“Liooooo”.
Un messaggio nel cuore della notte.
Di una sola parola.
Lio Fotia avrebbe potuto indovinare chi
ne era il mittente senza doverne leggere il nome.
Galo Thymos, quell’idiota.
Scocciato per essere stato svegliato
poco dopo l’ora delle streghe, il ragazzo gli rispose, sperando per lui
che fosse un’emergenza.
“Che c’è?”
Guardò la barra in calce, dove
lampeggiavano i tre puntini dopo la scritta “Stupido Galo sta
scrivendo”.
Passò un minuto, due. Poi la scritta
scomparve.
Lio fece roteare gli occhi chiari, in
faccia un'espressione corrucciata.
Perché doveva piacergli proprio un
imbecille del genere?
Dopo un po’, Galo riprese a scrivere e
finalmente gli inoltrò il messaggio: “Sono con i ragazzi al bar. Un
tipo cafone ha detto che Aina ha le tette così grandi che potrebbe
riuscire a reggerci una birra. Secondo te potrei riuscirci anche io?”
Lio rilesse il messaggio, non una, ma
ben tre volte.
“Sei ubriaco?” Non gli veniva
nessun’altra spiegazione in mente.
“Forse. Non hai riposti”, “* Riposto”,
“* Risposto”.
Lio sospirò. Galo era ubriaco, ma era
dannatamente stupido – e adorabile –, come sempre.
“Smettila di scrivermi cose strane a
tarda notte!”
Lio sperò solo che il messaggio facesse
capire che era molto più infastidito di quanto lo fosse davvero in
realtà, cosicché Galo la smettesse di importunarlo in quel modo. Era
certo che avrebbe passato interi minuti a fissare il soffitto a pensare
ai bei pettorali di Galo, dannazione!
Mise da parte il telefono, ma – mentre
tentava di togliersi dalla mente i muscoli dell’amico –, lo smartphone
vibrò ancora.
Lio lo sbloccò disegnando un triangolo
e si ritrovò davanti l’ultima schermata che aveva aperta quando lo
aveva messo via: la chat con Galo. Gli occhi di Lio si sbarrarono e il
ragazzo trattenne il fiato, vedendo il messaggio che aveva ricevuto:
era di nuovo Galo, ma quella volta gli aveva inviato una foto, dove
teneva la parte interna degli avambracci leggermente premuta contro il
busto per far avvicinare fra loro i pettorali, tra i quali troneggiava
una lattina di birra. Il tutto rigorosamente a petto nudo, nonostante
si vedessero anche degli altri avventori sullo sfondo del locale – ma
Galo era uno che non si era mai messo problemi ad avere un pubblico ad
ammirare le sue prodezze.
“Ci sono riuscito!”
Doveva averlo fotografato uno dei suoi
amici, dopo che Galo glielo aveva chiesto in maniera esplicita, magari
proprio dicendo che era per Lio! Lo immaginava come se lo avesse avuto
davanti. Ehi, Lucia! Fammi una foto,
così la mando a Lio! Sembra che nemmeno lui creda che anche io possa farcela, solo perché sono un uomo!
Lio non rispose mai a quel messaggio,
rimanendo a fissare la foto con le guance rosate e la bocca semiaperta.
Non riusciva a staccare gli occhi dalla perfezione di quelle forme,
impreziosite dalla pelle d’oca data dal freddo della lattina
ghiacciata, il quale aveva anche reso turgidi i suoi capezzoli.
Lio si schiarì la gola con un colpo di
tosse, poi salvò la foto nel cellulare, in una sottocartella speciale
dedicata solo a quell’idiota – e al suo vizio di andare sempre in giro
mezzo nudo –, nascosta tra le immagini di cucina.
Sapeva di avere avuto una buona idea,
quando aveva deciso di silenziare per la notte tutte le chat, a parte
quella con Galo.