Non
fermarti
**
Konoha
si
estende sotto di loro animata come suo solito, un incastro di case
variopinte e
dalle forme bizzarre, come se fossero costruzioni per bambini; tra le
vie si
vedono gli abitanti affaccendarsi, i negozi chiudere, i bambini correre
e i
ninja saltare sui tetti. Tutto sembra riflettere e catturare la luce
del sole
all’orizzonte, come uno specchio del cielo arancione.
È
una bella
vista, Naruto lo porta là su raramente – quel
posto, sulla testa del Quarto
Hokage, suo padre, è un luogo privato dove non
può pretendere di imporsi, è il
luogo segreto di Naruto.
Ma ci
sono
momenti in cui Naruto trasporta entrambi sulla testa di pietra, a volte
senza
nemmeno avvisarlo. La prima volta voleva solo mostrargli la vista di
Konoha da
lassù, come tutto sembri più piccolo, un
modellino della città. Le altre volte
erano stati momenti in cui c’era bisogno di un piccolo
rifugio solo per loro,
un posto dove la città non potesse vederli.
Obito sa
perché sono lì. Anche se Naruto ride e ciarla
come suo solito, lo legge nei suoi
occhi azzurri che evitano il contatto visivo, la voce di una nota
appena più
nervosa del solito – come se affannasse per cercare un
argomento vuoto di cui
parlare – e le mani agitate che tamburellano sulla pietra, le
cosce, le
braccia.
Il sole
è
solo uno spicchio sulle mura quando si zittisce. Guarda diretto verso
quella
luce, senza paura di bruciarsi gli occhi. Obito guarda lui, la sua
figura
risplendere nell’oro e nel ramato del tramonto.
“Domani…”
“Lo
so” lo
interrompe calmo, un tentativo di rassicurarlo nonostante il cuore
precipitato
nello stomaco. Smette di guardarlo, abbassa gli occhi sulla
città sempre più in
ombra. “Domani inizierà il processo, non
è vero?”
La
Quarta
Guerra Ninja è finita da quasi due mesi, è ora di
decidere cosa farne dei
colpevoli. I Kage erano così impegnati a occuparsi delle
faccende più urgenti,
come la ricostruzione di alcune città crollate, la
riorganizzazione del
sistema, le alleanze preventive, che Obito ha quasi potuto dimenticarsi
di
essere un prigioniero di Konoha.
Quasi.
Gli
sguardi
diffidenti, sgradevoli degli altri – occhi che lo seguono e
gli ricordano che
non è il benvenuto – sono un monito che gli ha
impedito di credere che si
fossero dimenticati di lui. Appunto, non è successo.
Sente
gli
occhi di Naruto su di sé.
“Andrà
tutto bene” dice sicuro, guidato dal suo incrollabile
ottimismo. Lo stesso che
il vecchio Obito avrebbe condiviso, del resto solo
un’inguaribile ottimista
avrebbe tentato così tante volte di essere un ninja, di
diventare un chunin,
solo un ottimista si sarebbe gettato a salvare i propri amici senza un
piano in
mente. Ma quell’ottimismo è stato polverizzato
dalla crudele realtà. Obito non
riesce a credere che andrà tutto bene.
Conosce
le
sue colpe meglio di chiunque altro e per questo sa che devono essere
punite, sa
del rancore che in molti provano nei suoi confronti, come in molti
accoglierebbero con gioia la sua sentenza di morte. Non tutti sono
disposti a
perdonare con così tanta facilità, non tutti
sanno frenare i propri moti di
odio e vendetta, mettere i propri sentimenti in secondo piano a favore
di un
obiettivo futuro. Soprattutto, solo una persona al mondo è
capace di porgere la
mano al proprio nemico, anche dopo che lui ha tentato di strangolarlo.
Sorride,
non può incolpare il mondo se esiste un solo Uzumaki Naruto.
“Mi
fido?”
chiede tentando di mantenere il tono spensierato, scherzoso.
Sussulta
quando sente Naruto appoggiare la mano sulla sua, stringere forte. Si
è
avvicinato con il viso, gli occhi che lo guardano così
decisi e vicini da
causargli un terribile déjà-vu, anche se quegli
occhi erano di un caldo
nocciola. Questi sono azzurri e limpidi come il cielo nelle giornate di
sole.
“Andrà
tutto bene, te lo prometto” ripete scandendo ogni sillaba, il
seguito della
frase resta implicito tra loro.
Non mi rimangio
mai la parola data.
Naruto
sporge ancor di più il viso, a sigillare quella promessa con
un bacio. Obito
ricambia, le labbra socchiuse e morbide, pronte ad accogliere quel
gesto.
Non
è la
prima volta che si baciano, ma sarà una delle ultime.
Per
questo
afferra con decisione la spalla del ragazzo e solo
l’increspatura dell’aria
attorno a loro segnala quello che sta succedendo. È la
frazione di un secondo,
entrambi spariscono dalla testa del Quarto Hokage, come se non ci
fossero mai
stati.
**
Lo
sveglia
la luce che filtra dalle serrande, hanno dimenticato di abbassarle la
notte
prima. Appena sveglio per Naruto è facile individuare il
chakra familiare che
si sta avvicinando alla sua casa. Sente nello stesso momento le braccia
che lo
circondano stringersi ancor di più al suo busto, Naruto
chiude gli occhi e fa
sparire il viso contro il petto dell’uomo.
Ancora un
po’, solo un altro po’… supplica
aggrappandosi a quel corpo che sta per essergli strappato via per non
sa quanto
tempo.
Il
bussare
secco alla porta è il termine ultimo della scadenza, ma
nessuno dei due si muove.
Anche Obito è sveglio, si scambia uno sguardo con lui:
riconosce nelle iridi
nere la stessa tentazione di fingere di non aver sentito.
Ma non
possono farlo.
Obito
bacia
i capelli biondi e con un sospiro Naruto coglie il messaggio,
è difficile
districarsi dall’intreccio dei loro corpi e quando lo fa
sente la pelle
scoperta venire aggredita dal freddo.
Ignorando
il fatto di indossare solo dei boxer, si dirige alla porta
d’entrata. Non si
preoccupa di mostrarsi mezzo nudo all’ex-sensei,
né di mitigare l’espressione
bellicosa sul viso, considerando il modo in cui sono lasciati il giorno
prima è
inutile farlo. L’Hokage sa cosa ne pensa in merito e non ha
cambiato idea.
Kakashi
lo
capisce e sospira, sembra anche imbarazzato di trovare il ragazzo nudo,
con i
capelli stravolti e i morsi sul collo che indicano una cosa sola. Non
crede che
riuscirà mai ad affrontare la relazione che sembra aver
legato il suo (ex)
migliore amico con il suo (ex) studente. Non può pensarci,
per lui è ancora un
bambino.
“To’,
l’Hokage in persona si scomoda” gli rinfaccia
Naruto con tono polemico.
Sospira,
sarà una lunga giornata.
“Preferivi
che mandassi un ANBU?” chiede calmo e quella domanda fa
oscurare gli occhi di
Naruto.
“No”
ammette in un segno di resa, si fa di lato permettendo
all’uomo di entrare
nell’appartamento caotico.
Dalla
camera da letto esce Obito, lui ha ben pensato di rivestirsi. Vede
Kakashi
aprire la bocca, una smorfia davvero esausta nel volto, ma lo precede.
“Lascia
stare i formalismi. Lo so. Va bene” dice telematico, secco,
ma comprensivo e
rassegnato.
Va bene,
davvero va bene, è quello
che merita.
Deve affrontare la realtà, i suoi crimini.
“Almeno
ha
il tempo di una colazione?” sbotta mordace Naruto sedendosi
al tavolo della
piccola cucina. Ha la rabbia che ribolle nei suoi occhi, la posa dei
muscoli
rigida.
“Sì”
mormora Kakashi, anche se avrebbe dovuto dire di no. Obito non
è l’unica tappa,
deve passare anche a prendere Sasuke. Ma non lo nomina, non vuole
replicare la
scenata di ieri nel suo ufficio, non crede di poter gestire ancora
l’irruenza
di Naruto.
“Solo
qualche minuto” chiede pacato Obito. Sta tentando in ogni
modo di mostrarsi
calmo, ragionevole, ma anche nel suo corpo è visibile la
stessa tensione che
irrigidisce Naruto. Nessuno dei due vuole allontanarsi: non Obito, non
ora che
finalmente ha trovato una sorta di pace, di luce che possa scaldarlo;
non
Naruto, non dopo che l’ha già perdonato, non ora
che lo ama così profondamente.
Kakashi
distoglie lo sguardo, sentendosi colpevole.
“Ti
aspetto
fuori” lo avvisa, deciso a lasciare loro la
possibilità di salutarsi
decentemente.
Obito si
muove solo quando Kakashi torna fuori dalla stanza, chiudendosi la
porta dietro
le spalle. Si dirige verso Naruto, seduto al tavolo, e si inginocchia
posando
le mani sulle sue cosce. Il ragazzo contrae lo sguardo
azzurro,così chiaro da
fare male.
“Pessimo
tempismo per farmi la proposta” tenta di scherzare, anche se
il tono
forzatamente allegro è una pugnalata se accompagnato a
quello sguardo.
Obito
scuote la testa. “Andrà tutto bene”
dice, prova un sorriso convincente. “Non
sei tu ad avermelo promesso?”
Cerca di
ricambiare il sorriso, di ritrovare la propria sicurezza. Ma vedere
Obito
portato via da lui – sapere che anche Sasuke verrà
nuovamente portato via da
lui – lo distrugge pezzo per pezzo.
“Oh,
sì,
‘tebayo” promette con determinazione. “Se
i Kage non vorranno ascoltare, li
prenderò a calci in culo!”
Riesce a
sorridere davvero, con più convinzione, anche se sa in cuor
suo che le cose non
sono così semplici e forse non è così
giusto che continuino ad aggrapparsi a
quel modo a una futile speranza. C’è solo una via
di redenzione per lui.
Era un
ninja traditore. Ha ucciso migliaia di shinobi. Era un alleato di
Madara. Ha
attaccato villaggi per catturare i Jinchuurike. È
l’assassino del Quarto
Hokage. Ha attaccato Konoha. Era il leader dell’Akatsuki. Ha
causato la guerra.
“Accetterò
qualsiasi condanna” dice mesto.
“Non
ti
condanneranno”.
“Naruto,
sii realistico. Mi condanneranno a…”
Gli
viene
tappata la bocca con un bacio veloce, quasi rabbioso. Le labbra si
schiacciano
contro le sue senza voler essere sensuali, solo per ingoiare quelle
parole
rassegnate. Gli prende il volto fra le mani e lo guarda con decisione,
i nasi
che si sfiorano.
“No,
non
succederà” dice duro, come se bastasse davvero la
sua pura convinzione per
spezzare il destino. “Questa sarà solo una
formalità e tu starai bene, noi
staremo bene. Sono serio, non ho
intenzione di lasciare che qualche vendetta personale ti
uccida”.
“Non
è
vendetta, è giustizia”.
“No.
Ti ho
detto che avrei rotto il circolo d’odio, ricordi?
Succederà da adesso. È una
promessa troppo importante, che ho fatto a troppe persone,
perché io possa
venire meno alla parola data”. Lo guarda deciso, le dita che
premono gentili
sul lato destro del viso, i polpastrelli seguono i percorsi delle
cicatrici in
carezze di conforto. “Non arrenderti, io non lo
farò”.
Non
risponde, ma distoglie lo sguardo, ustionato dalla fiamma viva che lo
anima.
Vorrebbe avere metà della forza di Naruto, della sua
capacità di restare in
piedi anche davanti all’impossibile.
“Obito”
lo
chiama ancora, lo costringe ad alzare il viso per non distogliere il
contatto
visivo. “La tua vita mi appartiene, non gettarla
via”.
**
Gli
hanno
bloccato i polsi con bracciali che annullano il chakra, le bende
attorno agli
occhi hanno la stessa capacità. Una sorta contromisura
perché non possa usare
il kamui per scappare, né usare tecniche contro di loro, ma
è una premura
inutile, visto che si è consegnato a loro spontaneamente, e
le difese dei
sigilli sono così deboli che basterebbe davvero poco per
distruggerle.
Sa che
rinchiusi nelle prigioni di Konoha ci sono anche il team Taka, Sasuke,
Orochimaru e Kabuto. Si trovano però tutti in celle singole
molto lontane fra
loro, in modo di impedire la comunicazione. Ci sono sempre due ANBU a
guardia
delle sbarre, senza contare quelli che pattugliano tutto
l’edificio e
sorvegliano la zona circostante. Probabilmente tutte queste
contromisure non
sono abbastanza, ma nessuno fa davvero resistenza.
Sospira
e
si appoggia alla parete. Non ha bisogno né di mangiare
né di dormire, non può
fare nulla nel suo isolamento e questa attesa comincia a diventare
straziante.
Pensa a Naruto e a tutto il baccano che deve star facendo sopra, ai
piani alti.
Ci pensa e sorride, riscaldato anche solo al pensiero del suo ragazzino
biondo
e strafottente. Ci pensa e gli manca ogni minuto di più. Sa
di non saper amare
in un modo normale, che il suo amore è sempre legato a
doppio filo con
l’ossessione, che quando ama ci si aggrappa con tutta la
disperazione di un
naufrago.
È
quello
che è successo con Rin quando gli ha tolto la speranza,
è quello che è successo
con Naruto quando gli ha ridato la speranza.
Si sente
solo
e ha freddo. Non c’è nessun corpo accanto al quale
stendersi, con il quale
fingere di dormire in cerca di una normalità che agogna.
Nessun respiro
regolare e pesante a quietare la sua mente iperattiva, non ci sono
capelli
morbidi da accarezzare, mani da stringere, labbra da baciare…
È
solo, con
i suoi sensi di colpa.
**
“Le
colpe
sono troppe e tutte sono state ammesse” dice il Tsuchikage
con tono secco e perentorio.
“Non
si
tratta solo di semplici nuniken, ma anche in quel caso la pena
è sempre stata solo
una e specifica” continua il Raikage.
“Ma
in
passato i nuniken non sono mai tornati a servire ancora il proprio
Villaggio”
ribatte Gaara, le ombre sotto gli occhi più marcate del
solito.
Da
quando
la guerra è finita non ha avuto un solo giorno di riposo.
“Oh,
e
siamo sicuri che siano tutti tornati fedeli al proprio
Villaggio?” chiede con
ampio sarcasmo il Tsuchikage.
“Nobile
Onoki, sono tutti ex-ninja di Konoha” interviene Kakashi.
“Questo dovrei
deciderlo io”.
“Ma
le loro
colpe riguardano il coinvolgimento di tutti e cinque i nostri
Villaggi”
sentenzia la Mizukage. “Per questo siamo qui”.
“Per
evitare gli errori del passato, non possiamo più ragionare a
singoli Villaggi
con i propri segreti” dice appunto Gaara. “Queste
cose si decidono insieme,
l’Alleanza non deve cadere anche se la guerra è
finita”.
“Senza
contare”, riprende Onoki sporgendosi con il busto,
“che non credo che i Ninja
siano tornati per fedeltà a Konoha, ma per qualcun
altro”.
Un breve
silenzio cala fra le persone nella sala, si fissano tutti meditabondi,
pur
sapendo già chi sottintendano quelle parole.
“Uzumaki
Naruto” è alla fine la Mizukage quella che prende
la parola per prima.
Onoki
annuisce. “I due Uchiha seguiranno Uzumaki Naruto, non la
Foglia”.
“E
Orochimaru con i suoi scagnozzi sembrano essersi legati a Uchiha
Sasuke, quindi
di riflesso a Uzumaki Naruto” conclude il Raikage.
“Abbiamo
seguito tutti Naruto durante la guerra” s’infervora
Gaara, ma solo di un poco,
solo lo spostamento del busto in avanti e il modo familiare, dolce, con
cui ha
pronunciato quel nome lo testimonia.
“Durante
la
guerra serve un leader capace e fidato da seguire” conferma
Onoki. “Ma durante
la pace non è mai un bene legare la propria
fedeltà a una sola persona. Per
questo esistono i Villaggi”.
“Naruto
diventerà Hokage” fa notare pigro Kakashi.
“Diventerà la personificazione della
Foglia”.
“Ma
non lo
è ora e non sappiamo quanto ci vorrà”
insiste Onoki. “In quel lasso di tempo
potrebbe succedere qualsiasi cosa”.
“Naruto
non…”
“Naruto
potrebbe essere ucciso”, non si lascia interrompere, guarda
con occhi duri
Gaara,“da qualche nemico di Konoha, da qualche nemico della
pace. Il nostro è
un mondo che per decenni si è fondato sulla guerra, non
tutti accetteranno il
nuovo ordinamento pacifico. È per questo che dobbiamo essere
pronti a
proteggere questa pace”.
Kakashi
tamburella sul tavolo, lo sguardo perso a ricordare quelle parole
sentite solo
qualche mese prima, proferite direttamente dal suo ex migliore amico: è per proteggere la pace che nasce la
guerra.
Ora
sembrano
le parole terribili di un’imminente profezia.
“Naruto
è
il ninja più forte di questa terra, non si
lascerà uccidere così facilmente” fa
notare.
“Siamo
shinobi, Kakashi” mormora Mei. “Il nostro valore
non si misura nella forza o in
quante tecniche sappiamo usare, ma come le usiamo. Qualcuno
più abile di lui
può nascere e mettere in pericolo questa pace”.
“Quindi
è Naruto il garante della
pace” sorride
ironico Gaara.
Il
Raikage
lo fulmina con lo sguardo. “Uzumaki Naruto è il
garante della fedeltà di questi
nuniken che ci hanno portato alla guerra e alla quasi distruzione. Se
li
lasciassimo andare e perdessimo il garante, potrebbe
ricapitare”.
Gaara
cerca
di ribattere deciso, ma la Mizukage lo ferma con un’occhiata.
“Dobbiamo
essere pronti a tutto, anche al peggio”.
“E
solo per
ipotesi improbabili distruggiamo la vita di queste persone?”
chiede gelido.
“Sono
nuniken!” sbotta Onoki.
“Che
ci
hanno salvato nell’ultima Guerra”. Kakashi
è l’unico che riesce a mantenere il
tono calmo, distaccato. “Sasuke è stato
fondamentale per sconfiggere Madara e
Kaguya, Obito ha salvato la vita di Naruto e ha combattuto contro
Kaguya.
Perfino Orochimaru vi ha salvato il culo”.
Alla
menzione di quell’episodio il Raikage stringe le labbra in
una linea sottile,
gli occhi che brillano di disapprovazione.
“Dobbiamo
tenerne conto” termina.
“Teniamo
conto di tutto, ma la lista delle azioni buone”, Onoki fa una
smorfia scocciata
a questa espressione, “è molto più
breve rispetto a quelle delle cattive”.
“Hanno
causato tanta sofferenza” conferma il Raikage. “Non
possono essere lasciati
impuniti”.
“Uchiha
Sasuke è solo un ragazzino” mormora Mei.
“Le sue azioni passate sono state solo
un fastidio, più che altro. Il suo intervento in guerra
è stato molto più
rilevante”.
“Ha
tentato
di ucciderci” ricorda Onoki.
“Era
stato
manipolato perché lo facesse, il suo unico obiettivo era
Danzo e noi ci siamo
trovati in mezzo” replica Gaara calmo. “Chi
dobbiamo davvero considerare sono
Orochimaru e Kabuto, soprattutto per i loro esperimenti. E
poi…” Si volta a
guardare Kakashi. “Uchiha Obito”.
L’Hokage
sospira, nella testa le parole che Naruto ha urlato fino allo
sfinimento.
Non
sarà
facile.
**
Tenta in
un
primo momento di tenere il conto dei giorni, ma fallisce senza nemmeno
rendersene conto. L’attesa è come
un’unica e orribile giornata intervallata da
momenti in cui viene spostato nella Sala del Giudizio. Non crede sia il
suo
vero nome, ma è lì dove parla ai Kage –
immagini intermittenti dentro grandi
schermi di chakra
– e risponde alle
domande, alle accuse.
È
vero che
hai fatto questo?
Sì.
È
vero che
hai fatto quest’altro?
Sì.
E quella
cosa lì?
Sì.
Sì. Sì.
Vuoto e
piatto, conferma tutto; non ha più nessuna maschera dietro
la quale
nascondersi, l’ha promesso a Naruto. Ma essere sincero
è come scavare un tunnel
nel petto, più doloroso del raikiri di Kakashi.
Più gli espongono davanti i
fatti che ha compiuto, più si rende conto di quanto sia
imperdonabile.
Questa
volta l’ottimismo di Naruto non può salvarlo, ma
va bene così: era già pronto a
pagare con la vita, la sua volontà di rimediare in qualsiasi
modo – anche in
questo modo – non è cambiata. Se solo quello che
gli ha detto Naruto non fosse
vero…
La tua vita mi
appartiene.
Naruto
gli
ha impedito di morire, si è preso la sua vita, ha preteso
che vivesse al suo
fianco. Naruto non vuole che lui muoia, vuole che la sua espiazione
passi
attraverso la vita. Almeno per Naruto, deve sperare nel perdono
generale.
Sorride
al
pensiero.
Sperare equivale
ad arrendersi, ricorda a
se stesso quelle parole che aveva pronunciato davanti a Kage. Ha un che
di
ironico, ma forse alla fine è proprio così: lui
si è già arreso.
**
“Rilasceranno
Sas’ke-kun”.
Sakura
lo
dice quasi per caso, come se fosse una semplice notizia di poco conto,
ma
Naruto smette di respirare per qualche secondo.
“Davvero?”
chiede alla fine incredulo, felice.
La
ragazza
annuisce, è stato Kakashi-sensei a darle la notizia.
“È
stato
difficile convincere il Raikage ma… va tutto bene. Hanno
deciso che per il suo
aiuto fondamentale nella Guerra tutti i suoi ex-crimini sono stati
cancellati”.
“Meno
male!” esulta Naruto cadendo a terra sull’erba. Gli
dei solo sanno quanto è
stato in tensione questi giorni, di come abbia corso da una parte
all’altra nel
tentativo di avere informazioni, di parlare, convincere, spiegarsi. Per
qualche
motivo, nessuno ha voluto coinvolgerlo davvero.
Ma
Sasuke
starà bene, lo lasciano andare, questa è la cosa
importante. E tra loro tre
potrà tornare tutto come prima, potranno di nuovo essere il
Team 7, recuperare
quello che hanno perduto. Saranno ancora insieme, come è
giusto che sia.
Spalanca
gli occhi e alza il viso verso Sakura con urgenza.
“E
Obito?”
domanda ansioso. Se hanno risolto con Sasuke, forse…
Ma la
kunoichi si oscura e gira il volto lontano dagli occhi celesti.
“Obito
non
lo so, è… è più
complicato” risponde avara di spiegazioni, stretta nelle
spalle.
Non ne
sa
molto, ma quello che sa non può dirlo, Kakashi glielo ha
ordinato. Anche se
significa far stare sul filo del rasoio il suo migliore amico, deve
ubbidire.
“Non
lo è,
non è complicato” protesta Naruto, lo sguardo
contratto e la voce lamentosa.
“Non lo è, dattebayo” ripete.
Sakura
vorrebbe davvero che fosse così semplice anche per lei, ma
non ci riesce ed è
certa che la stessa rimostranza trattenga anche gli altri. È
grata a Obito per
aver salvato la vita di Naruto e Kakashi, lo è davvero; ma
non può scordare che
ogni dolore che hanno sofferto è causa sua in un modo o
nell’altro. Accettarlo
come alleato contro Kaguya è stato semplice, erano nel mezzo
di una guerra e non
c’era tempo, ma non lo è accettarlo come compagno
di Naruto. Nonostante tutto
in sua presenza prova ancora un senso di allarme, timore, e non
può impedirsi
di studiare sospettosa ogni gesto che compie nei confronti
dell’amico, pronta a
difenderlo.
Si
chiede
come invece Naruto ci riesca, come possa addirittura amarlo,
perché lo ami. Non
riesce a trovare un senso, ma ricorda con chiarezza il modo privo di
incertezze
con cui Naruto le ha confessato “lo amo” un giorno
qualsiasi, senza che prima
ci fosse una sorta di preparazione alla notizia. Naruto ama Obito, non
l’ha
capito – non riesce a capirlo – ma l’ha
accettato. Come lei ha accetto i propri
sentimenti per Sasuke nonostante tutto il tempo passato, nonostante il
suo
tradimento e tutte le azioni contro di loro, ha anche accettato che
Naruto
possa amare Obito e lasciare che Obito lo ami.
Sakura
vorrebbe che andasse tutto bene solo per questo, solo per Naruto. Ma
purtroppo
non è certa che possa accadere davvero…
**
“Funzionerebbe
meglio se anche tu fossi più convinto nella tua
difesa”.
Obito
non
può vederlo, ma riconosce la presenza di Kakashi. La voce
familiare ha solo
confermato che l’Hokage è venuto nella sua stretta
cella. Deve essere in piedi,
perché la voce viene dall’alto e lui è
seduto sull’ultima panca disponibile.
“Più
convinto?” chiede ironico.
“Quando
è
il tuo turno di parlare ti accusi da solo”, gli fa notare,
“e non provi mai a
giustificarti”.
Sorride
senza rendersene conto, anche se non prova vero divertimento.
“Mi
stai
suggerendo di mentire?”
Deve
lasciare Kakashi di stucco con quella domanda retorica,
perché passano secondi
di silenzio prima che lo senta ribattere.
“No,
ti sto
chiedendo di spiegare perché lo hai fatto”.
“Credo
sia
chiaro a chiunque: volevo distruggere il mondo”.
Kakashi
resta ancora un po’ silenzio, abbattuto da quella rassegnata
passività.
“Così
non
riuscirai a evitare la condanna” mormora trattenendo a stento
il timore della
propria voce, perché la verità è che
Kakashi ha paura di fallire ancora nel
salvare l’amico. Non può permetterselo, non vuole
perderlo, non vuole deludere
Naruto.
Obito
sorride ancora, questa volta tenta anche una risata, ma è
così vuota da essere
raccapricciante.
“Non
voglio
evitare la condanna” ammette.
“Nemmeno
per Naruto?”
È
solo a
quel nome che riesce a ottenere una vera reazione, Obito si tira su con
la
schiena e sposta la testa verso dove immagina sia il suo viso.
“Naruto
non
vuole che tu venga condannato, lo sai? Sta facendo di tutto per
aiutarti”.
“Posso
immaginarlo” ammette.
“Quindi?”
È
il turno
di Obito a restare in silenzio, a cercare con cura le parole con cui
rispondere.
“Naruto
non
si merita una persona corrotta come me al suo fianco” dice
alla fine. “Forse
desidero solo un’espiazione per meritarlo, per giustificare
quanto ho già
avuto. Per questo sono disposto ad accettare qualsiasi condanna e non
mi
nasconderò dietro a giustificazioni”.
Kakashi
soppesa quelle parole con attenzione senza dire niente. Poi lo sente
muoversi,
conta i suoi passi e capisce che è arrivato alla porta della
cella.
“Avete
sentito?” chiede e Obito si chiede a chi stia parlando
finché una voce
metallica, come se provenisse da un microfono, risponde a quella
domanda.
“Sì”,
è la
voce del Kazekage si accorge, “e confermiamo quanto
deciso”.
Altre
persone entrano nella cella, gli si avvicinano. Poi la benda con i
sigilli di
chiusura viene sciolta dalla sua nuca e torna a vedere. Anche la
penombra della
cella gli risulta fastidiosa dopo essere stato così tanto
tempo al buio. Ci
sono due guardie ANBU davanti a lui, gli sganciano le catena sui polsi
e lo
liberano da tutti i sigilli di blocco. Ma la sua attenzione viene
subito
calamitata da Kakashi, non appena riesce a distinguerla bene.
È vestito con la
divisa da jounin, nessun pomposo mantello o capello a segnalare il suo
grado
massimo di Hokage. All’orecchio è agganciato un
auricolare con microfono, lo
stesso con cui deve aver reso gli altri Kage partecipi di quella
conversazione
che Obito credeva essere privata.
Sorride
amaro. “Un test?”
“Un
ultimo
tentativo” nega. Abbassa gli occhi grigi prima di avere il
coraggio di
guardarlo nuovamente in viso. “La sentenza è stata
decisa” annuncia.
Suo
malgrado, Obito sente un fremito di paura scuotergli le viscere, ma lo
domina e
chiede tranquillo quale sia. Gli sembra di non sentire davvero Kakashi
quando
risponde, forse perché nella sua testa ha già
ripetuto innumerevoli volte
questa scena, se ne sente quasi alienato, distaccato.
Ma poi
pensa al sorriso di Naruto e sente male all’idea di non
poterlo vedere mai più.
“Sarà
domani mattina” termina Kakashi, lo guarda con rammarico.
“Mi dispiace”.
“No,
è
giusto così” ribatte.
Gli
occhi
si sono abituati molto di più alla nuova e fievole luce,
alzando lo sguardo si
accorge che per tutto questo tempo c’era una piccola
finestrella. È il tramonto
e ripensa all’ultimo che gli ha mostrato Naruto.
Questa
è la
sua ultima notte a Konoha…
“Puoi
andare” riprende a parlare Kakashi.
Lo
guarda
confuso. “Dove?”
“Da
Naruto”.
“Ma
la
condanna…”
“Sarà
domani” ripete, gli occhi più dolci e comprensivi.
“Questa notte puoi andare da
lui per salutarlo”.
Vorrebbe
non provare così tanto sollievo all’idea di avere
ancora una notte con lui.
“Potrei
approfittarne per scappare” gli fa notare pigramente e
Kakashi ride, come se
avesse detto una battuta davvero spiritosa, ma è una risata
spezzata dal
rimpianto di non essere riuscito a fare di più.
“Lo
avresti
già fatto se avessi voluto” gli fa notare.
Ha
ragione,
la verità è che non vuole più scappare
dalla realtà, ha imparato ad accettarla.
Si alza, traballante sulle gambe irrigidite dopo essere stato costretto
così a
lungo nella stessa posizione rannicchiata.
Sente
gli
occhi sospettosi degli ANBU su di sé nonostante la maschera,
cerca di ignorarli
come può mentre passa davanti a Kakashi.
“Naruto
non
sa ancora nulla” dice quando è fuori dalla cella.
Obito si
ferma e capisce il sott’intenso.
“D’accordo”
sospira.
Sarà
lui a
dovergli dare la notizia.
**
Naruto
ha
da poco finito di cenare – con una coppa extra-large di ramen
portata
direttamente dall’Ichiraku per viziarsi un po’
– quando qualcuno bussa alla sua
porta. Troppo impigrito anche solo per indovinare chi sia sondando con
il
chakra, si alza per andare ad aprire.
“Chi…”
Si
blocca
nel vedere Obito davanti a lui, con tutti i suoi centimetri di altezza
in più e
le maglie a collo alto e largo.
“Obito…”
Ha
appena
il tempo di sussurrarlo con un enorme sorriso sulle labbra prima che
l’uomo lo
afferri al viso e si spinga contro la sua bocca, spingendolo a sua
volta di
nuovo dentro la casa. La porta viene richiusa mentre si stanno ancora
baciando
e Naruto avvolge le braccia attorno a Obito, infila le mani sotto la
sua
maglia, sfiora la pelle calda e preme sulla carne.
“Sei
qui!”
riesce a terminare quando quasi cade a terra e per mantenere
l’equilibrio è
costretto a staccare i loro visi.
Obito
gli
accarezzale guance, si perde negli occhi azzurri prima di annuire e
tornare a
tuffarsi su quelle labbra, a bearsi del sapore di ramen che sente sulla
propria
lingua mentre affonda dentro quella bocca calda. Naruto ride nel bacio,
felice
come non è da giorni, sollevato come non lo è da
giorni. Si sente come se un
enorme macigno fosse stato sollevato dal suo petto e ora il suo cuore
si trova
libero di battere senza nessuna pressione a imprigionarlo nella cassa
toracica.
Obito
è lì.
Hanno
lasciato andare Sasuke, hanno lasciato andare Obito. È
riuscito a salvarli
entrambi.
Può
finalmente prendere un sospiro di sollievo, lasciarsi andare al
pensiero che
non c’è più niente ad attentare alla
felicità e al futuro che si sta
costruendo.
Vorrebbe
dire tutte queste cosa a Obito, urlargli quanto è felice di
vederlo, quanto lo
ama, ma lui non lascia le sue labbra nemmeno per permettergli di
respirare e in
fondo va bene così, perché baciarlo gli era
mancato tanto, troppo. Però non può
evitare di trattenere la risata gutturale nell’accorgersi di
una cosa, volta il
capo per sfuggire a quelle labbra e lascia libero sfogo alla sua
risata. La sua
mano scivola lungo il fianco di Obito fino al suo inguine, mentre lui
continua
a scoccargli baci sulla guancia e la tempia.
“Qualcuno
è
in astinenza” ridacchia massaggiando con il palmo la durezza
intrappolata nei
pantaloni.
“Tu
no?”
soffia nel suo orecchio e spinge al contempo con il bacino,
strusciandosi
contro il principio di erezione dell’altro.
Naruto
non
arrossisce, ride più apertamente.
“Mi
sei
mancato” offre come spiegazione. Preme entrambe le mani sul
suo petto, lo
spinge a terra, disteso sul pavimento. “Mi è
mancato fare l’amore con te”
sussurra seguendolo
in quel movimento, i
nasi così vicini da sfiorarsi.
Obito
aumenta la presa sulle sue spalle, stringe l’orribile maglia
arancione quasi a
volergliela strappare di dosso.
“Anche
a
me” sospira alzando il mento, sciogliendosi alle labbra di
Naruto che
percorrono e leccano tutta la lunghezza della sua gola esposta. Gli dei
soli
sanno quanto gli è mancato sentire quel calore della pelle
di Naruto, la
sensazione di quasi bruciare ai suoi tocchi, ai suoi baci.
Lo
guarda
con gli occhi pece che gridano il suo desiderio per lui, il bisogno che
gli
soffoca la gola e lo spinge a tendersi verso quella luce che sembra
emanare.
Sfiora con lo sguardo il torace muscoloso e brunito che Naruto mostra
nello
sfilarsi la maglietta, come i pettorali si tendano a quel gesto, e
allunga una
mano a sfiorarlo, scendendo con le dita sul bordo dei pantaloni.
“Anche
a me
sei mancato tanto” ribadisce con un sospiro di sollievo.
Naruto
torna a piegarsi su di lui, unisce le loro fronti mentre con le mani
gli
accarezza l’inguine e inizia pigro a liberarlo dai pantaloni.
“Vediamo
di
rimediare, allora” dice baciandogli il naso.
Geme nel
sentire le mani calde avvolgersi sul suo cazzo, stuzzicarlo fino a
scoprire il
prepuzio.
“Naruto”
lo
chiama.
Gli
occhi
azzurri si alzano su di lui curiosi.
“Non
fermarti” supplica.
Sorride.
“Mai”.
**
Hanno
fatto
l’amore tutta la notte, stringendosi anche quando non era
necessario,
abbracciandosi anche quando erano sazi. Naruto ha chiacchierato come
sempre,
Obito è stato più silenzioso. Aveva le parole
incastrate in gola mentre Naruto
raccontava i pettegolezzi che si era perso, mentre progettava i giorni
futuri
come se entrambi avessero guadagnato tutto il tempo del mondo,
l’immortalità
insieme.
Non ha
avuto il coraggio di dirglielo.
Aveva
pensato di dirglielo come prima cosa, aveva scelto le parole giusto, il
tono migliore
per fare in modo che capisse che andava davvero bene. Ma non ci
è riuscito.
Appena
l’ha
visto, con quella maglia sbiadita dai lavaggi in lavatrici, i capelli
spettinati sulla fronte e il viso graffiato, rotondo, tutto quello che
ha
saputo fare è stato stringerlo, reclamare quel corpo, quel
ragazzo, quelle
labbra come sue e solo sue.
Obito sa
di
essere troppo possessivo, ma in quel momento non gli è
importato. Almeno per
un’ultima notte voleva reclamare Naruto suo e solo come suo.
Crogiolarsi
un’ultima volta in un’illusione, credere che quella
notte sarebbe durata per
sempre. E non gli ha detto niente, lo ha assecondato, ha mentito con le
carezze
e i baci, facendo cadere anche il ragazzo nell’illusione che
fosse libero,
perdonato.
Lo
stringe
mentre sono stesi sul letto, è crollato sfinito quando la
notte stava per
lasciare posto all’alba. Anche l’incredibile
Uzumaki Naruto a un certo punto
termina la propria energia, anche se ci vuole tempo perché
succeda.
Guarda i
lineamenti morbidi, le guance rotonde, la fronte rilassata prima di
rughe.
Dorme pacifico, come un bambino, si deve sentire al sicuro tra le
braccia
dell’assassino dei suoi genitori, della sua
felicità.
Il cielo
fuori dalla finestra che si sta schiarendo lo informa che il tempo
della sua
piccola illusione sta finendo. Deve andare, qualcuno verrà a
prenderlo.
Non
sveglia
Naruto mentre poggia un bacio sulle sue labbra socchiuse e gli
accarezza la
fronte. Si districa da quell’abbraccio attento a non fare
movimenti bruschi,
poi copre quel corpo nudo con il lenzuolo, in modo che non senta freddo
senza
un altro vicino con cui scaldarsi.
Cerca i
propri vestiti, poi un foglio e dell’inchiostro. Non
può andarsene e basta, non
può essere così crudele. Sente già
male al cuore al pensiero di Naruto sveglio,
solo nel proprio letto, confuso di non trovarlo; riesce a immaginare la
rabbia
e il dolore che proverà una volta che avrà
scoperto da altri quello che è
davvero successo.
Sono ancora un
codardo.
Lo
guarda
in cerca delle parole adatte per spiegarsi, poi intinge il pennino e
inizia a
vergare i kanji, cercando di trasmettere in quei simboli di inchiostro
sbavato
tutto l’affetto, l’amore e la gratitudine che prova
nei suoi confronti.
L’ANBU
arriva a prenderlo puntuale, proprio quando firma il biglietto. Lo vede
accucciarsi sulla finestra, appollaiato come un uccello.
“È
ora” gli
fa segno con le mani.
Obito
annuisce, lascia il biglietto sul tavolo e lancia un ultimo sguardo a
Naruto.
Cerca di imprimersi ogni dettaglio di quel viso.
“Lo
so”.
Si alza.
**
Naruto
viene svegliato dalla forte luce del sole, a cui cerca di sfuggire
sentendo che
ha ancora bisogno di dormire. Si raggomitola sotto le lenzuola, le alza
per
coprirsi la faccia e in quel gesto si accorge di non scontrarsi contro
nessun
altro corpo solido.
Più
del
sole violento è questa scoperta che gli fa aprire. Di scatto
si alza a sedere e
si rende conto che, a eccezione di lui, il letto è davvero
vuoto e, a giudicare
dal freddo sul materasso, deve esserlo da molto.
Dov’è
andato? Si chiede
confuso e preoccupato,
con una strana angoscia nel cuore. Ancora nudo si alza e, nonostante
l’assenza
di un altro chakra nel suo appartamento, si mette a girare tra le
stanze,
sicuro di trovarlo, quasi credendo si sia nascosto da qualche parte
solo per
fargli un dispetto.
Ma Obito
non c’è.
Forse
è
sceso a prendere il latte, forse è dovuto andare da qualche
parte, forse…
Ma in
cuor
suo sa che non è così, anche se tenta di
aggrapparsi a questa speranza. Ripensa
alla notte appena trascorsa, a tanti piccoli particolari che sul
momento ha
trascurato, credendoli dettagli trascurabili. Non lo erano,
perché Obito non
c’è.
Obito
è
andato via.
Lo
realizza
quando vede una nota appoggiata sul tavolino basso, vicino alla tazza
di ramen.
Prima ancora che l’afferri e legga le parole, sa
già quello che contiene.
È
un addio.
Naruto,
Non sono
mai stato bravo a essere sincero e mi dispiace, perché
c’è molto da dire e temo
di non averne nemmeno il tempo. Quindi sarò breve.
Mi importa
di te, più di quanto mi aspettassi o volessi, ma ne sono
grato. Sono grato che
tu non ti sia arreso, che non ti sia fermato ad odiarmi, che tu abbia
cercato
di capirmi. Sono grato di quella mano che mi hai teso e mi odio per non
averla
afferrata subito. Mi hai dato la speranza quando l’avevo
rinnegata, mi hai dato
l’amore quando credevo di averlo perso per sempre, mi hai
restituito la mia
identità quando volevo solo dimenticare. Voglio assicurarmi
che tu sappia
quanto è stato importante per me, quanto sei importante per
me.
Mi dispiace
non essere stato subito sincero, di essermi nascosto ancora. La
verità è che
non sono stato rilasciato, questa è stata la mia ultima
notte prima della
condanna. Non ho avuto il coraggio di dirtelo, volevo illudermi
un’ultima volta
e ho chiuso anche te in questo ultimo genjutsu.
Fra poco mi
porteranno al Paese del Ferro, dove verrò rinchiuso in una
cella di massima
sicurezza per tempo indeterminato. A quanto pare non merito la pena di
morte,
ma sono troppo pericoloso per poter essere reintegrato nel mondo degli
shinobi.
Forse hanno ragione.
Mi dispiace
non averti detto addio come si deve, di avertelo tenuto nascosto per il
mio
egoismo. Ma smetterò di essere egoista da qui in avanti. Non
ci vedremo più e
voglio che tu vada avanti nella vita che ti meriti, al fianco di una
persona
che ti merita più di quanto io meriti te. Diventa Hokage,
guida questo mondo in
una nuova realtà priva di odio e fatta di pace, so che ci
riuscirai, sarai il
miglior Hokage della storia.
Per favore,
non arrabbiarti con Kakashi, ha provato tutto quello che ha potuto,
molto di
più di quanto ci abbia provato io. Doveva andare
così. Hai già vinto tanto, hai
ancora molto da vincere, ma non puoi vincere anche questo. So che ti
risulta
impossibile arrendersi, ma è il momento di farlo,
è meglio così, è meglio per
entrambi. Meriti di essere felice, quindi lasciami andare.
Ho solo
un’ultima richiesta un po’ egoista: non
dimenticarti di me. Non voglio che mi
aspetti, non tornerò, e non meriti un’attesa
infinita quando puoi trovare la
felicità in qualcun altro. Ma non dimenticarti di me.
Ricordami come Obito, solo
come Obito, per quello che abbiamo avuto in questo tempo. Almeno nei
tuoi
ricordi voglio esistere ancora.
Mi dispiace
di averti deluso, ma non lasciare che io diventi un tuo rimpianto. Ti
amo.
Addio,
Obito.
Naruto
si
morde il labbro, affonda le dita sul pezzettino di carta
stropicciandolo.
Rilegge quelle parole ossessivamente, come se non riuscisse a capirne
il senso,
come se cercasse un significato nascosto che può
restituirgli Obito.
Alla
fine
lo accortaccia e lo lancia via, lontano, in un moto di rabbia e
frustrazione.
Vuole scoppiare a piangere, si sente ridicolo se ripensa alla notte
appena
passata. Se lo avesse saputo… se glielo avesse
detto… avrebbe potuto fare
ancora qualcosa.
Ora non
ha
più tempo.
Obito
è
andato.
Non lo
rivedrà mai più, ha… perso?
Colpisce
con rabbia il ripiano del tavolo, la tazza vibra e barcolla per il
contraccolpo.
“Cazzo!”
impreca, le lacrime agli occhi. “Cazzo!” ripete con
più forza.
Ripensa
alle parole della nota e sente il bisogno di urlare crescere.
“Col
cazzo
che mi arrendo!” Si erge in tutta la sua altezza, lo sguardo
azzurro rivolto a
un avversario invisibile. “Io diventerò Hokage e
ti riporterò qui a calci in
culo anche solo per prenderti a pugni, sfidami a non farlo”.
Gli
risponde il silenzio, ma non importa. Perché Uzumaki Naruto
non si arrende e non
viene mai meno alla sua parola. Aveva promesso a Obito che sarebbe
andato tutto
bene, manterrà quella promessa.
Non aspettarmi.
“Tu
non mi
dici cosa fare, dattebayo!” mormora mordendosi le labbra, una
lacrima
finalmente che scende sulla guancia e scivola fino al suo mento.
Precipita a
terra insieme a Naruto, che si accartoccia su se stesso e si permette
di
piangere, ma solo un po’.
Non fermarti, gli ha chiesto
in quell’ultima
notte. Mai, gli ha risposto.
“Mai”
ripete singhiozzando. Perché vincerà anche questo.
Sette anni dopo.
Obito ha
imparato a sopportare il freddo, lì nel Paese del Ferro, la
terra sempre
coperta dalla nave. La sua cella non è calda, il primo anno
è stato terribile
abituarsi. Forse anche per via dell’assenza del chakra, dopo
così tanto tempo
senza poterlo controllare, percepire, ha quasi dimenticato quale sia la
sensazione di sentirlo agitarsi nel proprio corpo, mantenerlo in un
certo
equilibrio. Ma ha imparato ad abituarsi anche a questo, come
all’aria viziata
che di tanto in tanto lo fa tossire.
Non sa
quanti anni siano passati, anni di pura solitudine in cui ha avuto
tutto il
tempo per imparare ad affacciarsi con se stesso, i propri incubi e
demoni.
Soprattutto con il proprio rimpianto.
La
meditazione è stata la sua occupazione principale,
così come prendersi cura di
un alberello che ha iniziato a crescere quasi per caso, dopo che aveva
lasciato
cadere dei semi dalla frutta che gli era stata portata. Ha imparato a
non
contare il tempo, a lasciarsi andare alla pazienza. Anche se a volte si
rammarica ancora di non essere morto, di avere quella misera vita senza
significato.
Lo
informano che avrà visite, di darsi un contegno. Non ci fa
tanto caso, nel
corso di quegli anni Mifune stesso è andato a trovarlo
spesso, per non lasciare
che si consumasse fino alle ossa nella solitudine. Ogni tanto
è venuto anche
Kakashi, ma il senso di colpa così leggibile nel suo sguardo
non l’ha mai reso
un ospite davvero gradito.
Per
questo
spera sia il capo del Paese del Ferro mentre si risciacqua e cerca di
domare la
massa di capelli scuri e lunghi che in quegli anni sono cresciuti fino
a
cadergli sulla schiena. Odia quei capelli, si sente troppo simile a
Madara nel
portarli, ma non può tagliarli. Nessuno si è
fidato a lasciargli tra le mani un
oggetto tagliente.
Capisce
che
c’è qualcosa di diverso non appena esce dalla
cella: non gli stanno facendo
indossare la solita benda sugli occhi per bloccare lo sharingan, per
renderlo
innocuo anche fuori dai sigilli di chiusura della cella. Non gli
incatenano
nemmeno i polsi, si limitano a guidarlo lungo il solito corridoio per
la solita
stanza. Almeno quella non è cambiata.
C’è
una
grande finestra che lascia entrare i raggi del sole, fuori deve essere
una
bella giornata nonostante la neve. Il solito tavolo con la solita sedia
con le
manette è disposta al solito posto, ma non lo guidano
lì e non è quella a
catturare la sua attenzione.
La sua
attenzione è concentrata all’uomo che gli
dà le spalle, che osserva fuori dalla
finestra. Le sue spalle sono coperte da un lungo mantello bianco, dove
si
intravede attraverso le varie pieghe la scritta rossa Settimo
Hokage. Ma non ha bisogno di quelle parole per riconoscere
l’uomo alto che ha davanti, sono bastati i capelli biondi
– più corti di come
ricordava – a farlo bloccare sul posto.
La
guardia
che lo accompagna si schiarisce la gola.
“Nanadaime” annuncia con cortesia la
loro presenza.
E
l’uomo si
gira, togliendo ogni rimasuglio di dubbio. Anche se il viso
è più magro, più
marcato, maturo; gli occhi sono gli stessi, potrebbe riconoscerli
ovunque. Sono
gli stessi che in tutti questi anni ha custodito come un tesoro
nascosto.
Resta
senza
parole mentre il Settimo Hokage – Naruto – fa un
cenno alla guardia.
“Puoi
andare, lasciaci soli”.
Ha un
tono
più duro, inflessibile, pur mantenendo quella squillante
esuberanza che ha
sempre caratterizzato la sua voce.
Sente la
guardia tentennare prima di ubbidire con un ordine e tornarsene dalla
porta cui
sono entrati. Obito resta lì senza riuscire a dire nulla, lo
osserva e basta.
Si sente congelato da quegli occhi azzurri che lo fissano
indecifrabili, che lo
osservano come se potessero mettere in luce ogni parte nascosta di lui.
Socchiude
le labbra, per dire qualcosa. Ma Naruto si muove proprio in quel
momento, lo
raggiunge con un solo passo e prima che possa davvero rendersene conto
sente il
suo pugno scontrarsi contro la sua mascella. Il colpo è
così forte e
inaspettato che si ritrova a cadere malamente a terra.
Lo
guarda
con più stupore, ma ancora non può reagire
perché Naruto lo afferra per il
colletto e lo tira su, vicinissimo al suo viso.
“Secondo
te
potevo arrendermi?!” ringhia, ma oltre la furia che ribolle
negli occhi azzurri
Obito riesce a vederne il sollievo, l’amore.
“Tu…”
La presa
sul suo colletto aumenta e i nasi si sfiorano.
“Io
ora ti
riporto a casa” dice. “Grande idiota,” lo
insulta, “credevi che non lo avrei
fatto? Che ti avrei lasciato andare e basta?”
“Mi
hai
aspettato…” mormora non riuscendo davvero ad
afferrare la situazione.
“Ti
sono
venuto a prendere” corregge. Le mani abbandonano il suo
colletto, Obito si
trova stretto nella sua presa mozzafiato, con il suo profumo nuovamente
addosso. “Scusami per averci messo tanto, ma sono qui. Sono
diventato Hokage,
ho annullato la tua condanna e tutti i nuovi Kage ti hanno perdonato.
Non devi
più restare qui, puoi tornare a casa”.
Obito si
ritrova a ricambiare la stretta, infila le dita nei corti capelli
biondi,
stringe le ciocche e lo preme contro di sé. Naruto
è cresciuto, non è più il
ragazzo che spariva nel suo abbraccio, che gli arrivava appena sotto il
mento.
Ora sono più o meno alla stessa altezza, gli sembra di
essere lui a sparire in
quell’abbraccio.
E, dei,
se
ne aveva bisogno.
“Sei
un
idiota” si ritrova a mormorare, quasi ridere. “Ti
avevo detto di…”
“L’idiota
qui sei tu” sbotta dandogli quasi una testata.
“Arrendermi? Lasciarti andare?
Rinunciare? Non sono cose che Uzumaki Naruto può
fare!”
Socchiude
gli occhi, si lascia accarezzare da quelle dita gentili sul viso, sui
tagli del
suo volto rovinato. Inclina il viso assecondando quei tocchi,
avvicinandosi di
più al volto dell’altro.
“Non
ti sei
fermato…” mormora grato, riconoscente.
Chiude
anche lui gli occhi, strofina le punte dei loro nasi.
“Mai”.
L’ultima
fan fiction del 2019 ;__;
Spero
che
questa One-shot lunghissima (7.511 parole) vi sia piaciuta, anche se
non ha
soddisfatto la mia aspettativa. Spero di avere reso l’angst
decentemente, mi è
sembrato di essere troppo superficiale t.t spero che l’happy
ending sia stata
apprezzato, era ovvio che non poteva finire male, Naruto non lo avrebbe
mai
permesso!
Vi
auguro
un buon Capodanno, di festeggiarlo con le persone che amate, ma se nel
mentre
dei festeggiamenti avete del tempo per lasciarmi una recensione o un
parere
ovviamente mi renderete molto felice!
Buon
2020,
che vi porti gioia e tante fan fiction.
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