赤毛の王子 - The red-haired prince

di Xion92
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Ragazzi! Ma avete visto il trailer nuovo del DLC? Come avevo perfettamente immaginato, la teoria che mi era piaciuta molto sull’interpretazione del finale e che avevo adottato per questa ff non si è rivelata giusta, ma oh: se Nomura ci prende gusto a venderci i giochi a pezzettoni non possiamo farci niente se mettiamo su teorie senza gli elementi per supportarle. Quindi niente, chiedo a voi magnanimi lettori di accettare che questa ff vada su una “linea” diversa rispetto al gioco. Già comunque se ne discostava per alcuni punti, questo è solo uno in più. Ma comunque... Kairi giocabile, ragazzi! Una cosa che aspettavo tipo dai tempi del primo gioco. E non sembra affatto debole come è apparsa nel tre.  Ed anche quando lei nel mondo finale dice “che bello”, e Sora intanto la guarda cotto e palesemente pensando “tu sei bella”! Vediamo e speriamo...

Tornando a noi: questo capitolo è lungo tipo il doppio della lunghezza normale dei capitoli che scrivo di solito, ma non mi sentivo di spezzare in due questa parte di storia. Sì, via che lo sapete: l’unica in cui appare Sora. Perché, uno potrebbe chiedersi, per scrivere un capitolo lungo la metà di questo ci metto tipo tre settimane, mentre per questo ci ho messo di meno? Perché gli altri capitoli sono ragionati e quindi richiedono il loro tempo, questo qui è... solo cuore ed emozioni. Seriamente, credo che una roba così spontanea e passionale come questa non la scriverò mai più. Ho dovuto davvero staccare il collegamento cervello-dita per buttare giù una cosa del genere. Comunque una consolazione: non ci saranno altri capitoli come questo, per questo è così pieno e “pesante”, ho concentrato tutto in uno. Per cui, agli allergici al romanticume, chiedo di sopportare stoicamente. E vi metto anche un disegno che ho fatto di Sora come appare in questo capitolo. Lo metto sopra perché non mi piace piazzare le immagini in mezzo ai capitoli spezzando la lettura. Ci vediamo giù!

 

Capitolo 7 – Dove il mare e il cielo si fondono


Mare, mare e ancora mare; cielo, cielo e ancora cielo. Kairi si trovava in quello strano luogo da neanche cinque minuti e già le stava venendo il mal di testa. Non per uno strano effetto di quel mondo, ma perché quel posto le dava una sensazione di infinito che la schiacciava: era un mondo diviso in due parti. C’era lo stesso identico paesaggio, all’infinito verso l’orizzonte. Non si scorgevano isole o pezzi di terra, le uniche altre cose che sembravano presenti oltre al mare e al cielo erano le nuvole sparse in alto, che scorrevano piano, spinte da un vento fresco e leggero. L’acqua era ferma, e le nubi vi si riflettevano come su uno specchio, tanto che pareva quasi che ci fossero due cieli, uno sopra l’altro. Anche in lontananza, si faceva fatica a tracciare una linea di demarcazione, perché sembrava che i due elementi si fondessero, e non ci fosse un vero stacco fra di loro. A parte le sue sensazioni di smarrimento, era indubbio che fosse un posto meraviglioso: prima di arrivare lì, si era immaginata un luogo lugubre, sinistro e spaventoso, ed invece era questo lo spettacolo magnifico che si ritrovava. Kairi tra l’altro aveva l’impressione di essere già stata in quel posto, ma era un ricordo sfocato e lontano, a cui non riusciva a dare una forma. Forse dopo che Xehanort le aveva spezzato la schiena e prima che Sora la salvasse. ‘Se non altro’, pensò ottimista ‘non può certo venirti la depressione in un posto del genere. Ora...’

La donna si guardò bene in giro, per avere un’idea delle dimensioni di quel mondo e se ci fossero dei confini, ma non si vedeva nulla che potesse far sospettare che quella distesa d’acqua a un certo punto finisse. Sora poteva essere dovunque. Kairi sapeva che non poteva perdere minuti preziosi, ma allo stesso tempo un pensiero la terrorizzava: che, allontanandosi troppo, si sarebbe trovata senza punti di riferimento e, tornando indietro, non avrebbe più trovato il passaggio per tornare nel mondo reale. L’idea di rimanere persa in quel mondo, per quanto bello, sola e bloccata, senza trovare Sora e senza poter tornare indietro, le faceva ghiacciare il sangue. Ancora peggio sarebbe stato trovarlo e poi non trovare più il passaggio, rimanendo bloccati in quel luogo tutti e due.

Senza osare muovere un passo in avanti, come per paura che muovendosi avrebbe già perso la fonte di luce, iniziò a chiamare a bassa voce:

“ehm... Sora?... Sora...”

Nessuno le rispose. Riprovò a chiamare il suo nome, più volte, alzando sempre di più la voce, fino a ritrovarsi a gridare con quanto fiato aveva in gola, nella speranza che lui la sentisse e rispondesse, e sentendosi amareggiata un attimo dopo, quando si rendeva conto che la sua voce non era riuscita a raggiungerlo. Quelle grida si disperdevano nell’immensità del cielo, senza arrivare al destinatario.

“Non posso rimanere ferma qui... sicuramente si trova da un’altra parte. Ma se mi allontano, mi perderò...”

Alla fine decise che, se voleva avere la speranza di ritrovare Sora, doveva correre il rischio. Aveva già rischiato scendendo nell’Oltretomba, contro Cerbero prima e fronteggiando Ade poi, e doveva farlo ancora una volta. Doveva camminare lentamente, mettendo un piede davanti all’altro cercando di formare una linea retta, rimanendo concentrata e senza distrarsi neppure per un attimo. Sarebbe bastato mettere una volta un piede appena storto, fare una piccola curva, e sarebbe finita. Tirò un gran respiro e deglutì, ma prima di proseguire, da quanto era sudata e stravolta per la tensione, si tolse il vestito rosa che le aveva dato Yen Sid, rimanendo con la canottiera bianca e i pantaloncini neri. Non riusciva a capire perché si era messa quel vestito addosso, ora che era diventata quasi adulta e le stringeva. Finora l’aveva sopportato, ma la prospettiva di camminare per delle ore con quella roba addosso non le piaceva per nulla. Si tolse anche gli stivaletti, lasciandoli vicino al vestito e appoggiando con sollievo i piedi nudi nell’acqua fresca. Almeno non avrebbe sentito dolore e stanchezza ai piedi se si fosse trovata a camminare per molto tempo. Non avendo una preferenza, a partire dal passaggio di luce scelse un punto a caso e iniziò a camminare, lentamente e con cautela, appoggiando i piedi più dritti che poteva. Doveva evitare, oltretutto, che il riflesso delle nubi che scorrevano la fuorviasse facendola curvare per sbaglio. Era una tortura andare avanti in quella maniera, dovendo stare sempre con la testa china per controllarsi i piedi. Dovette sforzarsi all’inverosimile per evitare di partire di corsa, gridando forte il nome del suo innamorato nella speranza folle di trovarlo. Ogni tanto, comunque, si fermava per chiamarlo, ma non era la stessa cosa. Non seppe neanche lei per quanto tempo andò avanti in quel modo. Si maledisse per non essersi portata dietro un orologio. Potevano essere passati dieci minuti come due ore. L’unico sollievo che provava era il fresco dell’acqua su cui poggiava la pianta dei piedi. Dopo un altro po’ che camminava, si fermò. Non aveva nessun elemento per stabilire che Sora non fosse ancora più in là, ma sentì che era inutile proseguire. Doveva tornare indietro fino al punto di partenza e prendere un’altra direzione. Con la massima attenzione, fece un mezzo giro su se stessa e, tenendo lo sguardo puntato in avanti, iniziò la strada di ritorno.

Una cosa notò mentre percorreva il percorso inverso: era stanca, quello sì, ma nonostante la fatica non le era ancora venuta sete. Nemmeno un po’. Il che era parecchio strano, perché lei era una persona che si assetava abbastanza presto quando compiva sforzi fisici. Anche nel percorso di ritorno camminava controllandosi i piedi e chiamando Sora di continuo, ma ancora non rispondeva nessuno. Ad un tratto le venne un moto di paura: le pareva che il tempo che stava impiegando per ritornare fosse più lungo del tempo di andata. Se avesse smarrito la strada? Andò avanti un altro po’ e fu presa da un gran senso di sollievo quando vide il passaggio luminoso, con a fianco il suo vestito rosa piegato e gli stivaletti neri. Almeno non si era persa! La lietezza che provava svanì però quando si rese conto che la sua luminosità si era affievolita, anche se di poco. Stavolta Kairi dovette lottare contro se stessa per impedirsi di correre a casaccio per trovare il suo amato. Quando era entrata in quel varco per arrivare in quella strana dimensione, non le era neanche venuto in mente che forse non sarebbe riuscita a trovarlo. Le bastava arrivare in quel mondo e lui era lì. Si era sbagliata... Ma doveva stare calma, anche se era difficile, e tentare ancora.

Scelse il verso opposto a quello da cui era venuta e, tirando un gran respiro, iniziò di nuovo a camminare, immergendo i piedi nell’acqua di mare senza sabbia e senza fondo. Almeno non si poteva dire che la temperatura di quel luogo non fosse piacevole: se non fosse stato per la drammaticità della situazione, Kairi si sarebbe di certo seduta nell’acqua per godersi un po’ quel cielo azzurro che tanto gli ricordava gli occhi del suo amore. Ma non aveva tempo per perdersi in queste cose: doveva trovare Sora il prima possibile ed andarsene con lui subito.

Non camminò molto stavolta. Forse un terzo del percorso che aveva preso prima. Perché, a un certo punto, le parve di scorgere qualcuno. Qualcuno che stava seduto nell’acqua, di profilo rispetto a lei. Con una gamba distesa, l’altra piegata verso il petto e un braccio appoggiato sul ginocchio; stava fissando il mare. Forse era un abbaglio dato dalla luce? Ma andando avanti di poco ed arrivando a circa duecento metri di distanza, il cuore le balzò in petto. Quei capelli dritti in tante ciocche non le poteva confondere con quelli di nessun altro. Non si era accorto di lei. Kairi cercò di chiamarlo ma, nonostante non provasse sete, la bocca le si era seccata e non riuscì ad emettere alcun suono.

“So... Sora...? Sora!” riuscì a chiamare dopo alcuni tentativi andati a vuoto.

A quel nome, la persona seduta a terra sussultò e girò la testa verso di lei, scuotendola appena come se avesse preso un abbaglio. Era proprio lui! Kairi non riuscì più a contenersi e partì di corsa, ridendo tra sé e sé della relativa semplicità con cui era riuscita a ritrovarlo. Erano solo duecento metri di distanza, ma a Kairi sembrò di correre per ore. Non vedeva l’ora di raggiungerlo e di gettarsi fra le sue braccia. Probabilmente l’urto che gli avrebbe dato lo avrebbe gettato a terra, ma non le importava. Il suo cuore fremeva e il desiderio di poterlo di nuovo guardare e toccare era troppo forte perché potesse rallentare. Sora nel frattempo si era alzato in piedi, e per questo, quando Kairi fu a una ventina di metri da lui, una sorpresa e uno sbigottimento improvviso la colsero, e la donna interruppe la sua corsa di colpo, ansimando di fatica, guardandolo con gli occhi sbarrati, e rendendosi conto che no, un urto dato dal suo corpo non sarebbe di certo bastato a buttarlo a terra.

Era Sora? Non poteva essere che lui. Quei capelli castano scuro dritti in tanti ciuffi disordinati, gli occhi azzurri che la fissavano increduli e sbalorditi, la pelle scurita dal clima tropicale del suo mondo natìo, la collana a forma di corona sul petto... sì, era lui. Ma non era come se lo ricordava, e come si aspettava di ritrovarlo. Kairi ricordava come, percorrendo il corridoio dell’oltretomba, aveva riso tra sé e sé al pensiero di ritrovarlo più giovane di lei, mingherlino ed aspettandosi di averlo ormai superato in altezza. La persona che aveva di fronte, invece, era più alta di lei, anche se non di molto, e Kairi calcolò che la differenza era di più o meno mezza testa. Il viso aveva perduto ogni rimasuglio di rotondità ed infanzia, ed era formato ora da linee dritte e squadrate. Il collo si era ingrossato, le spalle erano più larghe e robuste e le braccia molto più muscolose. I muscoli del torace erano spessi e forti, e la sua intera figura emanava potenza e virilità. Aveva ancora la vecchia canottiera grigia coi bordi bianchi, senza più la giacca, che probabilmente si era tolto perché ormai non gli entrava più. Anche i pantaloni erano quelli che portava prima, anche se ora gli arrivavano appena sotto il ginocchio, rivelando che anche le gambe si erano ispessite e irrobustite. Le scarpe non le aveva neanche lui, o perché ormai non gli entravano più, o perché aveva voluto dare un po’ di sollievo ai piedi, come lei. Anche i bracciali erano scomparsi, e sul dorso delle sue mani si vedevano chiaramente le ossa che sporgevano. Non aveva raggiunto la stazza e la muscolatura di Riku, e probabilmente non ci sarebbe mai riuscito visto che era di costituzione più contenuta, ma era comunque una differenza notevole rispetto a prima. Era cresciuto anche lui... anche lui aveva avuto uno scatto di crescita come l’aveva avuto lei, e in quei mesi si era lasciato alle spalle tutto ciò che faceva ancora di lui un ragazzo.  Ora era un giovane adulto, così come lo era lei.

Kairi deglutì e si decise a parlare per prima, anche perché Sora sembrava così stravolto ed incredulo da non riuscire a fare la prima mossa.

“Sora, sei... sei tu?” Era una domanda stupida. Era chiaro come il sole che fosse lui, ma ora che lo ritrovava così cresciuto e diverso da come se lo ricordava, le sembrava quasi che si trattasse di un’altra persona, che non fosse lui. Aveva progettato di abbracciarlo, di stringerlo a sé appena lo avesse rivisto, e invece se ne stava lì impalata a bocca aperta senza sapere cosa dire.

Ripresosi dallo shock, anche Sora riuscì a parlare. “Kairi, sì... certo che sono io”, e lei sussultò ancora, perché la voce che era uscita dalla sua gola era proprio quella di un uomo, e non aveva più l’intonazione da ragazzo che ricordava. Sora dovette intuire quello che Kairi stesse pensando, perché diede un’occhiata imbarazzata al proprio riflesso nell’acqua. “Sono... un po’ cambiato, ma sono sempre io.” Alzò la testa e la guardò, meravigliato. “Ti sono ricresciuti i capelli... sei cresciuta anche tu...” mormorò con la voce roca.

I due giovani si guardarono dritti negli occhi, incrociando i loro sguardi, e nel momento in cui Kairi si immerse in quell’azzurro che, prima di partire per il suo viaggio, credeva non avrebbe mai più rivisto, ogni suo dubbio e timore si dissolsero. Era Sora! Era il suo Sora! L’aveva ritrovato, ed era lì di fronte a lei! Presa dalla foga, si staccò dal suo posto per correre verso di lui ed abbracciarlo, e nello stesso istante anche lui fece uno scatto per raggiungerla. Kairi si gettò fra le braccia di quell’uomo che credeva all’iniziò di non aver riconosciuto, e mentre Sora la stringeva a sé tanto forte da farle mancare il respiro, lei premette il proprio corpo morbido contro quello forte del giovane, tenendo i denti serrati e stringendo gli occhi. Gli affondò le unghie nella pelle della schiena, appoggiando la testa sulla sua spalla e aspirando forte vicino al suo collo. Sentì di nuovo il suo odore, il profumo del mare e della salsedine del loro mondo, che negli anni aveva impregnato la pelle del ragazzo fino a diventare il suo odore, e che lei conosceva da quando era piccola. Era odore di casa e di tempi felici passati, sebbene adesso quel dolce e innocente profumo fosse mescolato alla fragranza intensa e virile della pelle di un uomo adulto. Kairi si sentì qualcosa nelle ossa che si ammollava mentre aspirava quell’odore, e in quel momento per lei diventò il profumo più buono ed appagante che avesse mai sentito. Sentì che Sora aveva premuto la guancia contro la sua testa, e invece di stare in silenzio come faceva lei, che deglutiva ed ingoiava le lacrime, ripeteva il suo nome in un mormorio.

“Kairi... Kairi...” sussurrava quasi, e il modo in cui lo diceva le mandava dei brividi tremendi lungo la spina dorsale. Rimasero abbracciati stretti per tanto tempo, con gli occhi chiusi, senza nessun rumore a parte i loro cuori che battevano, i respiri e i bisbigli di Sora che per Kairi erano come il vento leggero che soffiava nelle loro isole. Kairi sentì, dopo un po’, che la fronte, a cui era premuta la guancia di Sora, si stava bagnando. Capì di cosa si trattava, e rimase immersa in quell’abbraccio, stretta a quel corpo robusto e solido che ogni tanto si scuoteva lievemente in un singhiozzo.

Alla fine, con riluttanza, Kairi staccò il viso dal collo dell’uomo e alzò un po’ la testa per poterlo guardare bene in viso. Ora che lo vedeva così da vicino, si sentì che le gambe quasi non la sostenevano più. Era stato un bel ragazzo anche prima, ma ora che lo vedeva in tutta la pienezza dell’età adulta appena raggiunta, Kairi si rese conto che non doveva esistere nessun uomo, in nessuno dei mondi esistenti, che poteva equipararlo in quanto a bellezza. Le sue guance erano bagnate, e i suoi occhi azzurri, sotto i ciuffi di capelli scuri, erano pieni della consapevolezza di chi si è lasciato dietro l’età dell’innocenza. Non erano più gli occhi allegri e spensierati che aveva avuto da ragazzo, ma erano velati di una leggera tristezza e malinconia. Erano lucidi, arrossati e umidi e guardavano Kairi in un modo che, lei ne era sicura, se lui non la avesse tenuta salda per le braccia si sarebbe accasciata a terra.

“Ti ho trovato, Sora...” riuscì a dire tra i singhiozzi. “Avevo paura... che non ti avrei mai più rivisto... di averti perso per sempre...”

Sora la strinse forte di nuovo, premendole la mano sulla testa in modo che Kairi potesse appoggiarsi ancora al suo collo. “Siamo insieme adesso... non pensarci più... siamo di nuovo insieme...” mormorò con la voce rotta. Kairi sentì un grande sollievo nel suo tono, e comprese che anche lui si era tormentato in quel tempo al pensiero di non rivederla più. Sora aspettò che Kairi si calmasse e il suo respiro tornasse regolare prima di staccarla da sé.

“Cosa ci fai qui?” le chiese sorpreso. “Come hai fatto...?”

Ora che la magia dell’incontro era finita, a Kairi tornò in mente tutto. “Sono venuta a prenderti! È stata la regina Persefone ad aprire il varco per questo posto. Suo marito Ade non voleva che io ti salvassi, ma lei mi ha concesso il suo aiuto. Abbiamo solo una possibilità per uscire di qui.”

Sora la guardò incredulo. “La moglie di Ade...? Tu sei andata a parlare con Ade da sola? Lo stesso Ade che ha cercato di uccidermi così tante volte?”

“Sì, ma non è stato facile. Prima ho aiutato la popolazione dell’Olimpo che era in pericolo a causa dell’inverno, così Ercole mi ha premiato dandomi il permesso di parlare con lui. Sapevo che era il mondo giusto, ho studiato per settimane dai libri di Yen Sid prima di scegliere quello”, spiegò Kairi in modo confuso.

Il giovane la fissava sbalordito e con gli occhi spalancati.

“Sora, sapessi!” esclamò Kairi, con l’urgenza nella voce. “Sapessi a casa! Ci credi che nessuno si ricorda di te? È proprio come... non lo so... come se non fossi mai esistito. Anche per i tuoi amici più stretti, anche per Riku! Ma adesso torniamo a casa e gliela rinfreschiamo noi la memoria!”

Lo afferrò per la mano. “Dai, vieni! Ti riporto io! Il varco durerà meno di ventiquattr’ore, dobbiamo muoverci!” Fece per mettersi a correre a testa alta, per guidare Sora verso la salvezza, quando un dubbio la fece frenare. Si girò vergognosa verso di lui. “Ehm... da che direzione sono venuta?”

A quelle parole, la malinconia abbandonò gli occhi di Sora, che ritrovarono la loro gioia originaria, propria del suo carattere, e rise una fresca risata. Kairi si sentì lo stomaco in subbuglio: erano la stessa allegria e freschezza che la avevano fatta tanto innamorare di lui. “Da là”, rispose accennando col mento ad una direzione, guardandola in un modo così intenerito che Kairi dovette scuotere la testa un momento per mandare via la nebbia che le stava tornando al cervello.

“Andiamo, allora!”, esclamò puntando il dito verso l’orizzonte, mettendosi poi a correre e tirandogli la mano.

“Agli ordini, comandante!” rispose Sora allegro, stando al suo gioco e seguendola nella sua corsa.

I due giovani andavano veloci, ma Kairi era così presa dal desiderio di tornare al varco di luce che riusciva a tenersi più avanti di Sora. In tutto il tempo della corsa non gli lasciò mai la mano, ed era decisa a non mollargliela senza una ragione più che valida. Si sentiva così bene che le pareva quasi di volare, invece di correre. Era quasi fatta: qualche altro minuto, e sarebbero tornati insieme a casa, nelle loro isole, dove avrebbero potuto stare sempre insieme, come aveva visto nella sua visione quando si erano scambiati i frutti di paopu.

“Sora... ma tu lo sapevi... che Paperino ha un cugino scemo?” gli chiese mentre correva, girando la testa verso di lui, giusto per iniziare ad informarlo di tutte le cose che avrebbe trovato una volta uscito di lì.

Sora apparve sorpreso. “No, non mi ha mai detto di avere un cugino... è strano scoprirlo adesso.”

“Si vede che se ne vergogna tanto da non volerne parlare con nessuno... Ma non hai sentito la parte migliore! Sai... che Pippo sta per avere un figlio?” incalzò Kairi.

“Come... un figlio? No, questa è bella!” esclamò incredulo Sora, quasi inciampando per la sorpresa mentre le stava dietro.

“Non mi credi? Ma guarda che faccia tosta! Appena arriviamo te lo faccio dire da lui!” lo stuzzicò Kairi fingendosi sdegnata, e sentì Sora ridere di cuore dietro di lei.

“Mi sono perso un po’ di cose in questi mesi, vero?”

“Un po’ sì. Ma adesso le recuperiamo tutte! Dovrai metterti d’impegno per mantenere il passo, pigrone che sei!”, disse Kairi, decisa.

“Kairi, mi è mancato molto... il tuo carattere provocatorio”, lo sentì dire dietro di sé con la voce improvvisamente morbida, e ringraziò di essere davanti a lui, perché non avrebbe potuto nascondere il forte rossore che le era venuto sul viso.

In pochi minuti, arrivarono nei pressi della sorgente di luce, dove ancora stavano per terra l’abito rosa e gli stivaletti neri della ragazza.

“Eccola! Eccola lì!” gridò Kairi. Si fermarono quando furono di fronte al passaggio, provocando schizzi d’acqua con i piedi e guardando ammirati lo splendore della sua luce.

Sora si girò verso Kairi e, con un sorriso galante, fece un inchino tendendo la mano verso il varco.

“Dopo di voi, principessa”, disse reverente.

“Non fare lo stupido”, si mise a ridere Kairi, sentendosi arrossire di nuovo. Raccolse il vestito e gli stivaletti sotto un braccio, poi si avvicinò e lo prese per mano, intrecciando le dita alle sue. “Andiamo insieme.”

Sora la guardò intensamente negli occhi, e annuì. Si portarono entrambi nel centro della luce, e rimasero in attesa. Kairi fu sollevata nel vedere che il mondo intorno stava iniziando a sfocarsi, ma la voce allarmata ed impaurita di Sora bloccarono la sua felicità.

“Kairi!” esclamò il giovane spaventato, ed uscì subito dalla luce tirandosela dietro.

“Ma che fai?” chiese Kairi, un po’ irritata.

“Ti stavi dissolvendo”, spiegò lui, con la voce nervosa. “Stavi scomparendo, ma io no.”

La giovane donna spalancò gli occhi. “Come, tu no?”

Guardò atterrita il varco. “Non può essere, sarà stato... un malfunzionamento. Riproviamo.”

Si misero di nuovo al centro del passaggio, ma si ripeté lo stesso avvenimento: il varco funzionava correttamente con Kairi, ma su Sora sembrava non avere effetto.

“Forse non funziona perché siamo entrati insieme. Vai prima tu”, tentò ancora Kairi, mentre una disperazione sempre più grande le stava afferrando le viscere.

Provarono a fare così, ma quando Sora entrò nel varco, non si verificò nessun effetto.

“Non è possibile, non è possibile...” ripeteva Kairi come un disco rotto, rifiutandosi di credere a quello che stava succedendo. Ripassò mentalmente quello che Persefone le aveva detto, ma non ricordava che avesse ipotizzato qualcosa di simile. Forse era una possibilità che nemmeno la regina dei morti poteva sapere. Per un attimo le venne in mente di andare lei avanti da sola per trovare Persefone e chiederle aiuto, per poi tornare a recuperare Sora, ma poi le venne in mente che, anche se la dea non l’aveva specificato, poteva darsi che il passaggio si sarebbe chiuso appena lei fosse passata, anche se il tempo non era finito. Non poteva rischiare.

“D’accordo, Sora”, disse Kairi, cercando di recuperare il controllo ed appoggiando con tutta la fermezza che riuscì a trovare i suoi vestiti a terra. “Abbiamo un sacco di tempo. Pensiamo con calma a una soluzione, deve esserci un modo.”

“No, non c’è”, rispose Sora a quel punto, con una voce inaspettatamente calma. Calma e rassegnata, senza espressione.

Kairi lo guardò stupefatta. Quando mai era successo che Sora si arrendesse così velocemente? “Deve esserci una soluzione, c’è sempre”, insisté.

Ma Sora scosse la testa. “Ho voluto essere speranzoso quando ho provato a passare, ma mi immaginavo che sarebbe andata così.”

“E perché?” Kairi cercava di essere tranquilla, ma si sentiva la disperazione salire sempre di più.

“Perché lo sapevo che usare il potere del risveglio portava ad una punizione terribile. Che non è morire. Sono intrappolato qui, non c’è modo per me di uscire, non ne esistono. Non soffro fisicamente in questo posto, come vedi c’è luce, la temperatura è quella giusta e questo mondo è bellissimo. Ma sono separato da tutti quanti, le persone che conosco non si ricordano più di me, tutto quello che può essere una prova della mia esistenza è stato riscritto in modo da far combaciare gli avvenimenti anche senza di me. Ed inoltre qui il tempo scorre. Non si sente né la fame né la sete, non ho bisogno di mangiare, ma è come stare in una eterna prigione. Da cui non si può uscire, in cui non puoi vedere nessuno, e per i tuoi vecchi amici non esisti e non sei mai stato niente. Forse sarebbe meglio morire, ma non è possibile...” Sora aveva parlato con gli occhi chiusi e il viso contratto, parlando con calma e fermezza, ma la sofferenza nella sua voce era palpabile. Per uno come lui che dava un’importanza fondamentale al legame tra le persone, la prospettiva di essere strappato dalla mente di tutti era di certo il peggior destino che potesse esistere.

Kairi aveva ascoltato ad occhi sbarrati, sentendosi morire. Ora si spiegavano molte cose... tutto tornava. Dalla sua mancanza del senso della sete nonostante avesse faticato molto, alla mancanza di prove che Sora fosse mai esistito, al fatto che nemmeno i suoi amici più stretti si ricordassero di lui, al fatto che lui fosse cresciuto, seguendo il trascorrere naturale del tempo.

“Ma io mi sono sempre ricordata di te!”, protestò. “Perché io sì e loro no?”

“Perché usando il potere del risveglio ho salvato il tuo cuore. Ecco perché solo tu ti ricordi di me. Ma... sarebbe stato meglio se non ti fossi ricordata nemmeno tu”, aggiunse Sora, guardandola con tristezza.

“Questo non dovevi dirlo”, replicò Kairi arrabbiata. “Come puoi dirmi una cosa simile? Saresti più contento se ti avessi dimenticato anch’io?”

“Sì”, annuì Sora con sicurezza. “Non staresti così male, adesso. Avresti continuato la tua vita senza neppure pensare a me, e saresti stata felice.”

Kairi abbassò la testa pensierosa, scuotendola scoraggiata. Ma dopo un po’ che rifletteva, le venne in mente un’idea. Un’idea folle e pazza, com’era pazzo l’amore che sentiva per lui. Prima di trovare Sora il pensiero di rimanere bloccata in quel posto la terrorizzava, ma dopo quello che era venuto fuori... Era vero, seguendo questa idea non avrebbero potuto stare nelle loro isole come avevano sempre desiderato, ma non voleva dire...

Deglutì e si fece più vicina a lui, e parlò con voce rassicurante e ferma. “Questo non cambia niente. Non puoi tornare? Non ha importanza, in fondo. Se tu non puoi tornare, io posso restare.”

Sora, a quella proposta, la guardò esterrefatto. “Questo mai, Kairi!” le disse con una forte decisione nella voce.

“Perché no?” chiese lei, che ormai non riusciva nemmeno più a ragionare con lucidità. ”Non c’è nessuna regola che me lo può vietare, nessuno ci può impedire di stare insieme, almeno così.” Guardandolo poi bene in viso, capì cosa intendeva in realtà. Questa consapevolezza le fece male. Si sentì respinta e rifiutata. “Sora... non vuoi... non vuoi stare insieme a me?” chiese con un filo di voce, avendo paura a sentire la risposta.

Sora socchiuse gli occhi e aspettò un po’ prima di rispondere, come se cercasse di raccogliere quello che voleva dire. “Kairi... stare con te è la cosa che desidero di più al mondo. E non m’importerebbe dove possiamo stare insieme. Finché sei tu, un posto vale l’altro, mi sento a casa ogni volta che sto con te. Ma non posso lasciare che tu rimanga qui.” Aprì gli occhi e la fissò dritta nelle pupille. “Se tu rimani, per quale motivo dovrei trovarmi in questo posto? Mentre sono qui, io voglio sapere che la mia punizione sia servita a qualcosa. Voglio pensare che tu sia felice nel mondo reale. Se restassi con me, sì, sarei contento perché saremmo insieme, ma credimi, mi verrebbe il disgusto ogni volta che guarderei il mio riflesso. Sarebbe stato un sacrificio inutile. Ti prego, torna indietro almeno tu”, le disse indicandole il varco.

Kairi sentì un moto improvviso di disperazione pervaderle il corpo. Il solo pensiero di doversi separare di nuovo da Sora in quel modo brutale, ora che finalmente si erano ritrovati, la uccideva dentro.

“No, no!” scoppiò a piangere, perdendo il controllo che era riuscita bene o male a mantenere fino a quel momento. Gli si addossò con disperazione, stringendolo forte e premendogli il viso nel petto, con le lacrime che le scendevano copiose dagli occhi serrati. “Non voglio... non posso vivere senza di te, non ci riesco... lascia che io stia con te, Sora, è tutto quello che desidero. Non voglio altro, non mi importa di vivere sulle nostre isole o di avere intorno tante persone. Voglio solo stare con te, casa mia sei tu...”

Sora la abbracciò, premendosela contro in una stretta così disperata che per un attimo Kairi pensò che le avrebbe risposto di sì. “Kairi, anch’io... anch’io voglio stare con te.” La sua voce era spezzata dal dolore. In quel giovane appena diventato uomo non c’erano più quella spensieratezza e quella leggerezza di carattere che aveva avuto da ragazzo. Quella prospettiva di eterna dannazione e di separazione da lei e da tutti lo aveva profondamente cambiato. “Non sai quanto lo desidero, è tutto quello che ho sempre voluto. Ma non è possibile, devi accettarlo...”

Kairi tirò su col naso. “Perché... perché hai fatto una cosa simile? Perché hai accettato un destino crudele come questo?” chiese tra i singhiozzi.

Il corpo di Sora si irrigidì per un attimo a quella domanda. “...perché? Mi chiedi perché?” Se la staccò dal petto, le prese il viso tra le mani e la guardò negli occhi con intensità. “Kairi, lo sai il perché. Lo sai benissimo.”

Kairi lo fissò tremante senza rispondere, sentendo le unghie dell’uomo che le entravano appena nella pelle delle guance. Certo che lo sapeva il perché. Ma l’amore che Sora provava per lei era così enorme e sconvolgente che razionalmente non riusciva ad afferrarlo, ecco perché gli aveva fatto quella domanda.

“Kairi, sentimi bene... so che non mi crederai, ma non è vero quello che hai detto prima. Tu sei una donna forte, sei molto più forte di me.”

A Kairi, se non si fosse trattata di una situazione drammatica, sarebbe venuto da ridere. “Cosa... cosa dici, Sora? Io più forte di te? Mi prendi in giro?”

Sora annuì serio, senza staccare gli occhi dai suoi. “Sai perché ne sono sicuro? Non soltanto perché hai affrontato un viaggio per trovarmi, senza nessun aiuto, sei scesa nell’oltretomba e hai fronteggiato Ade, tutto da sola. Ma per un altro motivo: tu saresti capace di vivere senza di me.”

Kairi, senza rispondere, cercò di fare no con la testa, anche se l’uomo gliela teneva ferma.

“Non dire che non è vero, Kairi. Adesso ti sembra che sia così, ma credimi, ritroverai la tua felicità, e troverai la tua strada, anche senza di me. Io invece so che se fossi al tuo posto non ci riuscirei. Senza di te mi sentirei smarrito e non farei che inciampare nel buio, senza nessuna luce che mi guidi, è questo uno dei motivi per cui ho fatto la mia scelta. Tu sei forte, non immagini quanto sei forte. Vedrai, troverai il tuo posto nella vita, e sarai felice di nuovo, quando mi avrai lasciato andare. Io voglio solo che tu sia felice. Quando penserò che tu stai bene, sei contenta e al sicuro nel nostro mondo, avrò tutto quello che mi servirà.”

“Non... non ti lascerò andare. Non ti lascerò mai andare”, rispose Kairi, liberandosi dalle sue mani e tornando ad abbracciarlo stretto.

“Kairi, ti prego... fallo per me. Non rimanere qui. Se rimarrai qui, sentirò di non avere più una dignità né un senso. Mi farai morire dentro. Lascia che io sia felice sapendoti nel mondo reale. Non devi avere nessun rimpianto, hai fatto tutto quello che hai potuto, ed io ti sarò sempre grato per questo.” La costrinse a guardare in su per far sì che lo vedesse negli occhi. Kairi vide che il suo sguardo era pieno di sofferenza, tristezza e dolore, ma era anche estremamente serio. “Vai, Kairi. Più rimani qui, più sarà doloroso. Non pensarci, vai subito.” Nonostante le sue parole, Sora non la lasciava andare. Kairi intuì una contraddizione forte fra la parte razionale del giovane, che aveva tirato fuori coi suoi discorsi, e quella emotiva, che lo spingevano a trattenerla con sé.

Ragionando utilizzando solo il suo cervello, senza mettere in mezzo i sentimenti, la donna si rese conto che Sora aveva ragione: lui si era sacrificato per lei, e adesso se lei fosse rimasta in quella prigione con lui il suo sacrificio non sarebbe servito a niente. Ma non ce la faceva a lasciarlo andare, non riusciva a staccarsi da lui.

“Ma come faccio… a lasciarti qui? Cosa farai, da solo, senza poter vedere nessuno? Non posso, non posso abbandonarti qui.”

“Kairi”, replicò lui con tono rassicurante. “I nostri amici a casa stanno bene? Tutti quanti? Riku, Paperino, Pippo, e gli altri compagni? Sono allegri? Vivono felici le loro vite?”

“Sì”, dovette ammettere Kairi. “Sono tutti felici, e stanno bene…”

“Allora a me basta questo. Non mi porto nessun rimpianto dietro. Anche se non posso vederli, e loro non si ricordano di me,  sapere che stanno bene mi basta, e mi rende felice”, la confortò Sora, anche se non si capiva quanto ci fosse di vero in quell’affermazione .

Kairi però non voleva accettare che l’altruismo e il senso di sacrificio del ragazzo arrivassero fino a quel punto, e che davvero sapere che i suoi amici fossero felici anche senza di lui gli bastasse. 

“Sora... abbiamo condiviso il frutto di paopu, ricordi? I nostri destini sono legati per sempre. Un giorno ci rivedremo, lo so che ci rivedremo...” Non voleva accettare. Cercava di attaccarsi a qualunque cosa, anche ad una leggenda simbolica, per illudersi che un giorno, anche se non ora, si sarebbero ritrovati e avrebbero potuto stare insieme.

Sora la strinse più forte, e Kairi vide che scuoteva la testa affranto. “Non ci rivedremo mai più. Per quanto la leggenda dei frutti di paopu sia splendida, le regole del potere del risveglio sono più forti. Kairi, prima ti libererai da queste illusioni ed accetterai le cose come stanno e prima guarirai.”

Quelle parole fecero uscire altre lacrime dagli occhi della donna, e Kairi si strinse a Sora così forte che, sebbene lui fosse più grosso di lei, temette di soffocarlo. Ma dopo quella stretta, si sentì svuotata, con i brividi, una gran debolezza che la prendeva, inerme e indifesa. Era stata forte nella sua ricerca fino a quel momento, perché sapeva che per trovare Sora ci potevano essere diversi metodi, se uno avesse fallito avrebbe riprovato con un altro fino a riuscire, ma ora che l’aveva trovato e si trovavano a un passo dal traguardo, senza possibilità di scampare da quel destino crudele, ogni forza le era scorsa via. Guardò in su, fissando con un amore sconfinato quell’uomo con cui era destinata a non rimanere, e per cui si sentiva impazzire. Va bene, si sarebbe separata da lui, come lui desiderava. Ma se le avesse tolto le braccia da intorno ora, sarebbe crollata a terra. Sentiva il forte bisogno di lui e del suo amore prima di lasciarlo. Almeno un gesto di tenerezza, una coccola, qualunque cosa.

“Sora, per favore...”, mormorò con un filo di voce, “mi accarezzi i capelli come facevi quando eravamo piccoli?”

Sentì il corpo di Sora irrigidirsi a quelle parole, ed il giovane la staccò leggermente da lui sostenendola per le spalle. Kairi lo guardò negli occhi e vide che a Sora, insieme alla disperazione e al rimpianto che aveva in viso, si stavano riempiendo gli occhi di struggimento per i ricordi dei tempi passati, in cui tutto era stupendo e semplice, di tenerezza per lei, che fino a quel momento aveva fatto tutto quello che aveva potuto per lui ed ora che non c’era più niente da fare la ritrovava fragile e bisognosa di conforto, e di quell’amore che si era acceso per lei dal primo momento in cui l’aveva vista e che con gli anni era cresciuto senza mai fermarsi. Sora lasciò andare un braccio dal corpo della donna per portare la mano verso la sua testa ma, appena si rese conto che Kairi non ce la faceva a sostenersi, la strinse di nuovo, accasciandosi, riuscendo a mantenersi in qualche modo seduto con lei nell’acqua. Solo a quel punto, tenendola ancora stretta a sé col braccio sinistro, l’uomo sollevò l’altra mano e iniziò a passarla fra i capelli rosso scuro di Kairi, che in quei mesi le erano ricresciuti fino alle spalle. Nel momento in cui le dita di Sora le toccarono la testa, Kairi venne presa da un brivido: non era possibile contare il numero dei nemici che il giovane aveva ucciso in quegli anni, con quel Keyblade che teneva impugnato con entrambe le mani, eppure con lei il suo tocco era leggero e delicato. Sora le infilava piano le dita tra i capelli, facendole poi scorrere verso il basso, e intanto entrambi si fissavano negli occhi sentendo di nuovo, dopo mesi che avevano anelato con struggimento e nostalgia l’uno verso l’altra, quella scossa elettrica che si trasmetteva tra di loro nei pochi momenti intimi che riuscivano ad avere. Kairi credeva di non aver mai visto, in vita sua, un uomo con uno sguardo del genere: c’erano tenerezza, dolcezza e amore, che lei sapeva di poter trovare nei suoi occhi quando la guardava, ma in più, notò che le sue pupille stavano iniziando a bruciare, leggermente e lentamente. Le vedeva tremolanti e dilatate, e la fissavano in un modo da farla sentire ancora più svuotata e scossa di quanto già non fosse. Notò che ora, quando le dita di Sora arrivavano alla fine dei suoi capelli, indugiavano un momento prima di tornarle sopra la testa, e questa incertezza man mano che passava il tempo diventava sempre più palpabile. Kairi si sentì il cuore schizzare forte dentro il petto quando Sora, invece di rimetterle le dita fra i capelli, gliele posò sulla guancia, iniziando ad accarezzargliela piano. Si sentì quasi svenire per il modo in cui la toccava: le tornarono in mente, come un turbine, le sensazioni che provava quando erano piccoli e lui la accarezzava allo stesso modo. Allora le manine di Sora erano morbide e lisce, nei suoi buffi tentativi di fare una coccola alla sua amica del cuore, ma la sua goffaggine lo portava a darle a volte quasi dei piccoli schiaffi più che sfiorarla gentilmente; adesso Kairi invece sentiva sul viso le mani forti e ruvide di un uomo, che la toccavano e la accarezzavano in modo amorevole e tenero, ma anche premendo più forte, certe volte, facendo intuire alla giovane donna quali fossero i suoi sentimenti e le sue sensazioni più intime e profonde. Quando, dopo alcune carezze sulla guancia, con la punta o col dorso delle dita, il tocco dell’uomo scivolò appena sotto l’orecchio sfiorandole il collo, Kairi si sentì il cuore impazzire e dei tremori scuoterle il corpo. Si strinse più forte a lui, sollevando una mano, con cui fino a quel momento aveva tenuto strette le sue spalle, e anche lei gli accarezzò piano il viso asciutto, sentendo la sua pelle rovinata e irregolare dovuta al suo essere uomo e alle tante piccole cicatrici che si era procurato in tutte le sue battaglie e avventure. Il corpo di Sora tremò quando le dita di Kairi gli toccarono il viso, e lui chiuse gli occhi, cominciando a respirare in modo appena più affannoso. Kairi sentì che i brevi e leggeri ansimi di Sora stavano diventando anche i suoi, e che c’era qualcosa di forte, a cui era impossibile resistere, che la spingeva ad avvicinarsi ancora di più a lui. Si abbandonò a quella sensazione socchiudendo gli occhi, facendo aderire il proprio corpo, morbido e delicato, a quello solido e robusto del giovane, ed entrambi, cercandosi il viso, ad occhi chiusi trovarono le labbra dell’altro;  nel momento in cui si toccarono sentirono come un flusso potente scorrere dall’una all’altro, in un andare e tornare che li portò a cercarsi ancora, a darsi baci più lunghi e profondi, che spinse Kairi a leccare delicatamente il labbro inferiore del suo compagno e Sora a far scivolare la lingua tra le labbra della donna, accarezzando la sua con la propria. I loro respiri, presi all’improvviso tra un bacio e l’altro per evitare di soffocare, diventavano sempre più affannosi, sempre meno simili a respiri e sempre più simili a degli ansimi. Le loro mani ora non si accarezzavano più con delicatezza il viso come avevano fatto fino a quel momento: passavano sui loro corpi, cercandosi, toccandosi, sentendosi, affondando le unghie nella pelle che iniziava a bagnarsi di sudore, e tentando di tenere l’altro ancora più stretto a sé di quanto fosse possibile. Kairi sentiva le mani ruvide di Sora, che stavano diventando sempre più calde, passare sulle sue spalle, sulla schiena, sui fianchi, anche se fra le mani di lui e la pelle di lei c’era il tessuto della canottiera bianca della ragazza. Erano le stesse sensazioni meravigliose che sentiva in quelle notti insonni prima della sua partenza, quando lo immaginava nel letto di fianco a sé, che la toccava e la accarezzava allo stesso modo. Solo che, nei suoi sogni, Sora non emanava tutto quell’ardore mentre le posava le mani sul corpo. Kairi non avrebbe mai potuto immaginare che da un ragazzo come lui, che da più piccolo era l’innocenza fatta a persona, che fino a prima di scambiarsi i frutti era così timido e schivo quando si trovava con lei, potesse venire fuori una passionalità del genere. Sentiva dentro di sé quel flusso di energia che stava cercando di trascinarla ancora di più verso di lui, e sperando di poter calmarlo, si strinse a Sora con tutto il corpo, per quanto l’essere seduti nell’acqua di sghembo potesse permetterglielo, baciandolo con tutta la foga e il desiderio che stavano crescendo dentro di lei. Quando, esausti, si staccarono, guardandosi per la prima volta in viso dopo quella passione che era scoppiata fra loro quasi all’improvviso, si presero un minuto per guardarsi ed ammirarsi. Sora aveva gli occhi stravolti e pregni di un parziale appagamento, ansimava mentre il petto gli si alzava ed abbassava e, anche se aveva la pelle scura, il rossore sui suoi zigomi era evidente. Kairi non sapeva neppure come si stava sentendo, perché in quel momento tutto il resto dell’esistenza aveva smesso di esistere per lei, anche lei stessa e le sensazioni che doveva star provando. Ai suoi occhi e nella sua percezione, in quel momento, esisteva solo lui.

“Kairi...” gemette Sora, avvicinando il viso al suo e toccandole la fronte, penetrandole gli occhi coi suoi. “Sei... non lo so nemmeno io... tu per me sei tutto... sei tutto, capisci cosa vuol dire? Non posso spiegarti... non ci riesco... come posso fare per farti capire... quello che provo?”

“Non c’è bisogno”, mormorò Kairi, con la voce alterata dall’amore e dal desiderio. “Non devi spiegarmi niente. Lo so già. Tutto quello che hai fatto per me... lo so... quanto mi ami.”

Sora annuì sorridendo con gli occhi, grato per la comprensione che gli stava dimostrando. “E...” aggiunse. “L’avevo capito quando mi avevi salvato... al cimitero dei Keyblade... ma voglio esserne sicuro ancora, perché non mi sembra quasi vero. Ti prego, dimmi... se anche tu mi ami.”

Kairi gli prese il viso tra le mani, fissò i suoi occhi blu scuro in quelli azzurri del giovane e gli parlò seriamente, riuscendo ad esprimere meglio di lui quello che provava. “Sora... io ti amo più di chiunque altro, ti amo da sempre, dalla prima volta che ti ho visto. Ti ho amato sempre di più man mano che il tempo passava, e anche adesso... mi sto innamorando di te sempre di più, ancora di più di prima. Sai cos’è che desidero di più al mondo? Poter vivere insieme a te. Ma non semplicemente nelle nostre isole, nello stesso mondo. Vorrei avere una casa insieme a te, mangiare al tavolo con te, dormire nello stesso letto con te, affrontare le piccole difficoltà della vita insieme a te, ogni giorno. Desidero essere la tua compagna... e completare la mia vita con la tua.”

Sora aveva iniziato a tremare leggermente mentre lei parlava e le lacrime gli avevano riempito gli occhi. “Kairi, anch’io...” tentò di spiegarsi mentre le accarezzava il viso. “Anch’io desidero questo, più di ogni altra cosa al mondo... quando ci siamo divisi il frutto di paopu, ho visto le stesse cose che mi stai dicendo... ti voglio nella mia vita, ti voglio al mio fianco, non voglio lasciarti mai più...”

Forse non sapendo in che altro modo farle capire l’intensità e la serietà dei suoi sentimenti, la strinse forte tra le braccia caricando su di sé il peso della giovane donna, e si lasciò cadere insieme a lei di lato, finendo col fianco nell’acqua bassa.

Kairi si ritrovò con la guancia e tutta la parte sinistra del corpo bagnate dell’acqua di quel mare in cui si trovavano, ma i brividi febbrili che stava avendo non erano dovuti allo sbalzo di temperatura, ma al fatto di essere sdraiata insieme all’uomo che amava. Il fatto che la superficie su cui si trovavano non fosse delle più comode non le importava. Aveva la testa all’altezza della sua, e si guardavano comunicandosi con lo sguardo quello che le parole non avrebbero potuto arrivare ad esprimere. Appena Sora si rese conto del fatto che parte del viso di Kairi era nell’acqua, stese il braccio destro per farvi appoggiare sopra la guancia della donna in modo che rimanesse all’asciutto, e con l’altro braccio la attirò verso di lui, riprendendo a baciarla. Questa volta non c’erano l’urgenza e la fretta che lo avevano afferrato prima, ma si prese il suo tempo per assaggiarla, leccarle appena le labbra, gustare il suo sapore, tenendo gli occhi socchiusi e riprendendo ad accarezzarle il corpo sopra il tessuto della canottiera. Kairi si sentiva scottare come se avesse avuto la febbre alta. Lo teneva abbracciato al collo, affondandogli le mani nelle ciocche ispide di capelli bruni, assaporando il gusto forte e virile delle sue labbra che la cercavano con una lenta passione, e appena lui si staccava un momento per prendere aria, lei subito si riattaccava a lui, sentendo un fuoco che le consumava il corpo da dentro. Dopo un po’ che si scambiavano quei baci lenti e trasudanti sentimento e desiderio, Sora allacciò le gambe attorno a quelle di Kairi, premendo il bacino contro il suo. Infilò un dito sotto una spallina della canottiera della donna, abbassandogliela e allontanando il viso dalla sua bocca, iniziando a baciarle piano la spalla. La giovane si sentì venire la pelle d’oca nei punti in cui Sora la toccava con le labbra, e questa sensazione si intensificò quando sentì che la mano sinistra dell’uomo era scivolata sotto la sua canottiera e le si era poggiata sulla pelle umida della schiena. Kairi sentiva che stavano passando il punto di non ritorno, ma il desiderio e l’amore che la trascinavano verso di lui erano troppo forti; anche opponendosi, non sarebbe mai riuscita a vincerli. Dopo aver sentito per alcuni secondi le mani aspre di Sora accarezzarle con leggerezza la schiena, lasciandole delle scie bruciate dove arrivavano a scorrere, Kairi portò le mani sui fianchi del giovane, sfilandogli la canottiera dai pantaloni e appoggiando piano le dita affusolate sui suoi addominali, percorrendogli poi il torso fino ad arrivargli al petto, sentendo con emozione e calore il battito impazzito del suo cuore, e quanto era diventato forte e muscoloso in quei mesi di distanza da lei. Sora, a quel tocco sulla sua pelle, lasciò andare un verso che Kairi non aveva mai sentito: un sospiro che conteneva un desiderio intenso, un amore ed una passione sconfinati. Le mani di Kairi sotto i suoi vestiti gli fecero perdere il relativo controllo che aveva mantenuto fino a quel momento. Tornando a stringerla tra le braccia, la sospinse dolcemente fino a farle toccare la superficie d’acqua con la schiena, sollevandosi poi e portandosi con tutto il corpo sopra il suo. Appena questo spostamento fu concluso, per un attimo la lucidità sembrò tornare nella mente dei due giovani, e Sora, ansimante, guardò Kairi, sdraiata sotto di lui, mentre un lampo di incertezza e insicurezza gli attraversava gli occhi. In quel momento, la collana dell’uomo a forma di corona, che pendeva verso il petto di Kairi, toccò il ciondolo a forma di goccia che lei aveva sempre portato fin da bambina, e su cui Aqua aveva lanciato un incantesimo di protezione. Nel momento in cui il metallo della corona di Sora toccò il pendente a forma di goccia di Kairi, quest’ultimo reagì emettendo una luce tenue. Kairi e Sora distolsero gli occhi l’una dall’altro per osservare quello strano fenomeno e, nel momento in cui tornarono a guardarsi, ogni traccia di dubbio ed esitazione era sparita dagli occhi di Sora.

Il giovane si abbassò abbracciandola stretta, premendo il suo intero corpo contro quello della donna, baciandole il collo da sotto l’orecchio fino alle clavicole, e con una mano sollevò la leggera canottiera di Kairi, appoggiandola poi sul suo ventre tenero e vellutato, e salendo fino ad accarezzarle i seni morbidi e delicati. Kairi in quell’istante sentì il puro istinto, il desiderio forte ed ancestrale travolgerla. Realizzò dentro di sé quello che voleva: desiderava sentire di appartenergli, di essere un tutt’uno con lui, di fondersi con lui, di realizzare tra i loro corpi quello che i loro cuori erano già da tempo. Sentiva che non ce l’avrebbe fatta più ad aspettare: l’amore che la consumava era troppo intenso per permetterle di trattenersi ancora. Afferrò con le mani i lembi della canottiera grigia di Sora, e tirando verso l’alto cercò di sfilargliela. Sora acconsentì subito a quel tentativo, liberandosi di quell’indumento che ormai, insieme al resto delle cose che indossavano, non era diventato altro che un’ulteriore barriera fra loro due, qualcosa che gli impediva di stare insieme, mantenendoli separati. Kairi ammirò con ardore il corpo muscoloso, adulto e virile di Sora, abbandonandosi poi a lui e lasciando che le sue mani le sfilassero la canottiera e il reggiseno. Era la prima volta da quando erano piccoli che si stavano iniziando a vedere nudi, ma Kairi si rese conto di non provare vergogna davanti a lui: la stava vedendo nella sua essenza, nella sua femminilità, senza barriere che la celassero ai suoi occhi. E lo sguardo di Sora era venerante mentre la guardava e la ammirava, accarezzandole e baciandole piano le spalle, il collo, il seno e il ventre. Kairi sentiva che la stava adorando, con quelle carezze e quei baci, e il desiderio già forte che sentiva di appartenergli divenne ancora più intenso. Prese con le dita la catena della sua collana, tirando piano giù verso di lei per farlo abbassare, sentendo i muscoli forti di Sora premere contro il suo seno morbido e i battiti dei loro cuori che si confondevano. Desiderava abbandonarsi a lui, lasciare che lui la prendesse e la amasse come un uomo ama la propria donna, e abbassò le braccia fino a cingergli i fianchi, stringendo il bacino del giovane contro il suo e sentendo la sua eccitazione attraverso gli indumenti che ancora portavano. Sora, mentre le baciava le labbra sempre più preso dalla passione, con una mano, alla cieca, trovò il lembo dei pantaloncini neri della donna, tirando verso il basso e sfilandoglieli senza difficoltà. Subito dopo si cercò l’allaccio dei propri pantaloni, e se li tolse con un calcio quasi liberatorio, tornando poi ad abbracciare stretta la sua donna, baciandola con le labbra ormai diventate bollenti, come un affamato che trova del cibo dopo giorni di digiuno, e stringendosi a lei come un naufrago che si aggrappa all’ultimo pezzo di legno per evitare di affondare. L’unica cosa che portavano ancora addosso erano le loro collane. Ora che non c’era più nulla che si frapponeva fra loro, nemmeno degli indumenti, Kairi, che dentro si sentiva sciogliere, sentì la forza, il vigore, la virilità e il desiderio nel corpo rovente del suo compagno. Sentì quanto la voleva, quanto anelava a lei, quanto desiderava farla sua e quanto bramasse di unire il proprio corpo a quello della donna. Kairi gli espresse a sua volta quel desiderio, pregandolo in silenzio di esaudirlo stringendogli i fianchi con le gambe. Il loro primo tentativo di unione fu difficoltoso: alla prima spinta del suo amato, Kairi sentì un dolore bruciante partirle dal loro punto di congiunzione e diffondersi poi in tutto il corpo. Sora parve sentire la sofferenza della ragazza e, spaventato, fece per staccarsi da lei, ma Kairi prese con rabbia e indignazione quel male che le era venuto nel momento più bello della sua vita, in cui stava cercando di congiungersi all’uomo che aveva amato fin da quando era piccola. Lo interpretò come un ulteriore tentativo, anche da parte del suo stesso corpo, di tenerla lontana dal suo amore, di non permettere che la loro unione avvenisse. Con le mani, bloccò la schiena di Sora, impedendogli di allontanarsi da lei, e lo tirò di nuovo a sé, stringendo gli occhi e serrando i denti sotto le labbra lasciate rilassate, senza curarsi del dolore che avrebbe di sicuro sentito. La fitta che provò fu lancinante, ma sopportò senza irrigidire i muscoli e senza dare segno a Sora del male che provava. Ma, quando i primi istanti acuti furono passati, la giovane donna sentì il dolore gradualmente abbandonarla, e un meraviglioso senso di completezza pervaderla. Aprì lentamente gli occhi e guardò il viso di Sora, che dopo che Kairi lo aveva stretto di nuovo a sé era rimasto immobile, interdetto e non sapendo cosa fare. Le vennero le lacrime di commozione e gioia: in quel momento erano un tutt’uno. Non c’era più nulla a dividerli, nemmeno a livello fisico, nessuna barriera che ora poteva tenerli separati. Sospirando di felicità, accarezzò sulla guancia il suo compagno per rassicurarlo, invitandolo con gli occhi a riprendere da dove si era interrotto. Sora allora, distendendo la sua espressione e sorridendole sollevato, si abbassò di nuovo su di lei, abbracciandola e dandole dei baci intensi sul collo. Kairi, sentendosi le ossa diventare molli e la forza quasi abbandonarla per la loro unione appena iniziata, inclinò la testa da una parte per dare maggiore spazio al suo compagno e lasciò cadere un braccio nell’acqua, tenendolo vicino alla testa e con la mano leggermente aperta. Subito Sora raggiunse la mano di Kairi con la propria, posandola sopra la sua ed intrecciando le sue dita forti a quelle sottili della donna, mentre continuava a baciarla lentamente e con passione e le sensazioni di piacere tra loro due, con le tenere spinte che lui aveva iniziato a dare dentro di lei, crescevano e crescevano.

Da quel momento, per Kairi pian piano la concezione del mondo e della realtà iniziò a dissolversi. Inerme, sdraiata su quel mare che si estendeva all’orizzonte e con il cielo sopra di lei, trovava le sue risposte e i suoi perché guardando negli occhi il suo innamorato, vedendoci dentro l’infinito e quel futuro che dentro di sé bramava di poter vivere con lui. Contemplava le sue visioni perdendosi nello sguardo di Sora, che la fissava nelle pupille di rimando, comunicandole amore, desiderio, passione e voglia di lei, di tutta la sua persona, mentre nell’unione perfetta dei loro corpi si faceva strada nel suo grembo, dapprima incerto e in modo irregolare, poi acquisendo sempre più sicurezza, decisione e regolarità, e dei lievi e dolci sguazzi ogni volta che spingeva gli rivelavano che la sua donna lo desiderava almeno quanto lui desiderava lei, e provava un intenso piacere almeno pari al suo. Si guardavano per degli istanti interminabili, poi tornavano ad accarezzarsi e baciarsi, Sora intrecciava le dita a quelle di Kairi, e Kairi, emettendo dei teneri gemiti appagati che facevano perdere la testa al suo compagno, sentiva, nelle lievi pulsazioni che percepiva nel grembo, una fusione completa di loro due. Dei loro corpi, dei loro cuori e delle loro anime. Sentiva che lei come entità distinta non esisteva più, come non esisteva più lui. C’era qualcosa di nuovo, qualcosa che stava nascendo dalla loro unione, un incastro perfetto dei loro spiriti, e che, ne era sicura, nessun tipo di lontananza fisica avrebbe potuto dividere. Sora, che a volte veniva preso dagli spasmi, quasi la loro unione lo portasse alla pazzia, premeva la guancia contro quella di Kairi, mormorandole all’orecchio tutto l’amore che riusciva a tirare fuori dal suo intimo. Kairi, che si sentiva scuotere dai singhiozzi per l’emozione e la felicità, sussurrava a sua volta all’orecchio del suo amato tutto ciò che provava per lui, e tutto quello che stava provando in quel momento, facendo aumentare gli spasmi e gli sconvolgimenti del giovane. La loro unione andò avanti ancora, e ancora, finché Sora, preso da un’ondata improvvisa che non si aspettava, si aggrappò a Kairi con tutta la forza che aveva, come se avesse paura dell’emozione che stava per affrontare, e strizzando gli occhi, quasi preso dalle convulsioni, lasciò andare con dei forti versi liberatori tutta la tensione che aveva accumulato fino a quel momento. Le sue spinte divennero in poco tempo meno potenti, fino a cessare, e il giovane si accasciò, lasciando cadere la testa sulla spalla di Kairi ed ansimando sfinito come dopo un lungo combattimento. Kairi era ancora presa dall’estasi, e ci mise un po’ per accorgersi che la magia dell’unione si era conclusa. Girò la testa per vedere in viso il suo innamorato: gli occhi di Sora, che fino a poco prima avevano bruciato di passione e ardore, ora erano due pozze vuote di un colore esausto, e la guardavano con un amore stremato, mentre il battito impazzito del suo cuore si calmava e ritrovava gradualmente il suo ritmo normale. La donna subito lo strinse a sé, lasciando che appoggiasse la guancia sul suo seno, accarezzandogli piano le spalle e lasciando che si riposasse, mentre Sora, sospirando di contentezza e appagamento, socchiuse gli occhi. Kairi si sentiva felice, in ogni fibra di sé: anche se la loro unione si era conclusa e i loro corpi non erano più uniti, sentiva, nel proprio grembo, dove fino a pochi attimi prima era stato lui, una meravigliosa sensazione di calore, che la scaldava da dentro e la confortava. Era come se Sora fosse ancora dentro di lei, non importava che fisicamente non lo fosse più. Dunque era questo l’amore... questo voleva dire unirsi al proprio compagno, all’uomo con cui era cresciuta, di cui era innamorata fin da quando erano piccoli e con cui aveva sognato di condividere la propria vita. Constatò come non avesse provato il minimo imbarazzo mentre era stata con lui. Nessuno sguardo di Sora, nessun punto in cui l’aveva toccata, nessun verso che aveva emesso, nessuna parola che le aveva sussurrato e nessun bacio che le aveva dato l’aveva fatta vergognare: l’intero atto era stato per loro due qualcosa di puro e limpido come l’acqua cristallina, nient’altro che la naturale conseguenza degli abbracci e delle carezze che si erano dati all’inizio. Genuino, sano e trasparente come il loro legame. Con una mano tremante, gli scostò i ciuffi di capelli umidi da davanti agli occhi, e sollevando con fatica la testa, gli diede un lungo bacio sulla fronte bagnata di sudore.

Mentre lo coccolava, le venne da girare la testa e guardare il varco di luce. Era ancora luminoso, ma meno rispetto a prima e, ora che la bolla che la racchiudeva insieme a Sora era scoppiata, Kairi si sentì pervadere di nuovo dall’angoscia e dal dolore lacerante al pensiero della loro imminente separazione. Strinse forte a sé il suo compagno, e mormorò a denti stretti:

“Sora... non voglio... non voglio lasciarti... voglio restare con te...”

Sora, con cautela, si tolse da sopra di lei e si lasciò andare sdraiato nell’acqua al suo fianco. Si mise sul lato e strinse al suo corpo sudato e bagnato la giovane donna, parlando a voce bassa e in modo apparentemente deciso, ma la sua sofferenza e il suo dolore erano molto chiari.

“No, Kairi... ne abbiamo già parlato... guarda il varco, la luce si sta abbassando... è ora... non rimandare ancora...”

Ma nonostante questo non accennava a lasciare andare la presa su di lei. Quel rapporto d’amore che avevano appena avuto, il primo delle loro giovani vite, invece di calmare la loro fame gliel’aveva solo fatta aumentare. Kairi non smetteva di toccare, accarezzare e baciare il corpo e il viso del suo amato, e Sora, benché fosse stato esausto fino a pochi attimi prima, era un giovane adulto forte e vigoroso, pieno di energia, e nelle sue vene il sangue scorreva potente. Dopo qualche minuto, tutta la stanchezza lo aveva abbandonato, ed aveva ripreso di nuovo a cercarla e baciarla, con la passione che stava tornando ad essere alta e palpabile, era tornato a coprire di nuovo col proprio corpo quello di Kairi, cercando una nuova unione con lei. Ma dopo alcuni attimi, in cui il pensiero razionale era stato a loro estraneo, Sora sembrò riprendersi improvvisamente e, guardando con sofferenza la sua donna, scosse la testa. “Kairi, no... è solo peggio... dopo soffriremmo ancora di più...” Kairi, sentendo dentro di sé la brama e il desiderio dell’amore del suo compagno, lo pregò tenendolo stretto. “Ti prego, ancora... amore mio... ancora una volta...” Sora, scosso dai brividi di desiderio, guardò combattuto Kairi sotto di lui, la sua pelle chiara, la rotondità delle sue forme, il rosso delle sue labbra e dei suoi capelli, quelle iridi dello stesso blu del mare di casa loro... le sue pupille avevano ripreso a bruciare, ma qualcosa di razionale sembrava trattenerlo. Infine, si abbassò di nuovo su di lei, e la guardò seriamente negli occhi. “Una volta, Kairi... un’altra volta sola...” Kairi lo fissò di rimando, ed annuì. Era un accordo inutile, e lo sapevano bene tutti e due.

I due giovani amanti rimasero insieme per tutto il tempo che fu loro concesso. Non si alzarono mai in piedi, ma rimasero sdraiati nell’acqua, consumando il loro amore con ardore e disperazione, senza quasi mai smettere, con l’angoscia terribile nei loro cuori che ogni volta avrebbe potuto essere l’ultima. Sora, in virtù del suo corpo giovane e pieno di energia, aveva bisogno solo di pochi minuti per riprendersi e ritrovare le forze per poter ricominciare ad amare la sua compagna. Avevano tante ore da poter spendere insieme, visto che Kairi non aveva usato molto del tempo concesso per ritrovare il suo amato. Si prendevano con la passione che trasudava dai loro corpi, si calmavano per poco, giacendo uno tra le braccia dell’altra, usando quel tempo di ripresa per parlare dei loro sentimenti, di quello che avrebbero sognato fare se gli fosse stato concesso di poter vivere insieme: dalle cose più banali, come poter avere un letto morbido e asciutto con delle coperte calde in cui poter rifugiarsi invece di quel pavimento bagnato e scomodo in cui erano completamente esposti, a quelle più importanti, come il loro desiderio di poter girare i mondi insieme come avevano sempre sognato, e godersi tutto ciò che contenevano nella pienezza del loro legame appena concretizzato. Ma, appena a Sora ricominciava a scorrere in corpo il primo sprazzo di desiderio, tornava a sdraiarsi sopra Kairi per poter fondersi di nuovo con lei e darle il suo amore. Passarono il loro tempo così, baciandosi, esplorandosi, leccandosi, succhiandosi, gustandosi e unendosi, mentre la disperata sete che sentivano l’uno per l’altra cresceva invece di estinguersi. Dopo alcune ore erano esausti, ma non si stancavano mai: quando sentivano di non farcela più, si prendevano una mezz’ora per poter dormire abbracciati e premuti l’uno all’altra, toccandosi ed accarezzandosi anche nel sonno. Nei pochi momenti in cui non erano persi uno negli occhi dell’altra, Kairi girava la testa verso il varco che splendeva a pochi metri da loro, e constatava ogni volta con orrore come, mano a mano che il tempo passava, la sua luce fosse sempre meno forte e intensa. Allora, presa dalla disperazione, chiedeva al suo amato di lasciare che restasse lì con lui, per poter vivere insieme senza doversi più separare, ma ogni volta lui negava dicendole che doveva andarsene al più presto, solo per poi stringerla ancora più forte, contraddicendo le parole che aveva appena detto. C’era amore nei loro gesti, ma si rendevano conto, quasi con rassegnazione, che quel sentimento era sporcato dalla consapevolezza che era l’unica volta in cui gli era concesso il paradiso. Kairi cercava ancora di trovare una risposta al motivo per cui erano destinati a dover sopportare tutto quel dolore, sebbene sapesse che era inutile cercarla.

“Perché deve succederci tutto questo? Forse abbiamo commesso un crimine che dobbiamo pagare, e non lo sappiamo?”, chiese a bassa voce in uno dei loro momenti di riposo, mentre stava abbracciata stretta a Sora accarezzandogli le spalle bagnate di acqua e sudore.

“Non lo so... penso che non lo sapremo mai...” rispose amareggiato Sora, scostandole i capelli dalla fronte. “Potrebbe anche essere tutto un brutto scherzo di qualcuno che sta al di sopra di noi, e non possiamo farci niente... è sempre così... tutte le volte che riusciamo a stare insieme, arriva sempre qualcosa che ci separa. Forse è scritto nelle stelle, chi lo sa?”

“Ti penserò e ti sognerò sempre, Sora”, promise Kairi appoggiandogli la guancia contro il petto. “Fino al giorno in cui morirò. E non smetterò mai di pormi queste domande.”

“Io spero invece che mi dimenticherai il prima possibile”, rispose con la voce spezzata l’uomo. “Non sprecare la tua vita pensando a come starò o a cosa ne sarà stato di me. Devi essere felice, è questo che voglio, ed è per questo che trovo un senso al fatto di rimanere qui.” La tirò più in su per poterla vedere in faccia. “Non rinunciare neppure a una cosa per me. Se dovessi...” tirò un gran respiro. Si capiva che stava facendo una fatica immensa a pronunciare quelle parole. “Se dovessi incontrare un uomo... che possa farti felice... non devi respingerlo perché pensi a me, mi hai capito?”

Kairi lo guardò con un’aria perplessa, come se Sora avesse parlato una lingua strana e lei non avesse capito bene. Non commentò in alcun modo quello che lui aveva detto, perché le sue parole andavano fuori da ciò che lei poteva concepire nella mente. L’unica cosa a cui pensò, in quel momento così oscuro per lei, fu il malsano desiderio di non aver mai imparato cosa volesse dire innamorarsi ed avere quell’amore ricambiato.

Sora gettò lo sguardo verso il varco, la cui luce che emanava era sempre più debole. “Kairi, è tardi, il tempo sta per scadere”, le disse con l’urgenza e l’ansia nella voce.

Kairi gli si aggrappò stretta: sapeva che quel pezzo di cuore che le si era ricomposto nel momento in cui si era unita a lui le si sarebbe strappato di nuovo se l’avesse lasciato. “Voglio stare ancora con te... un’ultima volta.”

Ma questa volta Sora scosse la testa con decisione. “No, devi andare subito.” Si tirò su a sedere, e allungando il braccio afferrò i vestiti che erano stati gettati poco distanti, e che ora erano zuppi d’acqua. Kairi era ancora sdraiata a terra: nonostante la temperatura di quel luogo fosse buona e non facesse freddo, nel momento in cui il corpo caldo di Sora si era scostato dal suo, era stata presa da un brivido che la faceva tremare. Il giovane la guardò con gli occhi che erano il ritratto del suo cuore spezzato. “Dai, vieni, ti aiuto a rivestirti”, la incitò con dolcezza, prendendola per i fianchi e aiutandola a tirarsi su. A Kairi tutto questo parve un’agonia: ogni capo di vestiario che si rimettevano indosso era una barriera in più che il destino stava mettendo fra di loro. E quello che le faceva ancora più male era la consapevolezza che in realtà non era qualcosa di superiore, questa volta, che si apprestava a separarli, ma una loro precisa scelta. Anzi, più una scelta di Sora che la sua. Quando furono rivestiti come prima di lasciarsi andare all’amore, Sora la prese per mano, tirandola appena per guidarla verso il passaggio, visto che lei non sembrava in grado di muovere un passo da sola. Arrivati lì davanti, Kairi si strinse forte a lui, cercando ancora una volta il calore del suo corpo, e Sora la abbracciò stretta. Era l’ultima volta che avrebbero potuto farlo, e Kairi nella stretta dell’uomo percepì tutto il suo dolore, il suo rimpianto e la sua tremenda sofferenza. “Ricordati, Kairi... ricordati sempre quello che ti ho detto... tu sei forte...” lo sentì mormorare al suo orecchio. Lei annuì ad occhi chiusi, e i due innamorati si diedero un lungo e interminabile bacio, facendolo durare il più possibile per tentare di rimandare ancora la loro inevitabile separazione. Kairi percepì in quell’ultimo gesto d’amore tutto il sentimento, il desiderio e la voglia di lei che Sora provava, e anche lei, afferrandogli le spalle, tramite quel bacio, l’ultima volta che avrebbe sentito nella sua vita il sapore delle sue labbra, cercò di comunicargli tutto quello che provava per lui, e che avrebbe per sempre provato per lui. Quando staccarono le labbra, gli occhi tristi di Sora luccicavano mentre la guardavano. Era un’agonia anche per lui. “V... vai lì al centro, Kairi...” la sospinse appena all’indietro per farla inglobare dalla luce ormai tenue. “Ti terrò la mano fino alla fine...” era una consolazione minuscola rispetto a quello che stava per succedere loro. Il varco luminoso iniziò lentamente ad avere effetto sul corpo della ragazza, e Kairi iniziò a vedere sempre più sfocato. Si sentiva la morte negli occhi, ma continuò a fissare lo sguardo del suo amato, senza riuscire né volere a interrompere il loro contatto visivo, mentre teneva le dita sempre più trasparenti intrecciate alle sue ancora solide e nitide, stringendole più forte che poteva, sebbene sapesse che era inutile cercare di trattenergliele. Nonostante la sfocatura, vide che negli occhi e nel viso di Sora la sofferenza e l’incertezza aumentavano e, proprio un momento prima che il corpo di Kairi sparisse, il giovane con uno scatto improvviso l’afferrò per il polso e la tirò fuori dal fascio di luce, catturandola con le braccia e stringendola forte a sé. L’effetto del teletrasporto svanì e il corpo di Kairi riprese immediatamente consistenza.

Kairi era sbalordita. Cosa gli era saltato in mente? Perché l’aveva tirata fuori da lì? Sentì che qualcosa dentro Sora aveva ceduto, mentre la accarezzava in tutto il corpo e la baciava sulla fronte e sui capelli era scosso dai singhiozzi. Ma stavolta non erano poche lacrime che scendevano silenziose come era accaduto ore prima: stava piangendo senza nessun tipo di freno o di controllo, i versi che lasciava andare tra un singhiozzo e l’altro erano pieni di sofferenza e desiderio. “Non andare, amore mio, non andare... resta con me, resta con me... non lasciarmi...” la stava pregando, nonostante Kairi avesse espresso fin dall’inizio il desiderio di restare lì con lui. Sora aveva cercato di far prevalere il cervello e la razionalità in quella scelta fino alla fine, ma all’ultimo, proprio nell’atto del distacco, il suo cuore e le sue emozioni avevano avuto la meglio su di lui, e il suo desiderio si era allineato a quello di Kairi. La donna, insieme al calore del corpo del suo innamorato e al battito impazzito sotto il suo petto, sentì che quel pezzo di cuore che le si stava strappando di nuovo via era tornato al suo posto, e una felicità e un senso di sollievo immani pervaderla. Abbracciò stretto Sora, piangendo anche lei, ma di contentezza. “Rimango, amore, rimango qui con te... non andrò via, non ti lascerò mai...” Appoggiò il viso contro il suo collo, mentre lui continuava a baciarle la testa con foga, bisogno e desiderio e, dopo averle ripreso la mano, intrecciava le dita con le sue. Kairi, mentre con una completa pace stava appoggiata con la guancia alla sua spalla, godendosi il suo calore e le sue effusioni, guardò con gli occhi appannati il paesaggio intorno a loro. Non era altro che cielo e mare, mare e cielo che si toccavano e si univano. Nemmeno la linea dell’orizzonte si vedeva, non c’era un confine fra i due elementi, ma si fondevano in un continuo dove non si capiva dove finiva uno ed iniziava l’altro. Come loro due. Ancora poco e il varco dietro di lei si sarebbe chiuso. Già fantasticava sulla vita meravigliosa che avrebbe potuto vivere col suo amore. Il fatto che fosse una vita chiusa in un limbo non le importava: era con lui, lui era casa sua, e a lei non serviva altro. Ma, dopo i primi attimi di foga, i baci di Sora si fecero sempre più incerti e meno convinti, fino a cessare. La donna alzò appena gli occhi, e lo vide fissare il varco di luce ormai quasi spenta davanti a lui, e alle spalle di Kairi. I suoi occhi stavano lottando, anche se parevano immobili. Quello che accadde poi fu questione di pochi attimi: Kairi sentì le forti braccia del giovane sollevarla di peso mentre la abbracciava, e lui fare un passo in avanti, finendo nel centro del passaggio insieme a lei.

Nel momento in cui Sora l’aveva pregata di restare lì insieme a lui, tutta la preparazione mentale alla loro separazione, lenta e faticosa, che in quelle ore Kairi era riuscita bene o male a mettere in piedi, si era infranta fino all’ultimo pezzo. Così che ora, ritrovandosi in procinto di tornare nel mondo reale, venne colta completamente impreparata. “Sora, lasciami!”, protestò disperata, cercando di divincolarsi per poter uscire da quella luce prima che il passaggio avesse effetto. Ma Sora era più forte di lei, e le sue braccia muscolose erano come dei lacci, che la tennero ferma immobile dov’era, stretta a lui, impedendole di sfuggire. Kairi riuscì solo a girare la testa per vedere il viso del suo compagno. L’ultima cosa che riuscì a carpire furono gli occhi di Sora, due pozzi sfocati ed appannati, pieni di amore e di dolore dato da una decisione sofferta e definitiva. Nel tempo di pochi attimi, tutto finì.

Kairi sbatté alcune volte gli occhi e la sua vista tornò velocemente a fuoco. Quel limbo di cielo e mare era sparito, e Sora con esso. Era rimasta sola, di nuovo, nella stanza cupa e buia con i tre letti dell’oltretomba. Il varco luminoso si era chiuso.


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Ed è nel modo peggiore possibile che chiudo la prima parte della storia, cioè quella introduttiva. Un cerchio si chiude e un altro si apre, si dice. Per Kairi sarà la stessa cosa.

Siete rimasti sconvolti dai contenuti del capitolo? Mi difendo così: il target della storia è l’arancione. Sono del parere che se si sceglie un target, sia dovere morale dell’autore essere il più precisi e dettagliati possibili nei limiti imposti dal target scelto. È inutile scegliere un certo colore e poi essere vaghi come se invece dell’arancio si fosse scelto il giallo, per dire. In ogni caso, come si vede, non sono stata esplicita in nessun modo, ho cercato di far risaltare di più le emozioni dell’atto puramente fisico, non so quanto ci sia riuscita.

Beh, forse Sora e Kairi saranno destinati a non stare insieme, e la storia non parlerà della loro coppia ma di tutt’altro, tuttavia ho voluto utilizzare questo unico capitolo per riversarci tutto il mio affetto per loro. Credo di aver amato questa coppia da quando avevo... boh, 16 anni? E di amarla proprio perché è così tragica e crudele. Ho sempre trovato Sora davvero molto dolce con Kairi, e non so se avete notato che dal momento in cui si dividono i frutti, smette di essere timido con lei e diventa parecchio più audace: la tocca, la guarda innamorato (a proposito: lo sguardo che le rivolge nella scena dei frutti della versione giapponese è molto più innamorato di quella occidentale), le tiene la mano ogni volta che può, flirta palesemente con lei... diciamo che qui, visto che sono più grandi, ho solo amplificato la cosa. Alcune frasi del capitolo sono prese dalla canzone “Written in the stars” di Elton John dal musical di Aida, di cui ho fatto un video sokai con i sottotitoli qualche mese fa, ed è una canzone che penso riassuma alla perfezione questa coppia. Eccolo.

Adesso prima di fare il prossimo aggiornamento devo fare un po’ di world building del Radiant Garden, quindi è probabile che ci metterò un po’ di più. Grazie mille per il supporto, fate sapere se questa prima parte di storia vi è piaciuta!





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