Di Vigilie di Natale, nemici
diventati amici e regali da indovinare
Vigilia di Natale 2018, la Tana.
La sciarpa con
il motto Grifondoro per Harry, c’era.
La
nuovissima maglia dei Cannons per Ron, c’era.
Un kit
completo per il mantenimento dell’attrezzatura da Quidditch
per Ginny, c’era.
Ai
regali per i ragazzi, che Dio gliene scampasse!, ci avrebbe pensato
Ron.
Hermione
si prefigurò gli sbilenchi pacchetti che avrebbe preparato
suo marito. Avrebbero avuto la carta attaccata storta, i fiocchi che
cadevano e forme improbabili.
Però
sorrise. Hugo e Rose impazzivano quando era Ron a scegliere i regali,
almeno quello doveva concederglielo.
“Reduco.”
Sventolò
la bacchetta sopra al mucchio di regali, già perfettamente
impacchettati, tramutandoli in una manciata di mattoncini colorati che
si fece scivolare in tasca.
Era un
Natale trapuntato di aspettative, quello. Ronald stava attendendo una
promozione, addirittura aveva occhieggiato un posto
all’Ufficio Misteri.
E lei,
beh... si aspettava qualcosa dalla sua vita coniugale. Ron era buono,
premuroso con i ragazzi, incline al buonumore. Eppure, dopo tanti anni
insieme, i loro caratteri così diversi a volte facevano a
pugni. Perfino più di quando erano ragazzi.
Però lo amo.
Sì,
okay, era ancora innamorata. Amava ancora tutte le piccole cose di lui,
ed amava la famiglia calorosa che avevano costruito insieme.
Però...
c’era stata La Discussione, con la D maiuscola. Si era
trasformata nell’ennesima litigata, solo che questa volta il
motivo non era così futile da riuscire a riderci su una
volta che i bollori erano svaporati.
Avevano
iniziato parlando di tutt’altro, a dire il vero. Stavano
lavorando insieme, al tavolo della cucina; Hermione esaminava la
documentazione di un ex proprietà di Mangiamorte requisita
dal Ministero.
“È
pazzesco! Pazzesco. Non sai quante case rimangono invendute. E
potrebbero tranquillamente destinarle ai Magonò in
disgrazia, non credi?”
“Mmm.”
“Guarda
questa. Settecento metri quadrati, il giardino, la casa del Custode, un
cortile interno...”
“...
però.”, Ron sfogliò un’altra
sezione del suo fascicolo, sfiorandole affettuosamente il braccio con
la mano libera.
“Perlomeno
la svendono. Cinquemila Galeoni.”
“Fico.”
Hermione
si tolse gli occhiali, facendoli penzolare tra due dita.
C’era un’idea che le frullava in testa da un
po’, anche se non era qualcosa da potersi fare
nell’immediato.
“Sai,
potrebbe essere una bella occasione.”, si
picchiettò le dita sul mento, “Non questa,
dico, però magari, in futuro... Parlavamo di cambiare aria,
ecco, e il Ministero ha in programma una sfilza di aste immobiliari nei
prossimi anni.”
Ron
sfogliò un’altra pagina. Senz alzare gli occhi dal
foglio, replicò: “Interessante. Beh,
sì, sarebbe carino, se non ci fosse già la
Tana.”
Hermione
ebbe un sussulto e venne strappata alla sua temporanea fantasticheria
tutta in un colpo.
Prego?
“Che
vuoi dire?”
Ronald
registrò il tono allarmato della consorte. Questa volta
alzò gli occhi dal fascicolo.
“Beh,
lo sai, no?”, si strinse nelle spalle.
Hermione
si mise sulla difensiva. Di cosa stava blaterando? Che rotelle avevano
smesso ad un tratto di funzionare nella testolina di suo marito?
“No,
Ronald, non lo so. Illuminami.”, e ritrasse il braccio,
incastrandolo sotto il seno.
Ronald
la fissava come se le dovesse spiegare l’ovvio.
“Herm,
dai... Lo sai come si è sempre fatto nella mia famiglia. La
Tana si tramanda da generazioni. Quando i miei saranno abbastanza
vecchi, metteremo su un altro piano più comodo per loro. E
siccome io sono il più grande dei fratelli rimasti in zona,
ci trasferiremo con Hugo e Rose.”
Hermione
percepì distintamente il sangue affluirle alla faccia e
rimbombarle nelle orecchie come un fiume in piena. Per un secondo le si
annebbiò la vista.
“Cosa
dovrei fare io...?”
E
lo stolto si scavò la fossa da solo.
“Herm,
ti prego, non fare come al solito una tragedia per una cosa che deve
ancora succedere e...”
Hermione
saltò in piedi così bruscamente che la sedia
crollò a terra.
“Che
deve ancora succedere?
Che non succederà mai, Ronald! Come osi prendere decisioni
sulla mia vita? E sulla vita dei miei figli? Chi ti credi di
essere?”
Dallo
sguardo stralunato di Ronald capì che lui non si aspettava
quello scoppio di furia, ma, che diamine!, quando aveva avuto il tempo
di partorire tutte quelle sciocchezze? E quando, di grazia, intendeva
informarla? Prima delle nozze, per esempio, sarebbe stata una
tempistica opportuna.
Lui
si alzò prudentemente, ma le orecchie gli si stavano
già colorando di rosso, cifra ineliminabile di cambio
d’umore, in uno Weasley.
“Hermione,
ti prego.”, la voce era increspata d’ira,
“Non era quello che intendevo dire. Credo solo che quella,
alla fin fine, potrebbe essere la sistemazione più
adeguata.”
Hermione
percepì tutta la tensione degli ultimi mesi contrarsi,
prendere forma, come un piccolo goblin arrabbiato che le si distendesse
nello stomaco.
“Queste
considerazioni si fanno in due, Ron.”
E con questa chiusa secca, si
Smaterializzò.
Aveva
pensato di andare da Draco, ma poi si era resa conto che era mezzanotte
passata e probabilmente lui e Astoria si erano già ritirati.
Allora aveva fatto tappa da Harry, dove aveva aperto una Ginny in
vestaglia e mezza addormentata.
“Entra,
tesoro. È stato il cretino?”, aveva intuito al
volo.
Seduta
sul loro salotto, con un the caldo fra le mani, aveva pianto.
“A
volte è così difficile, Gin. Non dirgli che te
l’ho detto, ma a volte penso... penso che se lo incontrassi
oggi... forse non...”
I
singhiozzi avevano soffocato le sue parole, e le braccia sottili di
Ginny l’avevano accolta.
“Shh.
Lo so. Certe volte io Harry lo vorrei, grr... Strangolare!”,
mimò il gesto con le mani, “Ma poi mi dico anche:
okay, lo vuoi strangolare, e ne avresti tutti i santi diritti. Ma lo
ami? E va sempre a finire che gli concedo un’altra
alba.”
Hermione
si produsse in una risatina singhiozzante. Ginny aveva ragione. Anche
se aveva idea che ogni anno trascorso fosse stato più
difficile, in fin dei conti forse era quello il matrimonio... Impedirti
di strangolare tuo marito perché, in fondo, lo ami.
Era
rientrata per ritrovarsi Ron sulla porta di casa, intento a scrutare la
strada in attesa del suo ritorno.
“Stavo
per venire da Ginny.”, l’aveva apostrofata mentre
lei si richiudeva pazientemente il cancello alle spalle.
“Non
ce n’era bisogno. Sono stata via solo
un’ora.”
“Lo
so. Ma... ecco...”
Non le
aveva detto nulla, in realtà, perché quando se
l’era vista davanti non aveva fatto altro che prenderla e
baciarla. Alla fine, come in molte altre occasioni, la lite si era
sopita tra le lenzuola.
Del
trasferimento alla Tana nessuno dei due aveva più fatto
cenno, accantonato come un altro degli argomenti spinosi da affrontare
secondo il “metodo Weasley”: solo quando hai lo
stramaledetto problema a un centimetro dal naso.
Questa
volta, tuttavia, Hermione si era adeguata. Perché aveva la
sensazione che se quell’incantesimo fosse deflagrato, questa
volta avrebbe fatto più vittime del solo orgoglio personale
di uno dei due litiganti.
Hermione
vi dedicò un pensiero distratto mentre si aggiustava i
capelli alla specchiera, raccogliendo i ricci, che con la neve
diventavano gonfi e indomabili.
Come
se non avesse già abbastanza grane per la testa, quella sera
lei e Rose erano chiamate a fare da collante tra la famiglia
Weasley-Potter e due invitati d’eccezione: ci sarebbero stati
anche i coniugi Malfoy.
Hermione
fece una smorfia allo specchio. L’idea era stata di Rosie, e
all’inizio le era sembrato un pensiero così bello,
che volesse il suo migliore amico partecipe al Cenone della Vigilia e
all’apertura dei regali! Ora, però, le veniva
difficile figurarsi un quadro idilliaco se pensava a Draco che metteva
piede alla Tana.
Anche
solo pensare a lei e Malfoy come amici era già un ossimoro
spettacolare, no?
Indossavano
vestiti eleganti, quasi fuori luogo, ma con atteggiamenti
diametralmente opposti. Draco entrò dietro alla moglie,
altezzoso, toccandosi il collo alto della giacca come se temesse di
sporcarla solo nel mettere piede nel confusionario soggiorno della
Tana. Astoria invece era di una leggerezza quasi giocosa: si fece
strada come se danzasse, e allungò ad Hermione una bottiglia
di vino elfico dall’aria costosa. Si chinò per
depositarle due confidenziali baci sulle guance, scuotendo il
semiraccolto fermato da un bellissimo pettine intarsiato.
“Buonasera,
famiglia Weasley. Hermione, sei splendida.”
Il
complimento era stato proferito con genuino trasporto, ma se Hermione
non l’avesse conosciuta, avrebbe potuto giurare che
la stesse canzonando: al confronto del sinuoso abito di velluto
vermiglio della sua ospite... Il suo famigliare abito in lanetta sembra
uno straccio da nonna.
Astoria
sorrise raggiante, perfino a Molly e ad Arthur, titubanti. Draco si
limitò a dei cenni un gradino sopra la maleducazione, ancora
impalato sulla porta, il soprabito tenuto addosso con impaccio.
“Padre!”
Scorpius
sfrecciò tra di loro e si lanciò letteralmente
addosso a Draco.
“Buonasera,
figliolo.”
Non
riusciva ancora ad abituarsi al distaccato tono che Malfoy usava di
solito con il suo pargolo; eppure doveva saperlo, ormai, quanto certi
modi desueti fossero un retaggio della sua educazione.
Scorp,
tuttavia, sembrava esserne del tutto immune.
“Milord,
devi assolutamente vedere cosa ha il signor Arthur.”, gli
occhi brillanti di gioia, trascinò Draco a vedere uno degli
strabilianti apparecchi Babbani di Arthur Weasley, il quale
già si affrettava a mettere le mani avanti.
“...
non è un’invenzione poi così recente
nemmeno per loro, sto ancora cercando di capire di cosa si
tratti...”
Draco
le lanciò un’occhiata supplice, che Hermione
trovò saggio ignorare. Aveva già abbastanza gatte
da pelare, per quella sera.
Fianco
a fianco con Ginny, sventolava la bacchetta sopra la tavolata per
finire di apparecchiare.
Ecco
un’altra cosa che le dava fastidio: in casa Weasley gli
uomini non muovevano un dito per le faccende.
“Ginny,
io non capisco perché...”, stava iniziando, ma
venne sorpresa alle spalle dalla proposta educata di Astoria.
“Ginevra,
Hermione. Permettete? Ero molto brava in Incantesimi
Domestici.”
Non
mentiva: in men che non si dica, la tavola era preparata, e sembrava
più lucente ed elegante di quanto non fosse
all’inizio.
“C’è
qualcosa che Milady Malfoy non sappia fare?”,
ghignò Ginny, metà scherzando e metà
no.
Astoria
sbuffò con rassegnazione. “Oh, care, vi confermo
che c’è. Crucerei per saper cavalcare una
scopa!”
Hermione
sorrise, inaspettatamente rasserenata da quella debolezza in comune.
“Perché
mai? Non si sta bene con i piedi saldamente ancorati al
suolo?”, interloquì.
“Oh,
certo, ma sapete... Quando Draco vola, lui... Oh, mi dice che
è così diverso il mondo da
lassù.”
Lady
Astoria si coprì la bocca, e ridacchiò,
vergognosa per aver detto una cosa tanto profonda.
Anche Ron adorava volare.,
pensò, Adesso
si limita a seguire le partite di sua sorella o andare allo stadio.
La
cena fu impacciata ma piacevole. Dopo qualche bicchiere di vino elfico,
tutti sembravano più pronti a darsi reciproca confidenza. I
ragazzi erano totalmente immuni al velato imbarazzo che aleggiava tra
gli altri commensali. Era un Natale ristretto, quello: alla Tana
mancavano i due figli maggiori. In caso contrario Hermione non era
sicura che avrebbe scommesso sulla resistenza di Malfoy. Già
così, era teso come una bacchetta mal calibrata.
Astoria
traghettò la conversazione fino al dolce e
all’apertura dei regali.
Quasi
senza rendersene conto, Hermione si ritrovò a guardare il
proprio, piombatole in grembo dopo un lancio un po’ maldestro
di Ronald.
Piegò un lembo della carta, interrogandosi sulla propria
fervente aspettativa per quel pacchetto.
Beh?
Era tanto assurdo?
‘Stai
proiettando’, avrebbe detto suo padre. Come sempre, ci
avrebbe visto giusto.
Quella
volta, tuttavia, quell’unica volta!, Ron non poteva aver
sbagliato; sarebbe stato semplicemente troppo - perfino per lui.
Durante quelle ultime settimane, a partire da Novembre, Hermione aveva
disseminato indizi tra amici e parenti. Ormai tutti sapevano del libro.
L’aveva
adocchiato durante un innocente giro a Diagon Alley. Era lì
per comprare delle cose ai ragazzi, sfruttando il più
possibile il giorno libero, e si era immancabilmente fermata davanti
alla vetrina del Sybil
Antiques, il suo antiquario di fiducia per i libri. Sybil
era una magonò mezza cieca che aveva studiato per gran parte
della propria esistenza e, alla fine, era riuscita a ritagliarsi un
posticino nella società magica.
Appena
l’aveva intravista attraverso il vetro polveroso della
vetrina le aveva fatto un cenno affinché entrasse.
“Miss
Granger, mi lasci indovinare: stava guardando il
Floricoltura?”
E
aveva scosso i suo lunghi ricci tinti di corvino con la magia, con un
che si sornione; evidentemente, la risposta la conosceva già.
“Sì.”,
aveva sospirato Hermione, “Ma se costa...”
Non le
aveva dato il tempo di replicare. Si era mossa con agilità
inspiegabile fra le pile e pile di libri accatastati, fra gli scaffali
di ogni dimensione, per raggiungere la vetrinetta e sfiorare le
copertine per scegliere quella giusta.
Gliel’aveva
posato sul bancone con religioso contegno. La copertina di cuoio scuro
sembrava fremere sotto al bellissimo intrico di fiori bordati
d’oro, che quasi inghiottivano il titolo in stampatello.
Gli
occhi di Sybil l’avevano sfiorata, vuoti e azzurri.
“Un
volume unico. Non più di venti copie magiche, in
circolazione.”
“Oh.”
“I
disegni sono stati copiati tutti a mano. Le didascalie, replicate con
la magia, ma magia di esperti amanuensi. È datato 1695, ma,
come può vedere, in perfette condizioni.”
Ma
certo che lo poteva vedere, maledetta furbissima Sybil dei suoi
stivali. Non era un volumone spesso, qualcosa in più di un
pamphlet, ma sempre di dimensioni ridotte. Quando l’aveva
sfogliato, aveva sentito istintivamente di volerlo.
Ma.
C’era un ma.
“Sybil,
su... Dimmi il prezzo.”
Quando
si parlava di galeoni sonanti, Sybil era vaga ma sempre onesta. Aveva
sospirato appena, e poi, quasi sussurrando: “Non me ne
separerei per meno di quattro e cinquanta... Ma per una cliente fedele
potrei arrivare a quattrocento.”
Oh, Merlino.
Aveva
istintivamente pensato che era un prezzo troppo alto. Non in termini
assoluti, certo; però, con il Natale che si avvicinava, i
regali per i ragazzi, un paio di ristrutturazioni in programma a
casa... Non era il caso che lei si profondesse in spese superflue, no
davvero.
Il suo
lato pratico aveva avuto il sopravvento ed Hermione aveva sorriso
cortesemente. Ci avrebbe pensato, aveva detto a Sybil, ma non era
sicura di volersi togliere quello sfizio in quel preciso momento. La
sua collezione di libri antichi era stata rinfrescata solo qualche mese
prima con un volume di poesia babbano, e pensava di poter allargare
ancora i cordoni della sua personale borsa per le spese.
Suo
malgrado, si era ritrovata a fare una cosa che aveva rimproverato tante
volte a sua madre da giovane: aveva cominciato velatamente a suggerire
il regalo a Ronald. Dapprima, qualche allusione quasi casuale ai nuovi
rifornimenti di Sybil; alla fine, era arrivata a nominargli apertamente
il titolo.
“Deve
essere proprio fenomenale, questo libro...”, aveva commentato
con svagatezza Ron un po’ di giorni prima, e lei avrebbe
giurato di intravedere un sorriso malizioso.
Beh, ci siamo.,
pensò tastando i contorni del suo regalo, che era
rettangolare e piatto, un preludo perfetto.
Alzò
gli occhi: tutti la guardavano attenti, ma soprattutto Ronald, che la
incoraggiò: “Su, tesoro, che ne abbiamo tanti
altri.”
“Allora
vado.”, sussurrò Hermione, dando il primo,
prudentissimo strappo. L’angolo sinistro della confezione
venne via, rivelando un promettentissimo spigolo color marrone scuro.
È lui, è
veramente lui., e per un nanosecondo Hermione Granger si
sentì dannatamente in colpa per aver manipolato
così il marito affinché le comprasse un regalo
costosissimo. Ma quasi subito dopo venne il sollievo, in ondate
prepotenti, perché davvero per un istante aveva pensato
che... Che se lui anche quella volta non avesse capito un'acca, quasi
come se non gli importasse, allora lei... Lei...
Scacciò
l’idea inopportuna afferrando il retro della confezione, per
svelare del tutto il suo regalo.
“Oh,
Ronald...”, iniziò e contemporaneamente
strappò tutto. Stava per aggiungere “non avresti
dovuto”, ma l’esclamazione deliziata le
morì in gola.
Fissava
un po’ stralunata quella cosa che aveva in grembo.
“È
una lavagnetta magica!”, stava dicendo Ron, e intanto dava di
gomito ad Harry tutto orgoglioso, “Funziona come
l’orologio che c’è alla Tana. Basta che
ci scrivi sopra il nome di un familiare, e... Ta daaaan! Ti mostra
dov’è e cosa combina. Così puoi
organizzare la giornata di tutti.”
Per un
momento Hermione non capì e rimase zitta. Sentì
gli occhi degli invitati puntati addosso, e quasi subito
cercò di recuperare il proprio contegno: “Ma
certo. È stupenda.”
Da
come Ron le restituì l’occhiata, capì
di aver usato un tono gelido.
“Non...
Non ti piace?”
“È
quello che volevo. Grazie.”
Astoria
batté le mani, deliziata.
“Che
pensiero dolce! Dovremmo comprarne uno anche noi, no, Draco?”
“Mmm.”,
commentò lui laconico. La fissava. Hermione si
sentì, non per la prima volta, in difetto sotto al suo
sguardo. Draco Malfoy, sempre un passo avanti a tutti, guardava il suo
ridicolo matrimonio e probabilmente rideva di lei. Lui ed Astoria
avevano un legame che gli invidiava... Certo, anche il suo caro amico
doveva rappresentare alla prova dei fatti una sfida difficile come
marito. Ma le dava anche l’idea di essere uno che si rimbocca
le maniche, per il suo matrimonio.
Hermione
Granger era invidiosa, e quell’invidia sottopelle la faceva
stare male. Dopotutto, lei era Herm detta Volontà Ferrea, e
se decideva che a una cosa non avrebbe pensato, non ci avrebbe pensato.
Così, regalo dopo regalo, accantonò la propria
delusione cocente e tutte le implicazioni che aveva ricamato sopra;
gioì insieme ai ragazzi per i regali ricevuti, si
complimentò con Ginny, guardò con un pizzico di
rinnovata invidia i regali di Harry.
Qualcuno
bussò alla porta della camera matronale, che i genitori di
Ron le avevano ceduto come studio, per quando si tratteneva alla tana.
“Gin,
non mi va di parlarne.”
“Neanche
a me. E non sono Ginevra.”
Hermione
sobbalzò. La porta si schiuse un con un cigolio e un
impettito Draco Malfoy fece il suo ingresso.
Si
guardò intorno nello studio, forse con un certo senso di
disagio. Stava certamente rimuginando su qualche sciocchezza purosangue
riguardo al fatto di non potersi trovare nella stessa stanza insieme ad
una strega maritata, sicuro come la legge di gravità.
“Che
ci fai qui?”
Sapeva
di suonare brusca, ma non poteva farci nulla: non le andava che la si
vedesse così, scornata e rattristata, tantomeno che la
vedesse così Mister Matrimonio Perfetto!
“Ho
pensato che ti avrebbe fatto piacere scartare il tuo regalo.”
Lo
aveva detto rigido e impacciato, come se essere gentile gli costasse
uno sforzo immane, persino a Natale. Quel pensiero le
strappò un sorriso divertito.
“Ho
già ricevuto il vostro regalo.”,
puntualizzò, ripensando alla stola di ermellino che Astoria
le aveva dato con risatine eccitate, sapendo di aver fatto centro.
Draco
sbuffò, con l’aria di chi ha a che fare con un
idiota completo.
“No.”,
replicò, “Il regalo da parte mia.”
“...
Oh.”
Le
aveva fatto un regalo? Draco era a disagio quanto lei, era evidente,
nel porgerle il pacchetto. Gli sfiorò la mano gelida e si
ritrovò a stringere una confezione color sabbia decorata da
un fiocco argentato; aveva un tocco moderno eppure fuori tempo.
Hermione
scosse la testa. “Non avresti...”
Per la
seconda volta quella sera, le parole le si persero da qualche parte in
fondo alla gola. Dall’involto del regalo penzolava una
targhetta di legno con il logo di Sybil Antiques. Hermione lo fissava
stralunata, le mani tutt’a un tratto madide di sudore e molli
per l’emozione.
“Beh?”,
l’incalzò Draco, “Vuoi stare
lì a fissarlo o lo scarti?”
Hermione
era incredula; e tale rimase perfino quando fra le sue mani ci fu
l’una su venti copie al mondo del Floricoltura.
“Allora?
Era quello che volevi, no?”
A
dispetto del fare incurante e vagamente annoiato, dietro alle parole di
Draco Malfoy s’intravedeva una punta di autocompiacimento.
Hermione la registrò di sfuggita, troppo incredula.
Come
avrebbe reagito se, a quindici anni, le avessero detto che il
più prezioso regalo di quel Natale lo avrebbe ricevuto dal
suo peggior arcinemico? Si sarebbe fatta una grassa risata, eccome!
“Io...”,
balbettò frastornata, recuperando un po’ di buone
maniere, “Non posso accettarlo. È
troppo.”
Il
viso pallido di Draco si colorò di una sfumatura porpora.
“Non blaterare sciocchezze, Granger. Certo che puoi
accettarlo. Ci ho messo una vita a trovarlo.”
Non è da lui.,
pensò istintivamente. Si aspettava che il regalo si
Disilludesse da un momento all’altro, magari tramutandosi in
un serpente di gomma. Ma il volume era lì, pesante e
croccante e con la magnifica copertina incisa.
“Non
so cosa dire.”
Era
vero. Qualcosa di indefinito si era mangiato tutte le sue parole e le
risputava accartocciate e inutilizzabili. Draco Lucius Malfoy che le
comprava il libro che voleva per Natale. Che il Mondo Magico stesse
andando incontro a una catastrofe imminente? Tutto era possibile, a
quel punto!
Draco
parve intuire il corso dei suoi pensieri.
“Per
Salazar, Granger! Non fare quella faccia da Troll
ritardato...”
Ecco,
questo è decisamente più da Malfoy.
“...
è solo un regalo, e ci poteva arrivare anche quel furbo di
Re Weasley.”
L’accenno
a Ronald le scavò una scia di rabbia inespressa nello
stomaco. Ancora una volta, si affacciò alla sua mente quello
che si era ripromessa, e per un attimo pensò di onorare quel
suo voto segreto.
Draco
interruppe le sue riflessioni: “Sveglia, Granger.”
“S-scusa.
È che stavo pensando...”
S’interruppe.
Draco attendeva, alto, impacciato, e diverso da tutto quello che nel
tempo avrebbe potuto pensare su di lui. Ebbe la tentazione di
confidargli tutto, di parlargli della Tana e della litigata, ma
qualcosa la trattenne.
“È
stupendo, Malfoy. Grazie.”
“Non
ringraziare. Ho solo evitato che continuassi a flagellare le orecchie
di tutti noi con quello stupido libro.”
Con
quella chiusa imboccò la porta. Hermione lo fermò.
“Draco?
Buon Natale.”
Credeva
che neanche sotto tortura quell’uomo le avrebbe risposto e
invece, lo sentì borbottare, senza neanche voltarsi:
“Sì, sì, certo. Buon Natale.”
Hermione
Granger sorrise.
Ronald
sedeva sul letto a togliersi le scarpe. Hermione, alla toletta, poteva
vedere il suo sguardo concentrato, di chi ha qualcosa su cui rimuginare.
“Ehm,
Hermione... stai bene?”
Lei
lottava con le ultime forcine incastrate nel raccolto.
“Certo.”,
con le palpebre socchiuse, si figurò il cadeau nascosto
sull’ultimo ripiano della libreria. Non ne aveva parlato a
Ronald. Si era detta che, dopotutto, lui, con il suo spigoloso orgoglio
Grifondoro, si sarebbe sentito scavalcato. E poi, poteva pure dirsela
tutta… Ron odiava Draco Malfoy. Ed era più simile
a lui di quanto credesse... Avrebbe confezionato una scusa vecchio
stampo per ritenere che sua moglie non dovesse ricevere regali
così costosi se non da suo marito.
Hermione
aprì la mano e le forcine volarono al loro posto con un
tintinnio.
“È
stato un Natale meraviglioso.”
Note
dell'autore
Riprendo
i fili di questo universo, questa volta confezionando un episodio di
Natale che mi frullava in testa da un po'. Siamo sotto le feste,
dopotutto, e ho pensato: perché no? Perché non
ributtarmi in questo mondo parlando di una sfumatura che nel rapporto
fra i personaggi è sempre stata usata (il reciproco scambio
di regali) come un modo per tastare il terreno della reciproca amicizia?
Temporalmente, rispetto a Età
adulta, si colloca nella finestra del Natale prima che
Hermione confessi a Draco di provare qualcosa per lui, dunque potrebbe
essere ben visto come un momentum
fondamentale nella realizzazione del sentimento che prova.
A breve aggiornerò con un lungo capitolo la storia
principale.
Per ora, mi andava di pubblicare questo episodio natalizio, un po'
scanzonato, senza troppe pretese. Spero che chi lo legga ci trovi un
po' di emozioni, quelle del non detto, in un'atmosfera festiva, quando
sembra sempre che tutto possa succedere.
Charlie
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