When you are the toxic one

di Kagedumb
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II. - Era la mia via di fuga.

 
Quella sera cambiò tutte le carte in tavola. Se fino a quel momento, io e Noctis avevamo passato i pomeriggi insieme solo a giocare ai videogames e a mangiare schifezze, ci ritrovammo improvvisamente a rivedere le nostre abitudini comuni e a capire, (o meglio, accettare), che qualcosa stesse cambiando.
Andavo da lui, come al solito, ma tra una partita e l'altra c'era qualche bacio. In segreto. Succedeva solo nella sua stanza.
E guai se quell'informazione fosse accidentalmente trapelata fuori da quelle mura.
Ci sarebbero state non poche conseguenze, ed io onestamente non avrei volute scontarle.
(E nemmeno Noct).

In quel periodo infatti, ero impegnatissimo (per modo di dire), con un'altra persona, e non è che questa mi trattasse proprio bene... ma nonostante tutto, non avevo mai il coraggio di finirla, di dire "basta". Forse, perché ero letteralmente intrappolato nell'abitudine, o forse per la paura di rimanere da solo dopo tutto quel tempo. Non ne sono sicuro.
Il punto è che Noctis era la mia via di fuga.
Tutto quello che non ricevevo dall'altro, me lo dava Noctis: le risate, l'affetto, il tempo da condividere, le attenzioni.

Ricercavo freneticamente la relazione romantica in cui avevo fallito per circa due anni della mia vita fino a quel momento.
E se a crearmi un falso senso di attaccamento fosse stato il sesso,  facendolo troppo presto e senza pensarci due volte,  andava bene così; e dunque, quel tipo di sesso, ha prodotto in me una cacofonia di false speranze iniziali. One-night stands divertenti, emotivamente fortissime (perché erano tutte con Noctis), ma che hanno fatto nascere in me delle domande a cui non volevo rispondere, e una paura cresente, angosciante, di rimanere solo per sempre.




La mia trasformazione è iniziata quando ho lasciato andare quella relazione tossica ed emotivamente instabile di cui mi portavo gli strascichi da due anni. Mi liberai del terribile senso di oppressione, mi sentii rinato, libero di spiccare il volo, di fare quello che volevo... e quello che volevo, era Noctis. Le porte del divertimento si spalancarono ed iniziai a lasciarmi andare, diventando quasi imprudente nella mia liberazione. Stavo reclamando un senso della mia mascolinità e indipendenza proprio nel mio vagabondaggio sessuale, e mentre Noctis mi rimproverava dicendomi "Non è che ci stai pensando, a noi?", "La prendi seriamente?", "Se ci inizi a pensare, non facciamolo più", iniziai anche a mettere su una corazza.
E mentre sempre più spesso ero da lui, sempre più spesso ero anche da altri.

Solo quando ho iniziato a rendermi conto che il mio comportamento stesse diventando sempre più disparato dai miei presunti valori e intenzioni, ho scoperto una verità: ero caduto nella trappola. Dicevo che volessi un partner romantico a lungo termine, qualcuno a cui potevo esporre il mio io crudo, qualcuno che potesse capire ed essere con me in un'autentica vulnerabilità... Eppure mi stavo presentando in certe situazioni, mentendo palesemente, dicendo che in realtà non cercavo nient'altro che "divertimento".
E lo dissi anche a Noctis. "Va bene così, io non ci penso mai."

"Oh sì, è davvero divertente farsi possedere, devo dire.
Certo che vengo a casa tua solo per quello, scherzi? Mica ci piango la notte e ci penso per più della metà del mio tempo.
Io sono tranquillissimo, in questo momento non cerco niente e non mi aspetto niente."
(Sono sarcastico).



È stato un viaggio fluido, dinamico e pieno di spirito di innamoramento di ciò che sono nel profondo del mio nucleo.
Peccato che per un primo momento non fosse ricambiato. La paura era davvero troppa.



"Non è la prima volta che parliamo e mi mandi frecciatine riguardo quello che facciamo."
"I-io... Cioè, è solo che..."
"Che c'è? Ci pensi?"
"Sì! No, cioè, no! No che non ci penso! Per me va benissimo così! Credo sia divertente fare queste cose e contemporaneamente essere liberi!"

Un mulo parlante sarebbe stato più credibile di me, sicuramente.






Ci siamo conosciuti negli anni migliori, io ero ancora al liceo. Tutti quegli anni fa, e qualche frammento casuale di saggezza prescientifica, ci ha impedito di diventare amanti, nonostante ognuno di noi avesse fasi di desiderio romantico reciproco. Se uno di noi avesse agito su quei desideri, non c'è dubbio che la nostra amicizia non sarebbe durata come invece è stato.
Se fossimo usciti allora, oggi sarebbe un ricordo debole e distante, un rapido "Mi ricordo quando" seguito da una risata o una leggera rabbia, come per tutte le altre persone che ho avuto nella mia vita. Sono grato che i tempi sfavorevoli e l'insicurezza giovanile abbiano funzionato contro una cotta adolescenziale impulsiva e lo abbiano reso, invece un pilastro della mia vita. L'amore sconfinato e il sostegno che trasudava quando eravamo al liceo, divenne il modello per quello che cercavo in un compagno di vita. 

Noctis fu il primo ad amarmi nel bene e nel male. Fu il primo a vedere ogni parte disgraziata, brutta ed egoista di me e non lasciarmi le spalle scoperte.
La nostra amicizia ha attraversato circa sei anni e, anche se alla fine i nostri percorsi sono divergenti, i ricordi di lui sono sempre stati il ​​mio conforto nel tempo. Mi scaldano con la loro prova che la fiducia e l'affetto autentico possono esistere anche nel mio cuore, spesso vacillante e instabile.



Ma lui non sembrava della stessa idea. Noctis era libero, perché essere un principe gli stava stretto. "Abbassa il volume", "Non tornare tardi", "Dove vai?", "Con chi esci?" erano per lui gabbie, oppressioni, ostacoli e modificazioni della sua spensieratezza. Se persino ai suoi avrebbe risposto male, figuriamoci come avrebbe gestito il suo bisogno di libertà in una relazione amorosa. Nah, ho sbagliato io.

Da adolescenti, abbiamo riso in modo incontrollabile. Ci sono state ore di battute senza sosta, dibattiti sugli argomenti più banali, un senso esteriore di avventura. Era troppo vicino per essere platonico ma troppo sacro per ritenere romantico. Anche adesso, faccio fatica a descrivere cosa significasse per me quando avevo diciassette o diciotto anni.
Il suo vasto cuore e la sua anima eclissavano ogni parte della mia esistenza egocentrica. Non era per niente come me, tutto l'opposto, ma la mia amicizia con lui mi ha aiutato a ritagliare le parti belle della mia identità. È diventato un pezzo essenziale del mio essere, e ovviamente ci è voluta la rottura definitiva, per farmelo capire.





Questo dolore mi inganna.
Mi attira nella sua oscurità. Cerco di conquistare il mondo e superare in astuzia la sua trappola, ma mi raggiunge, mi trasforma in un bambino debole e indifeso che non può fare altro che rannicchiarsi sotto le coperte e piangere. Mi ricordo il "vecchio me". Credevo di essere migliorato.
Almeno un po'.






Quella sera d'estate, quando aveva quel suo mal di pancia incontrollabile, le cose cambiarono di netto. Io, cambiai di netto.
E lui si rifiutava di pensarci.
E per quanto si pavoneggiasse di avermi visto così, di volermi possedere nei miei orgasmi e nel mio "star bene", non voleva tutto il resto; non voleva le responsabilità, le preoccupazioni da dividere in due, la moltiplicazione delle ansie.

L'ennesimo grido di libertà: "Non so cosa voglio."
Mi crollò il mondo addosso.




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