Barely breathing

di funny1723
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BARELY BREATHING









Il dolore è un'illusione
visto dalla prospettiva degli atomi,
ma non per questo fa meno male.










Ci sono giorni in cui sentirsi felici è praticamente impossibile, Buffy ormai questo lo sa. Sa che a volte una persona non ce la fa semplicemente più ad andare avanti, che a volte anche solo fare un altro passo è troppo e che arrendersi può essere l’unica opzione in certi casi. Perché la vita a volte è decisamente troppo da sopportare, troppo intensa, troppo dura, troppo viva.
E forse è per questo, perché sta vivendo un giorno del genere, che quando vede Spike seduto sotto al portico di casa sua si arrabbia. Perché Buffy sa che lei giorni del genere non se li può permettere, perché sa che essere una Cacciatrice non è solo un onore, ma anche – e soprattutto – una maledizione e che essere l’eroina ti rende un modello perfetto. E se sei su un piedistallo, se sei una bambola di ferro messa a protezione dell’umanità intera, non hai il diritto di mostrarti triste, fragile. Umana.
E allora vedere Spike fuori da casa sua la fa arrabbiare davvero, perché lui è morto e anche se è morto ha il diritto di essere più vivo e umano e libero di quanto Buffy non sarà mai.
Ed è stanca, perdio, è davvero stanchissima, ma sa che a volte passare il testimone non basta, a volte neanche morire basta. Sa che se è ancora qui, sa che se è – di nuovo – viva un motivo c’è. Sa che tutti fanno affidamento su di lei, sa che Willow e Xander e Giles e Dawn hanno bisogno di lei, eppure ogni volta che chiude gli occhi spera di non riaprirli più. Mai più. Perchè a volte si sente come una un mosaico di ombre cinesi contro un muro fatiscente di una casa abbandonata. Si sente come la fiamma di una candela in mezzo ad una tormenta, un fiammifero sotto la pioggia.
E poi ci sono giorni così, giorni in cui sentirsi felici è praticamente impossibile, e tutto va in malora ancora più in fretta,perché in giorni così sentirsi di nuovo se stessa è ancora più difficile. La sua vita è diventato un tunnel oscuro, un vortice di emozioni e nulla dentro cui Buffy si sente perduta.
Chiude gli occhi, conta fino a otto e li riapre. Accarezza uno dei cuscini rosa che ha appoggiato sul letto.
Ricorda che quando era piccola, sua madre ogni sera entrava nella sua stanza e con fare serio, da adulto responsabile, guardava sotto il suo letto e dentro l’armadio, così da assicurarsi – e assicurarle – che non ci fossero mostri nascosti nel buio. Ricorda la sensazione di sicurezza che le dava il sapere che sua madre era lì per lei, che non importava l’ora o il luogo, qualcuno ci sarebbe sempre stato per lei. Era salva, amata.
Adesso però sua madre non può più guardare sotto il suo letto, ora nessuno può dirle che non ci sono mostri che si aggirano nella notte. Adesso non c’è più nessuno a preoccuparsi per lei, per quello che sente, per il fatto che ora Buffy i mostri li deve scacciare da sola. Adesso c’è solo lei.
E forse è perché si sente sola o forse perché sola lo è davvero che si ritrova ad aprire la porta e ad invitare Spike ad entrare. Perché ci sono giorni in cui rimanere da soli è troppo difficile, ci sono giorni in cui di guardare sotto il letto o dentro l’armadio non ha la forza.
E forse Spike non sarà mai l’amore della sua vita o non sarà mai la prima persona su cui poter fare affidamento, eppure lui è lì, per lei, con lei, sempre e da sempre. E allora quelle parole, quel Non startene fuori da solo Buffy lo dice con naturalezza, quasi con sollievo e per tutta la notte, stretta fra le braccia di Spike, si chiede se fossero indirizzate a lui o a se stessa.
 




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