Titolo:
Kintsugi – le cicatrici d’oro.
Autore: Voglioungufo.
Fandom: Naruto.
Genere:
Romantico, Introspettivo, Angst.
Verse: Canon, post serie.
Note: What if?
Avvertimenti:
yaoi, yuri, un discreto age gap nella coppia principale (15 anni),
paranoie su
paranoie e il cliché del genjutsu che vi giuro non
l’ho rubato a The Last, ho
realizzato dopo di essere caduta così in basso da aver usato
lo stesso
espediente, shame on me.
Personaggi: Uzumaki Naruto, Uchiha Obito, Haruno
Sakura, Hyuga Hinata,
Uchiha Sasuke, Sai, Umino Iruka e accenno a tutto il resto della
baracca.
Coppie: ObiNaru e SakuHina.
Note:
Okay, credo di doverlo dire per chi non mi ha tra gli amici su
Facebook: mi
sono innamorata malissimo della coppia Obito x Naruto. Così
male che dopo aver
salvato ogni fan art possibile, essermi riletta la saga della Guerra
Ninja e
aver pianto tutte le mie lacrime, ho deciso di iniziare a scriverne.
Divertente
come io finisca sempre per infognarmi con le coppie meno cagate, ma non
importa.
Spero
ci sia davvero qualcuno disposto a salire su questa nave. Oltre la
drabble, è
il primo tentativo serio. Non ha chissà quale trama
elaboratissima,
semplicemente due idioti che devono imparare a relazionarsi con i
propri
sentimenti e nel mezzo vengono colpiti da cose ninja. Spero vi possa
piacere e
ci sia qualcuno disposto a lasciare un parere ^^
È
quasi tutta scritta, quindi pubblicherò un capitolo a
settimana c:
L’ultimo
ricordo che ha è di Rin,
la sua bellissima e preziosa Rin. Lo stava guadando con orgoglio
– non sentiva
di meritarlo, però – e lo teneva per mano.
Dovevano andare da qualche parte
insieme, senza Kakashi finalmente, solo loro due insieme.
Soli.
Ma lui ha
lasciato quella mano, non
ricorda perché. Aveva detto che c’era qualcosa che
doveva ancora fare…
Non ricorda
altro e quando apre gli
occhi un soffitto bianco risponde al suo sguardo, lenzuola anonime,
pregne di
odore di medicinali gli coprono il corpo. Per un momento riesce a
muovere solo
gli occhi, studia l’asettica stanza biancastra dove si trova.
Un ospedale.
Sente un peso al
lato, qualcosa che
appesantisce il materasso e sfiora il suo corpo. fatica a girare la
testa, ha
dei tubicini infilati su per il naso e altri aghetti infilzati per
tutto il corpo,
sente il ronzare di alcuni macchinari, un fastidioso beep che va in sincrono con il suo cuore
affaticato.
Vede una testa
bionda, addormentata
su un braccio piegato, ma il suo movimento deve svegliarlo. Alza il
capo, sul
volto ammaccato e pieno di bende gli occhi azzurri
brillano come finestre sul cielo.
“Obito!”
esclama incredulo, felice.
“Sei vivo!”
Lo guarda,
incapace di muoversi.
Sì,
sono ancora vivo.
Kintsugi
le
cicatrici d’oro
Kintsugi:
“riparare
con l’oro”
(Giapponese)
L’arte
di riparare la ceramica rotta
saldando i vari frammenti con l’oro.
Nasce
dall’idea che da una ferita
possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione, sia esteriore
che
interiore.
I
Come una
falena, sono attratto dalla tua fiamma.
“Com’è
possibile che ci siano ancora così tante pergamene? Avete
tipo
prosciugato una foresta per averle?”
Obito
dardeggiò gli occhi verso l’appariscente compagno
di lavoro,
nonostante avesse ormai superato l’esame chunin nessuna
minaccia dell’Hokage lo
aveva convinto ad abbandonate le sgargianti tute arancioni.
“Non
penso si possano prosciugare le foreste, non sono laghi” gli
fece
notare suo malgrado divertito.
Catalogare
e recuperare le pergamene del suo clan era una lavoro ingrato
ed era ancora incredulo che Kakashi gli avesse assegnato qualcosa del
genere,
soprattutto una volta scoperta l’ingente quantità
di materiale. E doveva farlo
da solo!
A onor
del vero, al suo fianco avrebbe dovuto esserci anche l’altro
Uchiha superstite, ma ormai Sasuke preferiva girare a zonzo per il
mondo
preoccupandosi solo di tanto in tanto per tornare a rassicurare Naruto
e Sakura
che, sì, era ancora vivo e no, non era ricaduto in nessuna
brutta strada.
Perciò Obito si era trovato da solo a dover cercare,
controllare, tradurre e
archiviare tutte le pergamene della famiglia Uchiha.
Dopo
quello che era successo con Madara era meglio che tutti i segreti di
quel Clan maledetto fossero messi alla luce, in modo di non inciampare
più
impreparati a future situazioni di crisi.
Ovviamente la maggior parte delle pergamene, soprattutto
quelle con i
jutsu più pericolosi e le informazioni più
interessanti, erano cifrate non solo
in modo che potessero essere lette soltanto da chi possedeva lo sharingan, ma da chi
aveva addirittura sviluppato
il Mangekyu. Per loro fortuna, entrambi i due sopravvissuti lo
possedevano –
senza contare il formidabile rinnegan di Sasuke – ma era una
consolazione
inutile considerando che Obito era comunque solo a occuparsene.
Un
rumore maldestro lo rianimò dalla propria commiserazione e
spostò
l’attenzione verso Naruto che, nel tentativo di non pestare
un rotolo, era
inciampato su un tavolino basso e di conseguenza aveva sbattuto contro
la
libreria con la fronte facendosi precipitare addosso tutti i libri
rilegati.
Seriamente:
come poteva un impiastro del genere aver unito tutte le
cinque nazioni ninja e vinto la guerra?
“Ah,
dattebayo! Adesso sistemo, adesso sistemo!”
assicurò guardando
attorno il proprio disastro.
Obito
sorrise con affetto. Naruto non aveva lo sharingan, non poteva fare
nulla in quell’insulsa missione, ma quando poteva veniva
comunque ad aiutarlo.
Anche se in concreto la sua unica utilità era quella di
trovare le pergamene
più nascoste e ordinare quelle già tradotte
dall’Uchiha – anche se nel mentre
disordinava più di una mandria di bufali inferociti. Ma
averlo lì, con le sue
battute discutibili e l’entusiasmo infinito, gli rendeva quel
lavoro ingrato
meno insopportabile. Era più confortante avere al proprio
fianco qualcuno che
restarsene solo chiuso in quella casa per giorni, soprattutto se quel
qualcuno
era Naruto.
“Lascia
stare” lo rassicurò. “Tempo due secondi
e farai un altro
disastro”.
Del
resto era abituato a vivere nel disordine fin da piccolo, a
differenza dei suoi numerosi parenti non era mai stato un maniaco
dell’ordine.
Forse perché, vivendo senza genitori, nessuno gli aveva mai
insegnato che le
cose andavano rimesse al proprio posto dopo essere state usate.
Naruto
gli rivolse un sorriso confortato – doveva odiare riordinare
quanto lui – e gli pose le pergamene che aveva trovato.
“Casa
di un certo Ukiya” informò pomposo.
“Mh”
commentò non ricordando chi fosse. Prima che venissero
sterminati
gli Uchiha erano così tanti che difficilmente poteva
ricordarli tutti.
Prese i
rotoli e le mise sul mucchio davanti alle altre, mucchio che
nonostante il continuo lavoro non accennava a diminuire.
“Speriamo
non siano anche questi inutili diari personali”
biascicò
risentito.
Aveva
già mandato all’aria molte ore di lavoro scoprendo
troppo tardi che
certe pergamene erano diari di adolescenti paranoici, che avevano
deciso di
cifrare i propri insulsi segreti con lo sharingan. Una parte di lui era
tentato
di mandare comunque le traduzioni a Kakashi, chissà: magari
all’Hokage sarebbe
stato utile scoprire quante ragazzine Uchiha si erano prese una cotta
per lui.
Davvero,
aveva perso il conto di quante pergamene sprecate contenevano
confessioni d’amore verso il suo migliore amico.
E a me nemmeno
una,
piagnucolò. Era ingiusto che Kakashi, un esterno, fosse
popolare perfino nel
suo stesso clan tra le bambine!
“Comunque,”
riprese Naruto sedendosi al suo fianco, “Sasuke sta per
tornare”.
Si
bloccò e alzò i due occhi rossi su di lui, non
sapendo come dover
reagire a quella notizia. Naruto era, ovviamente, felice, ma non si
aspettava altro
visto che si trattava del suo tanto osannato migliore amico.
“Vi
ha scritto?” chiese, giusto per non far naufragare
l’allegria
dell’altro nel silenzio.
“Nah,
ma ho percepito il suo chakra. Non è lontano, domani
sarà qui”
confermò.
In cuor
suo Obito sperò che in realtà si fosse avvicinato
al Villaggio
Nascosto solo per passarlo senza fermarsi, con un’altra
direzione in mente.
“Non
sei contento? Così potrà aiutarti anche lui e
insieme finirete le
traduzioni!” insistette Naruto con gli occhi che brillavano.
“…Mh,
già” considerò e si sforzò
di sorridere solo per non deluderlo.
“Magari questa volta riesco a chiudere lui
qui dentro mentre io vado a spasso
per i fatti miei” aggiunse e si pentì che il suo
tono suonasse più sarcastico
di quanto avesse voluto.
Infatti
Naruto lo guardò con rimprovero.
“Sasuke
non va a spasso per i fatti suoi! Sta raccogliendo dati sui
piccoli villaggi ninja a rischio di crisi politica. È
comunque in missione” ci
tenne a difenderlo.
“Lo
so” borbottò soltanto.
Non
aveva voglia di discutere su quanto Sasuke fosse incredibile ai suoi
occhi e di come ora si stesse impegnando nel suo viaggio di espiazione,
a
essere onesti era già un miracolo che Naruto si fosse
ricordato di nominarlo
solo in quel momento.
Cercò,
quindi, di cambiare velocemente argomento e puntò la sua
attenzione sulla tecnica che aveva davanti iniziando a spiegarla.
Naruto
adorava conoscere nuove tecniche, perciò sapeva che con
quella lo avrebbe
distratto abbastanza a lungo da far cadere l’argomento.
Come
previsto funzionò, ne fu così entusiasta che
pretese di andare in
giardino per provarla insieme. Lo accontentò di un buon
grado, era piantato
davanti al tavolo da ore, una pausa all’aria aperta gli
avrebbe fatto bene.
Senza contare che avrebbe fatto qualsiasi cosa per rendere Naruto
felice e non
far crollare quel suo luminoso sorriso.
La pausa
durò solo qualche ora, finché Naruto non
rischiò di incendiare
una delle vecchie case tentando di usare in combo l’arte del
vento e del fuoco
come descritto nel rotolo. Era meglio che quelle tecniche andassero
provate in
un sicuro campo di allenamento e non nel giardino di casa.
Il
diversivo aveva però funzionato e non solo entrambi si erano
sentiti
più rilassati nello sgranchirsi i muscoli, ma Naruto non
aveva più parlato di
Sasuke e del suo imminente arrivo. Ripresero a lavorare più
tranquilli e
spensierati, in una sintonia invidiabile nonostante la poca
possibilità di
Naruto di rendersi utile.
Finirono
che fuori il sole era tramontato da molte ore – i lati
negativi
dell’inverno ormai prossimo – e Obito
provò a convincere Naruto a restare con
lui per cena. Purtroppo il ragazzo aveva già promesso a
Shikamaru e Choji di
fare una grigliate insieme, doveva quindi andare per darsi una cambiata
e
rendersi presentabile. Non insistette quindi, ma volle comunque
accompagnarlo
fino all’uscita del quartiere Uchiha, ogni secondo al suo
fianco era troppo
prezioso per non spingere ad averne un po’ di più.
Fu alla
grande porta di quercia che divideva la zona Uchiha dal resto di
Konoha che Naruto smise di gesticolare e parlare, si bloccò
verso l’uscita con
gli occhi incredulo. Dopo quella sua reazione, anche Obito
individuò la sua
presenza – nonostante il livello del chakra reso bassissimo
– e di conseguenza
non si stupì di vedere il compagno scattare verso il fondo
della strada.
“Teme!”
Obito
sperò che il suo cattivo umore non fosse troppo evidente
mentre si
avvicinava al nuovo venuto. Uchiha Sasuke, ovviamente, il suo ultimo
parente
rimasto in vita.
Naruto
lo aveva placcato in uno di quei suoi tipici abbracci soffocanti
da cui il compagno di team stava inutilmente tentando di liberarsi.
“Dannato
dobe, non urlare” protestò Sasuke in saluto.
“Credevo
arrivassi domani!” esultò Naruto.
“Perché non ci hai avvertiti?
Sakura lo sa?”
“Sì,
l’ho incontrata appena arrivato. Era di turno alla
porta”.
“Oh,
Sakura sì e io no!” sospirò allusivo
Naruto. “Guarda che lo dico a
Hinata, sarebbe divertente vedere uno scontro tra sharingan e
byakugan”.
Sasuke
inarcò un sopracciglio, ignorando deliberatamente
l’avvicinarsi di
Obito.
“Cosa
c’entra la Hyuga?”
“Ma
come, non te l’ha scritto?” domandò
sorpreso e davanti alla curiosità
dell’altro allargò il sorriso malizioso.
“Sakura e Hinata adesso stanno
insieme!”
“…Oh”
commentò con evidente sorpresa sul volto. “Hinata
non era
innamorata di te?”
“Ma
no!” scoppiò a ridere Naruto. “Come
può venirti in mente una cosa del
genere? Che stupidaggine!”
Sasuke
lo guardò come se fosse stupido e, in cuor suo, Obito si
trovò a
condividere la stessa esasperazione.
“Fa
finta che non io abbia detto niente” sospirò
arreso. “Quindi Sakura
sta con l’erede degli Hyuga?”
Naruto
colse immediatamente la smorfia di disapprovazione sul volto
pallido e non perse l’occasione per punzecchiarlo.
“Sei
geloso, teme?”
“Non
ho mai provato un interesse di questo tipo per Sakura”
dichiarò
impassibile.
Per Naruto
sì però,
macinò
infastidito Obito, gli occhi chiusi a fessura mentre notava che il caro
parente
non aveva fatto nessuna reale resistenza per liberarsi dalla presa di
Naruto e,
anzi, continuava a lasciarsi tenere stretto.
Decise
quindi di intervenire, giusto magari per far presenta
all’altro
Uchiha anche la sua presenza.
“Ti
ha chiamato Kakashi per quella questione?” domandò
sperando di non
far trapelare nel proprio tono quanto volesse attivare il kamui per
spedirlo il
più lontano possibile da Naruto.
Finalmente
Sasuke si degnò di spostare la sua regale attenzione su
Obito,
giusto per guardarlo come se fosse un dettaglio insignificante.
“Sì”
rispose solo, parco di parole.
Naruto
corrucciò lo sguardo, un po’ in allerta per il
tono teso di
entrambi gli Uchiha, e finalmente smise di stringere le braccia attorno
al
busto di Sasuke per fare un passo indietro e guardarli curioso.
“Che
questione?”
“Faccende
di clan” replicò lapidario Sasuke, al contempo
lanciò uno
sguardo di ammonimento a Obito. Era evidente che non avesse voglia di
parlarne
davanti a Naruto e, nonostante fosse dello stesso parare, dovette
frenarsi
dall’istinto di contraddirlo e spifferare tutto
all’altro ninja.
“Niente
di importante” minimizzò lo stesso per non farlo
preoccupare,
facendo inarcare un sopracciglio a Sasuke.
Non gli
piaceva il modo supponente con cui lo stava guardando. A essere
onesti, Sasuke non gli piaceva per niente e non riusciva a credere che
una
persona eccezionale come Naruto fosse così tanto legata a un
tale bastardo. Il
suo atteggiamento era perfino peggiore di quello che aveva Kakashi da
bambino,
quando era tutto un rispettare le regole, prima che lui e Rin
smussassero in
parte la sua arroganza. L’atteggiamento di
superiorità e la freddezza che
caratterizzava ogni suo sguardo era la stessa, senza contare il modo
sprezzante
con cui lo trattava, come se fosse una scartina a malapena degna della
sua
presenza, e senza aggiungere la diffidenza del più piccolo
nei suoi confronti,
anche ora era palese dal modo in cui faceva dardeggiare gli occhi tra
lui e
Naruto.
Sì,
è stato tutto il giorno a casa
mia e ci siamo pure allenati insieme!, avrebbe voluto
rinfacciargli, ma
si morse la lingua per non cedere a quel suo lato infantile.
“Uhm…”
ronzò Naruto fissandoli sospettosi, socchiuse gli occhi e
incrociò
le braccia al petto. “Va bene, ma se avete bisogno di aiuto
per far ragionare
Kakashi ci penso io” assicurò annuendo con
convinzione.
“Non
serve che tu ti immischia, dobe” lo seccò Sasuke,
distruggendo in un
istante tutta la sua motivazione. Invece Obito ora si sentiva molo
più motivato
a tirargli un pugno su quel suo viso di ghiaccio.
L’espressione
ferita rimase però solo un secondo sul volto abbronzato di
Naruto, subito la sostituì con un sorriso gioioso.
“Certo,
ne parleremo quando verrai a supplicare il mio aiuto” lo
sfidò e
gli diede un pugnetto scherzoso sull’unico braccio.
Non se
l’è ancora impiantato,
considerò
Obito e nel mentre gli tornò in mente lo shock che lo aveva
scosso quando si
era accorto, una volta sveglio alla fine della guerra, che Naruto aveva
perso
un braccio. Fortunatamente, grazie alle cellule di Hashirama erano
riusciti a creare
una protesi. Sapere che anche Naruto aveva una parte del corpo
artificiale,
proprio come lui, lo faceva sentire ancora più vicino al
ragazzo.
Sapeva
anche che era pronto un braccio per Sasuke, ma lui non aveva mai
dato l’autorizzazione di procedere con l’operazione
nonostante le insistenze
dei suoi compagni di team.
“Eh,
senti, Sasuke!” riprese a parlare Naruto senza abbandonate il
tono
entusiasta. “Vado con Shikamaru e Choji al negozio di carne.
Vuoi venire? Paga
Shikamaru” assicurò con il sorriso che diventava
sempre più largo.
Obito lo
guardò ferito, a lui non l’aveva
chiesto…
“No”
rispose impassibile Sasuke, senza aggiungere altro.
Ancora
una volta lo odiò profondamente per avere permesso
l’espressione
delusa negli occhi azzurri.
“Sì,
effettivamente sarai stanco dal viaggio…” lo
giustificò comunque e
Obito sentì la frustrazione salirgli alla gola per quel
sorriso un po’ meno
luminoso.
Naruto
alzò una mano per salutare entrambi, si voltò in
particolare verso
di lui – che per tutto il tempo aveva ignorato, troppo
interessato all’altro
Uchiha.
“Allora
ci vediamo domani, così finiamo” promise.
“A
domani” assicurò ricambiando il sorriso, anche se
dubitava fortemente
che sarebbero riusciti a finire, ci voleva come minimo
un’altra settimana.
Naruto
se ne andò, senza prima aver colpito con un altro pugno
scherzoso
il teme, poi iniziò a correre per la strada buia di Konoha,
preoccupato di fare
tardi. Obito lo fissò finché non girò
un angolo e sparì dalla sua visuale.
Si
accorse solo in quel momento del modo in cui lo guardava Sasuke, un
modo che non gli piaceva, come se lo stesse deridendo.
Infilò le mani dentro le
tasche e cercò di ricambiare quello sguardo con la stessa
ostilità.
No,
Sasuke Uchiha non gli piaceva per niente.
Alla
fine quello, senza salutarlo o accennare qualsiasi altra cosa,
riprese a camminare verso la propria casa, una mossa fastidiosa
considerando
che abitavano vicini.
Per un
periodo Naruto aveva insistito perché i due Uchiha vivessero
insieme, nella stessa casa. Siete
parenti, almeno vi fate compagnia, ‘tebayo.
Fortunatamente
era riuscito opporsi, in nessuno modo sarebbe riuscito a sopravvivere
con un tale bastardo sotto lo stesso tetto. Perfino Madara era stato
più simpatico
di lui.
I suoi
occhi si colorarono di rosso e la figura del Kamui si dipinse
nell’iride, mentre il familiare risucchio lo trascinava nella
sua dimensione.
Non aveva nessuna intenzione di fare la strada insieme a quel bastardo.
Per
Obito, ammettere di essere innamorato di Naruto era stato abbastanza
semplice; abbandonare il ricordo di Rin si era rivelato invece
più complicato.
Per così tanto tempo erano stati i suoi sentimenti per Rin a
tenerlo vivo, a
permettergli di andare avanti e di scegliere, anche per fare le cose
sbagliate.
Non aveva mai amato nessun’altro che lei, era sempre stata
l’unica occupante
fissa del suo cuore (anche se sia Kakashi che Minato avevano preteso
uno
spazietto quando erano diventati una squadra). Dopo la sua morte, era
stato il
ricordo di Rin la linfa vitale che lo aveva nutrito, aveva continuato a
essere
la luce che doveva raggiungere nell’illusione di liberare il
mondo dal dolore.
Rin era stata la sua forza e abbandonare quei sentimenti
così radicati in lui
era stato impossibile in un primo momento. Ma accettare la sua morte,
al fatto
che non ci sarebbe stato nessun mondo onirico dove incontrarla di
nuovo, lo
aveva portato – passo dopo passo – allo smettere di
amarla. Cioè, l’amava
ancora, ma appunto come si ama una persona morta, che non
potrà mai più
sorridere e ricambiare il tuo amore. Un amore che si era cristallizzato
nel ricordo di un amore passato.
Era
stato devastante.
Aveva
quasi avuto il gusto di un tradimento, di un madornale errore. Lui
era Uchiha Obito, lui doveva amare Rin, lui apparteneva a Rin e
soltanto a Rin.
Era stata lei a permettergli di mantenere la propria coscienza intatta
quando
era diventato il Jinchuurike del Juubi, con che diritto poteva ora
voltarle le
spalle e lasciarla andare? Era qualcosa che non credeva di poter fare,
eppure
giorno dopo giorno aveva sentito quei sentimenti liberarsi di lui,
scivolare
come l’acqua nei palmi delle mani.
Forse il
suo cuore gli stava dicendo di andare avanti, di non aggrapparsi
più al ricordo di una luce, ma di aprire gli occhi in cerca
di una vera luce
che illuminasse quell’inferno.
Non ci
aveva messo molto a capire che quella luce era Uzumaki Naruto.
Anzi, lo aveva capito subito, fin da quando nel loro scontro le loro
anime
erano entrate in contatto e lui si era arreso, lasciando che estraesse
i Biju
da lui. Quando aveva lasciato che quegli occhi blu, fermi e decisi
– animati
dalla stessa luce coraggiosa e fiduciosa che brillava in quelli di Rin
quando
lo guardava – gli ricordassero chi era, che quella mano calda
– rassicurante
come quella di Rin – lo afferrasse e trascinasse verso di lui.
Naruto
era la luce.
Per
questo motivo aveva deciso di morire per lui durante la guerra, di
prendersi quell’attacco di Kaguya al suo posto e salvare al
contempo Kakashi.
Aveva anelato alla morte come espiazione per tutto quello che aveva
causato,
come unica punizione giusta per i suoi errori. Come una falena, aveva
pensato
che l’attrazione per quella luce lo uccidesse e lo aveva
accettato pur di stare
a contatto per qualche secondo con quella fiamma.
Ma
Naruto lo aveva salvato, ancora una volta, una terza volta, e si era
risvegliato vivo a Konoha, qualche settimana dopo la fine della Guerra.
Naruto
aveva voluto che restasse in vita e, per questo, aveva deciso che
la sua vita gli apparteneva interamente. Se non era morendo che poteva
ottenere
il perdono, lo avrebbe fatto dedicandosi unicamente a lui e a quel
sogno che
aveva tradito. Non sapeva quando quella convinzione fosse stata
contaminata dai
nuovi sentimenti, ma non gli importava.
Sapeva
che quello che aveva con Naruto era anche troppo, che il fatto che
non lo odiasse e anzi fosse suo amico era un miracolo prezioso. Dopo
tutto il
dolore che gli aveva causato non si sentiva degno nemmeno di camminare
al suo
fianco. Era destino che in un modo o nell’altro il suo amore
non potesse mai
venire ricambiato.
Ma
andava bene, sul serio: riusciva a vedere Naruto quasi tutti i giorni
e anche se non poteva seguirlo nelle missioni fuori Konoha (i Kage
avevano
infatti preteso almeno un lungo periodo di domiciliari in cui gli era
vietato
uscire dalle mura del Villaggio, periodo che stava ancora scontando)
sapeva che
sarebbe sempre tornato a trovarlo.
Però
– c’era il però
ovviamente
– nonostante avesse accettato di buon grado il suo ruolo di
sfondo nella sua
vita e non pretendesse nulla di più di quanto già
aveva, non poteva evitare la
gelosia. Non tanto delle nuove ragazze che in quanto Eroe avevano
iniziato a
idolatrarlo, ma dei suoi legami stretti e, da quando Sakura e Hinata si
erano
sorprendentemente innamorate l’una dell’altra, era
rimasto in particolare un
legame a torcergli le viscere.
Uchiha
Sasuke.
La sua
gelosia lo faceva sentire in colpa, un altro carico in aggiunta di
quello già gravoso che portava sulle spalle. Che fosse stato
con Sasuke o meno,
Naruto aveva il diritto di avere una persona speciale da amare e che si
prendesse cura di lui. Di
certo quella
persona non poteva essere l’assassino dei suoi genitori,
l’uomo che aveva
scatenato una guerra a sue danni e aveva tentato di ucciderlo
più volte. Non
aveva nessun diritto di imporsi.
Ma non
riusciva a evitarlo, ogni volta che Naruto parlava di lui e gli
brillavano gli occhi sentiva un pugno al centro dello stomaco. Voleva
essere
lui il motivo di quello sguardo e quel sorriso ma, ancora, come poteva
pretenderlo?
Forse,
se si fosse stato trattato di un altro invece dell’Uchiha
sarebbe
andata meglio, qualcun altro che non fosse stato un tale algido
bastardo, che
continuava a lasciarlo solo e lo aveva ferito in ogni modo possibile.
Anche tu,
ricordò
la vocina maligna nella sua testa che assomigliava un po’
troppo a quella dello
Zetsu Nero per i suoi gusti. Era comunque una consapevolezza reale e
perciò
fece una smorfia. Non aveva nessun diritto di giudicare Sasuke quando
era stato
ben peggiore di lui in passato.
Guardò
la stanza in cui si era trasportato grazie al Kamui, era la stessa
dove fino a qualche minuto prima aveva lavorato con Naruto. Gli
sembrava che
tra le pareti riecheggiasse ancora la sua risata, ma non
c’era più e si sentì
solo.
Ci vediamo
domani.
Quel
pensiero lo rasserenò almeno in parte.
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