Bufere

di _Glaucopis_
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Calipso si lasciò sfuggire un sospiro accorato.

Aveva immaginato quella vacanza in modo completamente diverso. Credeva che i sogni sarebbero divenuti realtà, che lei e Odisseo avrebbero finalmente avuto un’altra possibilità.

Poi alla stazione quella bellissima ragazza le si era avvicinata tenendo un neonato in braccio e con un sorriso aveva detto “Sono Penelope, la fidanzata di Odisseo. Questo è nostro figlio, Telemaco. Piacere di conoscerti, Calipso!

A quanto pareva, nel periodo in cui lei e Odisseo si erano conosciuti lui e Penelope si erano semplicemente presi una pausa. Quando era tornato ad Itaca aveva scoperto che era incinta ed ora erano più uniti e felici che mai. Buon per loro.

C’era da aspettarselo.

Odisseo aveva diciotto anni. Calipso quindici. Probabilmente la vedeva come una bambina.

E poi aveva costantemente bisogno di affetto. Non poteva stare con una ragazza che avrebbe avuto l’occasione di vedere al massimo per tre mesi e due settimane all’anno.

Però… era stata comunque una batosta.

Ora, come se non bastasse, mentre gli altri erano rimasti in città, lei era bloccata nella baita con quella sottospecie di elfo sudamericano. Non avevano parlato tantissimo, ma le dava sui nervi.

Prima di tutto, era arrivato in ritardo al punto di ritrovo del gruppo.

Secondo, flirtava ventiquattro ore su ventiquattro con qualsiasi essere femminile gli si trovasse davanti.

Terzo, era sempre intento a costruire qualcosa, il che non era una brutto di per sé. Il problema era che Leo faceva sempre un rumore assordante e lasciava attrezzi e pezzi meccanici in giro per l’alloggio.

Lanciò un’occhiataccia al cielo tempestoso. “Lo trovate divertente?” mormorò in greco.

“Ehi, Raggio di Sole, non è che io sia felicissimo di essere bloccato qui con te”

Lei lo guardò con la bocca semiaperta.

“Sì, parlo anche greco. Non è la lingua che uso di più, ma so parlarlo”

“Non chiamarmi Raggio di Sole” si limitò ad intimargli Calipso.

Le due ore seguenti passarono quasi in totale silenzio, finché il ragazzo non si trovò in difficoltà con dei fili di bronzo che non riusciva a legare bene.

“Dai qui” gli disse Calipso prendendoglieli dalle mani.

Si mise al lavoro assieme a lui, e quello fu l’inizio del grande cambiamento.

Improvvisamente Leo divenne la persona con cui preferiva parlare tra i membri della combriccola, quello che più di tutti riusciva a farla ridere e stare bene.

Spesso la sera sedevano assieme al tavolo e lavoravano a qualche progetto in perfetta armonia.

Quando la vacanza terminò, al contrario di quanto Calipso si era aspettata, non presero ad ignorare l’uno l’esistenza dell’altra, e anzi si parlarono via telefono ogni giorno.

Non era affatto felice di essersi liberata di quella sottospecie di elfo, cosa che i loro amici trovavano sorprendente.

Quell’estate Leo venne a trovarla sulla sua isola sperduta. Passarono tre magnifici mesi pieni di avvenimenti.

“Non dimenticarmi, eh?” gli disse al molo, prima che lui se ne andasse.

L’isola era così piccola e sconosciuta che non aveva un porto vero e proprio. Leo avrebbe dovuto raggiungere la nave su una piccola barca.

“Tornerò per te, Calipso. Lo giuro”

Lei sorrise, e con un bacio d’addio si divisero.

Le sarebbe mancato. Dei, se le sarebbe mancato. I cinque mesi senza di lui sarebbero stati completamente vuoti, se non fosse stato per le loro chiamate e i messaggi.

Ma era felice di poter aspettare qualcuno che sarebbe tornato.





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