Cap.17 Le
lezioni di Skull
Distruggendo
tutto quanto.
“L’imperatore
ha bisogno di tre funzionari principali: l’arcicappellano,
preposto a tutti gli affari di natura religiosa; il cancelliere:
responsabile della redazione di diplomi, lettere del re e testi
legislativi; i conti palatini: responsabili
dell’amministrazione della giustizia e delegati del re in
casi eccezionali. Poi ci sono gli ‘stati
generali’…”. Spiegava Skull con voce
atona.
<
Mi ha chiamato Kyoya. Vuole allenarsi insieme a me. Non so neanche
perché, o da chi abbia saputo che sono un
‘tutor’ professionista.
Xanxus
ne ha approfittato per chiedermi in cosa consiste essere re >
rifletté.
<
Questo castello è veramente enorme. Anche se sta cadendo a
pezzi, si vede tutto il noioso sfarzo.
Capisco
che Secondo odiasse questo posto. Però non avrei riempito
tutto di sangue e teste mozzate.
Anche
se non dovrei parlare, la mia rivolta verso il Nono è stata
sanguinolenta > pensò.
“Quella
statua è di cartapesta. Perché è stata
ricoperta d’oro?” brontolò, indicando
una statua appesa alla parete.
“I
colori tipici dei Borbone sono il color carta da zucchero e
l’oro. Ogni luogo doveva esibire i fasti della corte. Rendere
quei parassiti dei nobili dipendenti dal re, facendoli vivere alla sua
corte, era l’unico modo per controllare le falsità
che mettevano in giro e i loro tradimenti politici”
spiegò Skull. Si grattò la guancia dove aveva una
lacrima viola dipinta. “… Però
c’era crisi anche per i sovrani, c’erano tempi di
carestia e bisognava mascherarli. Certo, niente a che vedere con il
fato a cui andava incontro il popolo in quei momenti”.
“Non
li vedevi di buon occhio, vero? I nobili, intendo” rispose
Xanxus. Passando tra le alte colonne di pietra, sotto le alte arcate.
Skull
accarezzò una delle colonne, sentendola liscia sotto le dita.
“Mi
pareva di averti spiegato di doverti circondare solo da uomini di
fiducia. Senza fargli ereditare alcun potere. Ci vogliono votazioni ad
ogni generazione, controllando il più possibile che non
siano truccate con oro e potere” ribatté secco.
“Ti
facevi tutti questi problemi da regnante?” domandò
Xanxus. Rabbrividì, guardando la sequela di ritratti reali
che lo fissavano.
Skull
osservò una statua che lo rappresentava da principessa e
rispose: “Solo da sovrintendente. Purtroppo fui una
principessa molto frivola. Probabilmente sarai stata la regina della
moda o del teatro.
Mi
ero fatta costruire un piccolo teatro in cui potevano entrare solo
duecento persone”.
“Solo?!” gridò
Xanxus, con tono sorpreso.
Skull
rise. Raggiunse uno dei dipinti che raffiguravano Giotto, indossava un
ampio mantello nero.
“I
teatri dei sovrani erano immensi. Come ti ho spiegato, era tutto sfarzo.
La
villa dei Vongola, con duecento stanze, non era niente rispetto ai
castelli con duemila stanze” ribatté.
“Capisco
che il popolo che moriva di fame si sia ribellato” ringhiò,
serrando un pugno.
Skull
annuì, rispondendo: “Impara
dai nostri errori, ma non dimenticare che se il re non si dimostra
scelto dalle divinità, verrà tradito. Ci vuole un
giusto mezzo tra le due cose”.
Xanxus
si grattò il mento, corrugando i sopraccigli doppi.
“Sei
comunque un attore, se ricordo bene. Reciteresti ancora in
teatro?” domandò.
“Sì,
ma solo per mettere in scena ciò che non va in questo mondo.
Ho imparato a riflettere sulle parole. Da scrittore a
scienziato…
Ho
smesso di comprare gioielli dal costo esorbitante. Sai, quei gioielli
dai valori stratosferici avrebbero potuto sfamare il mio popolo.
Non
ero diverso da Giotto. Lo giudicavo perché faceva lo sciocco
facendo errori non dissimili, se non peggiori” rispose
Skull. Tornò a camminare lungo il corridoio, seguito da
Xanxus.
“Perciò
sei a favore della democrazia?” domandò
quest’ultimo.
Skull
si arrestò, irrigidendosi, dandogli le spalle.
“La
democrazia? Ah, la democrazia è
un’illusione.
Ho
visto il popolo diventare un animale feroce. Li ho visti giudicare un
bambino innocente, accusandolo di autoerotismo.
Basilicum
aveva solo dieci anni quando lo annegarono! Lo giudicarono per avere il
suo potere!” gridò,
con tono colmo di rancore.
<
Non avrei dovuto portarlo qui, alla vecchia villa dei Borbone vicino al
villaggio. Forse non è ancora pronto a tutto questo, ma
d’altronde, non è certo la reggia in Francia
> pensò.
“Per…
per quell’accusa?” esalò.
“Lo
massacrarono di botte, gli tagliarono i capelli, lo rinchiusero in
cella.
Chiamami
madre, o padre, quello che vuoi, ma sappi che io vivevo per loro, per i
miei figli… e quello resta uno dei miei più
grandi rimpianti.
Eppure
fu un piccolo re. Fino all’ultimo non pianse, rimase con la
testa ritta, anzi, con le braccia legate dietro la schiena, era ancora
più ritto. Più uomo di ognuno di loro”
<
Sono morti, tutti, uno dopo l’altro… tutti i miei
figli! Persino il mio piccolo Riccardo, dopo che la sua anima era stata
macchiata dal sangue e spazzata via dalla crudeltà sin dalla
sua fanciullezza > pensò.
“Scusa…
I-io…” sussurrò Xanxus. Mentre la luce
colorata, prodotta dalle vetrate incastonate tra i rosoni di pietra, lo
illuminava.
Skull
lo raggiunse e gli posò una mano sulle labbra.
“Promettimi solo che sarai un buon imperatore” lo
pregò.
“Te
lo giuro” rispose Xanxus con voce decisa.
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