La tenerezza di un momento, un semplice gesto d’amore, una
foto antica dalle tinte sbiadite che torna per corrompere il mio essere
animale. Antiche… il tuo ricordo è segno
incancellabile del mio errore. E la tua sofferenza, quanto
dolore… non riesco a comprendere il motivo di tanta passione
se non nella parola “Amore” che ci ha avvinti a
sé. Ma chi sono io per poter afferrare la tua anima ingenua
e corromperla con il vuoto della mia oscurità? Tu che
sorridi, angelo mio, tu che sorridi e allunghi la mano per accarezzare
il mio male. E io muoio, la mia ossessione cresce e le mie dita suonano
incessanti il pianoforte della mia brama per dimenticare il desiderio
di farti mia. Quanti sogni, e il tuo viso, pallido, fiducioso,
dilaniato da una smorfia di incredulità. “Non tu,
ti prego… non tu”. Nero e bianco macchiati dal
bisogno incessante di diventare un unico colore. Ma i nostri mondi sono
diversi, io non ho un’anima, non posso averla, ma percepisco
la tua respirare per darmi la vita, non ha alcun senso rischiare di
distruggere ciò per cui si esiste. Ti prego, Dio, se esisti
ti prego, ancora una volta, una sola, fammi sentire il dolce sapore di
quelle labbra, non chiedo altro, ti regalo la mia eternità,
ti regalo tutto me stesso. Che sia felice, dalle ciò per cui
è nata. Io sono solo il frutto del suo dolore, la piango, la
imploro, la amo e la venero, ma non è mia, non
potrà mai esserlo. Perché… ho letto
nel suo cuore distrutto e ho guardato sprezzante quel dolore sanguinare
lacerandomi la coscienza. “Tu, mostro”.
Mostro… mi hai creduto capace di farti soffrire. Volevo
inginocchiarmi di fronte a te e pregare amore, implorare il tuo perdono
e invece... Invidio l’uomo che potrà abbracciarti
senza timore, che ti sfiorerà la pelle senza angoscia, che
ti amerà come io non posso fare, ma fa che non lo veda, fa
che non lo sappia, ti scongiuro, lo ucciderei. Ti amo, ti amo e ti
amo… averti lontana è un’agonia che non
so affrontare, incapace, vigliacco e totalmente tuo. Voglio morire, per
la prima volta in un’eterna esistenza di vuoto, io desidero
qualcosa. La morte… c’è altro a cui io
possa aspirare? Le mie mani tremanti si irrigidiscono e le trascino
sullo strumento distrutto dai miei stessi pensieri. Mi chino sulla
cassa e sento male al petto. Non ci riesco! Non posso vivere senza la
consapevolezza che tu mi appartieni! Io lo so… che cosa ti
ho fatto Anima, che cosa ti ho fatto Vita… Hai creduto alle
mie menzogne, spogliandoti di ogni paura e pregando, lacrimando,
contorcendoti. Ero lì, ero lì con te e non ho
fatto nulla per fermare quella devastazione. Dannato…
dannato l’attimo in cui ho incrociato il tuo sguardo, nei
tuoi occhi nocciola mi sono perso, nessuno potrà farmi
ritrovare la via. Sei tu che leggi me, tu che proteggi me, tu, tu e
sempre tu che fai di me un essere migliore aggrappandoti alla tua
illusione che io sia perfetto. Chiudo gli occhi e sento la brezza
leggera accarezzarmi il viso, immagino che sia il tuo amore a
circondarmi, illuso, ingenuo, ora mi odierai, mi detesterai per
ciò che ti ho fatto. Ti immagino, amore mio, dietro la porta
della tua stanza, piangere tutte le tue lacrime, ti vedo…
stringi le ginocchia al petto e chiedi perdono per un errore che tu non
hai commesso. Vuoi riavermi? Ascolto i tuoi sospiri nel mio cuore e a
nulla vale la convinzione che ti farei del male, che non riuscirei a
controllarmi con te, quando percepisco l’ansia del mio
ritorno, il tuo disperato richiamo. Chiamami, chiamami…
sì, urlami, la tua voce grida il mio nome senza sosta, non
hai più fiato vero? Quante volte senza respiro ho
pronunciato il tuo nome, distrutto dalle mie stesse scelte, ucciso
dalla mia stupidità. Aiutami o il tempo correrà
inverso per farmi ripetere ancora una volta l’ultimo addio.
Sto male. Il mio corpo è stanco, non mangio, non mi nutro,
non bevo, non ho sete, da quando i tuoi occhi mi hanno accusato di
essere solamente un animale privo di comprensione, privo di amore.
Porto le dita sul tasto del pianoforte e la sento, la provo quella
nota, entra dentro di me e mi schiaffeggia di dolcezza. Ho paura,
corro, ho paura, ansimo senza volerlo, ho paura. Non voglio perdere il
mio mondo, non voglio tornare a far parte del nulla, non voglio
più sentire quel vuoto, quel groppo in gola, quella
tristezza. Sorridi ancora per me, sorridimi, abbracciami e scalda il
mio gelo, toccami, non importa cosa farai, mi fermerò, ma
tocca i tasti del mio spirito e scaldami. Ti imploro, ti imploro, basta
amore mio, tornerò, tornerò, non posso
più stare lontano da te. Angelo, angelo, tremo dentro, sai
che dovrò comunque dirti addio, lo sai, lo so. La rabbia mi
sommerge e continuo a suonare melodie inesistenti nella mia mente. Il
pianoforte, compagno, amico, piange la mia assenza, eppure lo sfogo
della mia esistenza è lì, in quelle note. Bimba,
tesoro prezioso, senza te è impossibile sopravvivere. Batto
i pugni sulla testiera e mi chino con il viso sofferente, una smorfia
di agonia, vorrei poter spaccare questo corpo, ma niente è
in grado di distruggermi. A che vale una vita eterna se non puoi
versare una lacrima per chi ami, a cosa vale
un’infinità di attimi se non puoi distinguerne
l’importanza? Percepisco delle mani circondarmi le spalle,
non mi muovo, non posso muovermi, ormai sono troppo esausto per trovare
la forza di spostare questo involucro inutile. Odore di sangue, lo
percepisco forte, ma mi disgusta, il veleno mi inonda la bocca e
immagino te, impaurita, scappare mentre io ti inseguo, una preda tra i
miei artigli, una brama per il mio desiderio. Voglio piangere
perché vorrei sentirmi normale, vorrei proteggerti, ma
dovrei prima difenderti da me stesso e non ne sono capace. Il sangue mi
accarezza le labbra e io le schiudo, sono assetato, divorato dal
desiderio di nutrire la mia bestia, ma non riesco a togliere le mani
dal pianoforte, mi aggrappo alla mia musica, alla tua ninna nanna, ai
miei ricordi e sputo quell’ambrosia sporcando i tasti di
essenza necessaria e preziosa. Va via, va via, lontano da me! Non
voglio vivere, non voglio morire, non voglio sentire più
nulla, niente, lasciatemi crogiolare nel mio vuoto, lasciatemi
dissolvere. Mi odio, mi detesto, sono una creatura infernale senza
inizio né fine, senza contorni e senza tempo. Mi vergogno di
me stesso, di quello che ho fatto… perdonami. Finalmente
torno consapevole e i miei occhi si soffermano su una sagoma. Non so
chi sia, non mi interessa capirlo, i suoi pensieri non hanno
più alcuna importanza per me, nessun contorno, non ho voglia
di ascoltare, non ho voglia di sentire perchè fa male, io
non conosco più nulla. Provo rabbia. Volto il viso
dall’altra parte sperando di addormentarmi, ma a me non
è concesso neanche dormire e farmi dondolare
dall’oblio. Rabbiosamente digrigno i denti e un ringhio esce
spontaneo dalla mia gola. Devo resistere, non posso cedere al bruciore
che invade le mie vene. Io non voglio essere un mostro, non voglio
farti del male, mai più. Chiudo nuovamente le palpebre e la
tua immagine distrutta alza il volto e mi fissa incredula. Dove sei? Ti
vedo cadere nel vuoto e urlo, oddio… Parlami, parlami, non
posso credere che tu non ci sia più, non voglio.
L’immagine finalmente cambia e tu ridi, di nuovo felice.
Capisco allora che ti vorrei esanime, e sgrano gli occhi distrutto,
solo ora mi rendo conto che il mio essere egoista sta prendendo il
sopravvento, vorrei che tu soffocassi per la mia mancanza, vorrei che
mi cercassi senza sosta. Non sono felice senza di te, niente esiste
realmente senza di te, perché per te non può
essere lo stesso? Hai detto di amarmi, non è vero? Hai detto
che non avresti più vissuto senza di me… non mi
hai mentito, tu mi ami, io ti amo, io… mi prendo la testa
tra le mani, sono solo uno sciocco, un idiota che crede di poter dare e
ricevere amore, non ne ho il diritto, non sono che una creatura dannata
che vive nell’oscurità, si ciba di anime indifese,
che muore a se stessa e viene divorata dalle sue paure. Ricordi? Io
sono nato per essere un assassino, tutto di me ti attrae, la mia voce,
il mio volto, il mio odore, ma non serve a nulla, non serve a nulla,
maledizione, io voglio il tuo cuore, voglio poterlo stringere e
proteggere, curare, desidero crescere con te, eppure la violenza che mi
contraddistingue mi spaventa, mi terrorizza. Sono un vampiro e vorrei
essere uomo, sono uomo e non mi sono mai sentito realmente tale.
Qualcosa manca dentro di me e sei tu anima, sei tu amore mio. Corrimi
incontro. Continuo a fissare il vuoto e mi perdo nei tuoi occhi nel
buio della tua stanza, ti riconosco, mi riconosci, cerchi di
distogliere lo sguardo distrutta, ma sei ipnotizzata. Faccio lo stesso,
non posso costringermi a non adorare il tuo sguardo innamorato. Ti alzi
e trascinandoti in ginocchio mi vieni vicino. Mi sussurri di suonare la
tua ninna nanna per l’ultima volta e io sorrido finalmente,
sono solo allucinazioni, tu non esisti più, eppure questo
basta per rendermi quella serenità che ho perduto da tanto
tempo almeno per un istante. Sorrido e rimango imbambolato, mentre le
note si diffondono per la stanza. Non c’è
più nessuno intorno a me. Solo tu, seduta a terra che mi
guardi con amore. E la musica si alza, la dolcezza diventa passione, il
mio sentimento vibra di un’emozione sempre nuova. Ti ritrovo
accanto a me, dolce fantasia, mi passi le dita sulla fronte, fa male,
dovrebbe fare molto male, ma non provo più nulla. Mi sento
bene. Mi sento vivo, rinato, umano. Ma la musica cambia, la melodia
diventa violenza e ti vedo accasciata sul pavimento esangue. No, no,
non sono stato io! Ma avevo fame, avevo troppa fame.
D’improvviso mi rendo conto che lo stomaco sta vomitando la
mia debolezza e ha bisogno di reagire. Quella visione di te, priva di
vita, non posso sopportarla, non voglio vederti morta a causa di un mio
errore. Mi allontano dal piano, sento cadere lo sgabello e inorridisco
di fronte a quello che ho appena commesso. Ti ho uccisa… sto
impazzendo anima mia, sto impazzendo senza poter sentire sulla mia
pelle il tuo profumo, il tuo sapore. E ora ho deciso, nessuno
potrà farmi rimpiangere questa scelta, se non ci sarai tu,
non ci sarà che una sola cosa… la morte.
Edward Cullen