Dietro
le quinte
(Dove
la fine è solo l'inizio)
*
* *
Shiro
osservava il soffitto bianco di quella stanza piccola, ma che gli
aveva permesso di vivere degnamente da quando aveva lasciato la casa
dei suoi genitori, ancora fermo sotto le coperte. Era rimasto ad
osservalo per svariati minuti, ormai, dopo aver spento malamente la
sveglia sul comodino accanto al letto ponendo fine alle sue
sofferenze, facendola cadere sul pavimento, e a quel suono fastidioso
che aveva finalmente smesso di riecheggiare per tutta la stanza.
Emise
un lungo sospiro, decidendo che era arrivato il momento di alzarsi ed
iniziare la giornata anche se un po' controvoglia.
Infilandosi
le pantofole, si diresse in cucina a piccoli passi per preparare la
colazione. Niente di complicato, Shiro non poteva vantarsi di essere
un maestro nelle arti culinarie a suo malincuore.
Prese
il piatto con le sue uova e bacon, era riuscito a non bruciarle
–
un ottimo traguardo per gli standard di Shiro convincendosi che fosse
un buon segno per la giornata – , e si sedette strofinandosi
gli
occhi ancora assonnato. Fare due lavori era molto faticoso.
Shiro
iniziò a gustarsi la sua colazione ripensando a
ciò che gli aveva
detto il suo manager la notte scorsa. Gli aveva consigliato di
concentrarsi sulla sua carriera da attore, provando a fare provini su
provini e lasciare il suo lavoretto part time per evitare che gli
levasse le energie e il tempo, ma Shiro aveva sempre rimandato. Per
quanto una parte di sé voleva fare come gli era stato
consigliato, e
fare della sua passione il suo unico lavoro, sapeva di non essere
ancora molto conosciuto nel campo e di essere un piccolo attore in
una piccola cerchia.
Per
quanto fosse bravo, eccellere in questo ambito era difficile e i
registi preferivano lavorare con persone già conosciute o
che
avevano lavorato insieme a loro altre volte. Nonostante ciò,
Shiro
non si era mai arreso ed ogni volta che gli era possibile si
presentava ad un provino.
Il
cellulare squillò attirando l'attenzione di Shiro che, dando
un'occhiata allo schermo, vide che si trattava proprio del suo
manager.
Mandò
giù un boccone velocemente per poi prendere in mano il
cellulare e
rispondere.
“Shiro!”
Sentì chiamarsi quasi in un urlo, facendogli allontanare il
cellulare dall'orecchio d'istinto. “Si può sapere
dove sei?”
“Che
intendi dire?” Chiese confuso. “Sono a
casa.”
“Cosa?
Ma dovevamo vederci oggi.”
Shiro
corrucciò la fronte nel sentirlo, girandosi a guardare il
calendario
appeso al muro. Aveva ragione.
“Oh
giusto, scusami, l'avevo completamente dimenticato.” Disse
Shiro
sinceramente dispiaciuto. “È che ho – ho
i pensieri altrove
ultimamente.”
Sentì
un sospiro provenire dall'altra parte. “Lo so, difficile non
notarlo ma non importa. Piuttosto hai già fatto
colazione?”
L'odore
di caffè lo invase piacevolmente mentre la cameriera gli
porgeva la
tazza che aveva ordinato, non lasciandosi sfuggire lo sguardo del suo
manager quando notarono che la cameriera indugiava nel lasciare il
tavolo continuando a chiedere se avessero bisogno di qualcos'altro
rendendo evidente il suo voler rimanere.
Shiro
era consapevole del suo bell'aspetto e il suo manager non gli dava
mai l'opportunità di dimenticarlo, utilizzando spesso quella
qualità
come punta di lancio durante gli incontri di lavoro. Nonostante Shiro
gli ripetesse in continuazione che voleva fare l'attore e non il
modello, per poi ricevere sempre la risposta pronta dell'altro di
quanto non poteva nemmeno immaginare quanto avere una bella presenza
fosse importante in questo ambito.
Shiro
le sorrise gentilmente chiarendo, ancora una volta, che andava tutto
bene non lasciando altra alternativa alla cameriera di allontanarsi,
un po' delusa di non essere riuscita a rimediare un invito a cena o
un numero di cellulare.
Tornò
a guardare il suo manager seduto di fronte a sé, che portava
ancora
un sorrisetto sornione dipinto sul viso, mentre prendeva la tazza tra
le mani sperando che il calore di essa portasse via il suo disaggio.
“Bene,
iniziamo.” Disse il manager, decidendo che era arrivata
finalmente
l'ora di parlare di lavoro e Shiro non riuscì a non notare
come il
suo viso si illuminò al pensiero. Sembrava più
eccitato lui per
questo lavoro.
“Quindi,
so che non accetti una parte se non sai bene di cosa si
tratta.”
Iniziò a dire ancora sorridendo mentre rovistava nella sua
valigetta.
Era
vero, gli aveva sempre ripetuto che durante la preparazione di un
film gli piaceva conoscere il personaggio per farlo diventare una
parte di sé. In questo modo gli veniva tutto più
naturale e non era
più lui che diventava il personaggio, ma il personaggio che
diventava una parte di sé. Per questo motivo se il
personaggio non
gli piaceva, o non riusciva a vederlo affine a sé, non
poteva
accettare la parte.
“Perciò
ti ho portato il copione del primo episodio.” Concluse
porgendoglielo.
Shiro
lo prese di riflesso, iniziando ad esaminarlo.
“Episodio?”
“Esattamente.”
Confermò l'altro. “È così
che funzionano le serie TV.”
Il
titolo gli era familiare, ma non riusciva bene a ricordare dove lo
aveva già sentito.
“È
una sci-fi.” Spiegò il suo manager. “So
che è il tuo genere
preferito. Ho un buon presentimento riguardo questa serie.”
“Sì,
sembra interessante.” Concordò Shiro, ancora
incerto, sperando che
l'intuito del suo manager avesse ragione e che questa serie potesse
aiutarlo con la sua carriera.
“Perfetto!”
Esclamò l'altro alzandosi entusiasta. “Prepara le
valige.”
“Cosa?”
“Si
parte per l'America!”
Shiro
rivolse lo sguardo fuori dal finestrino dell'auto mentre sentiva le
mani sudare dall'ansia. Osservava gli edifici, i negozi, le persone,
tutto ciò che incrociasse il suo sguardo per cercare di
distrarsi e
rilassarsi.
Non
era mai stato in America prima di allora, nonostante ne avesse sempre
sentito il desiderio. L'avevano sempre elogiata come il paese delle
opportunità e la curiosità era cresciuta sempre
di più nel corso
degli anni, da quando aveva capito di voler fare l'attore. Sperava
che l'America potesse portargli un po' di fortuna.
Si
sentiva come un bambino, eccitato ed emozionato di stare in un luogo
dove non era mai stato prima e, allo stesso tempo, un'adolescente
agitato per il suo futuro. Un turbinio di emozioni che non davano
tregua alla bocca dello stomaco.
La
macchina arrestò la sua lenta corsa, tra le macchine e i
numerosi
taxi, per fermarsi davanti ad un lussuoso hotel e Shiro non
poté
fare a meno di rimanere incantato dalla luminosa insegna, accesa
tanto quanto elegante. Sembrava che non avessero badato a spese per
il cast di questa serie e Shiro non sapeva bene come sentirsi al
riguardo.
Lo
sportello della macchina si aprì, venendo accolto dal suo
manager
che seguì, una volta sceso, mentre si dirigeva all'ingresso
rimanendo sorpreso quando superò la reception senza quindi
chiedere
la chiave della propria camera.
“Dove
stiamo andando?”
“Il
regista ha insistito per far incontrare gli attori prima di iniziare
le riprese.” Spiegò mentre pigiava il pulsante per
richiamare
l'ascensore. “Crede che recitare sia anche un gioco di
squadra.”
Le
porte dell'ascensore si aprirono ed entrambi si ritrovarono davanti
due figure, una donna ed un ragazzo molto somiglianti tra loro,
talmente belli che Shiro poté giurare fossero modelli,
ignorando
completamente il suo manager – che entrò
nell'ascensore – quando
il suo sguardo si posò sul ragazzo. I capelli, lunghi e
scuri,
ricadevano leggermente sul viso. Non indossava nulla di
particolarmente sfarzoso od elegante, una giacca sopra una maglietta
semplice ed un paio di jeans, ma non era necessario. Nessun abito
sarebbe stato in grado di rendere giustizia alla sua bellezza,
avrebbe potuto indossare persino uno straccio e sarebbe stato
comunque il protagonista di qualsiasi stanza in cui lui fosse stato
presente, ma ciò che aveva attirato la sua attenzione era il
suo
sguardo simile a quello della donna. Deciso e profondo.
Entrambi
fissavano dritti davanti a sé, in attesa, ed inevitabilmente
gli
occhi del ragazzo finirono su Shiro studiandolo a sua volta.
“Shiro!”
Si sentì chiamare, riportandolo alla realtà,
notando che il suo
accompagnatore stava tenendo con una mano la porta dell'ascensore per
evitare che si chiudesse. “Faremo tardi.”
Shiro
si schiarì la voce, in imbarazzo entrando a sua volta,
arrossendo
quando non gli sfuggì il mezzo sorriso nato sul volto del
ragazzo
accanto.
La
camera dell'ascensore non era molto spaziosa e in quattro, in essa,
cominciava a diventare troppo stretta ed inevitabilmente il braccio
di Shiro finì per sfiorare quello del ragazzo. Shiro volse
la testa
verso di lui notando che anche l'altro lo stava guardando per poi far
ritornare il suo sguardo difronte a sé arrossendo
leggermente, ma
prima che Shiro potesse dire qualcosa le porte dell'ascensore si
aprirono accompagnate da un suono acuto ad indicare che erano giunti
al piano destinato.
La
donna e il manager di Shiro uscirono per primi, lasciando i due
ancora l'uno accanto all'altro. Shiro si girò verso di lui
ancora
una volta e, senza neanche pensarci, gli sorrise invitandolo
educatamente con la mano ad uscire per primo. Il ragazzo
ricambiò il
sorriso, accettando l'invito, uscì ringraziandolo in un
sussurro che
Shiro riuscì a sentire appena.
L'ascensore
li aveva portati in una grande stanza lussuosa. Al centro vi era un
tavolino circondato da due poltrone ai lati ed un divano nella quale
vi erano seduti dei ragazzi più o meno della stessa
età. Shiro si
fermò su un tappeto vicino all'entrata, probabilmente un
persiano,
ad osservarli quando anche loro rivolsero lo sguardo alla porta per
vedere chi fosse entrato.
“Era
ora.” Esclamò ad alta voce un ragazzo
avvicinandosi.
“Smettila
di urlare, Lance.” Si lamentò una ragazza seduta
sulla poltrona in
maniera scomposta, con le gambe appoggiate ad un braccio della
poltrona e la schiena appoggiata sull'altro, mentre si portava le
mani alle orecchie per enfatizzare il suo fastidio.
“Mi
scuso per il ritardo.” Disse sinceramente Shiro.
“Non
farci caso sta solo esagerando, non stiamo aspettando da
così
tanto.” Lo rassicurò un'altra figura
raggiungendolo. “Piacere,
io sono Allura.” Si presentò porgendogli una mano.
La
strinse sorridendole. “Potete chiamarmi Shiro.”
“E
tu sei?” Chiese girandosi verso il ragazzo accanto a lui.
“Keith.”
Rispose semplicemente senza avvicinarsi.
“Aspetta.”
Si intromise la ragazza sulla poltrona raddrizzando la schiena.
“Takashi?”
Nel
sentire il suo nome, Shiro si girò verso di lei.
“Sì?”
“Sono
io, non mi riconosci?” Chiese correndo verso di lui.
“Sono Katie,
bhé il mio nome d'arte è Pidge, ti ricordi
adesso?”
Il
viso di Shiro si illuminò al ricordo, allargando le braccia
per
avvolgerla in un abbraccio. “Pidge! Guarda quanto sei
cresciuta.”
Pidge
rise ricambiando il segno d'affetto. “Già,
è passato tanto tempo
dalle ultime riprese in Giappone con mio fratello.”
Shiro
sciolse l'abbraccio per guardarla meglio in viso. “Aspetta,
vuoi
dire che – ”
“Sì,
anche mio fratello è qui e sarà felicissimo di
vederti. Eravamo
stanchi dei soliti film per famiglie, sfruttare la nostra somiglianza
aveva portato solo a trame ripetitive, non potevamo lasciarci
sfuggire questa occasione.”
“Uhm.”
Una voce titubante attirò la loro attenzione. “Mi
dispiace
interrompere, ma per quanto tempo pensate che ci terranno ancora
qui?”
“Non
preoccuparti, Hunk.” Disse Lance appoggiando il gomito sulla
sua
spalla. “Adesso che siamo tutti qui, sono sicuro che ci
chiameranno
presto, forse stanno preparando una festa per noi.” Concluse
senza
guardare un punto preciso, perso già nelle proprie fantasie.
Lo
sguardo di Shiro scivolò nuovamente su Keith rimasto in un
angolo
senza essersi allontano dalla donna che lo aveva accompagnato che,
adesso, lo stava guardando dolcemente con la mano sulla sua spalla
come ad incoraggiarlo.
“Non
credo che ci siamo presentati io e lei.” Si intromise il
manager di
Shiro, porgendole una mano mentre le mostrava un ampio sorriso.
La
donna fece scorrere lo sguardo dal viso alla mano, quasi infastidita
dall'interruzione. Nonostante ciò gliela strinse.
“Krolia, sono la
manager di Keith e anche sua madre.”
“Cosa?”
Quasi urlò Lance, e non era l'unico ad essere rimasto
sorpreso.
Aveva un aspetto giovanile e un fisico da far invidia a chiunque ma
almeno questo spiegava la somiglianza.
“Bhé.”
Ritrasse la mano in un'improvviso imbarazzo. “Spero che Shiro
e
Keith possano andare d'accordo. Sono sicuro che tutti voi lo
farete.”
Continuò, tornando al fianco di Shiro. “Non siete
eccitati di
iniziare a lavorare assieme?”
Shiro
non seppe bene se fosse per l'emozione di aver rincontrato una
vecchia amica ma sentiva di esserlo davvero.
I
primi giorni di riprese andarono molto bene, più di quanto
Shiro
avesse immaginato.
La
trama della serie iniziava a coinvolgerlo ed ad appassionarlo al
ruolo che stava interpretando e lavorare con gli altri si
rivelò
davvero semplice, quasi naturale. Anche quando qualcuno di loro
sbagliava una battuta o la dimenticava, non c'era mai un momento di
tensione nell'aria o di rabbia anzi esso diventata uno spunto per
scherzare tutti insieme.
Il
regista era soddisfatto del rapporto che si era restaurato tra di
loro, non riuscendo comunque ad evitare di innervosirsi quando il
momento di diletto superava quello professionale.
Avevano
persino iniziato ad uscire tutti insieme, dopo una giornata di
lavoro, anche solo per prendersi un caffè. A Shiro piaceva
molto la
loro compagnia e rimase sorpreso di come potesse nascere l'inizio di
un'amicizia sul set e di quanto più la loro
complicità cresceva,
fuori, più lavorare dietro le telecamere diventava semplice
rendendo
evidente la loro intesa anche nella recitazione.
Keith,
in particolare, aveva attirato fin da subito la sua attenzione con il
suo vizio di estraniarsi sempre un po' dalle conversazioni, con il
suo carattere un po' introverso finiva per isolarsi dal gruppo e
puntualmente Shiro spuntava al suo fianco. Nonostante fosse un
ragazzo piuttosto riservato con gli altri, con lui Keith aveva
iniziato a parlare di sé, certo ancora pochi accenni, ma
Shiro era
grato della fiducia che poneva nei suoi confronti.
Shiro
si sentiva a suo agio con lui, libero di essere se stesso, e la
voglia di conoscerlo di più crebbe uscita dopo uscita.
Avevano una
bella chimica come aveva detto un giorno il loro regista, iniziando a
ripeterlo ogni volta che erano l'uno di fianco all'altro in
un'inquadratura mentre il cuore di Shiro sussultava ogni volta che lo
sentiva.
Era
consapevole di essersi preso una bella cotta, sperando che non fosse
troppo evidente a Keith o agli altri. Non sapeva nemmeno cosa Keith
pensasse di lui, o se gli desse fastidio il sentirsi ripetere ogni
volta quanto stessero bene insieme, ma più le voci
iniziavano a
girare più diventava difficile concentrarsi sul set. Ogni
volta che
Shiro doveva stargli accanto in una scena, o recitare una battuta,
non riusciva a non pensarci. Non che Keith gli rendesse il compito
più semplice, sorridendogli ogni volta che il loro sguardo
si
incrociava o come la sua espressione si addolciva quando, a sua
volta, ricambiava il gesto.
Shiro
sospirò frustrato, fermandosi davanti alla porta del bar
dove si
erano dati appuntamento lui e gli altri. Entrò, in quello
che era
diventato ormai il loro luogo di ritrovo per trovarsi solo Keith
seduto al loro solito tavolo con lo sguardo perso ad osservare fuori
dalla finestra.
Si
fermò incerto, ancora vicino all'entrata, non erano mai
rimasti soli
prima. Keith non si era ancora accorto della sua presenza e, per un
attimo, l'idea di uscire ed aspettare gli altri fuori gli
accarezzò
la mente.
“Shiro?”
Keith lo chiamò ancor prima che potesse prendere una
decisione.
“Ehi.”
Lo salutò Shiro sforzando un sorriso, visibilmente teso,
mentre si
avvicinava al tavolo per sedersi difronte a lui.
“Dove
sono gli altri?” Chiese guardandosi intorno quando
notò che era
solo.
“Non
sono ancora arrivati.” Spiegò Shiro.
“Immagino di essere in
anticipo, come te.”
Keith
sorrise abbassando lo sguardo sulle proprie mani, appoggiate sul
tavolo.
Shiro
lasciò che i suoi occhi si beassero della bellezza della
figura
difronte a sé, facendoli vagare su di essa approfittandosi
della
distrazione dell'altro.
La
loro attenzione venne catturata dal cameriere che portò una
tazza di
tè a Keith che spostò lo sguardo dal tavolo al
viso di Shiro.
“Scusami.” Disse. “Avevo ordinato
nell'attesa.” Continuò
sorridendogli, e Shiro poté già sentire le
proprie guance
scaldarsi.
“Non
preoccuparti.” Rispose, cercando di ricordare chi avesse
difronte e
comportarsi normalmente. Lui e Keith erano solo amici.
“Sono
contento di come stanno andando le riprese.”
Iniziò a raccontare
Shiro mentre Keith beveva un sorso della sua bevanda calda, evitando
che cadesse un silenzio imbarazzante. Adesso che erano soli, Shiro si
sentiva stranamente agitato. Nulla da commentare sul set, o riguardo
una scena o una particolare scelta presa dal personaggio. Erano solo
loro due, e non i loro personaggi.
“Anche
io.” Confessò Keith, posando nuovamente la tazza
sul tavolo. “È
facile lavorare con te.”
Shiro
lo guardò sorpreso ma prima ancora che potesse rispondere,
Keith
aggiunse un po' imbarazzato. “E con gli altri,
certo.” Si morse
il labbro inferiore. “Tu sei molto... bravo.”
Shiro
arrossì nel sentire il complimento, imbarazzato e lusingato
che
venisse proprio da Keith. “Grazie.” Rispose,
mostrandogli un
ampio sorriso. “Sei troppo gentile.”
“Dico
solo la verità.” Insistette l'altro, arrossendo a
sua volta. “A
volte, quando mi guardi sul set, e mi guardi in quel modo
mi
dai l'impressione di provare davvero un forte sentimento nei miei
confronti. Mi serve sempre qualche minuto per ricordarmi che
è solo
finzione.”
Shiro
si morse la lingua nel tentativo di trattenere l'ansia che
già si
stava facendo strada nel suo petto manifestandosi in una risatina
nervosa.
“Allora.”
Shiro cercò di cambiare argomento, facendo parlare l'altro.
“Come
ci sei finito in mezzo a questa banda di matti?”
Keith
rise alla definizione che Shiro aveva attribuito anche a se stesso,
prima di rispondere. “Trovo sempre molto buffo quando la
gente me
lo chiede perché non sono molto bravo a relazionarmi con gli
altri e
in questo lavoro è fondamentale. A dire il vero è
una cosa che mi
spaventa parecchio ma la recitazione mi aiuta molto a superare questa
paura. Interpretare un ruolo è più facile che
lasciare che gli
altri possano vedere il vero me.” Raccontò quasi a
bassa voce,
come se se ne vergognasse. “Più gli anni passavano
più la
recitazione diventava una sorta di terapia e poi una vera e propria
passione. Attraverso anche scene quotidiane, e a furia di leggere
copioni con le scelte e convinzioni di ogni personaggio, sono
riuscito a riscoprire un po' di me stesso.”
Shiro
lo osservò riprendere in mano la tazza di tè in
silenzio,
piegandosi in avanti come a volersi chiudere a riccio. Era la prima
volta che lo vedeva farlo. Sembrava così piccolo e, Shiro,
dovette
combattere contro ogni centimetro del suo corpo per evitare di
allungare una mano e toccarlo.
“Grazie
per avermelo detto.” Disse invece, sinceramente, Shiro.
“Che
mi dici di te?” Chiese Keith appoggiando la testa fra le mani.
“Credo
anche io che la recitazione sia un ottimo strumento per esprimere se
stessi, ma fin da piccolo sono sempre rimasto affascinato dall'arte
della recitazione. Mi piace raccontare una storia, un'emozione
attraverso un personaggio che interpreto trovando un punto in comune
con lui, cercando di far emozionare anche chi mi guarda. Ero sempre
in prima fila alle recite scolastiche a differenza dei miei compagni
che lo odiavano.”
Shiro
si fermò dal raccontare non appena udì la
fragorosa risata di Keith
all'immagine dell'altro da piccolo, fiero con addosso probabilmente
un costume ridicolo, e non riuscì ad evitare di unirsi a lui.
“È
molto dolce.”
“Bhé,
peccato che non tutti la pensavano in questo modo.” Disse con
ancora il sorriso sulle labbra. “In ogni caso, ho accettato
questo
ruolo semplicemente perché mi piaceva il personaggio e la
trama
della serie, ma ammetto che anche l'insistenza del mio manager ha
fatto la sua parte. Sono felice di aver accettato.”
“Anche
io ne sono felice, ma non ti dirò il motivo per la quale ho
accettato questo ruolo. Non ancora almeno.” Disse Keith
raddrizzando la schiena.
“Oh.”
Si lasciò sfuggire Shiro, sorpreso e un po' deluso di non
poter
portare avanti quella conversazione. “Scusami, non volevo
farti
sentire in obbligo di dover raccontare – ”
“C'è
solo un modo per scoprirlo.” Keith lo interruppe, abbassando
prima
lo sguardo per qualche secondo prima di tornare a guardarlo,
accennando un sorriso.
Shiro
lasciò che continuasse incapace di distogliere lo sguardo.
“La
persona che desidera saperlo deve almeno prima invitarmi a
cena.”
Un
sorriso spontaneo nacque sulle labbra di Shiro mentre si riprometteva
che, un giorno, sarebbe stata proprio lui quella persona riuscendo a
sentire quella storia.
Il
tempo passò in fretta, troppo, e le riprese della prima
stagione
terminarono.
Erano
tutti un po' tesi alla piccola festa di fine riprese. Se la prima
stagione avesse avuto successo ci sarebbero stati gli espedienti per
registrarne una seconda. Shiro, però, era molto fiducioso.
Il
trailer aveva già riscosso molto successo sui social e la
gente
cominciava a palarne, e ciò significava che avevano
abbastanza
attenzione per avere una possibilità.
Shiro
prese in mano un bicchiere senza reale interesse in esso, continuava
a fissarlo senza bere perso nei suoi pensieri. Non aveva ancora avuto
l'occasione di parlare da solo con Keith dopo quella sera al bar
sorbendosi persino una ramanzina da parte di Pidge che, dopo averle
raccontato come era finita la loro conversazione, lo aveva
rimproverato di non aver saputo cogliere i segnali. Shiro non aveva
idea di che cosa stesse parlando o a quali segnali lei si stesse
riferendo, sapeva solo che dopo questa festa non lo avrebbe forse
più
rivisto e, Shiro, non aveva ancora trovato il coraggio di chiedergli
di uscire nonostante avesse la scusa perfetta per farlo. Non sapeva
nemmeno come riprendere il discorso o se dovesse specificare che la
loro uscita non sarebbe stata da semplici amici ma da qualcosa di
più. Sarebbe stato imbarazzante e Shiro non voleva rovinare
la sua
amicizia con Keith.
Avrebbe
tanto voluto avere il coraggio di quella sera, come l'avrebbe avuto
il personaggio che interpretava nella serie, forse quel ruolo gli
aveva dato troppo alla testa.
Si
sentì toccare una spalla, sussultando pensando per un solo
attimo
che il soggetto dei suoi pensieri fosse giunto al suo fianco.
Girandosi, invece, trovò Pidge che lo guardava con un
sorrisetto
sornione sul viso, come se avesse intuito a cosa stesse pensando
l'altro.
“Mi
dispiace deluderti, ma sono solo io.”
“Non
so assolutamente di cosa tu stia parlando.”
Ribatté sorridendo per
cercare di nascondere la delusione dipinta sul suo volto.
“Perché
non vai a parlargli?”
“Parlare
a chi?”
“Shiro.”
Pidge lo richiamò con tono di rimprovero, incrociando le
braccia.
Shiro
sospirò, sapendo che far finta di non capire non l'avrebbe
scoraggiata. “Per dirgli cosa?”
“Non
so, per chiedergli di uscire?” Pidge si guardò
intorno, ignorando
le proteste di Shiro. “Ehi, Keith!” Lo
chiamò da lontano,
agitando una mano per farsi notare.
“Mi
ringrazierai più tardi.” Aggiunse prima di
dileguarsi in mezzo
agli altri quando Keith si avvicinò a loro.
“Ehi.”
Lo salutò sorridendo. “Dove sta
andando?” Chiese confuso,
indicandola.
“Uhm.”
Biascicò Shiro colto di sorpresa, sentendo improvvisamente
il nodo
della cravatta troppo stretto. “Conosci Pidge, è
sempre di
fretta.” Disse allentandosi il nodo.
Keith
rise e Shiro iniziò a rilassarsi al suono della sua risata.
“Ti
stai divertendo?” Chiese Keith cordialmente, mettendosi le
mani
nelle tasche dei pantaloni neri che mettevano in risalto la camicia
rossa.
“Sì,
anche se non riesco a fare a meno di pensare che non ci vedremo
più
spesso come prima.”
“Già.”
Concordò Keith. “Mi mancherà... tutto
questo.”
Shiro
rivolse lo sguardo ai suoi piedi, sospirando cercò qualcosa
da dire
che potesse risollevare l'umore ad entrambi.
“A
proposito.” Iniziò Shiro, alzando lo sguardo.
“Lance ha avuto
questa idea di creare una chat per rimanere aggiornati sulle critiche
della serie e, lo sai, per restare in contatto noi tutti. Quindi
–
”
“Sì.”
Lo interruppe Keith facilitando il compito a Shiro, chiaramente in
difficoltà, facendo un passo in avanti d'istinto.
“Dammi il tuo
cellulare.” Disse mentre allungava una mano verso di lui.
Shiro
fece come gli era stato chiesto prendendo il cellulare dalla tasca
interna della giacca, sorpreso dall'entusiasmo dell'altro.
Lo
osservò digitare i numeri, una volta preso tra le sue mani,
per poi
restituirglielo con un leggero rossore sulle guance.
“Aggiungimi
quando lo crea.” Disse quando si assicurò che il
cellulare
tornasse nelle mani del proprietario.
“Oh,
e stai davvero bene in giacca e cravatta.” Aggiunse prima di
raggiungere Pidge.
Shiro
non riuscì ad evitare che uno stupido e largo sorriso
nascesse sulle
sue labbra con ancora lo sguardo fisso sullo schermo del proprio
cellulare, grato che Keith non potesse vederlo in quel momento.
Ora
tutto ciò che doveva fare era convincere Lance a creare un
gruppo
facendogli credere, però, che l'idea fosse venuta a lui.
Tornare
in Giappone portò con sé una strana sensazione
che Shiro non seppe
riconoscere inizialmente, come se mancasse qualcosa in quel piccolo
appartamento.
I
giorni passavano lentamente e l'unico momento in cui sentiva lo
scorrere della giornata più leggero, era quando prendeva il
cellulare in mano per parlare con i ragazzi. Inevitabilmente, Shiro,
diventò più pratico con i social.
Iniziò, ogni tanto, a
controllare cosa la gente scrivesse sulla serie solo per cercare di
intuire se essa avesse un futuro o almeno questo era quello che
continuava a ripetere a se stesso perché, per quanto si
fosse
innamorato della storia e adorasse lavorare con gli altri del cast,
era ben consapevole che una parte di sé desiderava che essa
avesse
successo per poter rivedere Keith.
Ogni
volta che la sua mente finiva lì, si dava mentalmente dello
stupido
sentendosi un'adolescente alle prese con la sua prima cotta.
Shiro
riprese a scrollare sulla sua time line di Twitter, sdraiato sul
letto, quando il titolo di un articolo attirò la sua
attenzione.
Intervista
esclusiva con gli scrittori della serie. Seconda stagione in arrivo?
Shiro
si alzò di scatto e, ancora prima che potesse aprire il
link,
qualcuno gli inviò un messaggio. Il suo sguardo si
spostò
sull'anteprima della notifica, leggendola.
Congratulazioni,
Golden Boy.
Ci
rivedremo l'anno prossimo.
Shiro
aggrottò la fronte riconoscendo il sopranome dato al suo
personaggio
da alcuni fan su internet.
Un
sospetto gli fece palpitare il cuore e senza perdere altro tempo
aprì
il messaggio.
Non
era il suo manager, né uno dello staff ad avergli inviato
quel
messaggio. Era Keith.
Tornare
sul set era sembrato così naturale come respirare, come se
non fosse
mai andato via davvero. Rivedere i ragazzi aveva commosso tutti.
Rivedere Keith gli aveva tolto il fiato, ancora più bello di
quanto
ricordasse.
“Hai
fatto crescere i capelli.” Fece notare Shiro, facendo un
cenno con
la mano.
“Sì.”
Rispose Keith, toccandoseli. “Non ho avuto il tempo di
tagliarli e
alla fine ho deciso che mi piacevano anche così.”
“Ti
stanno bene.” Disse Shiro mentre Keith continuava a guardarlo
con
ancora delle ciocca di capelli tra le dita, leggendo la domanda non
detta nei suoi occhi.
“Grazie.”
Sussurrò l'altro arrossendo mentre abbassava la mano per
porgergliela. “Sono felice di poter lavorare ancora una volta
con
te.”
“Anche
io.” Sorrise Shiro stringendogli la mano.
“I
ragazzi hanno detto che non verranno.” Shiro
informò Keith che lo
guardava dalla panchina in cui era seduto mentre rimetteva in tasca
il cellulare.
“Okay.”
Mormorò semplicemente l'altro, sfregandosi le mani nel
tentativo di
riscaldarsi come meglio gli era possibile in quel momento.
“Avranno
avuto un contrattempo.” Continuò Shiro sedendosi a
sua volta,
certo che ci fosse lo zampino di Pidge dietro a tutto questo.
“Potremmo
sempre rimanere qui, non è male.” Disse Keith
stiracchiando le
gambe in avanti, mentre si perdeva nell'osservare la danza delle
foglie cadute a terra mosse dal vento.
“Vieni
spesso?”
“Non
mi piace uscire spesso, in realtà, ma mi piace la pace che
c'è
qui.”
“Ma
ti piace uscire con noi.” Lo stuzzicò Shiro,
riuscendo già a
sentire la nascita di una risata.
“Ho
le mie buone ragioni.” Ribatté Keith girandosi a
guardarlo per
sorridergli ma quando una coppia passò di fianco a loro,
tenendosi
per mano attirando la sua attenzione, distolse lo sguardo velocemente
da essi come in imbarazzo e Shiro non poté faro a meno di
notarlo.
“Non
mi sono mai ritrovato in una scena del genere, nella recitazione
intendo.” Disse ad alta voce Shiro riflettendo.
“Davvero?
Non hai mai recitato in un film romantico?”
“Come
mai così sorpreso?”
“Non
lo so.” Rispose Keith, abbozzando un sorriso.
“Difficile da
credere, saresti perfetto per la parte.” Aggiunse,
guardandolo con
la coda dell'occhio mentre un sorriso sornione nasceva sulle labbra.
“Mi
sembra di sentir parlare il mio manager.”
Keith
rise. “Vero.”
Spostò
lo sguardo sui propri piedi prima di alzarsi dalla panchina e tendere
una mano verso Shiro. “Alzati.”
Shiro
lo guardò sorpreso, facendo vagare gli occhi dalla mano di
Keith al
suo viso, tuttavia non dovette farselo ripetere due volte prima di
accettarla e posizionarsi difronte a lui.
Con
ancora le mani intrecciate, Keith gli sorrise notando il disaggio
dell'altro. “Cosa c'è che non va?”
“Uhm.”
Biascicò Shiro, spostando il peso da un piede all'altro.
“Non sono
bravo in queste cose.”
“Rilassati.”
Cercò di calmarlo. “Sono solo io.”
Aggiunse mentre allungava
l'altra mano verso il viso di Shiro che sussultò al contatto
non
appena gli sfiorò una guancia.
“Scusami,
avrei dovuto avvisarti.” Ritrasse subito la mano Keith.
“No,
è solo, è fredda.” Spiegò
l'altro stringendo, di riflesso, la
mano di Keith ancora nella propria.
“Oh.”
Sussurrò Keith non riuscendo comunque a distogliere lo
sguardo da
Shiro. Provando di nuovo, riavvicinò la mano per farla
scendere
lungo il viso dell'altro osservandone tutti i particolari. Armonico,
era delicato al tatto e dovette trattenersi dal passare la mano tra
quel buffo ciuffo che gli piaceva tanto. Lo sguardo vagò sul
taglio
degli occhi, fissi a loro volta su Keith, per poi scendere lungo il
naso e finire sulle labbra screpolate per il freddo.
Shiro
rabbrividì ancora una volta quando una folata di vento li
invase,
riportando Keith alla realtà mentre si schiariva la voce.
“Forse
non è questo il momento adatto per esercitarsi.”
Disse iniziando
ad allontanarsi, sciogliendo a malincuore la presa dalla mano di
Shiro. “Se mai ne avrai bisogno, puoi sempre
chiedere.”
“Grazie
Keith.” Sorrise dolcemente Shiro. “Lo apprezzo
molto.”
Shiro
fissò la tinta per capelli, che gli aveva consegnato la
parrucchiera
dello staff, con una smorfia di disappunto dipinta sul volto.
“Cos'è
quella faccia?” Rise Keith, avvicinandosi divertito.
Il
suo sorriso si allargò quando gli occhi si posarono sulla
tinta.
“Giusto, il tuo personaggio, quasi dimenticavo. Cosa
c'è che non
va, hai paura?”
Shiro
sospirò continuando a fissare l'oggetto tra le mani.
“Se devo
essere sincero... Sì, parecchio.”
Confessò girandosi a guardare a
Keith accanto a lui, provocandogli un'altra sonora risata.
“Che
c'è? Il famoso Shiro non ha mai avuto una fase di ribellione
da
piccolo?”
“Davvero?
Ribellione con la tintura dei capelli?” Chiese sarcastico.
“Bhé,
tutto sembra un atto di ribellione da piccoli. Hai bisogno di una
mano con quella?” Chiese infine Keith indicandola.
“Penso
di potermela cavare. È il risultato finale che mi
preoccupa.”
“Non
hai bisogno di preoccuparti.”
Shiro
inarcò un sopracciglio.
“È
il colore dei capelli che cambierà, non il tuo meraviglioso
viso.”
Shiro
non aveva mai rilasciato un'intervista in diretta televisiva prima di
allora.
Il
non essere solo, certo, lo consolava eppure non riuscì ad
evitare
che il nervosismo prendesse possesso del suo corpo facendo muovere la
gamba in un tic fastidioso.
Keith
– seduto accanto a lui dietro Lance, Hunk ed Allura
– non poté
fare a meno di notarlo. “Stai bene?”
“Sì.”
Mentì Shiro, guardandosi attorno alla ricerca di qualche
segno che
gli facesse capire quanto mancasse all'inizio dell'intervista.
“Prendi
un respiro profondo.” Gli raccomandò Keith,
posando una mano su
quella dell'altro per attirare la sua attenzione.
Non
appena sentì il contatto, Shiro fermò la sua
disperata ricerca per
guardarlo dritto negli occhi e seguire il suo consiglio mentre
continuava a tenere lo sguardo incatenato a quello di Keith.
“Finirà
ancora prima che tu te ne accorga.”
Shiro
annuì, senza dire nulla, la convinzione di Keith in
ciò che stava
dicendo bastò a calmarlo. Keith gli sorrise prima di
lasciare andare
la sua mano e Shiro poté già sentirne la mancanza.
L'intervista
consisteva in delle domande fatte a tutti riguardo la serie –
momenti preferiti, i più emozionanti, cosa ne pensava ognuno
della
crescita del proprio personaggio e non – per poi postarsi ai
singoli con domande più specifiche.
Sentire
gli altri rispondere insieme a lui aveva messo Shiro a suo agio nel
corso dell'intervista, iniziando a divertirsi, lanciando degli
sguardi a Keith tra le risate quando venne mostrato un video di
bloopers.
Si
rilassò mentre appoggiava le spalle sullo schienale della
sedia,
ascoltando distrattamente l'intervista singola dei suoi colleghi. La
sua sarebbe stata la penultima, prima di quella di Keith.
Le
domande non erano poi così diverse da quelle che si
sentivano in
televisione, un modo per conoscere anche l'attore al di fuori del
loro personaggio e Shiro era più che felice di rispondere
finché
vide l'intervistatrice irrigidirsi mentre il suo sguardo scorreva
sulla cartella che teneva in mano, probabilmente leggendo velocemente
le domande successive. Alzò lo sguardo da essa per
rivolgerlo alle
persone dietro i cameraman che le fecero segno di continuare.
“Uhm.”
Si schiarì la gola. “Chiedo scusa.”
Aggiunse cercando di
ricomporsi.
“Gira
voce che lei e Keith abbiate una forte chimica, talmente forte che
addirittura molte scene non erano scritte sul copione, è
vero?”
Shiro
perse un battito. “Sul set, certo.”
“Deve
essere difficile avere una relazione stabile al di fuori del set,
viaggiando continuamente per le riprese.” Incalzò
ancora lei.
“Mi
perdoni, ma qual è la domanda?” Chiese Shiro
cominciando a
spazientirsi.
“Abbiamo
ricevuto varie segnalazioni.” Spiegò
l'intervistatrice, mentre
l'immagine nello schermo cambiò e dalla reazione sorpresa
del
pubblico a Shiro non serviva guardarla per capire a quale foto si
stesse riferendo. “Sembrate molto intimi qui al
parco.”
Con
la coda dell'occhio Shiro vide Keith osservarla e si sentì
morire
per averlo coinvolto.
“Non
credo che la mia vita privata – ” Cercò
di ribattere.
“Sto
solo dicendo che noi fan ci siamo accorti – ”
“Siamo
solo amici.”
“Non
c'è alcun bisogno di essere timidi – ”
“Basta.”
Si intromise Keith, alzandosi in piedi. “Shiro ha
già risposto
alla sua domanda. Siamo amici.”
Shiro
osservò Keith risedersi sulla propria sedia, composto dopo
esser
riuscito a convincere l'intervistatrice a cambiare argomento ma,
Shiro, non riuscì più a concentrarsi per tutto
resto
dell'intervista lasciando che le ultime domande e rispose
diventassero solo un rumore di sottofondo ai suoi pensieri.
Non
appena l'intervista terminò, Keith lo raggiunse dietro le
quinte.
Nervoso, continuava a muovere le mani ansiosamente –
sfregandosi le
mani fra loro, strofinandosi il braccio, come se non sapeva bene cosa
farne con esse – , avvicinandosi a piccoli passi mentre
ripensava
alla cosa giusta da dire.
“Mi
dispiace.” Disse, invece, non appena se lo ritrovò
difronte.
“Perché
ti stai scusando?”
“Perché
è tutta colpa mia. Sono stato un'irresponsabile al parco,
non mi era
nemmeno passato per la testa che qualcuno avrebbe potuto vederci e
fraintendere. È solo che non sono abituato a questo tipo di
attenzioni, ad avere sempre gli occhi puntati addosso e adesso
penseranno che le voci siano vere a causa del mio comportamento di
poco fa.”
“Smettila
di dire che è colpa tua.” Disse Shiro,
accarezzandogli un braccio
per consolarlo. “Anzi, ti ringrazio per avermi
difeso.”
Keith
corrucciò la fronte, insoddisfatto della risposta
dell'altro. “Come
fai a stare così tranquillo mentre una menzogna sul tuo
conta è in
giro liberamente? Tutti pensano che siamo una coppia.”
“Noi
sappiamo che non è vero. Io – non mi
pesa.”
“Come?”
Si irritò Keith, strattonando il braccio.
“Aspetta,
non è quello che intendevo.”
“Non
ti importa ma dovrebbe.” Replicò Keith abbassando
il tono di voce.
La rabbia si era placcata lasciando il posto a qualcos'altro.
“A me
importa.” Aggiunse prima di uscire a gran velocità
dallo studio,
sotto gli occhi di tutti i membri dello staff.
Da
quel giorno in poi il rapporto tra Shiro e Keith si freddò
al punto
che si parlavano a malapena.
Shiro
di tanto in tanto, ancora, coglieva Keith in flagrante
nell'osservarlo da lontano per poi distogliere lo sguardo velocemente
quando incrociava il suo o cambiare stanza. Sentiva la nausea ogni
volta che accadeva o ci pensava.
Anche
gli altri avevano iniziato a notarlo e per Shiro divenne impossibile
concentrarsi.
“Sono
mortificato, mi dispiace.” Disse Shiro dopo l'ennesima
battuta
sbagliata quella sera.
“Hai
bisogno di una pausa?” Chiese Keith difronte a lui
incrociando le
braccia, sembrava un po' annoiato. Recitare con lui, in particolare,
era diventato difficile.
“No,
posso farcela.” Insistette Shiro.
“Sono
d'accordo con Keith, meglio se ti riposi un po'.” Si
intromise il
regista. “Facciamo tutti una pausa.”
Esclamò alzando il tono di
voce per far sì che tutti potessero sentirlo.
Shiro
si morse il labbro inferiore, imbarazzato e frustrato, mentre gli
altri iniziavano ad uscire sentendo ancora lo sguardo di Keith
addosso.
Lo
vide addolcire lo sguardo solo per pochi secondi, preoccupato, prima
di girarsi e dirigersi verso l'uscita insieme agli altri.
Shiro
sentì il desiderio di seguirlo e, d'istinto, fece un passo
verso la
sua stessa direzione prima di sentire le preoccupazioni
dell'assistente del regista espresse in un sussurro.
“Queste
riprese non vanno bene, bisogna rifarle.” Sospirò.
“Sembrano
lontani anni luce.”
Shiro
sentì una fitta all'altezza del petto nel sentirlo, avevano
perso la
loro chimica, ma non riuscì a fare a meno di pensare che
avesse
ragione.
Le
riprese continuarono e ben presto, e con un po' di fatica, arrivano
all'ultimo episodio della stagione.
Le
cose tra Shiro e Keith si erano calmate sul set, il tempo aveva
aiutato entrambi, lasciando posto solo al rimpianto.
Avevano
ripreso ad uscire insieme ai ragazzi, scambiandosi ancora poche
parole durante una discussione, ma il desiderio di tornare come erano
prima era evidente da parte di entrambi e Shiro era consapevole di
non poter perdere altro tempo. Sapeva di aver ferito Keith e di dover
trovare il coraggio di parlargli, e non solo per scusarsi.
La
paura che lo aveva assalito durante la pausa dalla prima stagione era
tornata, facendogli capire di non voler tornare in Giappone senza
aver chiarito prima con Keith ed essere stato sincero riguardo a come
si sentiva nei suoi confronti.
Non
volendo aspettare ulteriormente Shiro approfittò di una
serata
organizzata per festeggiare gli ultimi giorni di lavoro per poter
parlare con Keith, afferrandolo delicatamente per un braccio per
fargli segno di camminare al suo fianco e distaccarsi dagli altri.
Erano appena usciti da un ristorante poco conosciuto e non molto in
vista, ormai era impossibile per loro incontrarsi al loro solito bar
senza attirare l'attenzione, ma almeno in questo modo non dovettero
preoccuparsi di occhi indiscreti.
Keith
lo guardò confuso, rivolgendo un'occhiata veloce al gruppo
che
sembrava non essersi accorti di nulla, ma non si oppose.
Shiro
lasciò andare la presa non appena Keith rallentò
il passo.
“Ehi.”
Tastò il terreno Shiro, dandosi mentalmente dello stupido.
“Ehi.”
Lo imitò l'altro, non sembrava infastidito dal gesto.
“Come
stai?”
“Lo
sai già come sto.” Rispose con tono pacato Keith.
“Stanco, le
ultime riprese sono state dure.”
Shiro
si morse in labbro inferiore di riflesso, sentendosi responsabile del
disagio dell'altro.
“Scusa,
non intendevo dire che è colpa tua.”
“Va
tutto bene.” Lo interruppe Shiro. “Sarebbe comunque
la verità, è
innegabile che io abbia fatto schifo in questi giorni.”
Keith
unì le labbra in una linea sottile, continuando entrambi a
fissare
dritto di fronte a loro senza più proferir parola.
“Non
mi piace vederti così.” Spezzò il
silenzio improvvisamente Keith,
girandosi verso di lui. Il suo sguardo era sincero. “Vali
molto
più.”
“È
colpa mia, per tutto.”
“Shiro
– ” Cercò di chiamarlo mentre si fermava.
“No,
per favore.” Iniziò Shiro, fermandosi a sua volta
a guardarlo
negli occhi. “Non avrei dovuto lasciare che le voci si
spargessero,me ne ero accorto e avrei dovuto chiarire fin da
subito.”
Keith
abbassò lo sguardo lasciando che continuasse.
“Quando
ho detto che non mi pesava era vero ma non perché non mi
importa, ma
perché mi stavo cullando su una fantasia. Sono stato egoista
e ti
chiedo scusa.”
Keith
alzò il viso a guardarlo di nuovo.
“Quello
che intendevo dire è che mi piaceva l'idea di noi come
coppia ma non
avrei dovuto scegliere anche per te.”
Keith
sgranò gli occhi sorpreso mentre le sue guance iniziarono a
tingersi
velocemente di rosso e Shiro poté giurare di averle rosse
tanto
quanto quelle di Keith.
“Una
dichiarazione coraggiosa per uno che deve ancora chiedermi di uscire
almeno una volta.” Scherzò sorridendo Keith.
“Eh?”
“Quella
sera, al bar, non stavo del tutto scherzando ma quando non ricevetti
nessuna risposta ho creduto di aver osato troppo e ho deciso di
lasciarti i tuoi spazi fingendo che non fosse mai accaduto.”
“Sono
negato in queste cose.” Sospirò Shiro scusandosi.
“L'ho
notato.” Rise Keith.
“Keith.”
“Hhm?”
Canticchiò non riuscendo a trattenere un sorriso Keith,
sapendo già
cosa l'altro gli stava per chiedere.
“Usciresti
con me?”
“Finalmente.
Sì, Shiro, mi piacerebbe molto.”
Shiro
sentì nascere un sorriso a trentadue denti spontaneo sulle
proprie
labbra, felice e sollevato, quando si sentì sfiorare la mano
con
quella dell'altro che lo incoraggiava a riprendere a camminare,
stringendola forte mentre continuavano a godersi la loro
intimità
lontani dal gruppo.
“Quindi,
adesso che mi hai chiesto di uscire posso anche dirtelo.”
“Dirmi
cosa?” Scherzò Shiro guadagnandosi un'occhiataccia
da Keith.
“Certo che mi ricordo, ma mi mancava tutto questo. Scherzare
con
te.”
“Anche
a me, ma se continui a interrompermi potrei cambiare idea.”
“Scusa,
scusa.” Rise Shiro.
“Sai,
ero davvero felice quando lessi il tuo nome nella lista del
cast.”
“Davvero?”
Keith
annuì per poi rivolgere lo sguardo altrove. “Mi
piacciono i film
indie, li preferisco a quelli popolari quindi, ti conoscevo
già.
Sono una specie di tuo fan, fan del tuo lavoro.”
“Cosa?”
Esclamò Shiro sorpreso.
“Sì,
avevo una cotta per te. Bhé, non proprio una cotta ma...
sì.”
Confessò Keith. “Ironico, non è vero?
Ma sono felice di aver
conosciuto il vero te.”
“Avete
finito voi due piccioncini?” Sentirono urlare Lance da
lontano,
notando che adesso anche il gruppo si era fermato, aspettandoli.
“Lance!”
Lo rimproverò Allura.
“Che
c'è? Va bene adesso, si tengono persino per mano.”
“Ehi,
è vero.” Sussurrò Allura notando solo
in quel momento le loro
mani intrecciate. “Questo è incredibile!”
“Cosa?
Che finalmente quei due si siano decisi a uscire insieme o che Lance
per una volta abbia ragione?” Chiese Pidge, ridendo alla
reazione
di Lance che si finse offeso.
Keith
sorrise, girandosi verso Shiro mentre si dirigevano verso di loro.
“Certo, sarà strano vederti col il tuo colore
naturale di capelli
di nuovo.”
“Già,
ho cambiato così tante volte che ho quasi dimenticato come
siano.”
Disse toccandosi il ciuffo.
“Hai
idea di quando tornerai in Giappone?” Chiese Keith titubante.
“Non
ho ancora fatto nessun piano, e non ho nessuna fretta di
farli.”
NdA:
Buon
compleanno sweetie, Hanta
!!
Innanzitutto
ti auguro di passare una splendida giornata e di divertiti il
più
possibile!
Spero
che questo piccolo regalo ti sia piaciuto e che i salti temporali non
siano stati troppo confusionari.
Ancora
una volta sei stata una grande fonte di ispirazione per me quindi
spero che questo AU ti piaccia. Non sono molto brava con le parole,
in questi casi, ma sei davvero una persona unica e speciale e ti
meriti davvero tanto e spero di essere riuscita a trasmetterlo almeno
un po' nella mia storia.
Sarò
sempre grata a questo fandom per varie ragioni ma sicuramente per
avermi permesso di conoscerti!
Buon
compleanno ancora sweetie!
Grazie
di aver letto, fatemi sapere cosa ne pensate!
Dove
trovarmi:
Twitter
Tumblr
|