un
atteggiamento da
duro ma disgraziatamente l'unico effetto che sortì in suo
padre fu
una occhiata sorniona che non prometteva niente di buono. Per non
parlare della sua insegnante, la cui espressione intenerita rasentava
un pericolosissimo tentativo di fargli una carezza.
Eh,
no. Col cavolo.
Abbassò
il capo
con sdegno, fissando la maestra Izayoi da sotto la frangetta mentre
lei riusciva nel suo intento di posargli una mano sui capelli,
smuovendoli appena.
Hai
vinto, per stavolta. Lo ammetto.
Ma tanto i miei capelli non si spettinano così facilmente.
“Allora
Sesshomaru” cinguettò lei, come se volesse andare
al di là del
rapporto distaccato fra maestra e allievo - come se avesse potuto
riuscirci, che illusa! - “hai già pensato a cosa
vorresti come
regalo di Natale?”
“Non
voglio
niente” borbottò risentito, come se gli avessero
rivolto una
offesa gravissima. I suoi genitori sapevano che non festeggiava alcun
tipo di festa, nemmeno il suo stesso compleanno.
Era
soltanto
allergico a questo genere di cose, tutto qui.
Niente
di
personale.
“Non
ti piace il
Natale?”
“No.”
“E
perché?”
“Perché
il
Natale è per idioti.”
“Lui
non è tipo
da feste” disse ancora Toga. Se non lo avesse detto con una
certa
cadenza rassegnatamente ironica nella voce, Sesshomaru lo avrebbe
seriamente preso come un tentativo di trarlo in salvo dalle pressioni
sdolcinate di Izayoi. “Le detesta.”
“Ma
come?”
riprese la maestra, e la pazienza di Sesshomaru - agli sgoccioli da
sempre, a dire il vero - raggiunse il limite. “Non
stai
aspettando che Babbo Natale ti porti qualcosa in regalo?”
“Guardi
che Babbo
Natale non esiste. E se anche esistesse, gli taglierei la
gola.”
La
maestra Izayoi
ridacchiò nervosamente, mentre il padre lo
osservò contrariato.
Guardandolo
di
sottecchi, oltre della rabbia malcelata Sesshomaru scorse anche un
pizzico di delusione negli occhi di Toga. Tuttavia sapeva che il
Natale lo aveva sempre disgustato e che le cose avrebbero preso
quella piega così scomoda. Sapeva che suo figlio non era
d'accordo
con tutta quella storia ed era altrettanto consapevole che poteva
fare tutto ciò che voleva purché non lo
coinvolgesse direttamente.
Vedersi
incastrato
in quel modo, senza nessuna speranza di fuga e senza sua madre e il
suo maggiordomo - da quando gli mancava Jaken? Da quando?! -
inevitabilmente gli fece pensare che era stato proprio suo padre ad
architettare ogni cosa per farlo stare con quella donna, magari
semplicemente per farlo abituare all'idea di una nuova figura
presente in famiglia - anzi due, e la cosa gli
metteva i
brividi.
“Va
bene,
Sesshomaru. Basta così!”
Prima
che
Sesshomaru potesse elaborare cosa ci fosse dietro l'ammonimento
scherzoso di suo padre, Toga lo afferrò di nuovo e se lo
caricò in
spalla in modo da trovarsi faccia a faccia in una inedita maniera
intimidatoria.
Fortunatamente
gli
altri bambini avevano già lasciato l'ingresso della scuola,
altrimenti gli avrebbe fatto pagare la figuraccia ed anche
amaramente.
“Farai
il bravo
ragazzo, che tu lo voglia oppure no. Non vorrai essere sculacciato,
per di più davanti a Izayoi?”
Sesshomaru
aggrottò
le sopracciglia in risposta - quel degenere di un padre voleva
arrivare ad umiliarlo apertamente - e poi spostò lo sguardo
in
direzione della maestra, e l'avrebbe guardata in cagnesco ancora per
molto se non avesse cominciato a parlare.
“Oh,
no!
Sesshomaru è già un bravo bambino”
disse Izayoi in sua difesa.
“E' ubbidiente, studioso e non ha mai fatto un dispetto a
nessuno
dei suoi compagni. E' normale che non accetti la nostra
relazione...”
Sesshomaru
trattenne il respiro, sentendo di essere sul punto di arrossire e
allo stesso tempo sentendosi svelato, per di
più in un modo
che nemmeno lui si aspettava. Credette sul serio di arrabbiarsi per
quella considerazione lasciata deliberatamente in sospeso, ma dal
viso della donna si poteva facilmente evincere una certa
trepidazione, come se volesse proseguire il suo pensiero ma qualcosa
- forse proprio la sua presenza - le impedisse di farlo.
Dal
canto suo,
Sesshomaru non avrebbe affatto gradito che lei continuasse
ciò che
aveva in mente, semplicemente perché aveva timore che
potesse dire
altre stupidaggini.
“Probabilmente
ha
paura di essere spodestato dal tuo cuore” disse a Toga,
spiazzando
sia lui che Sesshomaru stesso. “Ma non preoccuparti,
Sesshomaru”
riprese poi rivolta a lui “che questo non accadrà
mai.”
Lo
sguardo del
ragazzo si spalancò, sentendo uno strano calore diramarsi
all'altezza del petto che lo fece sentire a disagio, al punto da
sentirsi più arrabbiato di prima.
Che
diritto aveva
lei di rassicurarlo sul rapporto che intercorreva
fra lui e
suo padre?
Ma
soprattutto, chi
diavolo le diceva che quello che provava suo padre nei suoi confronti
fosse... amore?
Di
certo era
tutt'altro, e Toga non era così stupido da lasciar trapelare
in modo
evidente tutto l'astio che aveva per lui.
Comandarlo
a
bacchetta, disapprovarlo continuamente e tracciare una strada che lui
mai e poi mai avrebbe voluto percorrere non erano elementi che
facevano supporre un qualsivoglia sentimento positivo da parte sua; e
prendere casualmente ad osservare la pancia in
rilievo della
maestra non fece altro che dargli ancora una volta la conferma che
non era lui il favorito all'interno di quella famiglia: una volta
nato quel bambino poteva dire addio a quella speranza che
inconsciamente aveva covato a lungo e che ora, a causa di quella
donna, si era involontariamente accesa.
Gli
venne
l'irrefrenabile voglia di prendere la sciarpa di suo padre e
stringergliela attorno al collo fino a fargli perdere i sensi - ci
aveva già provato da bambino, fallendo miseramente purtroppo
- ma
lui doveva aver già avvertito il pericolo imminente,
perché lo
scaricò a terra senza troppi complimenti e propose di
incamminarsi
verso il centro di Tokyo per poter fare gli ultimi acquisti.
Sesshomaru
aveva
sperato di poter tornare a casa, dal momento che aveva visto svanire
la prospettiva di andare per conto suo.
Ma
dovette
rassegnarsi velocemente davanti all'idea di trascorrere tutto il
pomeriggio di quella vigilia a cercare qualcosa di indefinito da
comprare - come se avessero atteso quel momento da una vita -
provando a divertirsi per forza, a contatto con altre persone dalle
espressioni felici che più che riuscire ad omologarlo, gli
facevano
venire voglia di rintanarsi in camera sua, mettere su una serie
horror e rimanere immobile finché tutto non fosse finito.
Era
costretto a
sentire quelle canzoni d'amore in sottofondo mescolate a migliaia di
voci entusiaste finché le sue povere orecchie non avessero
urlato
anche loro - per pietà.
Per
non parlare
delle luminarie, accese per tutta la via dello shopping e perfino
nell'angolo più profondo dei negozi dove nessuno arrivava
mai
nemmeno per dare un'occhiata alla merce. Probabilmente lo scopo era
quello di accecare la gente per settimane.
Tutti
quei dolci
poi, gli avrebbero solamente fatto incrementare il numero di visite
dalla dentista, con i relativi interventi. Anche se con
l'insofferenza che aveva attorcigliato il suo stomaco non se ne
sentiva affatto tentato. E poi, a lui piaceva il salato.
Era
troppo
arrabbiato anche solo per guardarsi attorno, così
tirò dritto
finché quei due decisero di andare a casa per cenare.
Non
gli restava che
stringere i denti e aspettare che finisse al più presto.
Per
il momento.
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