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«Pit—»
Era di spalle, e in effetti è una cattiva idea avvicinarsi di
soppiatto a chi è di spalle. Ma, comunque, insomma, che gran
figlio di — buona strega, direbbe sua madre, va bene.
Un Expelliarmus, valutò James. Non verbale. Peccato che non
fosse armato, e che l'incantesimo l'avesse giusto separato dagli
occhiali - lanciati chissà dove - e da un po' di dignità.
Parecchia, forse, dato che aveva dovuto mettersi d'impegno per non
finire culo a terra.
Alzò le mani, per buona misura. Mosse le dita, come a dirgli "ehi, sono vuote"!
«Voglio solo parlare» disse. Piton non rispose affatto. Rimase lì, a denti scoperti - porco mondo, lavateli - e con la bacchetta levata, la postura rigida.
«Davvero» rincarò la dose, senza trattenere il tono
un po' petulante. Piton non abbassò la bacchetta, James
strizzò gli occhi, maledetta miopia.
«Stiamo per finire la scuola» disse, stupido, superfluo.
«Direi che è il momento giusto per parlare.»
Ancora niente.
«Sai, ci sta male. L'ho visto.»
Piton tese ancora di più il braccio della bacchetta.
«Ma non è necessario, davvero. Cioè, basterebbe... lo sai.»
Nessun movimento, nessuna reazione.
«Cercare di chiederle scusa è stata un'ottima idea. Ma,
be', lo sai perché non ha funzionato. Serve qualcosa di
più.»
Piton respirava male, veniva da dirgli "ehi, amico, calmati un po'".
«Abbiamo, ehm, preso una posizione. È quella giusta,
davvero. So che lo capisci. Era tua amica. Non lo sarebbe stata se tu
fossi... be'.»
James perse il coraggio. Lo ritrovò, dopo una deglutizione frettolosa.
«Sei ancora in tempo. Anzi, credo che lo sarai sempre. Sai come
si dice: è stupido solo chi non cambia mai idea.
Basterebbe...»
Un lampo di luce, un lampo di dolore. James con una mano premuta sulla
guancia sanguinante, il suono dei passi di Piton che svaniva lungo il
corridoio.
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