Mi disse il cuore: “Ho voglia
della scienza mistica
delle
verità superne;
insegnamela
tu, se ne sei capace”.
“A...”,
dissi io, ed egli : “Non dir più altro;
se
c’è Qualcuno nella casa, una parola basta”.
Il
dolore dilania il corpo di Rashid.
Gli
occhi luccicano di dolore. Gli sembra di essere collocato su una
graticola ardente.
Si
irrigidisce. Quel veleno, malgrado il tempo, non è scomparso.
Anzi,
si è diffuso nel suo corpo, come un cancro crudele.
Che
razza di veleno è?
Cosa
ha racchiuso Fang in quelle unghie?
Guarda
il biancore del soffitto. Per ora, nessuno sa nulla di quel dolore
straziante.
Sul
suo viso, mantiene la maschera di salute e felicità.
Non
vuole angustiare qualcuno e, per questo, ha detto ai medici di non
dire nulla alle persone a lui più care.
Non
desidera vedere la loro sofferenza.
Se
deve morire, vuole lasciare ai suoi amati un ricordo felice.
Non
desidera opprimerli con le sue sofferenze.
La
porta dell’ospedale si apre e una infermiere appare.
– Che
cosa c’è? – domanda Rashid.
– Tuo
nonno Azam desidera entrare. – risponde lei.
– Va
bene. – acconsente il lottatore arabo.
La
donna annuisce, si allontana e, al suo posto, entra Azam.
Nelle
sue mani, stringe dei libri.
– A
cosa ti servono? – domanda il giovane, sorpreso.
–
Signore… – mormora,
dispiaciuto. Sa che gli piacciono le storie de “Le mille e una
notte”, ma, in quel momento, le parole gli muoiono in gola.
Perché
Rashid deve soffrire tanto?
Non
lo merita.
La
sua natura, malgrado l’apparenza vuota, è eroica e
gentile.
Rashid
sorride. Azam, di solito, è sempre stato un musulmano devoto.
Eppure,
la sua amarezza è l’effigie del dubbio.
Quanto
è solido l’affetto di quell’uomo?
– Azam…
L’unica realtà della nostra esistenza è Allah…
Non dimenticarlo mai… –
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