I
lapilli attraversano il cielo di Pompei e il boato della montagna
sovrasta le urla dei cittadini.
Mi
alzo.
Il
dolore delle ferite dilania il mio corpo, ma non me ne curo.
Non
sono più lo schiavo della crudele aquila imperiale.
Sono
libero.
E
non è stato necessario il combattimento nell’arena, per
ottenere una simile grazia.
Rido.
Questa mia condizione è effimera, ma non importa.
Presto,
scenderò nell’Oltretomba, ma la morte avrà tolto
da me l’onta della servitù.
Il
passato si srotola davanti ai miei occhi e, con mio sommo stupore,
riesco a riconoscere i volti dei miei familiari.
Una
felicità mai conosciuta riempie la mia anima. In questo giorno
di dolore, ho ricevuto ben due doni.
Miei
amati, presto sarò da voi, come un uomo libero.
Roma
non dilanierà più il mio cuore e non si servirà
di me e della mia forza.
Mi
giro e mi volgo verso la montagna, offrendole il petto.
– Coloro
che sono prossimi alla morte ti salutano! – urlo, sprezzante.
Una
massa di pietre ardenti mi colpisce, come proiettili incendiari, ma
non importa.
Lancio
un ultimo sguardo al monte e poi precipito nell’oscurità
dell’Oltretomba.
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