Contrariamente
a
quel che avevo previsto all’inizio, a livello cronologico
questa fanfic si
colloca tre giorni dopo
“Chasing
Rainbows (or maybe bears)”.
Non ho altro da
aggiungere che non possiate vedere/scoprire da soli leggendo, quindi
buona
lettura :)
Scontri e incontri (mancati)
Tante cose era
possibile dire sulla città- Stato da qualche tempo
denominata “Pettinathia”.
A voler essere
sintetici si sarebbe potuto parlare dell’atmosfera tossica
che, in brevissimo
tempo, faceva finire strafatti in un angolo gli incauti viaggiatori che
circolavano senza appositi filtri per le vie del centro e le zone
limitrofe; si
sarebbe potuto parlare degli oggetti e delle sostanze lì
prodotte, si sarebbe
anche potuto parlare dei suoi sotterranei, estesi chissà
quanto in profondità e
intricati come una tana di termiti, entrambi discorsi che rischiavano
di non
vedere mai una fine.
Si sarebbe anche potuto
parlare della varietà dei suoi abitanti, quanto mai grande,
ma con un comune
denominatore: disperazione e/o poca sanità mentale per
decidere di vivere in
quel posto, al centro o ai confini estremi che fosse.
Altrettante cose era
possibile dire sulla sua padrona, conosciuta col nome
“Stiria”.
Seeker alta, sottile
e nervosa, giovanissima quanto colorata -la sua corazza mostrava un
miscuglio
di parti gialle, azzurre, viola e metallo rose gold- dallo sguardo
azzurro e
l’espressione perennemente seccata di chi si considerava
circondata di
imbecilli scassa genitali, Stiria era sia un pugno in un occhio a causa
dei
colori e del luccicante corno da unicorno installato sulla fronte, sia un inferno per
l’udito a causa della sua
voce. Questa era bassa, molto “da adulta” in
condizioni normali, ma poteva
facilmente diventare uno strillo acutissimo di potenza tale da spaccare
i muri
in senso letterale. Governava Pettinathia con un miscuglio di apparente
anarchia e pugno di ferro e, sebbene da quando l’aveva presa
in gestione ci
fosse più “ordine” in superficie, non
era dato sapere molto di cosa succedeva
ora nei sotterranei, e quel poco che si conosceva era
tutt’altro che
incoraggiante.
Sarebbero state
tutte valide ragioni per evitare la sua compagnia, e quel giorno lo
erano
ancora di più…
«Fanculo, fanculo e
fanculo! Vaffanculo, Eribe! Vaffanculo, Vliegen! PORCA
SOLUS! Prendesse a entrambe un colpo che non
l’ammazzi! PRIMUS TURBOFOX
ARRUGGINITA!»
Perché di solito non
era una buona idea trovarsi vicini a Stiria quando inveiva contro le
proprie
sorelle maggiori, come dimostravano le vetrate in pezzi più
vicine a lei.
«Eribe potrebbe
allargare l’interno del suo palazzo quanto le pare senza che
l’esterno cambi, ok?!
Quindi perché mollare a me il loro stupido cybergatto
psicotico, grosso e che mi
inquieta, invece di
chiuderlo dentro? Mi dici che senso ha?! Perché oggi tutti
mi mollano tutto?!»
«Vuoi che ti passi di
nuovo l’accendino?»
«Sì!» esclamò
Stiria, strappandoglielo quasi dalle mani e iniziando a giocare con la
fiammella «Ecco, ora va meglio… ma che vogliono
dalla mia vita, Spectra?! Cosa
vuole la gente dalla mia viiiitaaaa?!»
«Io non credo di
saper rispondere, però se mi dai cinque minuti magari ci
posso pensare sopra…»
Quella in cui si era
trovata Spectra Specter era la camera da letto di Stiria, ed era
comodamente
seduta su una morbida celeste, circondata da cuscini rosa pastello e un
quantitativo indefinito di peluches di animali che Stiria aveva
chiamato
“unicorni”. Questi di certo non contribuivano a
diminuire il caos cosmico di
accessori buttati qui e là per la stanza, pezzi di armatura
e fili di lucine di
vari colori che cadevano fuori dall’armadio aperto. Sulle
pareti candide
campeggiavano fiere parecchie decorazioni a forma di cyberfarfalle
nere, mentre
soffici strati di tende lilla e rosa coprivano parzialmente le vetrate
rotte
che davano sul cortile interno e si stavano già riparando
grazie all’impianto
per il bagno d’energia.
Spectra le guardava
con un certo interesse -un tipo d’impianto così
non l’aveva mai visto- mentre
accarezzava il grosso cybergatto nero che si era messo a dormire sulle
sue
gambe.
«Era una domanda
retorica, tu non puoi sapere cosa vuole la gente dalla mia vita se non
lo so
nemmeno io!» si lagnò Stiria, crollando sulla
cuccetta e appoggiando il mento
sulla testolina bianca e rotonda di Spectra.
«Quindi non devo
pensarci sopra?»
«No, non devi, anche
perché hai la testa vuota e quindi sarebbe
inutile» fu la “delicatissima”
replica della seeker.
«In verità dentro le
nostre teste ci sono il modulo cerebrale, che si chiama anche
“processore”, e
il fluido craniale. Senza di essi non sarei nemmeno in grado di parlare
con te»
le fece notare Spectra.
«Spiegami di nuovo
perché Hallow ha avuto la brillante idea di lasciarti qui da
me e io ho avuto
l’altrettanto brillante idea di non mandarti fuori a girare
per le vie del
centro così che i trafficanti di organi avessero merce
nuova».
Spectra, senza
essere infastidita dalle parole poco gentili di qualcuno con un
carattere che
aveva ben presto concluso fosse “complicato”,
sollevò lo sguardo. «Era una
domanda retorica anche questa?»
«Ti sembrava una
domanda retorica?»
«Questa che hai
fatto ora lo è?»
Stiria sbuffò. «Fai
una cosa bella e ammazzati. Scherzo» sospirò
«La prima non era una domanda
retorica. Non aveva nemmeno la forma di una domanda».
«Allora: qualche ora
fa Hallow mi ha lasciata qui da te perché io volevo stare in
compagnia ma lei
voleva uscire per fatti suoi, quindi mi ha portata da una femme
“su per giù
della tua età, leanabh,
così potete
giocare”».
«E vaffanculo anche
a lei» disse Stiria, accendendo una sigaretta di energon
«Hai mai provato a
fumare? Vuoi fare un tiro?»
«Non ho mai provato
ma non so-»
Stiria le infilò la
sigaretta tra le labbra. «Inspira… ho detto
“inspira”, non
“affogati”!»
esclamò, alzando gli occhi al cielo nel sentire
l’altra tossire dopo averle
obbedito «Lasciamo perdere va’».
«S-sì… forse è
meglio» concordò Spectra, restituendole la
sigaretta «Quanto al motivo per cui
tu mi hai tenuta qui» Spectra indicò il cybergatto
«Mi sta dormendo addosso,
immagino?»
«Se ti sei resa
conto almeno di questo non sei del tutto senza speranza, magari la testa è solo
“poco meno che vuota”, invece
di “vuota” e basta… contrariamente a
quella della gente che devo incontrare
oggi, per esempio».
«Come mai dici
così?»
Per l’ennesima volta
nel corso di quella conversazione, la giovane seeker sbuffò
e cambiò per cinque
volte di fila la sua posizione sulla cuccetta, finendo con le gambe
all’aria.
Spectra non poteva fare a meno di chiedersi il motivo dietro a
quell’irrequietezza continua, che era quanto di
più lontano possibile dal
proprio modo di essere.
“Lei un
po’stravagante lo è” pensò.
Spectra aveva passato
buona parte della propria vita chiusa in casa senza mai uscirne, ma da
che il
fratello aveva iniziato a mandarla “in missione”
per raccogliere informazioni
era venuta inevitabilmente a contatto con tanti soggetti che altri
avrebbero
detto spaziavano tra pazzi completi, stupidi, a persone di una certa
cultura
-difficilmente “Towards Peace” mancava in una base
o astronave Decepticon e
ormai, da avida lettrice e ricettrice, lei ne conosceva buona parte
quasi a
memoria-: tipi peculiari insomma, tanto che lei arrivata a quel punto
difficilmente faceva caso a stranezze varie. In quel caso
però le bizzarrie
erano parecchie, già solo per il fatto che Stiria, unica
padrona di quella
città-Stato, fosse più giovane di lei. In anni
umani sarebbero state rispettivamente
una quasi diciannovenne e una più che diciassettenne.
«Premessa: stiamo
parlando di una squadretta
di persone abbastanza conosciute» disse Stiria «Non
avendo ancora parlato con
loro, ed essendosi rifiutati di dare dettagli precisi ai miei
sottoposti via
telecomunicazioni, so solo che sarebbero interessati a comprare da me
della
merce complicata da trovare senza sforzo e in buono stato. Le
informazioni che
mi sono procurata su di loro mi spingono a pensare che cerchino una
fornitura
di un certo tipo di organo. Siccome io ho sempre ragione
sarà così…»
«Ma quindi perché
hanno la testa v-»
«Non interrompermi!
Se inizio a raccontare una cosa prendendola alla larga, vuol dire che
va presa alla
larga! Tanto non è che tu abbia molto da fare a parte stare
lì con quella
bestia malefica o sbaglio?! Ecco. Stavo dicendo, credo che cerchino una
fornitura di merce di quel tipo, quindi la domanda è:
essendo la loro un
gruppetto abbastanza conosciuto, dunque degno dell’attenzione
dei miei
sottoposti, perché non hanno contattato subito la sede
centrale invece di perdere
tempo a cercare quel che volevano in periferia e nei bassifondi? Se
l’avessero
fatto avrebbero potuto togliersi di torno prima! Ma che
mongocretinoflettici!»
«Cosa sono dei
mongocretinoflettici?»
«La gente che si
comporta come questi qui di cui ti ho parlato, oltre alle mie sorelle,
è tutta
mongocretinoflettica» rispose la seeker.
«A proposito delle
tue sorelle, ho una domanda… tu hai detto che una delle due
può allargare il
suo palazzo dentro senza che si allarghi fuori, giusto? Ma come
fa?» domandò
Spectra «Sembra una magia tipo quella di alcune fiabe che ho
letto».
«Lo è. Può fare
quello e altro, di solito tutte cose inutili dal momento che di rado mi
accontenta se le chiedo qualcosa. L’ultima volta che lei e
Vliegen sono venute
a trovarmi, gli abitanti e i veicoli di un intero settore sono stati
trasformati in cybergatti, i quali poi si sono fusi in un cybergatto
fatto di
cybergatti, il tutto mentre i palazzi ondeggiavano, miagolavano e si
facevano
spuntare le orecchie» raccontò Stiria, con
espressione seccatissima «Non
chiedermi altro».
«Adesso il settore è
tornato normale? I palazzi che miagolano ci sono ancora?»
«Ti avevo detto di
non chiedermi altro, e soprattutto togliti quell’espressione
idiota dalla
faccia, perché contrariamente a quello che pensi non era
né bello né
interessante! È stato uno smaronamento infinito»
dichiarò Stiria, rischiando
senza volerlo di infilzare Spectra col suo corno da unicorno nel
cambiare
posizione per l’ennesima volta «E anche quando
hanno risolto non hanno tolto
tutto, c’è ancora un palazzo orecchiuto che
ondeggia, miagola e a volte mangia
la gente. Nonostante questo ho potuto farne un’attrazione
turistica ma è la
sola cosa buona».
«Magari se gli
facessi dare del cibo regolarmente non si metterebbe a mangiare la
gente perché
è affamato…»
Stiria sgranò gli
occhi e portò una mano davanti alla bocca. «Ma
certo! Come ho fatto a non
pensarci subito? Adesso prendiamo l’astronave, andiamo subito
al Tyger che
hanno aperto da poco e chiediamo se hanno dei croccantini di rame per i
palazzi
che miagolano, magari specifici per l’età e la
stazza. Ma porca Solus, stai
scherzando o i tuoi genitori ti hanno fatta cadere per sbaglio
più volte quando
eri piccola?!»
«Forse a farmi
cadere è stato mio fratello, i miei genitori no, loro sono
morti».
«Ah sì? Pure i miei.
A posto così» replicò Stiria, senza
fare una piega «Non provare a dire che ti
dispiace, non conoscevi loro e conosci me solo da oggi. Forse ci stai
immaginando mentre ci abbracciamo solidalmente pensando ai rispettivi
parenti
nell’Afterspark, ma sappi che non
accadrà».
Spectra continuò ad
accarezzare il cybergatto, ora sveglio e intento a stiracchiarsi.
«A dirti la
verità non l’avevo immaginato affatto».
Stiria sollevò un
sottilissimo sopracciglio metallico, poi annuì.
«Perfetto. Sai una cosa? Adesso
che ci penso vorrei fare un salto al Tyger» decisione dietro
cui probabilmente
c’era il fatto che l’animale si fosse svegliato
«Manca ancora un po’prima
dell’incontro con il gruppo di mongocretinoflettici, quindi
prendiamo una delle
astronavi più piccole e andiamo».
«Ma il cybergatto?
Lo portiamo con noi?»
«Lo lasciamo a
qualcuno dei miei sottoposti, per gioia loro».
«Ne saranno felici
davvero?» domandò Spectra.
«No».
Stiria, seguita
dalla bestia, trascinò Spectra fuori dalla propria stanza,
sputando fuori una
sfilza di ordini precisi di varia natura via comm-link ai propri
sottoposti.
Spectra si chiese sia come fosse possibile che i passi di quella
seekerina
facessero più rumore e fossero più pesanti di
quelli di un ursanokor, sia come
facessero i suoi sottoposti a capire cosa stesse dicendo,
perché lei faticava a
distinguere le parole una dall’altra; poi però
concluse che c’entrasse
l’abitudine e nulla di più.
L’ultima parte, in
ogni caso, fu chiara anche per lei.
«…l’astronave,
quella piccola, la voglio in cortile appena esco, sì, quella
lilla con le
lucine azzurre e vedete di farmela trovare già accesa, sì, ovvio che guido io! Come
se non lo sapessero benissimo» sbottò
la seeker, dopo aver chiuso la comunicazione.
«Quindi tu hai
l’abilitazione per guidare le navi? Io ancora no»
disse Spectra, cercando di
starle dietro nonostante la gamba malandata.
«Io nemmeno» replicò
l’altra.
«Ma allora come puoi
guidare se non ce l’hai?»
«Non mi serve: tutte
le strade qui sono mie!» affermò Stiria
«E i cieli. Se anche capitasse un
tamponamento a catena con annessa esplosione di nave altrui come
l’ultima volta
avrei ragione lo stesso!»
«Tamponamento a caten-»
«L’astronave è
pronta alla partenza, Miss Stiria» si intromise uno dei
sottoposti -i cui
tratti facciali erano coperti da una lucida maschera nera metallica-
della seeker,
arrivati in gruppo «Noi siamo pronti a prenderci carico del
felino. Auguriamo a
lei e la sua ospite di trascorrere delle ore piacevoli».
«Nessuna ora può
essere piacevole, oggi! Nessuna!» ribatté Stiria,
trascinando Spectra fin
dentro alla nave e chiudendo il portello «Quando dicono
così ho l’impressione
che mi prendano per i fondelli, mamma mia che urto».
Si sedettero sui
sedili di pilota e copilota poi, per almeno dieci secondi, entrambe
restarono
immobili.
«Hai cambiato idea
riguardo il fatto di andare al Tyger?» domandò
Spectra.
«No, è solo che non
mi ricordo…» Stiria aggrottò le
sopracciglia «Cos’era che si doveva fare una
volta accesa la nave e chiuso il portello?»
Spectra poté solo
fare spallucce. «Allacciare le cinture?»
ipotizzò, e così fece «La sicurezza
è
importante».
«GIUSTO! Bisogna premere
l’acceleratore!»
«Io non c-»
Spectra avrebbe
voluto dire “Io non credo che si debba iniziare
così” ma non fece in tempo:
senza nemmeno avviare una vera procedura di decollo e facendo dunque
fluttuare
l’astronave a circa quattro metri da terra, Stiria
tirò una leva e premette
l’acceleratore, finendo per sfondare una vetrata a causa di
un’imprevista
partenza in retromarcia fatta a tutta velocità.
«Siamo uscite!»
annunciò, senza staccare il piede
dall’acceleratore.
Strilli, rumori di
urti e di fughe varie seguirono quelle parole dette in modo
ingiustamente
trionfante.
«Stiria, Stiria, io credo
che dovresti togliere
la retromarcia, altrimenti-»
Un urto di potenza
bestiale causato dall’aver colpito una grossa colonna rotonda
in titanio pluri
rinforzato fece sì che l’astronave iniziasse a
ruotare su se stessa come una
trottola travolgendo al suo passaggio attrezzature, pali, cartelli,
edifici,
passanti e tossici svenuti per strada.
Le due giovani
femmes, una delle quali aveva iniziato a imprecare come una pazza,
cercarono di
riprendere il controllo del mezzo muovendo il timone, ma tutto quel che
ottennero fu solo trovarselo rotto tra le mani.
«Solus sfiocinata
nel canale di espulsione dal cavo putrefatto di Primus!»
urlò Stiria, lanciando
il timone fuori dal finestrino.
Non trovò ostacoli,
perché i vetri che non si erano rotti per i vari colpi erano
stati polverizzati
dai suoi strilli, così come per colpa dell’effetto
“trottola” finirono
polverizzati prima la vetrata di un grande ristorante che dava su un
largo
canale di scolo artificiale, poi tutta la sala.
Tavoli e persone
volarono fuori finendo nel canale di scolo -più tossico di
un reattore nucleare
appena esploso- e l’astronave fuori dal ristorante.
«Freno a mano! Dov’è
qui il freno a mano?!» si disperò Spectra.
«Cos’è il freno a
mano?!»
“Se sopravvivessi a
questa cosa e Spectrus venisse a sapere che sono salita
nell’astronave con
qualcuno che non sa neppure cosa sia un freno a mano mi rimprovererebbe
dandomi
dalla stupida, e avrebbe anche ragione” pensò
Spectra, per poi concludere che
in ogni caso le sue possibilità di sopravvivenza diminuivano
a ogni secondo.
Le parve di sentire
Stiria decidersi a chiedere aiuto, poi un impatto più
terribile di quelli che
c’erano stati fino a quel momento interruppe il girare
vorticoso
dell’astronave, scagliandola contro una parete di titanio
abbastanza spessa da
resistere all’urto.
Spectra vide il
metallo dell’astronave accartocciarsi prima di sentire
qualcosa di caldo colare
sui suoi sensori ottici e, infine, svenire.
***
«Mi era sembrato che
l’atmosfera fosse troppo tranquilla per gli standard di
assurdità per i quali
questa città- Stato è rinomata… e
infatti».
Mentre Tarn era
tornato a sedersi sulla panchina con un cubo di energon in mano,
Tesarus si guardò
ancora le nocche della mano destra, reduci dal pugno che dieci minuti
prima lui,
Helex e Tarn stesso avevano scagliato contro l’astronave
impazzita che li aveva
quasi investiti.
Con quel colpo
avevano fatto danni, non sapevano come stesse il conducente
dell’astronave e
non erano neppure interessati a saperlo, ma erano tutti e tre concordi
nel
ritenere che le loro azioni avessero fatto più bene che male
data la portata
del disastro che l’astronave avrebbe continuato a fare senza
il loro
intervento.
«Però sono stati
tempestivi» osservò Helex, riferendosi al fatto di
aver visto i soccorsi
giungere sul posto neppure un minuto dopo lo schianto «In
altri casi non ho
visto altrettanta premura».
«Chi se ne importa»
disse Tesarus «Tarn, quanto manca all’appuntamento?
Ma soprattutto, perché
rispettiamo l’orario?»
«Lo facciamo perché
siamo un gruppo di seri professionisti, Tesarus» fu la
risposta di Tarn «La
Decepticon Justice Division non è gruppo di barbari, di
tossici inselvatichiti
o di pazzi furiosi» affermazione riguardo la quale molti
avrebbero avuto di che
obiettare «Siamo l’espressione più pura
dell’essere Decepticon, rappresentiamo
il movimento in ogni azione che compiamo. Avendo deciso di essere
civili e non
ostili, direi che arrivare in perfetto orario sia il minimo. Tra
mezz’ora
esatta saremo alle porte della sede centrale per incontrare Stiria e
dirle cosa
vogliamo».
– E noi siamo nella Peaceful
Tiranny a coprirvi le spalle. La prossima volta però voglio
scendere anche io,
ci si diverte un sacco laggiù… –
– Parla per te, Kaon,
io non ci tengo affatto e Vos nemmeno! Sentiamo e vediamo tutto,
è come se
fossimo lì ed è già troppo per i miei
gusti. Speriamo che l’incontro sia veloce
e la consegna dei T-Cog ancora di più. –
«Lo sarà, Nickel» la
rassicurò Tarn «Le immagini che abbiamo
trovato indicano che, sebbene sia adulta a livello biologico,
è molto giovane»
“Il che è la sola cosa che possa giustificare quei
colori assurdi e quel
ridicolo corno sulla fronte” aggiunse mentalmente
«Non dico di prenderla
sottogamba dal momento che riesce a tenere insieme un posto come
Pettinathia, però
non vedo ragione di essere ostili. Immagino sia già
terrorizzata all’idea di
incontrarci di persona. Lo sarebbero, o lo sono stati in passato,
transformers
molto più grandi e più forti di lei».
Helex annuì. «Hai ragione».
Attesero venticinque minuti, poi si incamminarono verso la
sede centrale. Il complesso dove viveva Stiria era l’unico
edificio in tutta la
città-Stato che avrebbero davvero potuto definire
“abbastanza alto”, oltre che
esteso in larghezza, con una torre centrale ricca di parti vetrose che
quel
giorno svettava su un cumulo di nuvole decisamente basse: nulla di
stupefacente o intimidatorio.
Non ebbero problemi a entrare e, a dirla tutta, se non
avessero avuto la sensazione pungolante di essere tenuti
sott’occhio in modo
costante da un sistema di sorveglianza a circuito chiuso, avrebbero
potuto
pensare che nessuna delle persone che passavano loro accanto si fosse
accorta
della loro presenza.
“Questo di solito non succede” pensò
Tarn, non del tutto
sicuro di gradire la situazione “In ogni caso è
sempre meglio rispetto a quando
veniamo attaccati pur non avendo brutte intenzioni”.
Le uniche persone a dare mostra di averli notati furono due
mech dall’alt mode indefinita, entrambi con una maschera nera
liscia a coprire
il volto, che fecero loro cenno di avvicinarsi. Si trovavano
all’imboccatura di
un corridoio, uno per parte, e come tutti gli altri sembravano
perfettamente
calmi.
Uno dei due mech tese un braccio verso l’imboccatura in
questione. «Miss Stiria vi aspetta. Sempre dritto fino in
fondo al corridoio».
«Mi aspettavo che la vostra padrona ricevesse me e i miei
uomini di persona» disse Tarn.
Dai due mech mascherati non giunse risposta e, non avendo
tempo da perdere, i membri della DJD decisero di andare avanti lungo il
corridoio.
– Questo non mi sembra
un buon inizio – disse Nickel via comm-link.
«La maggioranza della gioventù odierna non conosce
le buone
maniere. Imparerà» replicò Tarn.
Ai lati di quel corridoio ne diramavano innumerevoli altri,
alcuni molto brevi, che sbucavano su altri corridoi costruiti paralleli
a
quello che stavano percorrendo.
«Mi chiedo come facciano a non perdersi qui dentro»
commentò
Helex.
«Suvvia, Helex, dubito che questo sia il posto più
“intricato” in cui tu abbia messo piede. Per il
momento non mi sembra peggio
della prigione di Grindcore. Immagino non ti sia nuovo il fatto che io
ne sia
stato al comando per qualche tempo, dando il mio contributo alla
produzione di
materia prima per la costruzione di nuovi soldati. Il metallo fuso di
coloro
che finivano in quelle celle era molto più utile di quanto
fossero loro stessi.
Erano sempre felici di entrare nella camera di teletrasporto, come la
chiamavamo, prima di comprendere quale sarebbe stata la loro
destinazione».
«Teletrasporto?» ripeté Tesarus.
«Forse il termine “fonderia” sarebbe
stato più appropriato»
disse Tarn, superando l’ennesima apertura «Ma,
tecnicamente, una volta morti
fusi si sono trovati tutti quanti altrove: Afterspark o Inferno che
sia, questo
non… non posso saperlo…»
Si bloccò e, dopo qualche secondo di esitazione,
tornò
velocemente indietro fino all’apertura da poco oltrepassata.
«Err… Tarn?» lo richiamò
Helex «Qualcosa non va?»
Dopo pochi istanti di silenzio, Tarn raggiunse nuovamente i
propri uomini. «Tutto a posto, mi era solo sembrato di aver
intravisto qualcuno
di conosciuto. Ovviamente sbagliavo, in fin dei conti la persona in
questione
non avrebbe alcun motivo ragionevole di trovarsi qui, men che mai in
questo
palazzo, anzi, diciamo pure che Pettinathia nella sua interezza sarebbe
il
posto dal quale dovrebbe stare più lontana in assoluto ma
non è importante» concluse «Ho
solo preso un abbaglio.
Procediamo».
Quella fu l’unica interruzione nel loro percorso, che dopo
breve tempo li portò in fondo al corridoio.
Seduta a gambe incrociate sopra la grossa scrivania bianca
aerodinamica posta al centro della stanza, Stiria teneva in mano un
lungo
fiammifero acceso che produceva una luce verdastra dovuta a
chissà quali
polveri. Lo osservava trasognata, al punto di non accorgersi neppure
dell’arrivo di tre grossi e perplessi Decepticon che erano
fermi sulla soglia
da qualche secondo.
«Voi giovani d’oggi, salvo rare eccezioni, avete
più di una
lacuna in fatto di buone maniere ed è risaputo»
esordì Tarn «Però io trovo che
ci sia una sottile linea rossa che separa ciò che
è tollerabile da ciò che
invece non lo è. Tu cosa ne pensi?»
«Penso che questa sia una giornata di energon
esausto»
replicò Stiria, senza distogliere lo sguardo dal fuoco
«Penso che io avevo
capito questo appena mi sono svegliata stamattina e penso che
l’unica cosa buona della giornata sia il fatto di aver potuto
mollare il
cybergatto a qualcun altro. Aggiungo che non c’era bisogno di
portarti appresso
quei due» indicò Helex e Tesarus con un breve
cenno della mano libera «Sei un
futuro cliente, sei abbastanza conosciuto perché io abbia
accettato di
incontrarti di persona e l’epoca in cui entrando qui ti
saresti trovato narcotizzato,
cambiato di sesso e con qualche organo interno in meno è
finita da quando la ex
padrona di questo posto è crepata com’era
prevedibile che fosse. Con questo
direi che possiamo finirla coi convenevoli e iniziare a parlare di cose
serie».
Schiaffò in mano a Tarn un datapad color arcobaleno senza
dargli neanche tempo di rispondere, per poi accendere una sigaretta di
energon
con quel poco di fiammifero che era rimasto.
«Il prezzo unitario dei T-Cog non è trattabile, al
massimo
posso venirti un po’incontro sulle spese di confezionamento
nel caso la
quantità acquistata sia pari o superiore a quella del
preventivo che stai
leggendo. Ogni T-Cog del lotto è isolato termicamente in
modo da mantenere la
temperatura naturale che aveva quando è stato prelevato e da
facilitare il
trapianto» disse Stiria, a macchinetta «E tutti,
prima della rigenerazione,
sono stati prelevati da transformers precedentemente sottoposti a esami
medici
che hanno confermato la salute dell’organo in questione. Il
numero approssimativo
di trasformazioni sostenibile da ogni T-Cog è scritto nella
descrizione
dell’articolo, se sai leggere l’hai già
visto».
“Non mi piace” pensò Tarn “Non
mi piace affatto”.
Una fornitura di T-Cog era quel che lui era andato a cercare
e il prezzo in shanix, seppur leggermente alto, era del tutto
giustificabile
nel caso in cui la qualità fosse stata quella promessa.
Quel che non gradiva era il fatto di essere stato
anticipato, il fatto che Stiria sapesse benissimo cos’avrebbe
chiesto, la
prevedibilità che lui aveva dimostrato. Mandare
all’aria l’affare per quel
motivo però sarebbe stato immaturo e poco professionale da
parte sua, entrambe
cose che lui non era più da un pezzo -se mai lo era stato,
s’intendeva; infine,
lo lasciava perplesso anche il fatto di non averla trovata spaventata
come
aveva immaginato.
«Sarebbe bello se le tue maniere fossero notevoli quanto la
tua efficienza» fu tutto quel che disse il Decepticon
restituendo a Stiria il
pad «Il lato positivo è che hai ancora tempo per
imparare… e con un po’di
attenzione a modi e toni, oltre a una garanzia di sicurezza per me e la
mia
squadra, continuerai ad averne quanto desideri».
Stiria sollevò un sopracciglio guardando dritto nei sensori
ottici quel mech pericoloso, armato fino ai denti e molto
più grosso di lei. «Se
no?»
Tarn fece spallucce ma anche così la risposta
risultò
piuttosto chiara.
Non che Stiria avesse avuto reale bisogno di sentirla,
ovviamente.
Lui sembrava aver accettato le condizioni del
preventivo, e
lei intendeva accettare le sue: pur possedendo un esercito sapeva che
difficilmente i soldati avrebbero potuto fare qualcosa contro la DJD,
ed era
già tanto che avesse modo di accontentarli con
facilità, perché in caso
contrario immaginava che la situazione sarebbe stata difficile.
C’era il sistema di difesa estremo ma proprio
perché “estremo”
preferiva evitare di utilizzarlo se non in caso di estrema
necessità e, pur
avendo cercato di chiedere un aiuto magico a Eribe per cose molto meno
serie,
come per esempio imparare a guidare, le sarebbe seccato il giusto
andare a
elemosinare una mano per faccende strettamente legate al governo e alla
difesa
della sua città-Stato.
“Tanto prima o poi gliela faccio scontare, a questi
qua” concluse la
giovane seeker, cui la velatissima minaccia non era piaciuta
“Dovessero passare
anni o poco più di un mese e mezzo”.
***
“Eppure avrei giurato… quelle voci che ho sentito
prima mi
erano sembrate familiari”.
Fisicamente sana -gamba a parte- grazie al bagno di energia
e chissà quali altre tecnologie di Pettinathia, ma ancora
vagamente confusa per
colpa delle sostanze che le avevano iniettato dopo
l’incidente, Spectra vagava
sperduta per i corridoi affiancata dal cybergatto delle sorelle di
Stiria.
Le stesse sostanze che la intontivano erano anche causa di
una temporanea fotofobia, per colpa della quale i suoi sensori ottici
non
riuscivano a vedere granché bene. Si poteva quasi dire che
si stesse facendo
guidare da Lord Blotch, tale era il nome dell’animale,
tenendo poggiata una mano
sul suo dorso, e quelle erano le ragioni per cui non aveva riconosciuto
i membri della DJD quando si erano quasi incontrati nei corridoi
paralleli.
“Dove sarà Stiria?” si chiese.
Era uscita dall’infermeria per cercare proprio lei, fino a
quel momento senza successo. A detta dei medici con cui aveva parlato
al suo
risveglio, la giovane seeker se l’era cavata solo con qualche
graffio, senza
neanche svenire, contrariamente a lei. Le avevano detto anche che Lord
Blotch
era stato ai piedi della cuccetta per tutto il tempo, poco per fortuna,
in cui
era stata incosciente dopo le riparazioni.
“Credo che ci sia un guasto, l’intensità
delle luci sta
calando” notò Spectra, con un certo sollievo per
le sue ottiche.
«Tu non mi sembri uno dei soliti poveracci mascherati che
sono alle dipendenze di Stiria. Non dirmi che ti ha lasciato Lord
Blotch tutto
il tempo?...»
Sentendo alle proprie spalle una voce femminile sconosciuta,
vaghissimamente simile a quella di Stiria ma di poco più
alta e decisamente più
quieta, Spectra si voltò.
La femme che vide a malapena due passi da lei era più bassa
di Stiria, decisamente più massiccia -quasi il doppio di
lei- e, soprattutto,
era completamente coperta da una tunica nera col cappuccio. Le parve di
distinguere delle “trecce” di colore rosso spostate
sul lato destro del viso ma
per colpa della momentanea fotofobia non poteva esserne troppo sicura.
Quello
che invece vedeva molto bene era il colore delle ottiche di quella
femme, un
verde particolarmente brillante. Le parve di notare anche
un’aura dello stesso
colore danzare brevemente attorno alla tunica, prima di scomparire.
Spectra si massaggiò brevemente la fronte, pensando a un
altro effetto dell’anestetico. «Io… in
effetti, da quando Hallow mi ha portata
qui e Lord Blotch mi si è strusciato contro le gambe, Stiria
me lo ha lasciato.
Poi siamo uscite, per fortuna non lo abbiamo portato dietro,
c’è stato un
incidente con l’astronave-»
«Tu intendi dire che quel genio assoluto di mia sorella ha
causato l’incidente con l’astronave
come suo solito. Non riuscirebbe a imparare a guidarne una nemmeno con
la
magia, infatti mi chiede da tempo di darle una mano con quella, ma se
lo scorda
proprio» disse la sconosciuta, alzando gli occhi al soffitto
«Sono convinta che
continuerebbe a guidare male anche se le dessi
l’abilità del miglior pilota del
cosmo, è una causa persa».
«Quindi tu sei una delle sorelle di Stiria?...»
«L’ho appena detto. Mi sembri un
po’rintronata, immagino che
siano i postumi dell’incidente. Non hai l’aria
della fattona. Sei una fattona?»
Spectra scosse la testa. «Prima di venire a Pettinathia non
sapevo nemmeno cosa fosse una “fattona”».
La sorella di Stiria rise. «A beh, qui l’hai
imparato bene
di sicuro! Comunque, a casa mia l’enerpizza dovrebbe essere
quasi pronta,
quindi mi riprendo il mio cybergatto».
«Non capisco perché Stiria ne abbia paura,
è molto
coccolone. È stato con me anche quando ero
svenuta» disse Spectra.
«Si vede che gli piaci. Dato che ti sei occupata di lui al
posto di mia sorella possiamo quasi dire che ti devo un
favore» disse la femme,
e Lord Blotch andò a strusciarsi sulla sua tunica
«Ti consiglio di rimanere
dove sei, percepisco la presenza di Hallow nel palazzo, dovrebbe
arrivare da te
a momenti. Salutala da parte mia e di Vliegen».
Detto ciò, lei e il cybergatto sparirono da sotto gli le
ottiche di Spectra senza lasciare traccia.
La giovane batté le palpebre metalliche un paio di volte. Se
non fosse stato per l’assenza del cybergatto e per il fatto
che Stiria le
avesse parlato della magia di una delle sue sorelle, avrebbe pensato a
un
qualche scherzo del suo processore dovuto alle sostanze che le avevano
iniettato.
«Ehilà, leanabh!
Ti ho portata qui a giocare ma mi hanno detto che tu e Stiria avete
preso il
navescontro un po’troppo sul serio».
Il sollievo di Spectra nel rivedere Hallow fu reale, e non
si oppose quando lei la prese in braccio. «Non lo dire a
Spectrus, per favore!
Sono stata stupida ad andare nell’astronave con lei pur
avendo capito che non
sapeva guidare, tanto più visto che tra tre giorni dovrei
partire, non lo farò
mai più in tutta la vita, però adesso sto bene,
non ho più danni perché mi
hanno curata, da quando ho ripreso conoscenza sono solo un pochino
confusa e mi
danno noia le luci e-»
«Rilassati» la interruppe Hallow, incamminandosi
verso
l’uscita «Non credo che tuo fratello
tornerà prima di domani mattina, qui e
allora probabilmente sarai a posto. Torniamo a casa».
«Non dovremmo farlo sapere a Stiria?»
«Probabilmente è stata già informata,
se non è ancora così
lo sarà presto e, in ogni caso, dubito che le importi
granché» disse Hallow, con molta onestà.
Spectra non poté far altro che concordare. «Ah, mi
stavo dimenticando! Ho incontrato una delle sorelle di Stiria. Mi
è sparita da sotto le ottiche quindi penso sia... come
l'aveva chiamata Stiria? Eribe?... ha detto che ti saluta».
«L'avrei ricambiata
subito, se non avesse avuto tanta fretta di andarsene per l'enerpizza.
Visto il giorno e vista l'ora, solo per quella può essere» aggiunse Hallow a
mo'di spiegazione.
«Sì,
effettivamente l'ha nominata» confermò
Spectra.
Fu così che anche in quell’occasione, proprio
com’era
accaduto la sera in cui l’ursanokor era volato fuori dalla
finestra, venne
evitato un incontro che forse avrebbe potuto risparmiare a certuni
-anzi:
certune- una quantità di traumi più o meno seria.
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