A quattro mani (in sordina)
«Faccio
io» si impuntò Draco, con le mani piccole e tozze
allungate sui tasti, a malapena alla stessa altezza della sua fronte.
«Ah, davvero?» fece Narcissa, da dietro il suo sorriso
così furbo e così deliziato da farla sembrare quasi una
bambina, mentre strappava note veloci al piano con la mano destra, con
la sinistra teneva il tempo sempre sui soliti tasti, due a due, senza
mai perdere un colpo. Il bambino non sembrava impressionato, cercava i
piedi della madre per usarli come scalini, ma non riusciva a trovarli:
si era scordato dell'esistenza dei pedali, o forse non se n'era ancora
accorto, forse non aveva ancora trovato un nesso logico tra quegli
strani aggeggi e i piedi di Narcissa. Ma il collegamento tra tasti e
suono ce l'aveva bene in mente, perché picchiò con foga
sulla tastiera del piano - e Narcissa non smise di suonare.
«Faccio io!» protestò, prepotente, mentre sua madre
rideva e basta, ondeggiava la testa a tempo, lo guardava con una
dolcezza e una meraviglia così dolorosamente profondi che
guardarla era un'agonia.
«Bravissimo» gli disse, mentre chinava di nuovo la testa
verso il basso, senza disturbare i capelli lasciati sciolti lungo la
schiena. «Ancora? Uno, due...»
E Draco pestò forte sui tasti che riusciva a stento a
raggiungere, Narcissa rise di nuovo. Poi voltò la testa verso di
lui, fermo, nell'angolo.
«Severus? Ti vuoi unire?»
Una volta era andato al picchetto, da suo padre, per portargli un
thermos e poco altro. Lo sciopero sembrava andare avanti da tutta una
vita, o da almeno il doppio dei suoi dieci anni. Appena gli era
arrivato a portata Tobias gli aveva stretto meglio la sciarpa attorno
al collo, fin quasi a strozzarlo in quel bozzolo di lana ruvida, umida
di respiri e saliva. Poi aveva scoperto i denti sudici, aveva fatto un
cenno col mento ispido di barba irregolare, con un borbottio roco tra
le labbra crepate dal freddo. "Stronzate da hippie",
aveva detto, guardando con disgusto un ragazzo come tanti altri ma con
una chitarra in grembo, che si era seduto poco più in là,
tra striscioni e donne di casa, tra manifestanti e poco di buono.
Severus non aveva veramente capito, questo lo ricorda, però il
commento di suo padre gli era comunque sembrato molto giusto e sensato.
Una cosa un po' strana ma vera, come i Dissennatori che non aveva mai
visto e di cui non aveva mai messo in dubbio l'esistenza.
Severus scosse la testa, sorrise appena all'invito, consapevole che la
sua faccia sarebbe sembrata comunque arcigna, più per abitudine
che per volontà. «No, grazie. Preferisco lasciar fare agli
esperti.»
«Faccio io!» berciò Draco, saltando sul posto,
già pronto alla scalata, ma senza alcuna idea di come riuscirci.
E poi Lucius era sulla porta, alto e dritto e con la fronte
corrucciata, gli occhi troppo chiari tenuti un po' strizzati, a
segnalare un certo fastidio, la bacchetta stretta tra le dita. Severus
l'aveva visto uccidere, aveva quasi ammirato la bellezza sbagliata di
una Cruciatus ben scagliata, su cui addirittura non aveva mai trovato
appunti da fare, nè sull'intenzione nè sull'esecuzione.
Però in quel momento non temeva nulla, perché Lucius
stava trattenendo un sorriso, ed era l'unica parte onesta della sua
espressione.
Così, quando gli vide alzare la bacchetta verso moglie e figlio,
non agì secondo schemi ormai morti e sepolti. Non
urlò per attirare l'attenzione, non corse veloce (e correva
molto veloce, un tempo) per frapporsi tra padre e madre. Alzò
invece una mano, fingendo di grattarsi la guancia, per nascondere un
sorriso non meno trattenuto di quello di Lucius.
«Silencio» mormorò Malfoy, strascicato, con il
divertimento nascosto in fondo alla voce. E Narcissa alzò le
mani al cielo, indignata, una diva da film muti con la sua bocca aperta
in un'espressione tragicomica di sorpresa. Draco continuava a pestare
sui tasti, più perplesso che arrabbiato, anche se con un po'
d'immaginazione si sentivano perfettamente gli urli che stava cercando
di tirare.
Con la mano macchiata di tannino e di fegato di drago ancora davanti
alla bocca, Severus estrasse la bacchetta. «Sonorus» disse,
in un'imitazione quasi involontaria della parlata di Lucius,
continuando a nascondere il ghigno mentre la cacofonia di urla e note
ricominciava a farsi sentire.
Lucius si tappò le orecchie, in un gesto quasi infantile, con
l'aiuto di una spalla e solo con una mano. Nell'altra stringeva ancora
la bacchetta, la agitò appena. «Silencio!»
Severus vide Narcissa e Draco ridere, in un silenzio perfetto. Gli ci
volle solo un movimento pigro del polso, un altro «Sonorus»
quasi sussurrato, e potè sentire le voci dei Malfoy ridere
insieme. Risate sguaiate e forse solo un po' perplesse, come quelle del
bambino. Soffocate come quelle di Narcissa, che cercava di darsi un
contegno, mimetizzate tra colpi di tosse molto piccini, come quelle di
Lucius.
O silenziose, senza alcun bisogno di incantesimi, come quelle che scuotevano le spalle di Severus.
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NdA: Quasi
dimenticavo. Giusto per ridere, dato che un po' si parla di musica, la
storia è stata scritta con queste due canzoni in loop, non
necessariamente in ordine d'importanza:
Yann Tiersen - Comptine
d'un autre été
Francesco Guccini -
L'Avvelenata
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