Take my hand and we'll dance until we die

di VenoM_S
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Questa storia partecipa al COWT di Lande di Fandom.
Settimana: terza
Missione: M2
Prompt: Mitologia Slava
N° Parole: 2377
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Era notte fonda nella foresta stretta nella morsa dell’inverno, una di quelle fredde in cui il fiato forma delle nuvolette di condensa davanti al viso quando si respira, dove anche i vestiti imbottiti di pelliccia sembrano non bastare per contrastare le temperature così basse, dove gli uomini rimangono in casa a scaldarsi vicino al camino sorseggiando una zuppa di legumi bollente.
Quasi tutti, almeno.
Goran quella sera non era sicuro di doversi trovare lì, al freddo e con la neve fino ai polpacci, mentre lentamente si trascinava fino alla porta di casa compiendo lunghi e pesanti passi, cercando senza troppo successo di riscaldarsi stringendosi nelle braccia coperte da un cappotto imbottito di lana di montone. Sua moglie Danica lo stava sicuramente aspettando accanto alla porta, e probabilmente stava iniziando a preoccuparsi dato che era passata da tempo l’ora in cui si doveva essere a casa, ma questo, fino a quel momento, non gli era sembrato così importante da fargli notare che l’ora si era fatta davvero tarda.
La foresta sembrava volerglisi chiudere addosso, con i fitti alberi scuri e sottili che estendevano i propri rami sopra e intorno a lui, si aggrappavano ai suoi vestiti, si spezzavano sotto i passi dei pesanti stivali impermeabili e ad ogni piè sospinto Goran si sentiva seguito oppure osservato da qualche entità maligna che cercava di non farlo passare, cosa che lo costringeva inconsciamente a guardarsi spesso intorno.
Che sentissero la sua paura, oppure il suo peccato? Di certo non aveva troppa voglia di scoprirlo, perciò il suo unico pensiero era quello di mettere sempre un piede davanti all’altro, avvicinandosi alla calda luce che proveniva dalla piccola finestra della sua casetta al limitare della foresta.
Improvvisamente però, trovandosi vicino ad una piccola radura tagliata a metà da un corso d’acqua, si sentì attratto da qualcosa o da qualcuno che sembrava chiedere disperatamente aiuto, che voleva essere trovato. Probabilmente non avrebbe dovuto deviare dal suo percorso, ma la sensazione imperativa che quella voce gli imponeva era troppo forte, quindi si voltò verso destra e colmò la poca distanza che lo separava da quello spiazzo una volta erboso, ma che ora era coperto di neve come tutto il resto.
Al centro della radura, con sua grande sorpresa, si trovava un meraviglioso cigno nero.
L’animale era immobile, il lungo collo sottile e sinuoso era disteso, il becco rosso scarlatto era puntato verso il cielo, come se stesse ammirando la luna piena, le zampe palmate, nere come il piumaggio, erano ben piantate nella neve. Sarebbe potuta sembrare una statua, immobile com’era, quando ad un tratto l’animale allargò le grandi ali scure con le punte bianche e le batté diverse volte, senza tuttavia prendere il volo, per poi ricomporsi e voltarsi a guardare Goran, che durante quei pochi secondi di immobilità era rimasto sul limitare della radura quasi ipnotizzato. 
 
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C'è qualcuno, lo sento.
Ah eccolo, è proprio laggiù dietro quell'albero secco che minaccia di cadere, ma non cadrà stasera, non è ancora il suo momento.
Sei tu, vero? Ti cerco da diverse notti vagando nella foresta, eppure alla fine sei stato tu a trovare me, che strano scherzo del destino, se di destino vogliamo parlare. Sei alto, i tuoi capelli scuri e corti e la barba rasata da poco indicano che ti curi del tuo aspetto, probabilmente per te stesso ma anche per qualcun altro, il viso dai lineamenti netti e forti e gli occhi azzurri così chiari mi dicono che non è strano per te essere osservato, desiderato, che è molto meno comune il contrario, quindi che sia tu ad osservare.
È forse il mio aspetto a costringerti a rimanere lì immobile senza avvicinarti?
Il cigno è l’animale che preferisco, sai, con la sua figura aggraziata e longilinea ma allo stesso tempo dotato di potenti ali ed un becco forte che potrebbe ferire senza troppa difficoltà. Un animale per cui si prova un’innegabile attrazione, ma anche una sorta di composto timore, forse anche maggiore quando indosso il piumaggio nero come la notte. Ma forse così non ti avvicinerai mai, forse è meglio assumere una forma che possa metterti più a tuo agio.
Ah! L’immobilità in cui mi ero costretta fino ad ora per ammirare la splendida luna che illumina questa notte fredda mi ha intorpidito gli arti, quindi devo sbattere un po’ le ali prima di trasformarmi, o sarà troppo difficile per me muovermi.
Ma no, non spaventarti, voglio solo metterti a tuo agio. Ecco, ora sono di nuovo una fanciulla, verrai da me adesso?

 
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Se già poteva essere strano per Goran vedere un cigno nero nel bel mezzo di una foresta di notte, di certo non era preparato a vedere quell’animale compiere una metamorfosi completa trasformandosi in una giovane ragazza. Fece alcuni passi indietro, intimorito da quella bizzarra situazione, ma lei tornò nuovamente a guardarlo e gli fece cenno di avvicinarsi con una mano. Era sicuramente una delle creature più belle su cui avesse mai posato lo sguardo. Non doveva avere più di diciassette anni, era alta e sottile ma tuttavia sinuosa nelle forme, cosa che a Goran ricordava un ramo di salice, aveva lunghi capelli color dell’oro che le incorniciavano il viso pallido, scendendole lungo le spalle e la schiena in corpose ciocche ondeggianti che risplendevano nella notte, come se fosse circondata da un corso d’acqua dorata. Gli occhi scuri come pozzi profondi erano contornati da ciglia folte, e lo guardavano ipnotici senza mai distogliere lo sguardo. Il naso piccolo e all’insù e la bocca carnosa dalle labbra rosse come fragole selvatiche completavano il quadro di un viso che difficilmente poteva essere dimenticato oppure ignorato. La ragazza era avvolta da un morbido abito azzurro all’apparenza troppo leggero per una notte così fredda, con il corpetto che la avvolgeva stretto mettendo in risalto la vita sottile ed i seni non prosperosi ma rotondi ed invitanti, e la gonna lunga fino ai piedi che invece era morbida e si gonfiava leggermente a causa del leggero vento gelido che si era alzato intorno a loro. A Goran sembrava di aver passato un’eternità a guardarla, eppure non era passato che qualche attimo e lei era ancora in piedi al centro della radura, con una mano tesa verso di lui e le labbra curve in un leggero sorriso. Il ragazzo decise di avvicinarsi, e lentamente coprì la distanza che lo separava dalla ragazza fermandosi ad un passo da lei, che in tutta risposta allungò la mano con cui lo aveva invitato a venire più vicino stringendo quella di Goran. Aveva la mano davvero gelida, ma non c’era da aspettarsi nulla di diverso considerando quando poco era vestita.

«Come ti chiami? Perché sei da sola nel mezzo della foresta, vestita così per di più, finirai per ammalarti!» le chiese Goran, ma la ragazza non rispose.

Invece, nell’altra mano che fino a quel momento aveva tenuto distesa lungo il corpo, comparve apparentemente dal nulla un rametto di vischio ricoperto di corte foglie verde brillante e adornato da numerose bacche rotonde di un colore bianco lattiginoso. La ragazza iniziò a muovere il rametto intorno a Goran, mentre mormorava una melodia dolce che subito penetrò nel cuore del giovane, spingendolo ad avvicinarsi di più a lei. Ora a separarli non vi era che lo spazio di un respiro, e gli occhi di lei affondavano in quelli di lui come macigni, sarebbe stato impossibile distogliere lo sguardo.
Presto la melodia cantata dalla ragazza si trasformò in una musica che cresceva sempre più d’intensità, e a Goran sembrava di sentirla provenire contemporaneamente dalla sua mente e dall’ambiente intorno a lui, mentre il rametto di vischio continuava a muoversi senza sosta attorno al suo viso e al suo corpo.

Non senti anche tu il bisogno di ballare seguendo questa musica splendida?

La ragazza aveva mosso le labbra oppure la voce proveniva direttamente dalla sua mente? Questo Goran non lo sapeva, ma quel che era certo era che aveva davvero voglia di muoversi, di scatenarsi al ritmo di quella melodia che cresceva sempre più d’intensità, che lo trasportava verso mondi lontani baciati dal sole e dal caldo, dove non scendeva mai la notte e tutto era avvolto da una luce accecante. Iniziò a danzare quasi senza accorgersene, girando attorno alla ragazza in goffe piroette intralciate dagli abiti pesanti che rendevano difficili persino i movimento più elementari, ma ben presto la giovane si unì a lui, prendendogli le mani e accompagnandolo nei giri e nei salti, seguendo ritmi che solo loro udivano, spostandosi man mano lungo il corso del piccolo torrente che tagliava a metà la radura e dirigendosi verso il profondo della foresta zigzagando tra gli alberi coperti di neve, i cui rami non avevano più l’aria cupa e avversa di poco prima, bensì sembravano quasi scansarsi al loro passaggio.
Mentre danzavano, a Goran sembrava di vedere la ragazza sorridere sempre di più, inebriata dai movimenti convulsi che entrambi compivano, perfettamente a tempo e sincronizzati come se ballassero assieme da tutta l’eternità. Il tempo passava, e nonostante la stanchezza si facesse sempre più pressante Goran non sembrava averne mai abbastanza, era come se una forza magica sorreggesse i suoi arti sempre più pesanti ed il suo corpo ormai coperto di sudore guidandolo in movimenti sempre più complessi, mentre si intrecciava con la ragazza dai capelli d’oro, prendendola per i fianchi e sollevandola in un giro, e poi un altro e un altro ancora, in una sequenza apparentemente infinita. Aveva il fiato corto, sentiva il battito del cuore nelle orecchie, ma nulla sembrava avere significato per lui a parte i profondi occhi neri della meravigliosa creatura che aveva di fronte, che teneva sempre fissi nei suoi quasi senza battere le ciglia, tenendo stretta la sua anima in una morsa tanto dolce ed intensa quanto selvaggia.  

Senza accorgersene, i due si erano spinti fino al centro della grande foresta che sorgeva ai limiti del villaggio dove viveva Goran, ritrovandosi a danzare sulle rive di un lago dalle acque immobili e nere come la pece, su cui persino la luce della luna faceva fatica a penetrare, tanto era profondo. Era il luogo d’origine dei tanti piccoli torrenti che si scavavano una via serpeggiante tra gli alberi e che fornivano l’acqua alle case e agli animali che popolavano la zona, ma nessuno si spingeva mai così all’interno da arrivare ad ammirare le sue sponde immobili. La musica non accennava a placarsi, e come lei nemmeno i movimenti dei due giovani che ormai avevano i piedi nell’acqua gelida e ad ogni passo provocavano una nuvola di schizzi attorno a loro. La ragazza aveva messo le mani sul viso di Goran e si stava avvicinando a lui, come se stesse per baciarlo mentre piroettavano senza meta, e lui non aveva intenzione di fermarla perché era così bella e perfetta che tutto il resto nella sua mente era scomparso, compresa Danica, compresa Jasna.
Ma le cose non vanno come aveva immaginato.

Ad un soffio dalle sue labbra la ragazza si immobilizza, e la presa sul collo di Goran si fa più forte, molto, troppo. L’espressione della giovane si storpia in un ghigno crudele, mentre lo guarda con odio con quegli occhi di pece e lo spinge al largo, sempre più verso il centro del lago, in acque sempre più profonde. Goran è troppo stanco, sente le membra pesanti e prive di forza anche solo per tenersi in piedi o cercare di reagire in qualche modo, e le mani di lei lo spingono sott’acqua, in un mondo nero e senza luce, in una morsa gelida e pesante che si abbatte su di lui senza possibilità di salvezza. Da sotto la superficie, il ragazzo vede i capelli dorati danzare attorno al corpo della giovane immerso nell’acqua per metà, e nonostante il panico gli sembra un’immagine bellissima. Cerca di afferrare le mani che gli stringono il collo, cerca di dimenarsi ma la combinazione di estrema stanchezza, abiti troppo ingombranti e appesantiti dall’acqua ed il freddo che gli penetra nei muscoli rendono difficile qualunque movimento, e non riesce ad imprimere abbastanza forza alle sue mani per liberarsi. Sente i polmoni bruciare, un dolore indicibile gli squassa il petto, si dice che non deve aprire la bocca, si dice che così morirà, ma non può resistere per sempre.
Mentre l’acqua gelida si fa strada a fiotti lungo la sua gola, mentre l’impulso irrefrenabile di respirare lo porta alla morte, Goran si chiede se dovrebbe implorare perdono agli dei per ciò che lo aveva portato ad essere lì, in quel momento.
Ma non resiste abbastanza per darsi una risposta.

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Balli così bene, sai? Vorrei quasi tenerti con me ancora per un po’, per muovermi e farmi sollevare mentre danziamo sotto la luna. Ma l’alba arriverà presto, ed il nostro tempo ormai è scaduto.
O meglio, il tuo.
Le mie mani intorno al tuo collo mi sembrano così innaturali, così malvage, quando una volta sapevano concedere solo carezze e dolci gesti d’amore. Guardami oggi invece, guarda il mio dolore, guarda il mio odio verso voi uomini che sprecate l’amore delle donne che vi attendono a casa di fianco al fuoco, che si preoccupano per voi nelle notti d’inverno quando invece voi siete tra le braccia di qualcun’altra. Pensi mai a tua moglie, mentre sei con l’altra? Ovviamente no, come potresti anche solo insozzare l’immagine di quella ragazza ingenua durante le tue ore di peccato. Oh, io lo so bene come ci si sente, perché anche io sono stata quella giovane ingenua, trattata come una nullità mentre il mio promesso sposo, la notte prima del matrimonio, si consumava tra le braccia di un’altra. La mia fragile essenza non è riuscita a sopportare la vergogna e la tristezza, ed è per questo che sono morta prematuramente nel dolore. Sì, continua a guardarmi mentre ti tengo il volto sotto la piatta superficie di questo lago, continua a vedermi bellissima e dolce mentre estirpo la tua anima oscura, mentre l’acqua fredda si fa strada nei tuoi polmoni, fino alla fine.
L’alba inizia a colorare il cielo, è così bella da guardare, eppure il sole non è una visione che mi è più concessa da molto tempo. Devo ritirarmi, sparire tra gli alberi lasciando il tuo corpo a galleggiare senza meta, chissà se qualcuno verrà a cercarti, forse la tua ingenua moglie, forse la tua focosa amante.
Io, invece, cercherò il prossimo.
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Nella mitologia dei popoli slavi meridionali le Vile (singolare Vila) sono spiriti di giovani fanciulle morte prima del matrimonio perché tradite o abbandonate o giovani madri straziate dalla morte dei loro giovani bambini morti prematuramente per motivi ingiusti. Sono esseri vendicativi e spettrali, incapaci di trovare riposo eterno nella morte, che ogni notte tra il crepuscolo e l'alba cercano i traditori d'amore che costringono, con l'aiuto di rametti di vischio apparentemente magici, a ballare convulsamente fino a provocarne la morte per sfinimento o fino a che totalmente indeboliti non vengono gettati in un lago nelle loro vicinanze.




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