Maternità/Paternità
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi
appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e
della Toei Animation.
19 - Profetessa
(Iria, 7 mesi)
La faccia della sua mamma era tanto morbida. La tastò con le manine.
La sua mamma era morbida e tanto tanto bella, soprattutto quando apriva
gli occhi.
Iria vocalizzò il suo interesse, per svegliarla il più presto
possibile. Si stava annoiando sdraiata sul letto, voleva giocare.
Le palpebre della sua mamma si aprirono con uno scatto.
«Tu dormi troppo poco.» Sbadigliò - uno sbadiglio enorme, lunghissimo.
Iria avrebbe voluto capire cosa diceva. Le infilò una mano nella bocca
aperta, per acchiappare le parole.
La sua mamma tremò dalle risate. «No. Adesso infilerai quelle
ditina in bocca, prendendoti chissà quali germi. Ecco, appunto. Dammi la
mano, la pulisco.»
La mamma continuava a strofinarle addosso delle salviettine bianche.
Era ossessionata, chissà perché le piacevano tanto.
«Uh.» Iria ne afferrò una, sperimentando ancora una volta che non
facevano rumore come la carta normale. Le piaceva la carta,
stropicciarla era divertente.
La mamma la afferrò e la portò contro il petto, per spupazzarla. A Iria
non dispiacevano le coccole, soprattutto quando stava vicino a un
profumo buono come quello della mamma.
Sentì un altro sbadiglio contro i capelli.
«Perché non dormi di più, tesoro mio? Sei una bambina che dorme
pochissimo durante il giorno. Prendi esempio dal tuo amico Adam. Lui si
fa di quei sonnellini il pomeriggio...»
Iria cominciò a spingere contro il suo petto. Gli abbracci andavano
bene solo per poco, lei voleva avere mani e piedi liberi, per giocare.
La mamma la girò, regalandole la sua libertà.
Iria emise un gridolino di gioia. C'era papà a fianco a loro sul letto!
Se n'era dimenticata!
La mamma sussurrò al suo orecchio. «Perché non hai svegliato prima lui
oggi?»
Lei cercò di divincolarsi, per andare dal suo papà.
«No no, adesso lo lasciamo dormire. Così stanotte sarà riposato per
quando ti metterà a letto. E io andrò a dormire alle nove.»
Iria non capiva tutti quei discorsi, sapeva solo che voleva il suo
papà. «AhhH...»
Si ritrovò sollevata tra le braccia della mamma, con lei che si alzava.
«No, non urlare. Non si urla, si ride. Guarda come ti faccio il
solletico...»
Iria si dimenò per le risate mentre sua mamma saltava via, portandola
fuori dalla stanza.
Si ritrovò in corridoio. Erano rimasti a dormire nella casa del nonno
minuscolo, quello da cui la portavano quando avevano troppo da fare.
Iria non era felice quando mamma e papà andavano via e la lasciavano lì
- anche se il nonno minuscolo era divertentissimo, così come le zie dai
capelli strani. La sua preferita era zia Palla!
Comunque le mancavano sempre mamma e papà ed era felice quando
passavano la giornata tutti insieme.
In quel momento la casa era silenziosa, come se non ci fosse nessuno.
Mamma sussurrava. «Mi sa che gli altri sono andati al santuario... che
pace.»
Mamma smise di camminare. Iria agitò le gambe e la mamma le raccolse
col braccio, sollevandole le ginocchia per farla sedere meglio nella sua
presa.
«Sai che sono cresciuta qui? Quando ci torno non vorrei mai andare
via... poi torniamo a casa nostra e non vorrei mai andare via da lì.»
Iria piegò il collo, per cercare di guardare in faccia la sua mamma.
Perché rideva?
La mamma posò un bacio sulla sua fronte. «Tu sei come me. Per fortuna
non sei sola come lo sono stata io. Ti insegnerò giorno dopo giorno a
gestire la tua energia... tutte le tue capacità.»
Ad Iria sembrava che stesse facendo un discorso importante. Rimase a
guardarla fissa negli occhi.
«Hai uno sguardo da piccola adulta quando mi guardi così. Magari un
giorno potrò chiederti chi sei. Perché ci hai scelto. Perché sei nata
ora.»
Iria sollevò le braccia, afferrando una ciocca dei lunghissimi capelli
della sua mamma.
«Avrei aspettato almeno altri dieci anni, sai? Se avessi potuto
scegliere. Ma se penso che tra dieci anni poteva nascere una bambina che
non sei tu... va bene così. Anche se a volte è ancora strano essere la
tua mamma.»
Iria si stava stufando di stare ferma. Troppe parole, non andavano bene
finché non le capiva!
La sua mamma ridacchiò e riprese a camminare. «Okay. Ti porto dai tuoi
giocattoli.»
Giocattoli!
La mamma danzò mentre entravano nella sua cameretta al tempio. La
depositò su un tappetino colorato.
Seduta, Iria batté le manine a terra, esaltata. Finalmente si giocava!
Mamma rovesciò la cesta di giocattoli per terra, causandole un
gridolino di gioia.
Iria corse subito a prendere il suo gioco preferito, un animaletto con
le orecchie. Coniglio, giusto? Lo morse, masticando.
Mamma sospirò e si sdraiò sdraiata accanto a lei, per osservarla.
«Almeno è appena lavato.»
Iria liberò la bocca, protestando. «Ua-ua uè-u wa wa wa!» Dovevano
giocare insieme, funzionava così! Papà era più bravo a divertirsi coi
giochi.
Mamma sorrise, scostandole una ciocca di capelli dalla fronte.
«Parlerai tra poco, me lo sento. Cosa dirai per prima? Mamma? Papà?»
Latte. Aveva fame, voleva il latte. O la frutta, o le cose salate.
Bastava mangiare!
Masticò forte il suo coniglietto, sperando che la mamma capisse prima
che lei si mettesse a urlare. Avrebbe voluto non piangere, ma se non le
davano quello che voleva, cos'altro poteva fare?
«Hai fame, hm?»
Sì, fame. «Gnnnn....»
Mamma rise di nuovo - rideva troppo di lei. «Okay, andiamo a farti
qualcosa da mangiare.»
Mamma si alzò in ginocchio mentre qualcosa frusciava alle loro spalle.
Si immobilizzò. «Ehi» sussurrò, con un tono di voce diverso da quello
che usava con lei.
Iria aveva trovato un punto del coniglietto che sapeva di buono e non
si voltò.
«Ci porti un omogeneizzato?»
«Hm-mh.»
Le era parso di udire un mormorio del suo papà, ma quando si voltò il
corridoio era vuoto.
Il suo pancino gorgogliò.
La mamma glielo massaggiò. «Adesso arriva il cibo.»
Cibo, cibo, cibo.
Guardò la mamma dritto negli occhi viola, chiedendosi perché non si
desse una mossa.
La distrasse il suo sguardo intenso - una cosa che riusciva solo alla
mamma.
Voglio comunicare con te.
Sapeva che era quello che le stava chiedendo con gli occhi e
guardandola di rimando Iria le disse la stessa cosa.
Un giorno ti dirò tante cose.
Cose come... Il destino. Il passato. Il pericolo, quello enorme. Quando
ci pensava diventava triste, aveva paura e voleva solo essere
abbracciata forte.
Mamma la strinse al petto. «Shh, shh. Sono divinazioni. Non ti
succederà niente.»
Iria si aggrappò alla sua felpa.
«Non permetteremo che ti succeda nulla. Sei la nostra bambina. Ti amano
tutti. Ti vuole bene anche l'essere più potente di questo universo. E
anche se io non lo sono, morirei per te, Iria-chan. Tranquilla, hm?
Andrà tutto bene.»
Iria si sentì al sicuro.
Non le importò più della fame, della paura. Nemmeno del papà.
Alla sua mamma voleva bene in un modo speciale. Loro erano... uguali.
Profetesse, fu la parola che spuntò nella sua mente.
Ma è lei ad aver ereditato la divinazione da te. E sarai tu a
doverla guidare.
Sbatté le palpebre.
«Guardate cos'ho portato.»
La voce del suo papà la fece tornare bambina. Si girò verso di lui,
alzando le braccia per raggiungerlo.
Tutto il resto fu dimenticato.
19 -
Profetessa (Iria, 7 mesi) - FINE
NdA: Ho voluto scrivere di Iria, per mostrarvi un goccio della
consapevolezza che questa piccola si porta dietro, senza ancora capirne
il significato.
Elle
P.S. Per chi non lo conosce, ecco il gruppo facebook dedicato alle mie
storie: Sailor
Moon,
Verso l'alba e oltre...