Linea di mezzeria

di DaniNTI
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Quando sono in autostrada, di notte e ad alta velocità, il paesaggio si distende davanti a me con preponderanza e diviene talmente ipnotico e piacevolmente ripetitivo che smetto di essere osservatore diventando parte di ciò che mi circonda, di un’oasi meravigliosa priva di qualsivoglia riferimento e dei tanto agognati dettagli, sui quali a tutti costi si vuol sempre e necessariamente concentrare la propria attenzione. 

La patria del transitorio: una materia fatta di atomi sfuggenti,  in cui ogni punto sembra finalmente divenire indiscutibilmente uguale al precedente, e cessa di pretendere di essere diverso dagli altri, mescolandosi al gran tutto. 

Un abisso nero, che scorre spezzato solo dai fanali luminosi e sgargianti, ambasciatori in un non-luogo ipnotico che trae dalla imperitura transitorietà la sua profonda e sincera bellezza. La catartica monotonia del viaggio, l’essenza magnetica del paesaggio. 

Lo stato di moto diventa sempre più impercettibile man mano che il concetto di spazio va inevitabilmente rarefacendosi, in un mondo in cui tutti sorpassano e tutti sono sorpassati.

 




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