lampone
«Non
è andata poi così male» osservò Dudley,
ripulendosi con una certa flemma il viso dai frammenti di torta al
lampone che l'avevano raggiunto, dopo l'esplosione improvvisa del
dolce. Harry
aprì bocca, con un epiteto poco grazioso sulla punta della
lingua - ma serrò subito i denti, vittima di un dubbio atroce.
Era una battuta? Big D - sempre più "big", ora che col
matrimonio e due figli ogni idea di dieta era andata a farsi benedire -
aveva appena fatto una battuta? Dopo una torta esplosa a mezz'aria?
«È stato un incidente
abbastanza buffo» aggiunse Dudley, con una scrollata di spalle e
senza l'ombra di un sorriso. Harry avrebbe voluto scuoterlo un po' di
più, urlargli nelle orecchie che era magia
- involontaria, la magia di un bambino, ma sempre magia era - e che non
aveva più senso fingere che non esistesse, non ora che zia
Petunia era morta. Invece contò fino a dieci, annuì,
forse appena appena rigido. «Sì. Credo di sì»
concesse, a malincuore.
Con tre figli alle spalle, Harry
finalmente capiva perché il Ministero fosse stato tanto veloce
ad arrivare alle conclusioni sbagliate durante l'estate dei suoi dodici
anni. Tra torte intatte e magia involontaria infantile c'era un
rapporto quasi magnetico: una cosa semplicemente non poteva esistere,
in presenza dell'altra. Ovviamente, per via della sua solita fortuna,
della torta si erano occupati i Dursley. Il che aveva, probabilmente,
reso l'esplosione del dolce una faccenda più drammatica di
quanto non fosse. Quello, e il fatto che fosse la prima cena tutti
insieme: le aspettative erano alte, il fallimento era ovviamente dietro
l'angolo.
Ginny aveva preso in consegna il
colpevole - James, ovviamente, anche se Harry per un attimo aveva avuto
i suoi sospetti su Lily, tirata su in braccio da Ginny in via
precauzionale e portata via a sua volta. I figli di Dudley erano stati
strattonati via dalla moglie, istantaneamente seguita dalla
benintenzionata e molto adatta Hermione, ovviamente seguita dall'ancora
più benintenzionato ma molto inadatto Ron. Quando le urla della
signora Dursley e i pianti dei bambini non si erano placati, Rose aveva
deciso di andargli a "spiegare tutte le cose", con piglio deciso, e
Hugo l'aveva seguita con una corsetta un po' esagerata,
involontariamente buffa.
Questo aveva lasciato Harry con
Albus aggrappato al polpaccio, che lo fissava con occhi enormi e molto
solenni. Almeno fino a qualche istante prima, quando aveva chiesto
cortesemente se poteva "andare in bagno, per favore". Lasciando,
così, suo padre da solo con Dudley. Che non sembrava
particolarmente turbato, bisognava ammetterlo: si era alzato e aveva
chiesto dov'erano i piatti per il dolce. Harry gliel'aveva fatto
vedere. E la conversazione era più o meno morta lì.
«Non vuoi andare da tua moglie?» chiese Harry, cauto, dopo un certo lasso di tempo.
«Non credo che ce ne sia
bisogno. Mi farebbe solo salire in macchina e poi partirebbe con il
pedale a tavoletta, se gliene dessi l'occasione. In qualche maniera si
sistemerà, la tua amica mi sembra molto competente.»
E Harry che credeva che Dudley avesse paura delle parole formate da più di due sillabe. Sorrise, annuì. «Lo è.»
«Ed è una... com'era?
Babbea?» chiese, iniziando a sporzionare il dolce, in
realtà già fin troppo diviso dall'esplosione di James.
«Ehm. Babbana. Babbana di nascita. Cioè, è una stre—una saicosa,
ma la sua famiglia non lo è. Quindi è... una persona
piuttosto normale, ecco» si ritrovò a spiegare, con la
sensazione di essere finito nel sogno più strano del mondo, ma
senza il coraggio di comportarsi di conseguenza, di rompere le vecchie
abitudini.
Dudley annuì molto
solennemente, con il doppiomento che cercava di nascondersi nel
colletto inamidato della camicia. Finì di spalare la torta
distrutta nel piatto, tentò di darle la forma di una fetta
integra con movimenti stranamente precisi della forchettina,
così minuscola nella mano enorme. Arrivò al punto di
posizionare con molta attenzione un lampone in cima, poi esitò.
Esitò abbastanza a lungo. Alla fine, allungò il piatto
verso Harry. Che quasi sobbalzò, come se il cugino stesse per
servirgli di nuovo un bel sandwich di nocche sulla faccia, invece di
una fetta di torta ricomposta alla meno peggio.
«Vuoi?»
«Io - sì, grazie»
capitolò Harry, alla fine, spingendosi gli occhiali sul naso
prima di allungare la mano verso il piatto. Aspettò che anche
Dudley si servisse, con tutta la calma di questo mondo, prima di
iniziare a mangiare. Una vecchia abitudine, anche questa: mai iniziare
a mangiare prima di Diddino caro, non dove lo potevano vedere. Creava
problemi.
Ma il cugino non sembrava pensare a
niente di particolare, mentre spalava piccoli bocconi dalla torta al
piatto e poi dal piatto alla bocca. Alla fine, Harry lo imitò.
Non era male, pensò. E, alla fine, lo disse anche.
«Buona. L'ha fatta tua moglie?» osò chiedere, giusto per fare conversazione.
Dudley sorrise appena sotto i baffi molto chiari, scosse piano il testone.
«No. L'ho fatta io.»
Ed Harry, con la forchetta a
mezz'aria, non seppe cosa replicare. Così le fece finire il
viaggio verso la bocca, masticò anche se non ce n'era molto
bisogno, poi annuì.
«Molto buona.»
E continuarono a mangiare in silenzio.
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