Semplice rumore di passi quello che accompagnava Silvia, mentre
procedeva lungo il corridoio deserto della Base, diretta verso
l’esterno.
Silenziosa, assorta nei suoi pensieri.
Un paio di giorni... ecco quanto era passato da quando la Nuova Genesi
Divina aveva salvato il pianeta, permettendo così al genere
umano di sopravvivere.
La morte dell’Albero della Vita e la scomparsa definitiva
degli Angeli delle Tenebre erano stati un sollievo per molti, ma non
del tutto per lei.
Aveva assistito in prima linea ai combattimenti ed al sacrificio finale
dell’Aquarion, per il bene della terra, ma ancora non
riusciva a credere, a capacitarsi che era veramente finito tutto.
Mentre continuava a camminare, lo sguardo perso nei ricordi, alla mente
tornò l’immagine di Sirius.
Sussultò bloccandosi e stringendo le mani contro il petto,
come per sedare l’assalto del dolore provocato da quella
stretta al cuore, subito seguita dal pizzicore delle lacrime che
venivano a far capolino negli occhi.
- Fratello mio... -mormorò con
un filo di voce mentre lo sguardo era fisso nel vuoto.
E fu come rivivere, netti nella loro chiarezza, tutti i ricordi che la
legavano al maggiore.
Loro bambini... il momento del grande incendio, in cui i genitori erano
deceduti... tutte le esperienze vissute alla DEAVA...
l’evoluzione costante in cui avevano imparato a pilotare
leVector machines ed a eseguire la fusione...
E poi, Sirius che si allontava nel varco dimensionale, per fuggire ad
Atlandia e trovare rifugio fra gli Angeli... la lotta fra
l’Aquarion ed il Cherubim Mars... ed infine... la Nuova
Genesi Divina...
Silvia soffocò un singhiozzo.
Poteva quasi sentire la terra tremare mentre si chiudeva
inesorabilmente attorno all’Aquarion e nelle sue orecchie
risuonarono le parole di Apollo.
- Apollo! -esclamò, con voce
appena più forte, sgranando gli occhi.
Si fermò, abbassando il capo, mentre le braccia calavano
lungo i fianchi.
Apollo... reincarnazione del suo passato amore, Apollonius.
La crudeltà del destino li aveva separati per 12.000 anni e
quando si erano finalmente ritrovati, quando finalmente avevano preso
coscenza della loro esistenza passata e di quanto li legava nel
presente... allora, tutto era finito... in un attimo... troppo presto.
Amarezza e dolore le bruciavano dentro, serrandole la gola in un nodo
pulsante.
Non era stata concessa loro nessuna possibilità... ancora
una volta, il fato si era accanito, per il bene dell’intera
umanità.
Ricordò il bacio... l’unico che si erano
scambiati.... il calore che aveva provato... la voglia di fermare il
tempo, per sempre, e restare con lui.
Sorrise, seppur senza gioia, mentre ripensava a tutte le volte in cui
avevano bisticciato, rendendosi conto di quante volte aveva finito con
il picchiarlo di santa ragione.
All’epoca, era convinta che, in fondo, Apollo meritasse solo
quello...
Quanto era stata sciocca!
Ma quando aveva capito, era troppo tardi.
Pugni stretti, tremanti nello sforzo, tale da fare sbiancare le nocche,
mentre le lacrime, copiose, rigavano le guance.
Cosa le restava adesso? Niente.
Le due persone che erano state il suo intero universo non
c’erano più e le veniva chiesto di andare avanti,
di trovare la forza di farlo.
Eppure, non ne aveva voglia... si sentiva così debole,
così stanca...
Sophia le aveva detto che era normale... in fondo, anche lei aveva
preso parte alla battaglia e la prova fisica l’aveva sfibrata.
Ma in cuor suo, Silvia sapeva perfettamente che non era quella la
ragione del suo stato.
Si sentiva svuotata, come un guscio inutile e senza vita.
Dall’esterno, le giunsero risa e voci di bambini, facendole
risollevare il capo, mentre lo sguardo azzurro puntava verso
l’uscita, ormai poco distante.
La luce accecante la costrinse a schermarsi con la mano, mentre
riconosceva in quei suoni la voce della piccola Chibiko.
Sorrise, stavolta con più convinzione, cancellando le umide
scie sul viso.
Non le piaceva mostrare la sua debolezza... anche se far credere a
tutti che stava bene non era sempre così semplice.
Sì... era quella la sua ragione di vita, ora.
Aveva promesso ad Apollo che si sarebbe occupata dei piccoli di
strada... e lo avrebbe fatto, fino alla fine della sua esistenza, se
necessario.
Trasse un profondo respiro, cercando di farsi forza, muovendosi pacata
verso il giardino, di cui ora distingueva le aiuole ed i prati.
Un attimo d’esitazione e si mosse nella luce.
Gli occhi ci misero un pò ad abituarsi al cambio di
luminosità, ma riconobbe subito Rina e Sophia, intente a
tener d’occhio Sabi e Chibiko, impegnate ad inseguirsi e
saltellare, allegre, sul prato.
Dopo un attimo d’esitazione, si avviò verso di
loro.
Le due donne erano silenziose, accontentandosi di osservare le bambine.
Il passo di Silvia sulla ghiaia fece voltare Sophia, che per un attimo,
parve stupita di vederla.
- Silvia! –esclamò-
Come mai sei qui e non a riposare?
- Avevo bisogno di prendere una boccata
d’aria... -rispose la ragazza, sorridendo e cercando di
apparire serena e distesa, seppur sui tratti tirati e stanchi, era fin
troppo palese la sofferenza che s’intestardiva a nascondere.
Sophia non commentò, né
all’affermazione né all’espressione di
Silvia. Comprendeva perfettamente il suo stato d‘animo ma
sapeva anche che non c’era nulla che potesse fare per
alleviare le sue pene.
Si accontentò di sospirare, discretamente.
- Ora é meglio che vada
–commentò- Il Comandante Fudo potrebbe aver
bisogno di me... -sembrava una giustificazione la sua, quasi tentasse
di sfuggire a quell’atmosfera che, nonostante la giornata
radiosa, sentiva gravarle sul cuore.
Rina rimase muta, mentre Silvia si accontentò di salutarla.
- A dopo... -mormorò appena,
girandosi ad osservare la donna mentre si voltava, dirigendosi verso
l’ingresso della Base, camminando senza fretta.
- Verrà il momento in cui
dovrai attingere al tuo dolore e trasformarlo in energia costruttiva,
Silvia...
La giovane sussultò, sorpresa dalla voce dolce e bassa di
Rina che le giungeva.
Si voltò a guardare la vampira, immobile sulla sua poltrona
elettronica, che le permetteva di spostarsi come se fosse una sedia a
rotelle, supplendo così alla sua scarsa motricità
fisica.
- Rina... -sussurrò prima di
abbassare il capo, passando dalla sorpresa a quella tristezza che ormai
sembrava non volerla lasciare.
- Hai fatto una promessa, ricordi? Ed
é giusto che tu la mantenga... in nome di chi ha amato tanto
quei bambini. Fino alla fine, sono stati il suo pensiero... come lo
é stato Baron. -continuò Rina, prima di spostare
lo sguardo cieco su Silvia, mentre un tenue sorriso le increspava le
labbra.
- Sì lo so...
-affermò a mezza voce la ragazza, dimenticando lo stupore
provato nel sentire Rina parlare di quella promessa, di cui pensava di
essere la sola a conoscenza.
- Il suo sacrificio, allora, non
sarà stato inutile... -disse Rina, tendendo la mano verso il
braccio sinistro di Silvia, dove spuntava quella piccola ala rossa,
ormai libera dal bracciale.
Silvia abbassò gli occhi, osservando le piume di fuoco.
Ora, non aveva più bisogno di nascondere la sua natura...
Tutti le avevano fatto capire che l’accettavano per quello
che era e non provava più vergogna.
E questo, ancora una volta, grazie ad Apollo, al suo intervento, alla
sua caparbietà e la voglia di voler sempre aiutare il
prossimo, senza mai giudicarlo.
Prima che Rina riuscisse a sfiorarla, ritrasse il braccio, stringendolo
al petto e chiudendo l’altra mano sull’ala.
Sentì nuovamente le lacrime bruciarle gli occhi, stavolta
più insistenti, mentre cresceva l’impressione che
qualcosa in lei si stesse lacerando.
Le dighe dietro cui arginava i suoi sentimenti scricchiolarono, prima
di cedere.
Non ne poté più e lasciando sfuggire un
singhiozzo, si voltò fuggendo lontano da Rina e dai bambini,
mentre nella sua corsa sfogava il pianto, allontanandosi verso
l’angolo più recondito del giardino.
Rina non disse nulla, restando dov’era, accontentandosi
soltanto di riportare la mano sul bracciolo della sua poltrona.
Silvia corse a perdifiato, stringendo gli occhi, senza neanche guardare
dove andava.
Singhiozzava, con tutta la disperazione di cui era capace, cercando di
sfuggire a quel maledetto senso di vuoto che la soffocava per quanto
intenso.
Un attimo di disattenzione, un passo falso e si ritrovò
lunga distesa a terra, senza riuscire ad attuttire l’impatto.
Ma non se ne rese quasi conto o non vi prestò attenzione.
Incrociò le braccia dinnanzi a sé e vi nascose la
testa, continuando a piangere calde lacrime.
Le mancavano... le mancavano da morire... ed era ancora più
terribile sapere che Apollo non sarebbe venuto a rialzarla,
lì da terra... né tanto meno suo fratello.
Perché? Perché loro? Perché lei?
Perché doveva sopportare tutto questo?
Nota
dell'autrice: Allora... spero che questo primo capitolo vi
sia piaciuto... ^_^
Io
ne sono soddisfatta, anche se, come al solito, ho sempre l'impressione
che avrei potuto fare di meglio! :P
Sono
estremamente pignola e cerco di attenermi il più possibile
alla storia originale, con dettagli che spero essere corretti...
Se
mai ho scritto becerate, non esitate a segnalarmelo... u.u
Vedrò
di ciliciarmi con grande diligenza e in ginocchio sui ceci,
reciterò minimo 100 Mea Culpa... U__U
In
fondo, "Project Aquarion - Wings of Glory" l'ho visto una sola volta, a
casa della mia migliore amica... :P (anche se sto rimediando, decisa a
scaricarmi tutti gli episodi, così potrò
attingere da fonti sicure e non alla mia memoria bacata...
ç_ç)
Ringrazio
di cuore MiCin/Moko, per essere stata la prima a lasciare una
recensione... (e che recensione!!! *__*)
Concludo
dedicando questa mia fanfiction alle due persone più
importanti della mia vita... la mia Lupa e la mia Prociola... ;)
Senza
di loro, credo che non avrei mai trovato il coraggio di imbastire
seriamente questa folle pensata... :P
Grazie
tesore... vi adoro! *_* Cosa farei senza di voi ed i vostri
incoraggiamenti??? *___*
Un
bacione a tutti e buona lettura... ^____^
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