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Coppia: Ziggy/Witch
Numero estratto +
citazione: #9: "L’amore consiste
nell’essere cretini insieme." [Paul Valéry]
Inextricably linked
Granbell, anno X402.
Witch bussò delicatamente alla porta socchiusa del
laboratorio, ricevendo in risposta un
«Sì?» appena udibile, segno che il Re
Demone era molto concentrato sul suo lavoro (come da giorni, ormai).
«Sono Witch», disse l’androide aprendo un
po’ la porta e infilando solo la testa all’interno
dello spiraglio. «Mi chiedevo se il Re Demone avesse bisogno
di aiuto».
«Sì, Witch, grazie. Vieni pure», rispose
l’interpellato, seduto alla sua scrivania da lavoro con il
capo chino. «Solo... quante volte ti ho detto di chiamarmi
solo Ziggy?», aggiunse con tono pacato.
«Ziggy,
certo», ripeté Witch chiudendosi la porta alle
proprie spalle. Il fatto era che provava per il Re Demone una devozione tale che
chiamarlo semplicemente Ziggy
le sembrava irrispettoso o comunque insufficiente a definire
ciò che lui significava per lei: non era solo il suo
creatore, colui che l’aveva costruita e le aveva infuso il
soffio della vita, ma era anche il suo maestro, il suo punto di
riferimento, il centro
del suo intero universo.
Witch gli si avvicinò silenziosamente giungendo al suo
fianco. L’ampia scrivania era piena zeppa di progetti
riveduti e corretti, pezzi di macchine e attrezzi da lavoro. Il Re
Demone, infatti, stava lavorando al design della quarta Stella
Luminosa, dato che la seconda e la terza erano quasi pronte e
riposavano nelle loro capsule in fondo alla stanza in attesa di essere
attivate: l’una alta e formosa, dotata di una lunga coda di
capelli rossicci e di una pesante armatura da combattimento (Valkyrie,
la “spada della Edens Zero”), l’altra con
folti capelli bianchi, un abbigliamento più femminile e la
fronte già aggrottata, segno che avrebbe avuto un bel
caratterino (Sister Ivry, la “vita della Edens
Zero”).
«Allora...», disse il Re Demone mostrando a Witch i
fogli su cui stava lavorando. «Cosa ne pensi della
quarta?».
Witch osservò con curiosità la figura
rappresentata: appariva molto più minuta rispetto alle altre
Stelle Luminose e anche i tratti del suo volto, ai lati del quale
pendevano due lunghi codini azzurri, erano decisamente infantili.
«Ma è una bambina...»,
sussurrò Witch sorpresa.
Il Re Demone annuì. «Si chiamerà
Hermit. Non avrà bisogno di un corpo possente
perché sarà la “mente della Edens
Zero”».
Nonostante fosse entusiasta all’idea di prendersi cura della
nave con l’aiuto di altre tre androidi, Witch non poteva fare
a meno di sentirsi anche un tantino gelosa nei
confronti del Re Demone. Era un sentimento nuovo, strano, e forse del
tutto infondato, eppure lo provava e non riusciva a scacciarlo via.
«Re Dem– Ziggy»,
si corresse subito dopo. «Ho una domanda da farti. Piuttosto
sciocca, in realtà».
Fu in quel momento che il suo creatore mise da parte i fogli e
sollevò la testa per guardarla negli occhi. «Dimmi
pure, Witch».
«Quando tutte le Stelle Luminose saranno
attive…», cominciò
l’androide, profondamente grata al Re Demone per averla
progettata con un casco in grado di nascondere il rossore sul suo viso
nei momenti imbarazzanti. “Continuerò
ad essere la tua preferita? Avrai ancora occhi per me?”
erano le domande che Witch avrebbe voluto porgli, ma non ne aveva il
coraggio. Si sentiva una stupida anche solo a pensare cose del genere.
Era stupido da parte sua pretendere l’attenzione del Re
Demone tutta per sé, era stupido aver paura che la presenza
delle altre Stelle Luminose potesse indebolire il suo speciale rapporto
con lui. Erano sensazioni così fastidiose e assillanti che a
volte Witch si ritrovava a desiderare di essere stata costruita senza sentimenti,
un po’ come i robot ripulitori o fabbricanti di vestiti della
Edens Zero: così non avrebbe sofferto e la sua vita sarebbe
stata molto più serena. Ma si trattava solo di attimi di
debolezza, puntualmente soffocati dalla profonda gratitudine nei confronti del Re
Demone per averle permesso di provare ciò che provavano gli
umani: emozioni positive e negative, a volte piacevoli e altre volte
dolorose, ma pur sempre di una tale intensità che Witch, a
volte, faticava ancora ad abituarsi.
Il momento più indescrivibile di tutti era stato sicuramente
quello in cui aveva aperto gli occhi per la prima volta e il mondo le
era apparso così colorato, ricco di minuziosi dettagli e
rumoroso, amplificato, immenso e bello da farle girare la testa. «Benvenuta alla luce,
Witch», le aveva detto una voce profonda,
gutturale, proveniente da un teschio di metallo dalle corna dorate.
Inquietante a prima vista, certo, ma il sorriso che le aveva rivolto
subito dopo Witch l’avrebbe per sempre conservato come un
ricordo di inestimabile valore.
Quando l’androide si rese conto di essersi persa nei meandri
della propria memoria e che il Re Demone attendeva ancora la sua famosa
domanda, si affrettò a trovare parole non troppo
imbarazzanti per esprimere ciò che sentiva.
«Continuerai ad avere la stessa fiducia in me anche quando
non saremo più solo in due?».
Il Re Demone sgranò impercettibilmente gli occhi scuri come
lo spazio. «Ma certo», le rispose poi senza ombra
di dubbio nel volto e nella voce. «Tu sei la mia prima
creazione, Witch, sei lo “scudo della Edens Zero”.
Ma soprattutto sei mia amica, la mia prima compagna di vita e
d’avventure. Senza di te, il viaggio che intraprenderemo alla
ricerca della Madre non avrebbe alcun senso».
Se in quel momento qualcuno avesse osato dire che i robot non hanno un
cuore, Witch sarebbe stata in grado di dimostrare l’esatto
contrario facendo sentire quanto forte pulsava il centro del suo petto,
seppur fatto di valvole e circuiti.
«I-io…», sussurrò
l’androide con voce pregna d’emozione.
«…ne sono profondamente onorata».
Avrebbe voluto aggiungere che si sarebbe impegnata per essere
all’altezza del suo compito e che avrebbe protetto la Edens
Zero e il suo padrone anche a costo della vita, ma le parole sembravano
essersi bloccate in gola.
«Pausa finita, torniamo a lavoro», concluse il Re
Demone riprendendo in mano i fogli e a Witch non rimase altro da fare
se non sedersi al suo fianco con il cuore ancora in tumulto, pronta nel
caso in cui lui avesse avuto bisogno del suo aiuto.
Edens Zero di
Ziggy, in viaggio di ritorno verso Granbell. Anno X482.
Riflettendo su quel momento, Witch continuava ancora a darsi della
stupida per aver solo pensato che il Re Demone avrebbe potuto metterla
da parte in favore delle nuove arrivate. Non solo il suo rapporto con
lui era diventato più profondo, più intimo, ma anche le
altre androidi si erano rivelate preziose amiche, anzi, sorelle, con le
quali aveva condiviso giorno dopo giorno, anno dopo anno gioie, dolori,
speranze, paure, avventure. Ed era per questo che al solo pensiero di
doversi separare da loro e dal Re Demone, come lui stesso aveva appena
annunciato, Witch sentiva il petto stringersi in una morsa dolorosa.
«Sei proprio sicuro della tua decisione, Ziggy?»,
esordì Witch alternando occhiate al volto stanco del Re
Demone e a quello piccolo, rotondo e roseo del bambino che dormiva
nella culla accanto a lui. Lo avevano trovato per caso durante il loro
viaggio alla ricerca della Madre e il Re Demone aveva deciso di tenerlo
con sé. Shiki
era il nome che aveva scelto per quella creaturina.
«Sì», rispose Ziggy con convinzione,
sfiorando amorevolmente il cespuglietto nero sulla testa del piccolo.
«Il mio tempo sta per scadere, per cui voglio donarlo tutto a
questo umano affinché sia in grado di arrivare dove io non
sono riuscito».
Witch sospirò affranta. Non si sentiva affatto pronta
all’idea di andare via. E dove, poi? La sua vita era sempre
stata a bordo della Edens Zero.
«Ma cosa ne sarà di noi quattro?». [Cosa ne sarà di me?]
«Ve l’ho detto, potete fare ciò che
preferite».
«E se ciò che preferisco è
servirti?». [Se
ciò che preferisco è stare accanto a te?]
Il Re Demone le sorrise come in segno di scuse. «Ora come
ora, non ho bisogno del tuo aiuto, Witch. Ma se il tuo desiderio
è quello di continuare a servirmi, potrai farlo
indirettamente rimanendo lo scudo della Edens Zero finché
Shiki non entrerà in possesso della nave. Allora
sarà lui il nuovo Re Demone e tu dovrai servirlo nello
stesso modo in cui hai servito me».
«Sarà quello che farò, te lo
prometto».
Witch si ritrovò a ringraziare, come sempre, quel casco in
grado di nascondere ogni emozione sul suo viso. Se avesse avuto il
volto scoperto, infatti, il Re Demone si sarebbe accorto di quanto la
sua previsione sul futuro l’avesse sconvolta fin dentro
l’anima: quello
era chiaramente un futuro senza di lui, un futuro in cui la presenza di
Ziggy non era affatto contemplata, e al solo pensiero Witch si sentiva
preda di una sofferenza indescrivibile. Nonostante ciò, si
sarebbe fatta forza con tutta se stessa: lo avrebbe fatto per il suo
creatore, che riponeva così tanta fiducia in lei, e infine
per quel bambino dagli occhietti vispi che sarebbe diventato il suo
successore.
«So che è una domanda stupida e forse non ha
nemmeno senso fartela, ma…», disse
inaspettatamente il Re Demone mettendosi in piedi.
«…mi rimarrai sempre fedele, Witch? Anche quando
saremo lontani? Anche quando… non ci sarò
più?».
A quel punto Witch se lo ritrovò di fronte in tutta la sua
altezza, con le corna che svettavano ai lati della testa e il mantello
rosso che gli dondolava sulle spalle avvolgendogli tutto il corpo. La
guardava con occhi così ricolmi di speranza e fiducia che
Witch sentì i propri inondarsi di lacrime.
«Sempre, Ziggy», concluse con un filo di voce prima
di gettarsi tra le sue braccia.
Non si erano mai abbracciati prima di allora, quella era la prima volta
in assoluto (e forse sarebbe stata anche l’ultima), eppure a
Witch venne del tutto naturale poggiarsi al petto ampio del suo re e
circondargli il busto con entrambe le braccia. Era duro e freddo come
il marmo, ma quando anche lui la strinse a sé accarezzandole
impacciatamente la lunga treccia verde, Witch avvertì un
insolito ma piacevole calore avvolgerla da capo a piedi. Un calore che
crebbe a dismisura nel momento in cui il Re Demone la
allontanò dal suo petto ma solo per chinarsi verso di lei
fino a poggiare la fronte contro il suo casco.
E rimasero
così, immobili, stretti l’uno all’altro,
fronte contro fronte, ad occhi chiusi. Witch non si chiese cosa significasse quel turbinio di emozioni (non le importava), ma desiderò
che durasse il più a lungo possibile e che si imprimesse
sulla sua pelle in modo tale da continuare ad avvertirlo anche quando
lei e Ziggy si sarebbero separati.
Edens Zero di
Shiki, in viaggio alla ricerca della Madre. Anno X492.
A quel tempo Witch non poteva saperlo, ma in un futuro non troppo
lontano una giovane umana di nome Rebecca le avrebbe detto, guardando
con un sorriso innamorato il nuovo Re Demone Shiki, che “l’amore
è essere cretini insieme”.
E ripensando a quanto fossero stati cretini lei e Ziggy
a dubitare del fatto che sarebbero per sempre rimasti indissolubilmente
legati l’uno all’altro, Witch capì che
quello tra loro due era stato proprio amore. Forse non
l’amore consueto, fatto di baci e carezze come quelli che si
scambiavano Rebecca e Shiki, ma un amore diverso, forse un
po’ contorto, molto meno fisico eppure non per questo meno
forte. Un amore inconsapevole, mascherato di immenso rispetto e
profonda amicizia, ma proprio per questo sincero e duraturo.
L’amore di una creatura per il suo creatore e –
viceversa – di un avventuriero per la sua compagna e
assistente. Un amore tra macchine,
che superava qualsiasi pregiudizio a proposito dei robot e confermava
la loro capacità di provare sentimenti simili a quelli umani.
Un amore che aveva superato anche i limiti del tempo e dello spazio, e
che Witch avrebbe per sempre conservato nel proprio cuore di androide
fino alla fine dei suoi giorni.
Note dell'autrice:
La coppia mi piace molto, ma scriverci una ff ispirata alla citazione
che mi è capitata per la challenge è stato
difficilissimo. Non sono completamente soddisfatta, ma pazienza, spero
vi piaccia.
Per quanto riguarda le date, ho preso spunto dalla timeline ufficiale
di EZ. Grazie a chi leggerà e vorrà lasciarmi un
segno del suo passaggio, alla prossima <3
BUON SAN VALENTINO!
Soly Dea