Di nuovo Natale

di ONLYKORINE
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DI NUOVO NATALE

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È la mattina di Natale e mi alzo di fretta senza svegliare mio marito. Infilo la vestaglia con il bordo di seta ricamato che mi sono fatta regalare l'anno scorso e mi affretto giù per la scala grande, quella che si affaccia sull'ingresso. Entro nel salotto principale e guardo, ancora una volta, l'albero addobbato.

È grandissimo: la punta della stella tocca quasi il soffitto e tutte le decorazioni che ieri ho fatto sistemare, gli danno quel tocco semplice ma che richiede un progetto pignolo per ottenere quell'effetto. Sorrido soddisfatta.

Fra poche ore arriveranno gli altri per il pranzo natalizio. Persone che scelgo ogni anno in base alle amicizie comuni e all'andamento dei soci del Country Club. Farò un figurone.

Controllo ancora che i pacchi dei regali 'ufficiali' siano sistemati per bene sotto l'albero. Prendo il pacchetto con il mio nome e sistemo il fiocco. Ho spiegato alla segretaria di mio marito quale collana dovesse comperare e anche di che colore doveva essere il fiocco per intonarsi con il puntale dell'albero. Sorrido ancora soddisfatta. Sarà un Natale perfetto.

Improvvisamente, il camino inizia a fare un rumore strano. Lo guardo inorridita. Ho fatto installare un camino elettrico dentro a quello originale perché non si sporcasse il tappeto che ricopre il pavimento e qualcuno ha osato metterci dentro del carbone? Del carbone vero?

Mi avvicino sospettosa chiedendomi già chi avrei dovuto licenziare quel giorno, quando dal camino una luce accecante mi stordisce. Mi copro il viso con la mano e cerco di sbirciare attraverso le dita.

"O mamma mia! E tu chi sei?" esclamo sorpresa quando vedo un vecchio davanti al camino. Un vecchio con un abito blu sbiadito con delle stelle dal dubbio gusto e un cappello malconcio.

"Sono lo spirito del Natale e voglio donarti l'opportunità di rivivere uno qualsiasi dei tuoi Natali passati."

Cosa ha detto? Ma è impazzito? O sono impazzita io?

Vuoi vedere che ieri quell'aperitivo non era per niente analcolico come mi avevano fatto credere?

Sono ancora qui che mi faccio mille domande, quando il vecchio si avvicina e mi prende un braccio. Mi guarda aspettando una mia risposta e capisco di dover decidere. Rivivere un Natale già passato?

Quale potrei scegliere? Il primo Natale con mio marito? Il Natale in cui è venuta la presentatrice del mattino a intervistarci? O quando ho invitato il vicepresidente del Country Club?

Sono ancora lì che penso e il vecchio mi mette fretta. Lo guardo con attenzione: mi ricorda così tanto qualcuno... Oh. Sì. Gli occhi mi si riempiono di lacrime.

"Voglio tornare all'ultimo Natale in cascina da zia Berenice."

Una luce azzurra come quella di prima mi circonda e piano piano intorno a me spariscono l'albero, i regali, il camino e anche il tappeto intonato.

Il signore anziano non c'è più e io sento solo una voce che mi dice: "Goditi questa occasione, te la sei meritata! Buon Natale!"

Poco dopo, non sono più in vestaglia, ma ho il vestito bello che la mamma mi aveva fatto indossare per il Natale dei miei sei anni.

Io ho sei anni. Sento le trecce rimbalzare ai lati della mia testa. Rido. Mi piaceva tantissimo farlo, da bambina.

È la sera della Vigilia di Natale, perché la mia famiglia festeggiava così. Corro fuori dalla stanza, dove mi cambiavo e mi imbatto in mio fratello.

Anche lui è vestito bene, ha la camicia e la cravatta. Lo abbraccio. Non lo vedo da quando ho litigato con lui dieci anni fa. Mi scansa brontolando e io corro verso il salotto.

Quando entro nella stanza che ospita l'albero e il presepe, senza contare il lungo tavolo un po' arrabattato per ospitarci tutti, la cosa che mi colpisce per prima è proprio la sfilza di regali sotto l'albero. Sono tantissimi, perché noi della famiglia siamo tanti.

Zia Berenice mi ferma subito quando vede che mi dirigo verso l'abete, un abete vero, senza neve finta ma con decorazioni fatte a mano da noi bambini.

"I regali si aprono dopo mangiato. Se ne tocchi anche solo uno, ti mando a letto senza cena."

Sorrido alla zia e annuisco. Zia Berenice non ha mai mandato a letto un bambino senza cena e non ha mai avuto bisogno di essere cattiva per essere ubbidita.

Mi guardo intorno. Mia mamma, la nonna, zia Berenice, zia Pina, zia Franca, zia Ninì e la cugina Rosa che è la più grande, vanno avanti e indietro dalla cucina alla tavola per portare il cibo, mentre gli uomini fanno la spola fra il cortile e la casa con le altre cose. Ognuno ha il suo compito. Anche i bambini.

Tutti tranne uno: nonno Mario siede in poltrona e fuma la pipa vicino al camino. Cerco di andargli vicino per abbracciarlo, visto che mi manca così tanto, ma zia Pina mi ferma e mi dà un mazzo di posate da sistemare in tavola.

Come dicevo, anche i bambini hanno i loro compiti. Seguo Sabrina, mia cugina di un anno più grande, che sta mettendo i tovaglioli e posiziono le posate così come mi è stato insegnato dalla nonna fin da quando so camminare.

Quando ho finito mi viene assegnato un altro compito, che svolgo senza lamentarmi e chiacchierando con le mie cugine. Cavolo, non vedo anche loro da tanto tempo. Perché non festeggio più i Natali con i miei parenti ma lo faccio con degli sconosciuti? Già, perché?

Alla fine ci mettiamo a tavola e mangio di gusto qualsiasi cosa mi viene messa davanti, continuando a ridacchiare con mio fratello e i miei cugini al tavolo dei bambini. È divertente. Non so quand'è l'ultima volta che mi sono divertita così tanto.

A fine cena cerco di avvicinarmi ancora al nonno, ma vengo presa dai preparativi per smantellare il tavolo e preparare lo spazio per i regali. Alla fine, mi siedo per terra con gli altri bambini.

Per ognuno di noi ci sono due regali: un gioco e qualcosa di utile. Di solito un indumento. Un maglione fatto ai ferri o guanti, sciarpe, berretti, calze. Quando diventeremo più grandi saranno gonne e camicie.

Scarto il mio regalo con entusiasmo perché non mi ricordo cosa ho ricevuto quell'anno. Quando stringo la bambola che avevo chiesto a Babbo Natale, la bambola con la pelle morbida, gli occhi blu e i capelli lunghi che si potevano pettinare, sono estasiata.

Adoravo quella bambola. L'avevo aspettata per mesi, facendo la brava bambina e aiutando quando mamma me lo chiedeva. L'avevo adorata per gli anni successivi. Ci avevo giocato tantissimo ed era stato dolorosissimo staccarmi da lei una volta diventata troppo grande.

In questo momento vorrei averla tenuta. La accarezzo con delicatezza per paura di rovinarla e perché so che mi ha regalato momenti bellissimi.

Il maglione che scarto, invece, è uno dei più brutti che abbia ricevuto. È arancione e con un disegno non ben rifinito sul davanti. Ma sorrido contenta e grido di gioia, perché mamma mi ha raccontato, anni dopo, che l'aveva fatto la nonna quando aveva scoperto di essere malata ma non voleva che lo finisse qualcun'altra. Vedo la nonna sorridere e commuoversi.

Alla fine di tutto raggiungo il nonno che è ancora seduto sulla sua poltrona. Mi avvicino e mi siedo sulle sue gambe.

"Non ti avevo riconosciuto con il cappello e la tunica con le stelle" gli dico.

Lui sorride e mi dice solamente: "Ricordati che il vero Natale non è fatto di cose materiali, ma è questo qui". Con in mano ancora la pipa, fa un gesto circolare per indicare la stanza.

Mi guardo intorno: zia Ninì, zia Franca, zio Eugenio, Sabrina, i suoi fratelli e il mio, stanno giocando a tombola. Zio Nando, zio Pierino, zia Berenice e Rosa giocano a scopa in un angolo. Gli altri sono seduti su alcuni divani e chiacchierano ridendo fra di loro. Gli altri bambini sono per terra e giocano con ciò che hanno appena scartato. Aspettano tutti il momento di andare in chiesa.

"Non è mai troppo tardi."

Annuisco e do un bacio al nonno sulla guancia. Una lacrima inizia a scendere da sola, poi un'altra e un'altra ancora. Sto piangendo copiosamente e, improvvisamente, non sono più alla cascina della zia.

Sono di nuovo a casa mia. Mi alzo dal tappeto e mi asciugo una lacrima. Non è mai troppo tardi.

Forse faccio in tempo. Salgo di corsa la scala e mi precipito nella camera padronale. Salto sul letto e per poco non finisco su mio marito.

"Ma cosa...?" Lui si tira su e mi guarda un po' stranito. "È successo qualcosa?" Io gli sorrido e lui si stranisce ancor di più.

"Sì. È successo che non voglio più festeggiare Natale con degli sconosciuti. Voglio andare dai miei. Ti va di andarci? Ci invitano tutti gli anni, ma io rispondo sempre di no..."

Ora sono un pochino incerta: non gli ho mai detto che i miei, che l'adorano e che lui adora, ci invitavano tutti gli anni e io declinavo per la nostra vita di società.

Forse non è troppo tardi neanche per noi.

Lui mi sorride e annuisce. "Andiamo!"





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