Notti solitarie

di Rosette_Carillon
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                                                                                       Notti solitarie
 
 



 
 
 
 





 
 
 
 
<< Sono così- sola. >>
 
 
La libertà era tutto ciò che aveva sempre creduto di volere, poter contare su se stessa e su nessun altro, come fosse stata un uomo. Nessun matrimonio a limitarla, nessun marito che la controllasse, che si aspettasse di trovare in lei una moglie devota e remissiva.
Il sogno della scrittura sempre come obiettivo fisso, trasferirsi a New York e guadagnarsi da vivere con le sue sole forze era stato come tornare a respirare dopo un lungo periodo sott’acqua.
Poi l’euforia era passata, nelle sue lunghe notti solitarie Jo guardava il mondo dalla finestra della sua stanza, e intanto pensava. Pensava a Meg, che aveva docilmente accantonato i suoi sogni per una famiglia, a Amy che invece ai suoi sogni non voleva rinunciare, ed era a Parigi con la zia. Pensava a Beth, la sua piccola e fragile Beth che le mancava più di quanto riuscisse a esprimere. Infine pensava a Laurie, a come lo aveva rifiutato, e si chiedeva se non ci fosse qualcosa di sbagliato in lei, perché fosse sempre così irrequieta.
Laurie era stato crudele con lei. Si era davvero meritata quel trattamento?
Ma quella libertà che si era conquistata era inebriante, non avrebbe potuto farne a meno per nessuno motivo, eppure la notte continuava a pensare e, più pensava, più sentiva un vuoto dentro di sé.
La candela sul tavolo restava accesa per lunghe ore a farle compagnia mentre scriveva, mentre sfogava sulla carta tutto ciò le ribolliva dentro, e a cui non voleva dare un nome perché, se l’avesse fatto, se l’avesse chiamata col suo nome, allora avrebbe preso vita, sarebbe diventata reale, e Jo ne aveva paura.
                                                                           *
Era sola davanti a quella tomba.
Meg si era sposata, Amy era a Parigi, Laurie l’aveva abbandonata. Beth era morta.
E lei era sola.
Libertà e solitudine erano due facce di una stessa medaglia, l’aveva sempre saputo, ma non aveva mai pensato che ciò sarebbe potuto essere un problema. Aveva voluto la libertà, e si era convinta di poter pagare qualsiasi prezzo per averla; solo ora si rendeva conto di essere sempre stata sola, e quel prezzo era troppo alto.
Com’era capitato? Come aveva fatto la vita a scorrere così in fretta, l’infanzia a terminare, e lasciarla così? Voleva tornare indietro, voleva tornare a essere solo una quindicenne ingenua che litigava con le sue sorelle e giocava col suo migliore amico.
<< Sono così- sola. >>
Aveva fatto tutto con le sue mani, con quelle mani che da tempo non avevano più macchie d’inchiostro. Non era stata abbastanza ubbidiente con la zia per poterla accompagnare in Europa, non era riuscita a convincere Meg a non sposarsi, aveva rifiutato Laurie, aveva allontanato Friedrich. Non era riuscita a salvare Beth.
Non le era rimasto nulla. Non le era rimasto nessuno.
                                                                               *
Teddy l’aveva perdonata. Era cresciuto, e aveva compreso se stesso e i motivi che avevano spinto Jo a rifiutarlo. Meg era davvero felice, e sembrava aver trovato il suo posto in quell’amorevole famiglia che si era creata. E, alla fine dei conti, era stato un bene che zia March avesse portato con sé Amy.
Jo si sarebbe accontentata delle sue storie, si sarebbe sfogata sulla carta, i suoi personaggi le avrebbero tenuto compagnia e, scrivendo, avrebbe ripensato alla sua Beth.
Infondo poteva andare bene anche così.
<< Jo, hai una visita. >>
<< Sei tu, >> quel sussurrò incredulo e sollevato suonò quasi come una domanda.
 

 
 
 


                                                                                                                           




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