“Basta,
sono stanco.”
Chiudo
il libro sbattendolo, facendo volare la polvere intrisa tra le
pagine. Del pulviscolo mi solletica la gola, tossisco.
“Ehi,
Dean. Stai bene?”
No,
non va affatto tutto bene!
“Certo!
Dovresti togliere questa polvere, morirò soffocato.”
“Piantala.”
Alzo
le mani in segno di resa, scuoto la testa e mi dirigo verso il bagno.
Poggio le mani sopra il lavandino, lo specchio riflette i miei occhi
lucidi e arrossati. Mi sembra quasi di vedere papà dietro di
me: stai prendendo la decisione giusta, mi direbbe. Ma è
davvero così? Non sto sbagliando? Combatto contro la voglia di
uscire da questa porta e confessare a Sam quello che sto facendo.
Prendo un respiro e mi infilo dentro la doccia. No, dirgli tutto per
cosa? Voglio che si goda questi momenti, che li assapori uno per uno.
Voglio che l'ultimo ricordo che abbia di me sia un sorriso, una
battuta.
Dirigo
il getto dritto sul mio viso. Serro i pugni fino a quando i rivoli di
acqua calda, quasi bollente, scendono lungo la schiena. Vengo scosso
da un brivido, chiudo gli occhi e mi rilasso, lasciando che la doccia
faccia il suo dovere.
Una
ventina di minuti e sono a posto. Rimetto i jeans e la maglietta che
avevo gettato sopra il mobiletto, ci manca solo che mi metta in tiro!
Mi fermo giusto qualche istante ancora per guardarmi allo specchio,
giusto per controllare di avere un'espressione decente.
“Forza
e coraggio, Dean!”
Esco
dal bagno con uno dei miei sorrisi migliori, passo dal cucinino
tornando con due caffè.
“Tieni.”
Sorseggio
lentamente, annusando l’odore intenso della bevanda,
concentrandomi su quel colore nero. Chiudo gli occhi per scacciare
dalla mia testa l’immagine del mio io infernale.
Vedo
Sam lottare per restare sveglio, è ora. Mi alzo andandogli
vicino
“Dormi
Sammy, dormi.”
"Non...
posso... io"
"Va
tutto bene Sammy. Va tutto bene, c'è ancora domani.
Rilassati." mento, sospirando. La droga ha dato l'effetto
sperato: Sam si è accasciato sul tavolo privo di sensi. Poggio
la mia giacca di pelle sopra le sue spalle, dopo avergli lasciato un
biglietto con le coordinate di dove trovare l'Impala.
Indugio
per un istante sulla porta. Lo guardo immerso nel sonno un'ultima
volta. Cerco di stamparmi nella mente quel volto, di imprimermi bene
ogni lineamento del suo viso. Qualsiasi cosa mi succederà là
sotto non voglio dimenticare il motivo per cui ho prenotato un
soggiorno eterno tra le fiamme infernali. Ringrazio di non avere
avuto un'allucinazione adesso ed esco dalla stanza, chiudendomi la
porta alle spalle.
Ventitré
e cinque minuti. Premo di più il piede sull'acceleratore.
Apro il finestrino e accendo la radio, I'm waiting for you risuona
per tutto l'abitacolo. Gli occhi fissi sulla strada che mi porterà
alla fine del mio viaggio.
Il
vento gelido della notte mi scompiglia i capelli, ho la pelle
accapponata per il freddo.
Un
cartello con la scritta Greenville mi distoglie dai miei pensieri. Ci
siamo. Scendo dall'auto, dopo averla parcheggiata sotto un albero, al
sicuro. L'entrata del Cimitero è di fronte ai miei occhi,
indugio. Cerco di trovare la forza di staccare la mano dalla maniglia
della portiera
"Andiamo
Dean, non fare il coglione adesso."
Chiudo
gli occhi per un attimo, inspirando e gettando fuori l'aria dalla
bocca. Sbatto le mani sui pantaloni, tentando di asciugarne il
sudore: non è nei miei progetti morire infilzato da un
cancello. Sono dentro. Non devo faticare per trovare quello che sto
cercando, la tomba della mamma è lì, di fronte a me.
Sono paralizzato, non riesco a muovere un muscolo; soltanto il bip
dell'orologio che mi ricorda essere le ventitré e trenta mi
distoglie dalla mia completa immobilità. Sospiro.
"Dean
non essere ridicolo, accidenti!"
Mi
avvicino passo dopo passo, lentamente, tenendo lo sguardo basso fino
a quando quasi non inciampo. Mi siedo a gambe incrociate osservando
la scritta in oro.
"Sai...
E' la prima volta che vengo qui..."
Sbuffo,
trattenendo una lacrima
"Scusa
per papà, per non aver protetto Sammy fino in fondo. Scusa per
averlo lasciato da solo in questa merda di mondo."
Porto
le mani sul viso, decisamente sollevato.
"Scusa..."
Superato
lo scoglio iniziale, le racconto dell'infanzia di Sammy: le scuole
che frequentavamo da bambini, i suoi voti eccellenti già a
quell'età, la prima volta che è uscito con una
ragazza...
Non
mi rendo conto del tempo che passa fino a che non lo sento. Eccolo
lì, in posizione di attacco. Sorrido:
"Credo
rimarrai a bocca asciutta, cucciolotto. Non mi metterai le tue
fottute zampe addosso, figlio di puttana."
Carico
la pistola, puntandola alla testa.
"Ci
vediamo all'Inferno."
Premo
il grilletto.
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