Apocalisse

di Fiore di Giada
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I lapilli attraversano il cielo di Pompei e il boato della montagna sovrasta le urla dei cittadini.
Mi alzo.
Il dolore delle ferite dilania il mio corpo, ma non me ne curo.
Non sono più lo schiavo della crudele aquila imperiale.
Sono libero.
E non è stato necessario il combattimento nell’arena, per ottenere una simile grazia.
Rido. Questa mia condizione è effimera, ma non importa.
Presto, scenderò nell’Oltretomba, ma la morte avrà tolto da me l’onta della servitù.
Il passato si srotola davanti ai miei occhi e, con mio sommo stupore, riesco a riconoscere i volti dei miei familiari.
Una felicità mai conosciuta riempie la mia anima. In questo giorno di dolore, ho ricevuto ben due doni.
Miei amati, presto sarò da voi, come un uomo libero.
Roma non dilanierà più il mio cuore e non si servirà di me e della mia forza.
Mi giro e mi volgo verso la montagna, offrendole il petto.
Coloro che sono prossimi alla morte ti salutano! – urlo, sprezzante.
Una massa di pietre ardenti mi colpisce, come proiettili incendiari, ma non importa.
Lancio un ultimo sguardo al monte e poi precipito nell’oscurità dell’Oltretomba.






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