love like ghosts sì
love
like ghosts
C'è qualcosa che non va, riflette Rey, nella fine della sua
storia. Ha smesso di credere nelle leggende e nelle favole un
po’ di tempo fa,
ma nonostante questo è sicura che tutto questo sia troppo
sbagliato, persino
per una tragedia.
Il calore di Ben Solo se ne va dalle sue
mani ancora prima che
possa rendersene conto e chiuderle, stringerle a sé, nella
speranza di
mantenere qualcosa di suo, di loro. Sa che dovrebbe
alzarsi, scappare da
quel cimitero e raggiungere i suoi amici, far sapere loro che
è viva e sta
bene, ma quando alza la testa verso il cielo che crolla sopra di lei e
chiude
gli occhi, sa che, se esce da lì, Ben smetterà di
esistere.
Una vita breve, per lui: nato e morto nello
stesso giorno, senza
neanche essere annunciato al mondo. Un segreto che muore con lei.
Rey afferra la maglia che si è
lasciato indietro e ne sente la
tessitura, ruvida e grezza, come le maglie di un'armatura. Il buco che
Rey ha
fatto con la spada laser soltanto poche ore prima è
ripugnante e i bordi sono
poco più scuri, ancora intrisi del sangue che è
uscito prima che potesse
chiudere la ferita. Mentre si alza in piedi a fatica, se la lega sui
fianchi. Nessuno
verrà per lei.
(Se si accorge della sagoma blu che la
guida fino all'Ala-X di
Luke, pensa che non siano altro che scherzi di luce.)
*
Nonostante il dolore (un mostro grottesco
di cui non pensa che
riuscirà mai a liberarsi), quando Finn la trascina via dai
festeggiamenti per
parlarle in privato, Rey non riesce a trattenere la gioia che le
esplode
dentro.
Sento la
Forza, ed
è bello non essere tanto soli quanto prima, anche se Rey
mentirebbe se dicesse che la sua presenza nella Forza si avvicina anche
solo di
poco a quella che avvertiva quando Kylo Ren si trovava nel suo stesso
sistema.
O sul suo stesso pianeta, o nella sua stessa stanza.
Rey si sente di nuovo una ragazzina,
abbandonata in mezzo al
deserto.
“Quando eravamo su Exegol, vi ho
percepiti, l’ho
percepito...”
Rey distoglie lo sguardo dalle loro mani
unite e sgrana gli occhi,
incredula. Pensava che Finn e Poe l’avessero vista trafiggere
Kylo Ren su
Endor, non era ancora riuscita a spiegare cosa fosse successo davvero
nella sala
del trono dei Sith. Eppure, possibile che Finn l’avesse
sentito?
“Un potere pari al tuo, ti
accompagnava come un’ombra, ma non era
oscuro. Era... Era Leia?”
I suoi occhi brillano e in Rey sgorga un
ricordo: se stessa soltanto
qualche mese fa, appena atterrata su Ahch-To, mentre porgeva a Luke la
spada
laser di suo padre con quella stessa luce negli occhi.
Speranza, pensava
allora, ma guardando Finn le è più facile pensare
ai bambini di Jakku quando ascoltavano
le storie delle leggende della galassia, e le promesse che poteva
custodire una
vita lontano da quel deserto.
È un breve momento, quello in
cui pensa di annuire alla sua
domanda, ricordando il modo in cui il suolo le è scivolato
sotto i piedi
conoscendo Luke Skywalker: meglio mantenere la speranza, dentro chi
può ancora tenerla
viva. Sarebbe solo una mezza bugia, in ogni caso – Leia era
lì con lei, in
effetti, ma non importa.
Una sensazione dentro di lei, una voce che
chiede qualcosa che non
è né giustizia né vendetta, la
costringe a rispondere con un filo di voce,
mentre scuote la testa.
Il sorriso di Finn vacilla ed, entro la
fine della breve spiegazione
(marcata da un’ellissi importante sul finale), è
completamente sparito. Lascia
spazio a un dubbio incredulo. Rey non lo biasima.
*
Quando Ben le appare la prima volta, Rey
sta facendo ciò che sa
fare meglio: la cerca rottami, dentro il caccia TIE del Leader Supremo,
quasi
completamente distrutto. Quasi è la
parola chiave, oggi come allora,
anche se Rey non trova nulla che non sia impersonale, ed è
difficile nascondere
la delusione.
"Rey."
Il suo nome pronunciato da quella voce e
che esce da quelle labbra
è una delle sue allucinazioni più ricorrenti,
perciò non ci fa molto caso -
anzi, resistere al bisogno di
voltarsi e di sperare è
uno degli
obiettivi che non riesce a raggiungere, nonostante le decine di volte
in cui si
è trovata in questa situazione.
Sei difficile da trovare.
È difficile liberarsi
di te.
Se non fosse tutto così ingiusto
e doloroso, Rey lo troverebbe
quasi divertente: Kylo Ren non riusciva a lasciarla in pace, e Ben Solo
non è
riuscito a rimanere, quando gliel’ha chiesto.
Si asciuga le lacrime che stanno
già per cadere con il dorso della
mano, imprecando e ridendo, sapendo già come
finirà - dando di nuovo fuoco a
ciò che resta di questa stupida nave, forse gettandoci
dentro la maglia che si
porta ancora dietro. Anch’essa sta iniziando a perdere il
ricordo di Ben, come
se fosse uno straccio qualsiasi.
"Rey?"
Che poi, a ben vedere, se avesse usato
questo tono, forse gli avrebbe
preso la mano. Di continuo si chiede cosa sarebbe successo, se l'avesse
fatto.
Se avesse accettato la prima, o forse la seconda volta. Se fosse
rimasta con
Luke. Se, se, se.
Forse non sarebbe lì a piangere
mentre rovista nel caccia di Ben
alla ricerca di qualche ricordo che sia reale, a differenza della voce
nella
sua testa.
"Rey!"
L'urgenza della voce non è una
cosa nuova, ma la mano che sente
sulla sua spalla sì: Rey si volta di scatto, brandendo il
suo bastone in un
attacco scoordinato e spaventato.
Il colpo passa attraverso il corpo di Ben
Solo, davanti a lei a braccia
incrociate e con un’espressione corrucciata in viso, anche se
il modo in cui il
suo petto si alza e si abbassa - visibilmente e velocemente, come se
avesse
fatto una corsa, come se fosse vivo
-
tradisce il suo entusiasmo. Le sue labbra tremano e, se non conoscesse
Ben
Solo, direbbe che sta cercando di trattenere un sorriso.
Rey perde l'equilibrio e rovina a terra,
sotto gli occhi
dell'uomo, balbettando qualche parola a mozziconi.
"Non ci vediamo per appena qualche giorno e
la prima cosa che
ti viene in mente di fare è attaccarmi." Rey capisce che
forse la
solitudine non è la strada per lei, se questi deliri ne sono
il risultato.
"Pensavo avessimo superato questa fase."
Cerca di non staccare lo sguardo dalla sua
figura, traslucida e
tremolante come i bordi di una fiamma, ma mentre si alza appoggia una
mano su
un pezzo rotto di lamiera, appuntito, e il dolore la costringe a
guardare in
basso.
Sente qualcosa mancare. Quando rialza lo
sguardo, con un groppo in
gola, Ben è già sparito.
*
Su Ahch-To non c’è
niente, a parte ricordi sgradevoli. Le custodi
dell’isola stanno ancora ricostruendo la capanna che Luke ha
distrutto quella
sera, e non la fanno avvicinare.
Ha il sospetto che, anche se lo facesse,
non ci troverebbe
nessuno.
*
"Rey chi?"
"Rey Skywalker."
Mastica la parola, e ha un sapore diverso
rispetto a quando la
diceva accompagnandola con maestro.
Non le piace particolarmente e si morde piano la lingua. Ormai non
può più
rimangiarsela, comunque: la signora se n'è andata prima che
potesse
correggersi. Anche allora, se lo facesse, sarebbe un gesto stupido.
Rey non rimane troppo a lungo a guardare la
notte calare. Ha visto
tramonti sulla sabbia a sufficienza per il resto della sua vita.
*
"Skywalker?"
Stavolta Ben Solo ha la decenza di
comparire non dietro ma davanti
a lei, per cui lo spavento lascia spazio a un battito cardiaco che
nelle sue
orecchie sembra una cavalcata di cavalli – come quelli che ha
visto su Endor,
terrificanti e ben più grandi di lei.
Non riesce ad aprire bocca. Cosa si
può dire al fantasma
incorporeo dell’uomo che, dopo infiniti tentativi di
togliertela, ha dato la
sua vita per salvare la tua?
Ben Solo è dissonante, dentro la
piccola abitazione in cui una
volta viveva suo zio: le sue gambe troppo lunghe per le sedie e le sue
spalle
troppo larghe per qualsiasi posizione diversa dallo scomodo accucciarsi
sopra
al tavolino, a braccia incrociate, mentre la guarda con un sopracciglio
alzato.
Rey, improvvisamente, si sente in imbarazzo.
"Sì, beh, ci ho provato." Sbuffa
e gli dà la schiena
anche se è l’ultima cosa che vuole fare, sperando
che l'altro non riesca a
vedere il modo in cui la vergogna si arrampica sul suo collo e sulle
sue
orecchie, di un rosso vibrante. "Pensavo... suonasse meglio. Era un
tributo."
Ben non risponde. Quando Rey si accorge di
non sentire più il suo
sguardo addosso e si volta di scatto, è già
scomparso.
*
Forse sembra strano, ma non c'è
molto da fare, una volta che la
galassia è salva.
Rey eccelle nel combattimento con spada
laser e nello spostare... cose, ma
manca della saggezza intrinseca
che qualsiasi Jedi sembra avere. Non è capace di diplomazia
- a meno che non
sia spicciola e coinvolga anche una minima percentuale di violenza.
Anche i due generali della Resistenza
condividono un po’ il suo
disagio durante le trattative di ricostruzione e le discussioni di
riparazioni,
di giustizia, di punizioni: nessuno di loro è cresciuto in
tempo di pace, non
sanno cosa sia, a parte un ideale lontano.
Ciò che importa è che
la Resistenza, che ormai non ha più senso
porti quel nome, si sente a proprio agio nel sapere di averla al suo
fianco: la
Jedi che ha salvato la libertà, la vita, il futuro, di
tutti, forse anche di
più. Ogni tanto è costretta a partecipare a
parate e festeggiamenti.
Ben non viene mai nominato.
Quel che ha fatto non è stato
abbastanza, suppone Rey con
amarezza, quel che ha fatto non è nemmeno stato raccontato, anche se sa che Finn ha
cercato di inserire queste
informazioni nei suoi discorsi in Senato, ma non è facile
redimere uno dei più
grandi despoti della galassia. Una parte di lei lo capisce. Si sente
sciocca,
persino, ad aver pensato che un atto estremo potesse cancellare anni di
soprusi
e migliaia, milioni, di vittime.
L'altra parte non lo capisce, ed
è quella che legge e rilegge i
manoscritti Jedi fino a ricordare anche le orecchie fatte alle pagine
di quei
libri, nel tentativo di riportare Ben a sé.
*
Ben è visibile ma, nella maggior
parte dei casi, incorporeo. Le
sembra di aver fatto mille passi indietro, di essere tornata a quelle
visioni
di Kylo Ren di cui era forzatamente testimone: Ben Solo appare al suo
fianco
nei momenti più casuali della giornata, sembra un fantasma
della Forza, ma non
lo è, a detta sua.
È anche diverso dal legame che
condividevano – Ben non assorbe
tutta la sua attenzione su di sé, non annulla ogni altro
rumore che la
circonda. Anche quando non c’è, a volte, Rey lo
percepisce. Come un’emozione,
come un desiderio.
Il più delle volte come un
fastidio, come se fosse un’ombra sempre
appena fuori dal suo campo visivo.
Nei primi giorni continua a voltarsi
indietro, a cercarlo, e anche
dopo settimane l’impulso di accertarsi che non ci sia nessuno
lì non
diminuisce. Diventa irritante.
“Forse se ti picchiassi
funzionerebbe.”
Ben la guarda con aria di sufficienza, un
po’ spocchioso, e le
ricorda qualcuno che forse è bene non nominare.
“Perché la prima volta
ha funzionato così bene.” E anche la
quarta, se non ricorda male Rey, quando è comparso
all’improvviso davanti a lei
mentre si stava finalmente assopendo: l’ha attaccato,
ovviamente, riuscendo
soltanto a cadere di nuovo a terra.
“Se ti viene un’idea
migliore fammi sapere.” Non è certa che Ben
senta il suo borbottio, perché non risponde.
Riprende la lettura del manoscritto che ha
in mano e, dopo poco,
si addormenta. Al suo risveglio, il fuoco si è spento, il
libro è chiuso al suo
fianco e sulle spalle c’è una coperta in cui non
ricorda di essersi avvolta.
*
Quando Finn e Poe le chiedono di prendere
parte a qualche
celebrazione in una grande città, Rey non fa i salti di
gioia: le grandi folle
non le piacciono e ha sempre l’impressione di cercare
qualcuno che non troverà,
tra la gente.
Una volta che la festa giunge al termine,
Rey si ritrova sempre
nelle periferie o nei quartieri meno abbienti, in qualche locale non
troppo
frequentato – anche lì, come ovunque,
c’è qualcuno che la riconosce.
C’è
qualcuno che le fa sempre la stessa domanda, declinata in vari modi.
Ma che
viso aveva, il mostro? Quando l’hai sconfitto,
l’hai guardato in volto?
Nessuno sembra ricordare la fine della
storia. Rey non li biasima,
ma non biasima neanche se stessa per la sua mancata pazienza.
“Era il viso di un
ragazzo.” Sente un’impennata di emozione, e non
viene da lei: vergogna, paura, forse, un risentimento.
“Soltanto un ragazzo.”
*
Ben le aveva urlato addosso la prima volta,
senza pace, appena
uscita dal locale, chiedendole il perché di quella risposta.
Era la prima volta
che lo vedeva così arrabbiato dopo la battaglia di Crait.
Perché
è
così,
avrebbe voluto rispondere, lo
sei ancora. Ben era scomparso prima che potesse aprire bocca.
*
Rey è felice che i Jedi siano
scomparsi – per quanto Poe insista
sul fatto che non è vero e che lei e Finn siano gli ultimi
Jedi, Rey si rifiuta
di identificarsi come tale. In gran parte è dovuto al suo
astio nei confronti
di tutto ciò che circonda l’idea
di
Jedi. Il distacco, l’apatia, la meditazione: tutte cose che
Rey non potebbe mai
fare sue.
In altra parte è dovuto ai testi
che hanno scritto. Soprattutto ai
testi che hanno scritto.
L’unica cosa per cui sono utili
è far ridere Ben: è raro sentirlo,
non accade più di un paio di volte a settimana. Di solito
è perché Rey rovina a
terra scivolando o per un battibecco che finisce sospeso,
nell’incredulità che
un disaccordo tra di loro possa essere risolto a parole e non a colpi
di spada.
Eppure, ogni volta che Rey si stufa delle
metafore Jedi per
spiegare il più semplice dei concetti – la
posa meditativa come un fiore di loto sospeso sull’acqua,
tanto limpida da
permettere al fiore stesso di essere contemporaneamente specchio e
immagine di
se stesso – e scaglia via il pesante, antico,
prezioso tomo che ha in mano,
Ben non può fare a meno di lasciarsi andare a una risata che
sembra quasi di
pancia, quasi un suono vero.
“Vuoi fare la sua stessa fine,
Ben?”
Lo sguardo che l’altro le rivolge
è pieno di qualcosa, e Rey non
lo capisce del tutto. Di certo sa che, se potesse toccarlo, scagliarlo
dall’altra parte della stanza non sarebbe il primo punto
nella sua lista di
cose da fare. C’è anche da dire che in quelle rare
volte in cui Ben è riuscito
a toccare qualcosa, qualcuno, non è mai durato per
più di qualche secondo.
In qualche secondo, Rey non potrebbe
neanche iniziare a fare
ciò che vorrebbe.
“Ora capisci un po’
perché non potevo rimanere lì? La disciplina Jedi
è il tedio spiegato con
milioni di
parole.” Ben scuote la testa, si alza per avvicinarsi al
libro. Per poco ha
schivato una pozzanghera, fortunatamente. “Ricordo un intero
capitolo dedicato
ai materiali da usare per gli utensili con cui fare il té.
Non meno di
cinquanta pagine, tutte descrizioni di pianeti dove trovarli, dei
popoli e
dell’economia di questi luoghi.”
“La cosa peggiore di tutte
è che nella mia testa leggo tutto quanto
con la voce di tuo zio.”
Ben ride, particolarmente generoso in
ambito di sorrisi, oggi.
Mentre si china sul libro, Rey si sente sporgere sul parapetto di una
delle
torri più alte delle grandi città della
Repubblica, in attesa di qualcosa, e
non sa da chi dei due arrivi la sensazione.
La mano di Ben si chiude sulla spina del
libro, solida, reale. Rey
inspira una boccata di aria che per un attimo sa di fumo, di metallo,
di
qualcosa che è stato casa per pochi minuti appena
– e cade dalla torre.
Quando si alza in piedi Ben l’ha
già raggiunta, con una mano
allungata verso di lei, sperando di poterla sentire,
anche solo per poco: le passa attraverso, capitombolando dietro di lei.
Rey
rimane in piedi, stringendosi le braccia con delle mani troppo piccole
per
assomigliare minimamente a quelle che vorrebbe su di sé.
Sentendo Ben che impreca dietro di lei, si
china a raccogliere il
libro, caduto di nuovo a terra poco prima che potessero raggiungersi.
C’è
ancora tanto lavoro da fare.
*
Finn è splendente, con le vesti
eleganti donategli dai ricchi
nobili della nuova Repubblica. Rey lo guarda con un sospetto giocoso
quando lo
vede scendendo dal suo trasporto: riconosce nei colori chiari del suoi
vestiti
un richiamo a quelli dei Jedi, che probabilmente ha visto in qualche
archivio miracolosamente
salvato dal Primo Ordine.
Per un attimo il suo amico assume una posa
elegante, dignitosa, seria, e la
luce si riflette sui ricami
dorati della stola che porta al collo arrivando sul viso di Rey,
accecandola –
si spaventa, quasi. Per fortuna dura solo un attimo, e subito Finn
è al suo
fianco, ridendo e stringendole il braccio con una mano e abbracciandola
più
stretto che può.
Poe compare dopo poco dietro di lui, con
degli abiti meno
elaborati e più pratici, seppur eleganti. I saluti da parte
sua sono
altrettanto generosi ed entusiasti.
Rey finge di non vedere il modo in cui Poe
accarezza la mano dell’altro
attraverso le pieghe dei vestiti, ma si scambia ugualmente uno sguardo
eloquente con Ben quando questo compare, una volta al sicuro nella sua
stanza.
(“L’affetto per una
persona è l’unica cosa che ti può
spingere
davvero a combattere una guerra così disperata.”
Commenta Ben, cercando di
coprire con la solennità un imbarazzo che Rey non capisce.
“Dameron può dire a
tutti di aver lottato per la libertà o per la democrazia, ma
nessuno ama così
tanto un ideale. Solo gli esaltati o i pazzi.”
Una risata senza spirito scuote le spalle
di Rey.
“Tu
eri pazzo, allora.”
Ben sospira, la guarda pungente, come la
guardava Luke su Ahch-To quando
non capiva le sue tirate metafisiche sulla Forza.)
*
Deve sembrare più rilassata,
più felice, Rey, per qualche motivo,
perché a differenza di altre volte Finn e Poe non insistono
troppo nel cercare
di farla rimanere in città più a lungo.
Specchiandosi nella superficie lucida del
cucchiaio che ha
davanti, sul tavolo, si domanda come mai. Di certo non si sente più felice.
Prima di cena, prima di iniziare a
festeggiare, Poe fa un discorso
per presentarla agli altri senatori – come se ci fosse
qualcuno nella galassia
liberata che non conosce il suo volto.
Poe parla come un poeta, l’unica
caratteristica che condivide con
tutti questi politici, della guerra e degli eroi, delle scelte che ci
si trova
a fare nella vita, tra il bene e il male. Ci butta dentro una battuta
sul fatto
di non capirci nulla, della Forza, ma di pregarla ogni sera di non
rovinare
tutto comunque, per buona misura. Anche Rey riesce a ridere.
Il pensiero di Ben, dimenticato dalla
storia, è sufficiente per
spingerla a piegare il cucchiaio tramite la Forza, inconsciamente. Finn
rivolge
lo sguardo verso di lei, preoccupato, ma nessuno se ne accorge a parte
loro.
Una volta che iniziano a mangiare e a bere,
Rey si riempie tanto
da riuscire a dimenticare. Quasi.
*
“Hai un ottimo
appetito.”
Rey si ferma nella lettura – uno
dei datapad provenienti
dall’archivio storico, doveva trattare di proiezioni della
Forza e argomenti
del genere ma per ora l’autore sembra essere molto impegnato
a spiegare nella
maniera più noiosa possibile quale sia la natura fisica
della luce. Onda,
corpo, particella. Rey ha spento il cervello tre pagine prima.
Con un sopracciglio che non è
mai stato così in alto, si volta a
guardare Ben Solo, seduto a gambe incrociate sul suo letto. Quello si
schiarisce la gola, un po’ a disagio.
“Volevo fosse un
complimento.”
“Ho patito la fame per
vent’anni.”
Ben sussulta. Rey sente la Forza muoversi,
come succede spesso
quando l’altro si inalbera, o prova una qualsiasi emozione
forte (di solito si
inalbera). Sembra indignazione, questa, e a Rey viene un po’
da ridere.
“E tu, Ben? Quando eri piccolo
facevi storie per mangiare le
verdure?”
“Di solito era Han,
quello.” Rey non fa fatica a immaginarlo. “Mia
madre non lasciava scampo in ogni caso.” Un piccolo sorriso
si stende sulle
labbra di Ben, prima che quello inizi a morderle dall’interno
per trattenersi.
Rey non sa se i ricordi siano sempre stati
lì, nascosti, ma è
felice che Ben riesca a parlarne senza una smorfia sul volto.
*
Rey adora le stelle, le sognava nel deserto
di Jakku e le ha
potute toccare volando col Falcon, con l’Ala-X. Uno dei
motivi per cui non si
trova a proprio agio in una città che non dorme mai
è che non riesce a
scorgerle, oltre i palazzi.
Il cielo della città
è come un tramonto infinito, anche nelle ore
più buie della notte sembra che il sole esiti a voler
sparire del tutto,
nascosto ma lì. Forse
è anche per
questo che Rey non ha sonno, è per questo che si sente
così malinconica, un po’
arresa.
“Ti ricordi quando sono
iniziate?”
“Mh?”
Ben è disteso al suo fianco, sul
letto, mentre guarda il soffitto.
Lei è stesa a pancia in giù, la testa poggiata
sul suo braccio. Tiene l’altra
mano affianco al viso di Ben, in modo da poter sentirne il calore,
dovesse
diventare corporeo.
“Le voci, gli incubi.”
Vorrebbe accarezzargli i capelli,
distendergli la fronte aggrottata con i polpastrelli. La luce che Ben
emana è
fioca, adatta alla stanza semibuia in cui si trovano, illuminata dalle
luci
esterne, ma sufficiente per vedere il modo in cui la sua espressione
cambia
impercettibilmente.
“Quando avevo sette
anni,” a Rey sembra di ingoiare un sasso,
“Leia mi portò in missione diplomatica nel sistema
di Bespin. Non ricordo come
accadde, ma un gruppo di dissidenti riuscì a
rapirmi.”
Forse per il legame che condividono, Rey sa
già come va a finire
questa storia – nel sangue dei rapitori, probabilmente pedine
di Palpatine fin
dal principio, assassinati da Ben stesso.
“Mi trovarono dopo poche ore, in
lacrime, nascosto lontano dai
cadaveri. Non dissi a nessuno delle voci. Furono loro a dirmi di non
farlo.”
Rey sposta il braccio da sotto la propria testa, per posare la mano
sulla sua.
Si attraversano, ma Ben gira comunque il palmo verso l’alto,
come se potesse
prenderla.
Rey non sa quando si addormenta, se Ben
svanisca prima che possa
farlo.
*
Stranamente, quando sente un tocco leggero
sulla spalla mentre
dorme, il suo primo istinto non è quello di alzarsi e, a
malapena sveglia,
difendersi. Forse è imputabile alla calma che percepisce
attraverso la Forza,
attraverso il loro legame, ma tutto ciò che Rey riesce a
fare è spingersi più
comodamente ancora sul cuscino, sospirando.
Ben, steso al suo fianco, si trattiene
dallo svegliarla soltanto
perché sembra dormire così pacificamente, e
continua a premere tocchi cauti sui
suoi capelli, sulle sue braccia.
Sono passate ore da quando si è
manifestato e non è mai rimasto
così tanto a lungo, potrebbe finire da un momento
all’altro: respira
profondamente.
Si avvicina e le lascia il fantasma di un
bacio sulla fronte, poi
è già scomparso.
*
“Tieni ancora quello
straccio?”
Le luci della città sono solo un
ricordo. Rey quasi rimpiange le
dolci sveglie musicali che suonavano nella sua stanza, costretta a
svegliarsi
dalla voce profonda e un po’ scocciata di Ben. Il sole sta a
malapena sorgendo.
Rey gli rivolge un’occhiataccia,
consapevole che Ben sia consapevole
del fatto che non abbiano letteralmente niente
da fare per tutto il giorno, a parte leggere i testi che è
riuscita a trovare nell’archivio
della città.
“L’ho lavata, nel
frattempo.” Si guarda le maniche. Sta indossando
la maglia di Ben, quella che si è lasciato indietro.
È troppo grande per
qualsiasi altra cosa, ma non va male per coprirsi dal freddo della
notte.
E poi, straccio è
concettualmente simile a rottame: forse per
questo Rey si è affezionata. O forse per altri motivi.
Ben la fissa, concentrato. Rey arriccia il
naso.
“Era tanto che mi guardavi
dormire?”
Ben farfuglia qualcosa, perdendo la sua
compostezza. Rey si chiede
se abbia imparato a governare in minima parte la sua
capacità di apparire e
sparire, perché svanisce proprio al momento giusto per
evitare l’imbarazzo.
*
Stranamente, non compare nei suoi sogni.
Non per davvero,
perlomeno – è sempre il suo ricordo, che sia
quello di Kylo Ren in una foresta
ricoperta di neve o quello di Ben Solo, sotto le statue imponenti di
Exegol.
Nel primo caso si sveglia tremante, una
memoria muscolare che le
impone di combattere e attaccare e difendersi, per sempre in bilico tra
uno
scatto di rabbia eccessivo che significa, per lui, la fine, oppure un
passo
falso che significa, per lei, la fine. Nel secondo caso invece si
sveglia
piangendo, con un pugno nel petto a stringerle il cuore.
Sono
così
stanca, sussurra a
nessuno in particolare, respirando più rumorosamente
che può per sentire qualcosa di diverso dal rumore dei
fulmini, delle
esplosioni, così stanca.
*
Non c’è molto che Rey
non abbia capito della situazione di Ben,
dopo settimane di letture. È interessante scoprire che,
oltre a non sapere dove
si trovi, Ben non conosca nemmeno ciò di cui Rey gli parla,
ciò che ha letto
dai testi antichi. Una sorta di rivincita, per lei, che Ben percepisce
e che
gli fa aggrottare le sopracciglia. Rey ha il sospetto che da bambino
fosse un
saccente insopportabile.
Il problema, quello che nessuno dei due
riesce a capire, è
esattamente come tirarlo fuori da
lì.
Andare sul pianeta di Lothal sembra un
primo passo utile, un po’
come togliere il pannello che copre il motore di uno speeder rotto,
spiega a
Ben.
Peccato che lo speeder, a detta di Ben, sia
in fiamme, e sia tutto
buio, e non si riesca a vedere nulla e neanche a capire quale sia il
problema,
men che meno a risolverlo.
“Stiamo diventando sempre
più simili ai Jedi con queste metafore,
vero?” Borbotta Rey, inserendo le coordinate di Lothal nel
pannello di
controllo dell’astronave. Ben non si degna di rispondere e
ride in maniera
discreta, mettendosi comodo sul sedile al suo fianco.
Rey allunga una mano sul suo ginocchio. Vi
si ferma sopra, per
qualche fortunata coincidenza, e lo stringe.
*
Stavano parlando del più e del
meno, prima che li attaccassero –
barbari, selvaggi, senza abilità nel combattimento, ma
comunque numerosi. La
spada laser di Luke era ancora sotto la sabbia del deserto quando sono
partiti,
contro il consiglio di Ben. I suoi tentativi di proteggerla,
intrappolato nel
suo mondo parallelo, non sono stati sufficienti.
Una volta messi in fuga, Rey si affretta a
medicarsi: un taglio
piuttosto profondo è scavato sulla sua spalla e Rey sente
Ben sussultare nella
Forza, mentre lo lava grossolanamente senza neanche fare una smorfia,
cercando
di pulirlo dalla terra.
Le viene un po’ da ridere.
Quand’è che è diventato così
sensibile?
Qualcosa le suggerisce che lo sia sempre stato.
Vorrebbe solo mettere fine a questo
inconveniente e, se fosse
capace di curarsi da sola attraverso la Forza, lo farebbe. Purtroppo, come allora, è troppo debole e
Ben la
guarda come se fosse lui a essere stato ferito. Rey sente una brace
ardere
appena sotto il diaframma, un misto della rabbia calma
dell’altro e della sua
soggezione nell’essere osservata così.
“Dovresti forgiare una nuova
spada.”
Rey sbuffa, più piccata
dall’interruzione di una serata così
piacevole che dalla ferita in sé. Ben sembrava
così a suo agio, per qualche
motivo, nonostante la loro ricerca non avesse rivelato frutti dopo
più di una
settimana. Se avessero potuto toccarsi, gli avrebbe preso la mano.
“Dovresti tornare qui e aiutarmi
a farlo.”
La rabbia innocua, infastidita, si allarga
nella Forza. Qualsiasi
traccia di buonumore rimanente sparisce subito dal suo viso e Ben
incrocia le
braccia, preme le labbra per trattenersi.
*
In qualche modo, funziona. Non sa per
intercessione di chi, non sa
grazie a quale benevolenza della Forza, che nella mente di Rey
è sempre più
simile a un’anziana cieca con un pessimo senso
dell’umorismo.
Dopo settimane di esplorazione di tempi in
rovina, distrutti dal
tempo e dall’uomo, di foreste più antiche della
Vecchia Repubblica, Ben Solo
ritorna al suo fianco – niente graffi e tagli sul volto e
sulle braccia, come
se fosse davvero nato di nuovo.
L’unica cosa che è
rimasta dello scontro su Exegol è il suo
sorriso, lo stesso che gli ha spaccato il viso in
quell’occasione. Rey lo
bacia, di nuovo come allora, ma stavolta lo tiene stretto.
*
“La parte più
divertente di tutto questo è che la metafora del
fiore di loto aveva davvero senso.”
Rey scuote la testa, bagnandogli il viso
con un panno bagnato di
acqua fresca. È un po’ delirante, Ben, forse per
lo shock di essere rientrato
in questa dimensione.
“Tutto questo non
ha una
parte divertente, punto. L’importante è che sia
finito.” Gli rivolge il sorriso
più calmo che riesce a trovare in sé, anche se
vorrebbe solo stendersi al suo
fianco e dormire per due settimane. Entrare nel Mondo tra i mondi non
è stata
un’esperienza piacevole, e non vuole nemmeno immaginare come
deve essere
rimanerci per un anno o giù di lì.
“Sì,
però.” Ben alza una mano, grande, sul suo viso.
Traccia uno
zigomo con la punta dell’indice, come se stesse seguendo con
il dito una frase di
un libro, particolarmente intricata, che deve rileggere più
volte.
Fa solletico. Rey appoggia il panno e
unisce le loro mani: è come
in un’eclissi, la luna che oscura il sole. Uguali e opposti.
“Il fiore è allo
stesso tempo immagine e specchio di se stesso.”
Ben ha smesso di guardare lei, trovando nelle loro mani un soggetto
temporaneamente
più interessante. “Il fiore è il fiore,
e così anche lo specchio. È sempre il
fiore, pur non essendo il fiore.” Alza le sopracciglia, con
un’aria di urgenza.
“Capisci?”
Nonostante l’assurdità
della situazione, Rey sente gli occhi un
po’ lucidi e una sensazione nel petto – come se
stesse bevendo un té caldo,
dopo settimane di gelo. Il calore scende dalla gola allo stomaco, e
lì forma
una pozza di tranquillità. Si dà la
possibilità di respirare, davvero, dopo
mesi.
“Sono sempre io, ma non sono
io.” Risponde con un filo di voce. “Sei
tu.”
Ben sorride con i denti, come prima,
annuisce, intreccia le loro
dita. Rey si avvicina fino a quando l’altro non sussurra,
quasi sulle sue
labbra. “Sei sempre tu, ma sono io. Uguali e
opposti.”
*
C’è un imbarazzo,
appena Ben si riprende – uno “scusa, devo
passare”, un farsi stretti contro le pareti
dell’astronave, un ritirare la
propria mano quando viene a contatto con quella dell’altro,
come se fosse una
lingua di fuoco.
Fortunatamente per entrambi, è
una pretesa che non dura più di
pochi minuti.
Rey non ricorda l’ultima volta in
cui ha riso così tanto, non sa
neanche se ci sia mai stata.
*
Può sembrare strano, dopo tutti
gli incubi che ha causato, ma Rey
si trova a ringraziare la maschera di Kylo Ren.
Le persone che lo hanno visto senza e sono
sopravvissute per
raccontarlo si possono contare probabilmente sulle dita di due mani:
nessuno
conosce il viso di Kylo Ren e nessuno conosce il viso di Ben Solo
– è
interessante, fingere di essere persone normali e camminare in mezzo
alla
folla, perdersi in mezzo ad essa e
ritrovarsi, un po’ grazie al loro legame, un po’
semplicemente perché Ben
svetta tra la gente.
“Ricordo quello che-”
Ben si ferma, stringendo le labbra in una
linea. Un’abitudine che non ha perso. A Rey piace pensare che
sia la
rappresentazione dei suoi pensieri in movimento, ora che sta imparando
a riflettere
prima di fare qualsiasi commento acido gli capiti per la mente.
Sorride, appoggia il mento sul palmo della
mano, lo guarda. La
folla è dimenticata: nonostante la civiltà
vicina, preferiscono entrambi
accamparsi nel silenzio delle foreste limitrofe.
“Quello che vidi nella tua mente,
la prima volta. La foresta,
l’acqua. Possiamo...” Ben deglutisce.
“Possiamo andarci, se vuoi.”
*
Incontrano delle celebrazioni, lungo la
strada. Delle feste
grandi, anniversari della fine della guerra, feste di liberazione. Ben
tiene
basso lo sguardo, ma nessuno lo riconosce – senza la
cicatrice sul volto
sembrano solo due avventurieri un po’ sprovveduti, che
guardano il mondo
danzare come se fosse la prima volta.
Lo è.
I bambini adorano Ben, lo trattano un
po’ come un Wookie docile, e
vi si arrampicano addosso, attaccandosi alle gambe e alla testa,
coprendogli
gli occhi.
Rey ride, da lontano, mentre Ben chiama il
suo nome e cammina a
tentoni con le mani avanti, cercando di non cadere o urtare qualcuno.
*
“Hai mai pensato di volere una
famiglia? Nuova, diversa. Non i
tuoi genitori.”
Ben la guarda come l’ha guardata
nella sala del trono di Snoke. Il
fuoco che si riflette nei suoi occhi, però, proviene dal
falò davanti a loro,
non dalla distruzione portata dal loro potere condiviso.
“Vuoi dire come te e i tuoi amici
della Resistenza?”
Rey aggrotta le sopracciglia, lo sguardo
perso nelle lingue del
fuoco. Mentirebbe se dicesse di non avere mai pensato a Finn e a Poe
come i
suoi compagni, fratelli, forse, ma non era quello che aveva in mente.
“Intendo... Qualcuno. Dei
figli.” Si rende conto troppo tardi di
quanto inopportuna sia la domanda. “Lascia perdere.”
“No. Sì.”
Ben stringe le labbra, distogliendo lo sguardo da lei.
“Non voglio mettere al mondo un’altra
vittima.” Come me,
è sottinteso. Come
te, anche.
Un sorriso un po’ triste si
allunga sul viso di Rey. Come se fosse
possibile fermare la Forza con questa flebile volontà, la
volontà di un uomo
ferito. Ciononostante, Rey non può fare a meno di
condividere il suo punto di
vista, pur avendo sempre desiderato una famiglia - sia per quanto
riguardava il
passato che il futuro.
“Beh, in effetti è
pieno di orfani.” Rey alza le spalle e butta un
legnetto nel fuoco, che scoppietta allegro. Non può
permettere che quella
smorfia rimanga sul viso di Ben per il resto della serata.
“Possiamo sempre
adottare, no?”
Ben si gira verso di lei così
velocemente che i capelli gli
sbattono in viso e deve fermarsi per toglierli di mezzo prima di
parlare. Apre
la bocca, la chiude, la riapre. Rey vorrebbe scoppiare a ridere e solo
la pietà
la ferma: Ben Solo, terrore della galassia, la fissa con gli occhi
sgranati e le
orecchie a sventola di un rosso così intenso che a Rey viene
toglia di toccarle
solo per scoprire quanto calde siano.
Invece, chiude gli occhi.
Ben non dice niente per così a
lungo che Rey pensa sia scomparso,
anche se ormai non è più possibile, quando sente
una mano coprire la sua,
infinitamente più piccola. Sorride.
*
Quando arrivano al locale, Poe e Finn sono
già lì. Rey li saluta
con entusiasmo, ma loro due hanno già smesso di sorridere:
Kylo Ren staglia
dietro di lei, un po’ ricurvo in un tentativo fallimentare di
nascondersi
dietro alla ragazza, molto, molto più bassa di lui.
Rey percepisce Finn che percepisce Ben che
percepisce vergogna,
più di tutto, e lo spinge in avanti, costringendolo a
sedersi. Ben si arresta
prima che possa accadere.
“Non ci sto lì.
È troppo stretto.”
“Come no? Stringi un
po’ le gambe.”
Rey sente gli occhi di Finn e Poe spostarsi
su di lei. Sperava che
potessero passare più di trenta secondi
dall’inizio della cena, prima di
mettersi a bisticciare.
“Così mi viene un crampo tra dieci minuti. Tu ti
siedi lì, io all’esterno.”
“No, così mi
schiacci.”
“Ti lascio tre quarti di
divanetto. Mi faccio piccolo.”
Rey soffia una risata che suona come una
presa in giro.
“Certo, lo dici sempre. E poi mi
alzo con il segno del muro
stampato sul braccio.”
“Io non mi siedo
all’interno.”
Allarga le braccia, incredula. Finn e Poe
sgranano gli occhi.
“Come faccio a farti tornare
trasparente? Sarebbe comodo in queste
situazioni.”
Ben grugnisce una risata. Finn e Poe si
voltano verso di lui come
se avesse sei braccia. Altre persone si girano verso di loro,
aspettandosi
forse una rissa.
“Rey, stiamo attirando
l’attenzione.”
“Non sarebbe necessario se tu ti
sedessi e basta!”
“Ho le gambe lunghe! È
tutto stretto qui!”
Finn si alza in piedi.
“Puoi, uh, sederti
qui.” Indica Poe al suo fianco, che ancora non
si è ripreso. “Poe si può sedere
all’interno vicino a Rey.”
Ben lo guarda come se gli avesse fatto un
affronto, a interrompere
il battibecco, ma subito la sua espressione si neutralizza in un
assenso
imbarazzato.
“Sì.
Grazie.” E gli porge la mano destra. Rey ride, coprendosi il
viso con una mano. “Solo Ben Sono. Solo.
Cioè.” Ben chiude gli occhi, preme le
labbra in una linea. Finn fa un sorriso di pietà ma non
riesce a nascondere
quanto vorrebbe ridere. “Sono Ben Solo.”
“Uh-uh. Sì.”
Finn gli stringe la mano.
In qualche modo, riescono a sopravvivere
alla cena.
*
“Rey chi?”
Ogni tanto pensa che il concetto di
specchio la perseguiterà per
la sua intera esistenza, come un tema ricorrente: la scena è
quasi uguale a
quella di mesi prima, l’ultima volta che è stata
su Tatooine. L’unica
differenza è che non ci è venuta per seppellire
un
ricordo, ma per onorarlo – stavolta senza assumersi nomi di
famiglia. Rey
sorride.
“Solo Rey.”
Passa qualche secondo, prima che possa
rendersene conto. Un
imbarazzo le corre sulle guance, immediato.
“Cioè, non Rey Solo,
insomma, sono solo... Rey.” La signora se
n’è già andata, ormai disinteressata:
probabilmente non aveva nemmeno colto il gioco di parole. Rey impreca,
guardando lontano sull’orizzonte.
Né Luke né Leia si
fanno vedere, ma Rey ha quasi l’impressione di
sentirli ridere di lei.
*
Ben non dice niente quando rientra
nell’abitacolo e lo trova di
nuovo seduto scomodamente, le mani intrecciate e appoggiate sul
tavolino, ma
Rey sa che vorrebbe. Si mette le mani sui fianchi, ha ancora il rosso
che le
macchia il viso.
“È stato un disguido,
ok?”
“Non ho detto niente.”
Lo sguardo di Rey si assottiglia. Ben alza
le mani guardandola
negli occhi, i gomiti appiattiti contro il proprio corpo, e non le
è mai
sembrato così piccolo. Quando una risata ha la meglio su di
lui, Rey lascia
cadere le braccia sui fianchi.
“Rey Solo.” Sorride con
i denti, come ormai succede spesso. “Non
mi dispiace.”
***
raga sono una diade nella forza io ancora
non mi sono ripresa
SALVE
Prima di tutto se siete arrivati fino qui
vi ringrazio
infinitamente <3 è un sacco che non pubblico raga ho
una vaga ANSIETTA ma
grazie di cuore.
Ringrazio anche Greta, la fantastica
meravigliosa incredibile
persona che mi supporta sempre ed è stata la beta reader di
questa fanfiction.
Abbiamo shippato reylo insieme fin dal primo istante, non ci potevamo
credere
quando dopo 4 anni è sucCESSO DAVVERO lì sotto i
nostri occhi Ben Solo e Rey
hanno davvero inventato l’amore.....
Una nota: non so niente
dell’universo espanso e ho tirato fuori
pianeti e cose molto a tentoni dalla wikia. (Se ce ne sono, chiedo
scusa ai fan
hardcore,,,,,, dare un senso ai luoghi di questi avvenimenti sarebbe
stato
impossibile perché C’è COSì
TANTA LORE)
Ultima nota è che MI DISPIACE DI
non avere inserito Rose in tutto
questo, avrei voluto ma sarebbe comparsa soltanto con Finn e Poe: farle
fare la
ruota di scorta mi sembrava pure più cattivo di non farle
fare niente e basta.
Poi, sinceramente, molte implicazioni della redenzione di Ben sono
decisamente
non gradevoli all’infuori degli occhi di Rey, e ho voluto che
questa storia rimanesse
solo qualcosa di suo.
E quindi niente, grazie ancora, se vi va di
lasciare un commentino
piccolino supporto questa decisione e vi mando un bacino, ino ino.
Tutto piccolino,
come ben solo che si siede al tavolino e sta tutto strettino
perché è un po’
grandino
Ciaoooo
Caterina
ps: il titolo viene dalla canzone "love like ghosts" di lord huron, che
ci sta abbastanza per questi due broccoli <3
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